ATM 

Intervista con Matthew Fuller 
 
a cura di The Thing Roma


Matthew Fuller fa parte di I/O/D, collettivo londinese impegnato nell'espansione e nella ridefinizione critica del concetto di interfaccia. Da questa posizione, Fuller collabora spesso con un altro collettivo d'Oltremanica, il Mongrel Project, che decostruisce e ricostruisce le interfacce software da un punto di vista non neutrale e razzializzato.

Entrambi i gruppi hanno collaborato negli ultimi anni con la ShaKe Underground, casa editrice di Milano, che ha appena lanciato la sua prima collana di libri in lingua inglese, rivolta soprattutto al mercato anglosassone. Ad inaugurare la collana, il primo romanzo breve di Fuller, ATM, di cui ci occupiamo in questa intervista.

Recentemente Matthew ha scritto una serie di saggi sull'arte in internet per la Tate Gallery e sta per inaugurare un'installazione incentrata sulla dissezione di Microsoft Word nel contesto di 'Tragic Data', presso la Lux Gallery di Londra.




D: Il mondo che immagini in ATM è una sorta di multiverso degradato, dove l'apocalisse è passata senza che nessuno se ne sia reso conto: "Non c'è un posto nelle strade di Londra dove evitare la vista della miseria [...] Siamo al punto in cui si cambia Governo come se si cambiasse compagnia assicurativa...." Anche se le strade sono attraversate da violenza di ogni tipo, questo "capitalismo a bassa gradazione" appare senza un centro e senza conflitti reali per la re-distribuzione del potere. La morte del potere monolitico trova il suo equivalente, a livello mediatico, nella "Trasmissione di Network", che sembra rimpiazzare la metafora orwelliana del Grande Fratello. Credi che le reti, non solo quelle corporative, ma anche quelle autonome, siano i nuovi Grandi Fratelli del XXI secolo?

R: Il materiale nel libro non si riferisce a una specifica situazione storica, lo scopo è di produrre una costellazione di eventi testuali piuttosto che rispecchiare quello che passa per "vita". Detto questo, però, hai scelto alcuni passi del libro che rispecchiano i cambiamenti di cui parli. La prima frase è parzialmente estratta da un resoconto socialista del diciannovesimo secolo sul sistema di classe della Londra di quel tempo. Il testo è stato modificato e 'aggiornato'. La seconda frase viene da una sezione del libro che in un certo senso tratta indirettamente i miti metafisici della simulazione e della virtualità. Il capitalismo a bassa gradazione, il capitalismo come immondizia pura, la sua realtà. Penso alla zona di Londra in cui vivo, i suoi negozi, pieni di merce scaduta, verdure marce, cibo surgelato in frigoriferi rotti. Non è veloce, pulito e trascendente, no. Allo stesso tempo, questa sconnessione di classe con l'immagine di un paese delle meraviglie sovra-numinoso viene avviluppata in reti di materia, comunicazione, blocco, reti che rompono e divaricano questa polarizzazione, per espanderla in nuovi territori di conflitto e invenzione. Quindi non sono sicuro se sia questione di trovare un metodo per discernere le reti 'buone' da quelle 'cattive' o piuttosto di capire, intuire quali sono le modalità di vita nelle reti e quali potrebbero essere. Le trasmissioni di rete sono le manifestazioni di un programma di lavoro in un contesto in cui lo Stato è diventato illegibile, non possiede più autore. Esse si manifestano dentro e attraverso i corpi reali dei personaggi del libro, sono eventi complessi non riducibili alla possessione demoniaca dell'autorità, semmai a una specie di isteria da flusso informativo, a un trauma da coinvolgimento nelle lacerazioni del linguaggio, del comando, una specie di dolcificante senza zucchero, cose del genere. Il potere viene vettorializzato e sintetizzato, ma anche intrappolato e distorto radicalmente.

D: L'idea della Rete come nuovo Grande Fratello è collegata a quell'assassinio della distanza (spaziale, temporale, umana) perpetrato dai sistemi di telecomunicazione contemporanei. Oggi, il controllo e la dipendenza non sono più, se mai lo sono stati, legati a un potere esterno, autonomo, separato. Il controllo agisce come controllo e dipendenza reciproca, mutuale, è strettamente connesso a un flusso intersoggettivo. Un flusso che può anche essere rappresentato come un superorganismo o un pianeta in fase di massa critica, talmente forte da attrarre tutti gli asterodi più piccoli (almeno nei paesi occidentali). Molti pensatori contemporanei come Teilhard de Chardin, Pierre Levy, William Gibson o i tecnopagani, hanno adottato diverse metafore - la Noosfera, l'Intelligenza Collettiva, l'Intelligenza Artificiale - per significare il super-umano o il trans-umano. Ho l'impressione che ATM nasconda o rigetti il problema della trascendenza, disseminandola ovunque e in nessun luogo...

R: Può darsi che questa connessione sia sintomo di un desiderio per qualcosa, per uno stato dell'essere, che però viene dispiegato come repressione di quello stato, in modo tale che la repressione raggiunge lo stesso livello di rilascio dal desiderio di ciò che reprime? Forse ATM si batte per la condizione esattamente opposta a quella di trascendenza. In questo caso cos'è la repressione?

D: Difficile dirlo. Questo tipo di desiderio represso o frustrato mi fa pensare alla seduzione pubblicitaria, a quell'"immagine di un paese delle meraviglie super-numinoso" di cui parlavi prima: le promesse della pubblicità sono familiari e distanti allo stesso tempo, a portata di mano ma impossibili da raggiungere ed esperire veramente. Cos'è la seduzione in un mondo come ATM? Se le persone non hanno nulla di trascendente in cui credere e non possono soddisfare pienamente nulla, perchè continuano a vivere e non commettono sucidi di massa?

R: Se queste sono le due uniche opzioni, dev'essere solo per il divertimento di guardare i suicidi e i tentativi falliti di trascendenza? In ogni caso, forse è anche possibile trovare una via di fuga via e sviluppare modi di agire, modi di essere profondamente connessi alla vita, piuttosto che al tentativo di evaderla in vari modi.

D: La tua scrittura è una strana mistura. Da un lato è estremamente compressa, un alluvione di metafore che caricano ogni significante con molti livelli semantici. Dall'altro, il campionamento di fonti diverse, la continua mutazione di contesto e scenario, l'intercambiabilità del panorama urbano e mediatico, rendono tutto estremamente trasparente e superficiale, come in uno zapping televisivo. Sei stato influenzato dalla cosiddetta letteratura "Avant-Pop"? Considereresti il tuo romanzo come un figlio bastardo di quel genere?

R: Mah, lo zapping televisivo in Inghilterra è decisamente poco ispirante. Abbiamo in tutto cinque canali. La maggior parte dell'"avant-pop" mi è sembrato - come hai detto tu - una forma di fiction ossessionata dalla possibilità di guardare la TV, professori di scrittura creativa che hanno scoperto MTV. Francamente, non mi dice niente di particolare. Un altro suo problema specifico è l'essere molto strettamente nazionalista. Larry McCaffery, uno dei critici che hanno inventato il termine, nonchè curatore delle omonime antologie è completamente inchiodato geograficamente al Nord America. Questo lascia parecchi punti interrogativi. D'altra parte sono grato per l'ispirazione e il sostegno datomi da alcuni scrittori che hanno usato questo termine come cavallo di Troia per spingere i loro scritti in contesti più ampi. Sono assolutamente a favore delle tecniche di promozione populiste di materiale scottante, compromettente, e questi scrittori - penso particolarmente a Ron Sukenick, i cui straordinari scritti e la cui potente insistenza sulla necessità di sviluppare reti aperte e autosufficienti di scrittori mi sono stati enormemente utili, e a Mark Amerika, il cui sito Alt.X ha dato per primo ampio risalto a diverse sezioni di ATM (ma anche ad altri collaboratori di I/O/D) - che hanno usato la parola "Avant-Pop" per spostare il dibattito in avanti, sono degni di essere letti, insieme con molti altri, indipendentemente dalla loro associazione con questa etichetta.

D: Quello che trovo interessante della visione di Larry McCaffery è questa definizione dell'America come "nazione che sogna ad occhi aperti", dove la finzione e la realtà sono talmente sovrapposte che l'immaginario collettivo prende corpo, si può toccare con la stessa concretezza della realtà quotidiana. Anche se ATM scava attraverso una prospettiva molto più narrativa e surreale, credo che offra una simile emergenza del subconscio. Attraverso gli specchi multiformi dei media di rete, tutte le paranoie e gli istinti umani vengono orribilmente in superficie, senza alcuna possibile sublimazione...

R: ... e cosa ci fai con questo corpo una volta che si materializza? Come minimo una sveltina ammosciata e poi lo fai a pezzi mentre è ancora vivo. In "Empire of the Senseless" di Kathy Acker, remix parziale della trilogia di Gibson, ci sono unità di software e computer reimmaginati come teste mozze, un apparato sensorio randagio. Parte di ciò che ho fatto nella mia prossima installazione, 'A Song for Occupations' - una cartografia estremamente pedante di Microsoft Word - è di prendere un componente di questo corpo, la parte che 'produce' la scrittura, e di scoprirne la composizione in quanto apparato sensoriale, in quanto macchina linguistica. Per chiedersi se il senso di molteplicità di cui parli è protetto da un firewall o trasfigurato e mobilizzato all'interno di questo particolare apparato materiale-semiotico di scrittura. Per quanto mi riguarda, lo sviluppo di un'estetica del molteplice è un compito cruciale, è qualcosa che, se fatto in maniera pubblica e aperta, può distruggere la rigidità dei confini e le categorie di cittadino e non-umano che caratterizzano la miseria della politica nazionale e governativa.

D: Hai scritto la maggior parte di questo libro alcuni anni fa. Dopo eventi come Seattle, ti riconosci ancora in questa visione?

R: Se questo corrisponda in qualche modo con le recenti azioni di protesta, non lo so. Nietzsche suggerisce che è essenziale mettere almeno tre secoli tra te e il tempo in cui vivi. Sembra ragionevole, ma obliquamente, non all'indietro.

D: Prendiamo Pierre Levy e Hakim Bey come due estremi di una proposizione. Per il primo l'ingresso di nuove differenze nella Rete è la condizione per il pieno sviluppo dell'Intelligenza Collettiva. Per il secondo, al contrario, la differenza è possibile solo fuori dalla Rete e in opposizione al "virtuale". Le forme contemporanee di resistenza alla globalizzazione sembrano rappresentare una terza via, virtuale e reale, globale e locale. Come rappresenti la "resistenza" in ATM?

R: Da questa formulazione delle due posizioni, sembra che le 'nuove differenze' si sviluppino fuori dalla rete e poi vi entrino in qualche modo. Evidentemente in questo caso, l'enfasi va messa sulle cose che si verificano in questo modo... Però la tua sintesi delle prime due posizioni si basa ancora sull'importanza della categoria di virtuale. Io non ho mai capito cosa si intende per virtuale. La Realtà Virtuale, per esempio, sembra molto più comprensibile in termini di interfacce reali, di strutture di dati reali, di riformulazioni reali dei processi fenomenologici di essere nello spazio, piuttosto che come qualcosa di virtuale che colloca tutti questi processi nella stessa categoria intrattabile e non manipolabile. Quindi credo che prima di tutto dobbiamo rifiutare la categoria di 'virtuale'. E' un vicolo cieco - e ne sono fermamente convinto. Allo stesso modo, credo che la scrittura vada trattata come la produzione di contesti e processi materiali reali. Questi processi possono ovviamente fare riferimento e uso del fatto che altri modi di esistere all'interno del linguaggio - per esempio il "letterario" - insistono sull'idea della rappresentazione, sull'idea che ci sia un'altro stato a cui potersi riferire, ma che non è implicitamente toccato dall'atto dello scrivere. Poi ci sono alcune forme di scrittura, come i contratti legali, le ricette, i testi rap, che implicano una interrelazione più profonda tra il linguaggio, i corpi e le tecnologie che performano, producono o sono coinvolte nel processo [della scrittura, n.d.t.], rispetto a quelle normalmente categorizzate come "fiction" - di sicuro queste sono più avvincenti. La poesia comporta, o quanto meno assume, questo aspetto più di quanto la prosa convenzionale ammetta di sè - ma questo è il motivo per cui, generalmente parlando, la trovo molto più difficile da leggere...

Comunque forse posso rispondere alla tua domanda semplicemente descrivendo alcuni aspetti di come funziona il libro, riferendomi alla sua esistenza al di fuori dall'essere un mero testo. Ciò che contorna il testo, ciò che Gerard Genette descrive come il 'paratesto': "quelle convenzioni e quei dispositivi liminali, sia dentro che fuori un libro, che formano parte della complessa mediazione tra il libro, l'autore, l'editore e il lettore" e qui penso alla copertina del libro disegnata da Margherita Gianni, al modo in cui le parole sono distribuite. Prendi l'idea del paratesto di Genette - e in particolare quello che lui chiama il 'paritesto dell'editore' - trattalo come se componesse un quadro di possibilità non solo narratologiche, ma mediali. Nella copertina di un libro si incontrano molte forme di informazione e altri sistemi, e si riarticolano l'uno con l'altro in questo spazio relativamente piccolo. I codici a barre situano il libro all'interno dei cataloghi e dei sistemi delle tecnologie di informazione; i prezzi lo segnano come operante all'interno di un'economia; le fascette pubblicitarie lo inseriscono in spazi di relazione con altri testi, eventi, affetti potenziali, e così via; i nomi degli editori e degli autori si relazionano ad altre opere, ecc. Quelle che Genette chiama "soglie di interpretazione" diventano anche soglie di connessione. E' per questo motivo che la disposizione normalizzata e l'ordine gerarchico dell'informazione sulla copertina del libro sono stati stravolti. Allo stesso tempo, però, per la stessa ragione, è stata seguita la strada diametralmente opposta nel creare altri piani, affinchè il libro entrasse in contatto con i suoi fruitori. Un esempio: a Londra e in altre città inglesi vengono distribuiti adesivi - per portare il libro fuori dallo spazio assegnatogli (l'invisibilità o qualche oscuro scaffale). L'informazione sugli adesivi contiene il titolo del libro, il nome dell'autore, il codice a barre e un URL. L'informazione è abbastanza semplice per identificare 'ATM' come libro, e per reperirlo dove circolano i libri. L'informazione sull'adesivo è ordinata precisamente nel modo in cui è ordinata l'informazione libraria, per legare questo elemento al sistema di distribuzione libraria. Contemporaneamente, nel contesto della libreria, o in quello del libro come oggetto, questi sistemi vengono distorti.

Quindi, per tornare alla tua domanda: la globalizzazione è sempre stata in atto. La questione non è semplicemente produrre "resistenza", ma piuttosto trovare i modi in cui le forme della globalizzazione non siano controllate dal capitalismo, nè modificate da egemonie locali come il nazionalismo o il moralismo - trovare modi di essere globali, o no, che incoraggino la molteplicità. Come si possono riconoscere efficacemente questi grovigli di scale e processi, che ovviamente si verificano anche all'interno del corpo che produce conoscenza, e come possiamo allargare questo contesto di 'conoscenza' evitando contemporaneamente di buttare via quelle che Hakim Bey definisce "specificità non-egemoniche"?

D: Negli ultimi anni hai sperimentato diversi tipi di linguaggi e approcci alla cultura e alla comunicazione. Dall'ironia secca e aggressiva delle fanzine underground (Underground, Datacide), alla teoria accademica. ATM sembra sintetizzare queste diverse prospettive. Credi che l'accademia e le istituzioni culturali (come la Tate Gallery, che recentemente ha commissionato a Mongrel una falsa versione del suo sito web) siano pronte a incorporare queste prospettive eccentriche all'interno del loro mondo? E questa apertura (a volte comune anche alle imprese) quanto inciderà sulla tradizionale relazione tra cultura mainstream e underground? L'underground è ancora riconoscibile come insieme separato di codici e valori? Internet sta accelerando l'ibridazione, o la vecchia idea di controcultura è ancora viva o più forte di prima?

R: Le due forme istituzionali che hai menzionato, quelle artistiche e quelle accademiche, per quanto condividano alcune funzioni, sono assestate su forme di conoscenza decisamente diverse. L'accademia, sostanzialmente, produce mezzi per comprendere il tutto come lo stesso, come un continuum, la vita come un infinita sequenza recessiva e progressiva di loop ermeneutici e sequenze reinterpretative. L'Arte Contemporanea in quanto istituzione è, all'opposto, dipendente in maniera terminale dalla novità. Entrambe operano come luoghi e come macchine di pensiero per la produzione di apparati sensori, per cui non sono mai totalizzabili e nella loro brama di trovare la ripetizione o la novità si generano opportunità di aprire degli spiragli in qualche modo diversi. Ovviamente queste sono grezze generalizzazioni. Ma forse significa che se generi abbastanza peso in ciò in cui sei coinvolto, questo può effettivamente trasformarsi in una zavorra e impedirti di muoverti attraverso quei contesti, in cui la tua pratica dovrebbe portarti. Contemporaneamente, l'underground ti fornisce lo spazio in cui vivi, in cui componi il tuo sè. E qui dò un senso 'allargato' di underground. La Jungle, per esempio, ha avuto una forte influenza sulla composizione di ATM. Ma c'è anche questo senso di underground riferito a qualsiasi cosa sia sotterraneo rispetto alla società. Ricorda, io ho passato la maggior parte della mia vita con persone sotto i cinque anni. Bisogna fare attenzione alle pieghe, ai comportamenti e ai discorsi dei bambini per avere un senso radicalmente diverso dell'essere umano. Questo è "underground" quanto qualcuno che si ficca un pilone nello scroto. Credo che l'underground si separi dalla più esplicita forma di "controcultura" - e credo che le persone abbiano forse imparato a non definirsi sulla base di quello che presumono essere il loro opposto. Comunque, questo non vuol dire che non emergeranno, che non stiano emergendo, movimenti con qualcosa in più della semplice opposizione. In un certo senso non ho abbastanza esperienza per sapere se le reti stanno accelerando l'aggregazione delle formazioni precedentemente separate a cui ti riferisci. Apparentemente questa è la situazione attuale, ma credo ci voglia un altro tipo di conoscenza oltre a quella trasmissibile come informazione storica, un certo senso del tempo, dei ritmi e delle velocità di interrelazione, per sapere effettivamente se tutto questo è "meglio" - vale a dire, devi essere più vecchio e più saggio... C'è davvero qualcosa che si verifica più velocemente e a più livelli multipli contemporaneamente, o ciò che viene descritto in questo modo è solo una delle più arroganti teorie mediali, che serve a sublimare altri processi tanto ricchi quanto interconnessi?

D: L'ultima domanda riguarda l'editore di ATM, la ShaKe Editions. ShaKe è un editore underground italiano, che con ATM lancia una nuova serie di libri direttamente sul mercato inglese. Almeno in Italia, questo è piuttosto insolito, dal momento che siamo abituati a importare, più che "esportare" prodotti underground. Quale sarà il ruolo di questa collana, e per te questa operazione ha un particolare significato politico/culturale?

R: E' da molto tempo che ho un rapporto intermittente con la ShaKe, e sono felicissimo che abbiano pubblicato il libro. L'underground italiano, e le sue culture politiche radicali sembrano sempre un elemento mancante in molte discussioni o narrazioni sul "cosa" è possibile. Visto il profondo radicamento della ShaKe all'interno di queste scene, e considerato il modo con cui affrontano la questione del "lavoro" e della sua possibile organizzazione, e lo spessore di pensiero che danno all'editoria in quanto atto politico e culturale, sono estremamente felice di avere un rapporto con loro. In questo è fondamentale anche ciò che verrà dopo ATM, nella collana inglese. 'Fleshmeat' di Gashgirl è un romanzo epistolare intenso e deragliante, non vedo l'ora che esca alla fine di quest'anno.


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