NESSUNO OSI CHIAMARLO PLAGIO! 

Intervista con 0100101110101101.ORG 

A cura di the thing  
 

In principio 0 e 1 non sapevano nemmeno di essere al mondo. Di avere un corpo, una sensibilità, una mente. Poi, un bel giorno,  a forza di essere barattati e riassemblati in  ogni genere di permutazioni, presero  finalmente coscienza di sè. Si cristallizzarono in una stringa asettica e lunga al punto da non poter essere memorizzata da un essere umano, ma corta a sufficienza da rientrare nel campo delle URLs di un browser. Vi attaccarono un bel suffisso (.org) e diedero vita a  0100101110101101.ORG 

Dal giorno in cui 0100101110101101.ORG prese coscienza di sé in molti si sono occupati di l/ei. Ma in pochi hanno capito veramente se dietro a questa stringa vi sia della vera "carne umana", o  non si tratti piuttosto di un'entità che si  scompone e ricompone autonomamente,  secondo un Fato che Noi Umani non siamo più in grado di interpretare. 

Sta di fatto, che da quando 0100101110101101.ORG è  entrato in essere (qualcuno parla di un giorno X sul finire del 1998, in quel di Bologna) in molti hanno  cercato di afferrarne le reali  intenzioni, ma in pochi sono riusciti veramente a comprenderle.  Il primo a farne le spese è stato il  mondo della net.art, che ha visto  alcuni dei suoi siti più noti risucchiati in quel vortice di "zeri" e "uno", di cui  in fondo, essi stessi sono composti.  

Il primissimo turno toccò a Hell.com una sorta di anti-sito nato nel 1995,  apparentemente senza contenuti e  inaccessibile al pubblico, un buco nero concettuale aperto tra le maglie della Rete sovraccarica di informazioni e seduzioni. Nel giro di  tre anni tuttavia, Hell si trasformò in un trampolino di lancio per artisti e designer di punta. Come primo tentativo  di sfruttare l'hype che circondava la nuova forma d'arte  Hell organizzò Surface, una mostra su web che promuoveva artisti come zuper!, absurd, fakeshop e altri  ancora. Era il febbraio del 1999 e all'inaugurazione della mostra,  fu invitato, come in una comune galleria, solo un ristretto numero  di persone. A godere del privilegio (a  essere ciè dotati di una password) furono i sottoscrittori di Rhizome, una delle prime mailing list ad occuparsi  di net.art. Durante le 48 ore  dell'opening, mimetizzandosi tra  la folla dei visitatori, "0" e "1" entrarono nel sito e ne scaricarono, servendosi di  un browser offline, l'intera struttura.  La ripostarono quindi sul proprio sito,  ma senza protezioni, rendendola così  accessibile a tutti i navigatori. Il plagio suscitò l'immediata reazione di Kenneth  Aronson, proprietario di Hell, che  accusò 0 e 1 di furto e minacciò una causa internazionale per violazione delle leggi sul copyright.  Oggi, a più di un anno di distanza, il sito di Hell è ancora liberamente consultabile su 0100101110101101.ORG. 

La seconda a cadere nella trappola fu Olia Lialina, net.artist russa di prima generazione e fondatrice della  prima galleria su Web,  Art.Teleportacia, che  mette in vendita diverse opere  di net.art, legate soprattutto  al primo periodo. Di fronte all'inevitabile domanda, "come si può vendere un'opera di net.art se è già consultabile  gratuitamente da tutti?",  la Lialina ha sempre sostenuto che  l'originalità di un'opera di net.art è  garantita dal suo dominio. Il possessore  di un'opera, secondo l'artista russa, vedrebbe garantita la sua proprietà dalla possibiltà di consultarla sul server in cui l'artista l'ha collocata la prima volta. Il fatto che l'opera possa esser stata replicata su altri siti è irrilevante: essa rimarrà di pubblico dominio, ma solo il possessore vedrà assicurato il diritto di accedere all'URL originale, grazie a un certificato rilasciato dalla galleria.    Anche Art.Teleportacia ovviamente  fu risucchiato nella stringa di 0100101110101101.ORG. Lo stesso sito che vendeva "l'originalità" dei domini, si ritrovò, nel giugno del  1999, a vendere le sue merci due volte, ma senza grandi variazioni di prezzo... 

Dopo Art.Teleportacia (siamo ora nel settembre del 1999) fu la volta di Jodi, delizioso sito di Ascii Art, lanciato circa tre anni fa dal duo belga Joan Heemskerk e Dirk Paesmans.  Se fino a quel momento 0 e 1  avevano re-mixato in modo random le pagine copiate dai net.artist, il  sito di Jodi venne semplicemente clonato. "Downloaded and uploaded",  senza la minima variazione.  

A questo punto, la stampa internazionale online  (Le Monde, New York Times, Telepolis, ecc.) prende coscienza dell'esistenza di un sito che si dedica scientificamente al plagio dell'arte-on-line. Il che produce un'ondata di panico sui rischi che la commercializzazione della nuova  arte corre. Senza che si tenga  conto, che nel sovraccarico informativo, il problema è proprio quello della  visibilità. E, che, quindi, forse, la  replicazione accresce l'aura di un'opera anziché indebolirla.

Il giorno di Natale 1999, il sito californiano www.plagiarist.org (un nome quanto mai appropriato...) agisce in stile 01, duplicando proprio www.0100101110101101.ORG. Nel giro di pochissimo, 01 risponde linkando plagiarist.org nella propria pagina d'apertura, realizzando così una paradossale copia concettuale di una copia delle loro copie!

Il 2000, e siamo ormai alle cronache più recenti, si è aperto con la rivelazione di due beffe "retroattive". Per tutto il 1999, digitando su qualsiasi browser "www.vaticano.org", si poteva accedere a un sito apparentemente ufficiale della Santa Sede, esteticamente identico a quello ufficiale del vaticano (www.vatican.va) ma con contenuti leggermente "modificati": testi eretici, canzoni degli 883, informazioni turistiche per i pellegrini completamente sballate. Per 12 mesi migliaia di persone hanno consultato il sito senza rendersi conto della clamorosa beffa, rivelata soltanto quando, allo scadere del primo anno di contratto, Network Solutions ha impedito il rinnovo, rivendendolo a un'associazione cattolica. Neanche a dirlo, dietro questa geniale operazione di falsificazione c'era 01, e il vecchio fake site del Vaticano è ancora accessibile dal sito di 0100101110101101.ORG.

Nel Febbraio 2000, PROPAGANDA (il bollettino e-mail di 01) annuncia al mondo "La Grande Truffa dell'Arte": l'invenzione a tavolino di vita, opere e morte dell'artista serbo Darko Maver da parte di 01.ORG. Puro atto di mitopoiesi, per tutto il 1999 il "caso Darko Maver" aveva scosso il mondo dell'arte italiana, con diverse esibizioni, articoli e dibattiti su questo artista maledetto (le cui presunte opere erano - in realtà - immagini tratte da siti-spazzatura come www.rotten.com). Il culmine della beffa era stato raggiunto alla Biennale di Venezia, dove, di fronte a un pubblico attonito, la sedicente "Free Art Campaign" aveva proiettato un documentario sulla vita di Maver, intitolato "L'arte della guerra", con tanto di colonna sonora (originale?) di Laibach e Merzbow!

L'intervista che segue è stata realizzata tra Marzo e Maggio 2000. 

 [entra]