Un anno e mezzo di governo
La brillante tattica di Rifondazione Comunista nel governo Prodi ricalca un copione di una brutta commedia: il prc abbaia e minaccia, Prodi trova la mediazione, ma a mordere sono sempre i moderati della Margherita, del Pd, di Dini o Mastella. Di Maurizio Attanasi. Reds - Gennaio 2008


Dopo quasi un anno e mezzo di governo Prodi è possibile fare un primo bilancio dei risultati determinati dalla presenza e dall’azione di Rifondazione nella compagine governativa.
Il tempo trascorso non ha disilluso chi fin dall'inizio ha ritenuto l’esecutivo, partorito dall’Unione, un governo appiattito al centro e innazi tutto attento a non intaccare i poteri forti.
Nonostante quasi tutta la stampa di opinione abbia continuato a dipingere Prodi ostaggio della sinistra radicale, la dura realtà si è purtroppo mostrata con caratteristiche ben diverse.

Nessuno dei provvedimenti strutturali volti a neutralizzare e avviare una controtendenza l'avanzata della destra, promessi in campagne elettorale, è stato messo in atto, o semplicemente pianificato, dal governo Prodi.

Di conflitto di interessi non si parla più; i pacs sono diventati dico, poi cus e forse diverranno qualcos'altro in parlamento, se mai ci arriveranno; la legge Biagi è ancora lì (con i morti ad essa collegati); in politica estera Prodi non mostra di voler seguire la linea tracciata da altri paesi (la Spagna di Zapatero o la Francia di Chirac).
Ma l’allargamento della base di Vicenza, cosi come il rinnovo delle missioni di guerra precedentemente intraprese, mostrano un'impressionate linea di continuità con il governo di berlusconiana memoria.
Ultima, in ordine di tempo, la vicenda delle pensioni, con lo scalone Maroni che prima doveva sparire e poi si e trasformato in tanti scalini, senza aver prodotto nessun sostanziale cambiamento per la maggioranza dei lavoratori.

La stampa, alleata o nemica, continua tutti i giorni a dipingere l’esecutivo come incapace di produrre un'azione rivolta allo sviluppo e al progresso, perchè sarebbe "ostaggio delle forze della sinistra radicale"; e questa stessa opinione viene espressa anche da una buona parte della coalizione (dentro e fuori al Pd) con l'obbiettivo non troppo nascosto di impallinare il Prc e imbarcare qualche transfugo dal centro-destra.
Il senatore Lamberto Dini, già membro di bankitalia, prima uomo di Berlusconi, poi fedele alleato del professore bolognese, autore di una delle riforme pensionistiche costata lacrime e sangue ai lavoratori italiani, è il principale, ma non unico esponente di questa linea di pensiero; tanto da portarlo e dichiarare esplicitamente di volersi impegnare per la formazione di un nuovo Governo.

Ma come abbiamo detto, non è il solo: sono in molti ormai a pensare che le alleanze sono mobili e che pertanto ciò che oggi può non essere possibile lo può essere forse domani o, sicuramente, dopodomani. Per cui oggi il Prc serve, ma non è detto che serva anche domani.

Ma quanto pesa oggi Rifondazione negli equilibri istituzionali?
Rifondazione è al governo, ha un ministro (Ferrero alle politiche sociali), ha viceministri, sottosegretari, presidenti di commissioni parlamentari.
Occupa la terza carica dello Stato, ha un membro (Curzi) nel cda della Rai. Ha deputati e senatori, un presidente di regione, amministratori locali.
Con ciò il Prc è legato mani e piedi all’Unione e a Romano Prodi, a differenza dell’esperienza del 96 quando, grazie a un minor peso istituzionale il partito aveva indubbiamente una maggiore autonomia.

Il raggiungimeno di questo risultato viene difeso dal gruppo dirigene, che non ammete sgarri e colpi di testa.
Indicativa è stata la vicenda del senatore Turigliatto, un senatore che fa parte di un'area di dissenso che, fino a poche settimane fa, era interna al Partito.
Al Senato, dove ogni singolo voto è determinante, la situazione è tale che esponenti dissenzienti, non solo del Prc, possono mettere in crisi non solo il proprio partito, ma addirittura lo stesso governo.
La giusta posizione espressa dal compagno Turigliatto gli è costata l'espulsione dal Partito. Il Partito in questo modo ha voluto dare di sè un'immagine di fermezza nella decisione di sotenere a tutti i costi il governo Prodi.

Anche se la conseguente crisi di governo non era stata determinata da Turigliatto, visto che, a conti fatti, i voti mancanti sono stati quelli dei centristi (tra cui quelli di senatori a vita), la campagna di stampa fu così determinata e compatta nell’individuare in Rifondazione Comunista l’anello debole della catena dell’Unione, da far balenare l’incubo del 96 e portare il popolo della sinistra, a chiedere di non ripetere lo stesso errore.

Rifondazione, con questo atto di staliniana memoria, ha voluto dare anche un segno tangibile della sua volontà di mantenere vivo il rapporto “particolare” e leale con Prodi, pensando così di riuscire a vincolare il Governo al rispetto del programma concordato, agitandolo a ogni piè sospinto come fosse una bibbia.

Ma come le vicende degli ultimi mesi dimostrano, la Bibbia è una cosa, il programma dell’Unione è un’altra.

E' stupeffacente come il gruppo dirigente del Prc non abbia compreso come il programma dell'Unione sia stato volutamente vago (come lo sono stati anche i punti del famoso contratto con gli italiani di Berlusconi) e non poteva essere che così, viste le lunghe trattative che hanno portato alla stesura di centinaia di pagine, scritte dopo mesi di mediazione tra forze politiche, portatrici di culture e visioni diametralmente opposte su questioni importanti (pensiamo alle pensioni e alle posizioni espresse dal Prc e dai Liberal Democratici, alle questioni inerenti la laicità dello stato tra radicali e teodem, alla politica estera tra i comunisti italiani e Parisi). Sembrerebbe proprio che gli unici ad aver voluto credere nel programmone dell’Unione sia stato il gruppo dirigente comunista.

Ma quando i nodi sono venuti al pettine e i malumori della base si sono fatti sentire, Giordano, oltre che ribadire la propria, e del suo partito, lealtà nei confronti di Prodi ha aggiunto elementi nuovi alla tattica politica di Rifondazione: da una parte l'accentuazione del ruolo di partito di lotta e di governo, e dall'altra l'agitazione del sospetto del complotto dei centristi contro il Prc.

Lotta e governo?
L’idea del partito di lotta e di governo era già stata sperimentata dalla Lega Nord nella scorsa legislatura, con il risultato di aver rischiato di portare, in alcune fasi, alla disintegrazione della coalizione, ma alla lunga la Lega è riuscita a mettere qualche tassello importante al suo pseudo progetto federalista.
Per Rifondazione invece i risultati sono a oggi nulli, con conseguente perdita di credibilità nei confronti degli alleati e dei propri elettori e militanti.

La brillante tatica messa in atto dal partito è ormai ampiamente prevedibile e prevista dagli alleati, che ormai non temono più di cadere prematuramente.
Quando il governo prende decisioni indigeste per il Prc, i passaggi sono più o meno questi: il partito prima fa la voce grossa dicendo che
la questione non è prevista dal programma, oppure che il programma prevede qualcosa di diverso; la stampa stigmatizza l’atteggiamento di Rifondazione; poi c’è il Vertice di maggioranza che smussa qualche angolo lasciando però immutata la questione.
Il giorno dopo solo il Prc e il suo quotidiano Liberazione celebrano il successo conseguito.

I casi sono numerosi: li abbiamo accennati all'inizio di questo articolo.

La fine del 2007 ci ha regalato poi una gustosa chicca; a fronte della rovinosa sconfitta, finalmente ammessa anche dai suoi dirigenti, sul pacchetto welafare, il Prc ha annunciato che il programma dell'Unione non esiste più, al punto che anche lo stesso Bertinotti ha parlato di una esperienza finita, ed ha chiesto a gran voce una verifica di governo per discutere di un nuovo programma, per decidere di conseguenza se restare o meno nel governo (anche se questa remota ipotesi è stata detta senza troppa convinzione).

Questo squallido e schizzofrenico teatrino ha comunque il pregio di mostrare a tutti che cosa significhi veramente l'affermazione "essere partito di lotta e di governo".
L'obbiettivo di portare le istanze dei movimenti nelle politiche di governo si è tradotto invece in penosi tira e molla di membri del Governo che vorrebbero partecipare a manifestazioni anti governative, ma poi cambiano idea (ammoniti/consigliati da Prodi), oppure si cimentano in sottili ragionamenti volti a spiegare che le manifestazioni sarebbero a sostegno del Governo e che lo si vuole semplicemente richiamare affinchè affronti determinate questioni.

Il complotto?
La stampa di opinione e i centristi, asserviti agli interessi confindustriali, sono i soggetti del complotto.
Come abbiamo già detto, la stampa di opinione non ha mai cessato di denunciare i ricatti da parte della sinistra radicale a cui la Coalizione di Prodi deve sottostare ; fanno da eco i centristi che, argomentando sul presunto scivolamento a sinistra della coalizione, propongono di abbandonare la zavorra comunista e affini per una nuova stagione riformista, imbarcando magari qualche forza insoddisfatta nel centro destra, oppure, molto più esplicitamente, propongono di imitare la grande Germania e la sua grande coalizione, capace, a loro dire, di compiere alcune riforme indispensabili (pensioni, riforma elettorale e forse anche quella costituzionale).

A questo presunto e forse reale comploto però il Partito non ha reagito come avrebbe dovuto, cioè radicalizzandosi con maggior determinazione sulle sue istanze politiche, ma al contrario, ha preferito restare abbarbicato agli scranni governativi a qualsiasi costo per non darla vinta ai complottardi.
Questa scelta miope ha consentito lo scivolamanto opposto, verso destra, consolidando il rapporto di contiguità del Governo con la Confindustria e le gerarchie vaticane.

Così si spiegano tutti gli abbassamenti di braghe a cui abbiamo assistito, come nel caso "pacs", poi divenuti dico, poi vigliaccamente abbandonati nelle sabbie mobili del parlamento, con il Presidente della Camera dei deputati impassibile e con il Vaticano a cantare vittoria.

Ma cosa accade all’interno del Prc?
Prima di entrare nel Governo un pezzo del Prc se ne uscì: in due momenti diversi, Ferrando e Ricci, che al congresso di Venezia avevano scritto la mozione tre (Progetto Comunista), se ne sono usciti, dando vita a due partitini, incapaci non solo di tentare un progetto comune fuori da Rifondazione, ma incontrando al loro interno ulteriori defezioni.

Dopo l'entrata nel Governo nel partito è successo di tutto: un vero e proprio terremoto.

La destra del Prc, quella che al congresso di Venezia era rappresentata dall’area de L’Ernesto, la maggiore corrente di opposizione, ha subito una spaccatura con la fuoruscita dalla corrente di compagni insoddisfatti per l'andazzo troppo filo-governativo del partito, mentre l'altra parte dell’area, si è decisamente avvicinata alla maggioranza del partito, tant'è che non è difficile prevedere un'alleanza organica in occasione del prossimo congresso che si terrà (forse) a maggio.

Nella sinistra, l’area di "Falce e martello" continua ad essere un isola. Critica con argomentazioni, secondo noi, condivisibili l’azione del Partito al Governo, non ha incarichi all’interno del Partito e, (unica corrente del partito) non ha rappresentanti in parlamento.
Ma questa rigorosa linea di coerenza ha finito con l'essere fine a se stessa, in quanto l'atteggiamento chiuso e settario di questi compagni, li ha portati a ignorare sia il lavoro nel movimento, sia il proselitismo nel partito, anche semplicemente per allargare la propria base di consenso per rapporti di forza più favorevoli in vista del medesimo congresso. Sembrerebbero soddisfatti del loro fare opposizione verbale.


Nel mese di dicembre abbiamo assistito a una nuova uscita.
Sinistra critica, nata dalla IV mozione all’ultimo congresso del partito, poi costituitasi in associazione nazionale ha abbandonato il partito.

Cosa riserva il futuro?
Il nuovo soggetto che nasce a sinistra (La Sinistra l'Arcobaleno) non appare in grado di dare risposte adeguate al malessere che sta attraversando il popolo di sinistra; è una iniziativa che nasce come al solito dai vertici, sono vaghi e fumosi i contenuti caratterizzanti il soggetto stesso e rappresenta una sintesi dell'azione svolta da forze politiche che sono ormai organicamente entrate nella logica riformista, tutta interna alle compatibilità del sistema capitalistico.
Per permettere la nascita e il consolidarsi di questo nuovo soggetto, i dirigenti di Rifondazione hanno sequestrato il congresso ai militanti rinviandolo, forse a fine anno (e non a maggio).
In questo contesto è difficile pensare che Rifondazione abbia la volontà politica di denunciare la natura moderata e borghese del governo Prodi, contiguo agli interessi forti del grande capitale e del Vaticano; di ammettere di aver compiuto un clamoroso errore di valutazione scegliendo di entrare organicamente nell’Unione, e di voler riprendere il cammino interrotto con i movimenti, rimettendo al centro della propria azione politica non le poltrone e il potere, ma il conflitto e i soggetti sociali, che anche il capitalismo dal volto buono continua ad opprimere.
E’ inutile agitare lo spettro di Berlusconi per ribadire la necessità di restare in questo governo, abbiamo visto come in realtà polo e unione si assomigliano molto, tanto da sembrare due facce della stessa medaglia.