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S1/S2

Architettura loigca, psicologica, antropologica

Introduzione

Tutto quello che ho scritto è copiato.

Veramente.

Ogni pezzo in cui descrivo la storia della Storia dell'Arte, dove si parla di filosofi, di artisti, di scienziati.

Tutto copiato.

E non potrebbe essere diversamente.

Che sia tratto da wikipedia, da un libro che ho letto, da un blog o da un sito web. Copiato. Duplicato. Incollato.

La cultura è una rete.

Una rete in cui i ruoli si scambiano di continuo, tramutando i soggetti ora in sudenti, ora in professori, prima in artisti, poi in spettatori, in un istante produttori, l'istante dopo consumatori. E così via.

E', anzi, più significativo abbandonare il concetti dualisti di tipo “studente/professore”, e di avviarsi all'assunzione di nuove definizioni.

Definizioni che prendano in seria considerazione la topologia delle reti nella descrizione della cultura (e non solo di quella), per rilevare come il discorso “gerarchico” sia del tutto inadeguato nel descrivere le dinamiche che realmente avvengono.

Le topologie delle reti sono fondate sui nodi, sui percorsi, sui concetti - tra gli altri - della raggiungibilità e della percorribilità. Di nodi che assumono ruoli e funzioni differenti a seconda del punto di vista da cui vengono osservati. Di archi che, congiungendo i nodi, consentono la comunicazione con specifiche caratteristiche di capienza, rapidità, direzionalità, delle tipologie di informazione che vi possono transitare.

Facendo un passo indietro, guardando da “più in alto, le reti possono essere studiate aggregando archi e nodi secondo i criteri più disparati: secondo la loro vicinanza topologica o di flusso; secondo il ruolo che, in un certo istante e da una certa prospettiva, stanno ricoprendo; secondo il grado di ricorrenza delle comunicazioni che avvengono tra gruppi di nodi o lungo insiemi di archi.

Queste strutture, identificate classificando gli elementi della rete secondo osservazioni di tipo temporale, spaziale, concettuale e comportamentale, possono essere raggruppate e, per fini specifici, possono essere trattate come soggetti, ed studiati proprio come tutti gli altri. I nodi e gli archi semplici, naturalmente, possono far parte di diversi di questi soggetti aggregati, a seconda del tempo e della modalità in/con cui li si osserva.

Un nodo potrà essere un hub (accentratore) se lo si analizza dal grado di convergenza, su di esso, delle comunicazioni, o un nodo semplice. Lo stesso nodo potrà appartenere contemporaneamente a più sottoreti, o funzionare da punto di scambio (switch) tra reti diverse. O, ancora, potrebbe essere così intelligente, una volta ricevuta una informazione, da sapere a chi inoltrarla, perchè di suo interesse (router).

Le informazioni, inoltre, possono attraversare i nodi con effetti differenti: possono arrivare e fermarcisi, ed essere memorizzate o elaborate; possono essere inoltrate, in una direzione singola o multipla; possono essere copiate, elaborate in qualche modo, accoppiate con altri dati e re-instradate in qualche altra direzione.

Possono, anche, essere generate in un nodo, secondo un qualche processo, ed essere avviate a percorrere la rete, indirizzate a nodi specifici o indistintamente a tutti gli altri nodi di una o più sotto-reti.

E' da notare come, in questo ultimo caso, una informazione generata dal nodo X e destinata al nodo Y non sarà vista solo da X e Y, ma da una pluralità di soggetti. Innanzitutto dalla infrastruttura, che dovrà, per gestirla, maneggiare l'informazione. E poi da tutti quegli archi e nodi che, per far arrivare il dato da X a Y, dovranno memorizzarlo, inoltrarlo, modificarlo per consentirgli di arrivare a destinazione.

Il processo può essere anche molto complesso, facendo intervenire infrastrutture, suggetti multipli e sottoreti differenti. E non è detto che, durante il tragitto, l'informazione o qualche suo dato accessorio non cambi. E' probabilissimo, anzi, il contrario. O che, nel passare, questa non venga utilizzata da qualcuno degli oggetti/soggetti incontrati per generare altre informazioni, dirette, magari, in direzioni totalmente differenti. O, ancora, che una qualche distorsione sia applicata durante il tragitto, magari anche oltre quei limiti di tolleranza che le reti evolute (come la cultura) sono in grado di ricondurre all'ordine. Oppure che qualche nodo della rete sia stato programmato in modo differente da altri, e che le informazioni generate su quel nodo secondo alcuni criteri, siano interpretate in modo del tutto differente da altri nodi cui capitasse di riceverle.

Tutta ordinaria amministrazione.La cultura è una rete. E “funziona”, bene o male, così. “Bene o male” per colpa mia, naturalmente, e perchè mi è necessario esporre le cose brevemente. Non perché non funzioni, effettivamente, così.

Tutto copiato, si diceva più su.

Tutto copiato in quanto ricevuto, elaborato, addizionato, invertito, non compreso, schifato, vomitato, blaterato, cliccato, selezionato, bookmark-ato, bloggato, wikipedi-ato, google-ato, ascoltato, riferito o sub-udito in qualche istante della mia vita.

In questa impostazione viene da chiamare “copiate” anche quelle cose che, in una certa visione “romantica”, penso di aver creato tutte da me.

E' però stupido continuare ad utilizzare una terminologia quando questa non è più adatta a descrivere le cose di cui si sta parlando.

E quindi cambiamola.

Cambiando terminologia, ad esempio, si può essere magicamente liberati da vincoli e storture, da eredità che non ha senso portarsi dietro distorcendo quello di cui si sta parlando.

Per esperienza personale, poi, il tentare di utilizzare parole vecchie per descrivere idee nuove è una pratica del tutto fallimentare. Specie se le parole “vecchie” sono, in qualche modo, “delicate” rispetto alla sensibilità di chi ascolta.

Migliore e più efficace è l'approccio che prevede di usare la suggestione creata da un neologismo, da una parola-con-barretta, da una parola-con-cambio-lettera-per-avvicinarla-ad-un-altra. La mente, davanti a questi tipi di interventi terminologici, si apre e si rilassa (c'è chi la chiamerebbe “tensione”, però), apprestandosi ad accogliere nuovi concetti con una predisposizione assai migliore.

Non più contenuti “copiati”, ma “ri-contenuti”. Contenuti rielaborati, riciclati, ricontestualizzati, reinterpretati, ristrutturati, ribolliti, richiamati alla memoria, ri-qualcosa, insomma, che non sia (se esiste, ed è tutto da dimostrare) la produzione da zero.

Questa modalità è sempre esistita, naturalmente, ed ha a che fare con il modo in cui siamo fatti, con le modalità con cui comunichiamo, con cui apprendiamo le cose, ascoltiamo la musica, e per come guardiamo il mondo mentre ci facciamo una passeggiata.

Osservandole, o anche guardandole di sfuggita, annusandole, sentendole, le cose ci rimangono dentro, ce le ricordiamo più o meno esplicitamente, le mettiamo in relazione, le filtriamo per vari motivi, le conserviamo, le scartiamo o mettiamo nel “cassetto speciale”.

Facendo questo creiamo relazioni, hyperlink, tra le cose, tra noi e gli altri, tra gruppi di cose, tra cose, persone, luoghi e momenti. E generalizziamo, proviamo a fare delle categorie, salvo rielaborarle, o lasciarle indeterminate, o vuote, o mettendoci dentro tutto.

In questa modalità diventa assai difficile delimitare i confini.

Dove sono io? sono solo sul “mio” nodo? Includo anche un po' di archi? Arrivo fino a dove arrivano i mie link? E ai link dei link? E se il luogo dove arriva il link è anche di qualcun altro?

Il tutto è “conciliabile” solo in una maniera assai dinamica, in cui i confini non si posono, in realtà, definire. Si possono descrivere nel caso che fosse nostro interesse il descrivere una parte di realtà, da un crto punto di vista, in un certo istante e con un certo intendimento. Ma “definire” - assoluto, universale, troppo - , no.

Sembra un modo schizofrenico di vedere la realtà, ma non lo è.

Questo genere di sistema, nel consentire la creazione di apparenti paradossi (“è mio e anche tuo”, “sono qui e lì”, “questa cosa l'ho inventata io, ma la hai inventata anche tu”, “io sono questa cosa qui, che include anche quella cosa là che sei tu, più o meno” eccetera eccetera eccetera), crea anche una serie di tensioni che, per l'appunto, tendono la rete (culturale, percettiva, fisica.. dipende di cosa si stia parlando).

Tiro un nodo - ad esempio una parola, o il nome di un evento, magari per “appropriarmene” avvicinandolo topograficamente a me - e si avvicinano “n” archi e tutti i nodi ad essi collegati - tutti i concetti associati a quella parola o a quell'evento che, culturalmente, si avvicinano a me - .

Ne tiro un altro e sento la resistenza di chi tira dall'altro lato - magari rappresentata da chi ha più “autorità” di me su quella cosa, ovvero provocata dalle moltitudini di “tiratori” che, percependo quella cosa come vicina ad un certo soggetto/oggetto, tirano tutti da quel lato, o, ancora, dalla possibile presenza di un nuovo link, messo lì da qualcosa/qualcuno, che crea una resistenza aggiuntiva -.

Un arco si allunga con elasticità - perchè magari gli oggetti ad esso collegati non sono al centro di molte “tensioni culturali” -, mentre un altro si spezza per la troppa tensione, facendo scomparire una serie di collegamenti - la “tensione” in una direzione è così forte che si spezzano i collegamenti che vanno nell'altra direzione, facendone perdere la percettibilità, che si traduce nella scomparsa dei percorsi sulla rete culturale che si dirigano in quella destinazione a partire dal punto di rottura - .

Analizzando sulla linea del tempo l'evoluzione di questa rete, l'evolversi della sua topologia e delle tensioni, vediamo come sia possibile immaginarne una rappresentazione che concili gli infiniti punti di vista presenti, e che consenta loro di coesistere allegramente e in pace.

E' possibile pensare, infatti, di storicizzare lungo il tempo - e lungo tutte le altre dimensioni in cui ci interessi farlo - la configurazione topologica che registriamo, insieme a tutti i dati di tensione applicata alle sue componenti o gruppi di componenti.

Sarà, in particolare, possibile storicizzare queste informazioni sia dal punto di vista dei singoli soggetti, gruppi di soggetti, oggetti e gruppi o generalizzazioni di soggetti, che da un punto di vista globale, risultante dalla somma delle varie tensioni applicate sui vari punti.

E, quindi:

S1 = dimensioni individuali

S2 = dimensioni globali

Spazio 1/Spazio 2.

Questa concezione di rete può essere applicata, come insegnano i Bateson&C., cui ho “ri-contenuto” i testi nelle parti precedenti del testo, ad ogni pratica relazionale umana e, quindi, praticamente ad ogni cosa che facciamo o di cui abbiamo esperienza.

Non penso di stupire nessuno se affermo che andare a fare la spesa equivale ad intessere una serie di relazioni, o anche andare al mare a fare il bagno e a prendere il sole, o anche il rinchiudersi dentro un laboratorio sotterraneo e lavorare come un eremita (mi serviranno comunque delle “cose”, oppure qualcuno avrà costruito il mio laboratorio, o, ancora, qualcuno si ricorderà di me, o noterà la mia assenza, eccetera, eccetera. non si scappa: relazioni dappertutto).

Siamo, quindi, immersi in un qualcosa che si può definire, con poca fantasia, come un ecosistema relazionale. Composto da sotto-ecosistemi, stratificati a loro volta su tanti livelli quanti sono i punti di vista da cui ci può interessare di osservarli. Nulla di nuovo.

E' nuovo il fatto di “assumere” questa nozione quale punto di osservazione della realtà. Di farlo realmente, cioè.

Perchè nel descrivere la realtà (le realtà) si opera in modi bizzarri. Con particolare riferimento, in questa sede, al parlare di cultura e (se esiste ancora una tal cosa) di società.

Applico qui questa metodologia alla Storia dell'Arte quale ambito culturale curioso e sopravvalutato.

Categorizzare, suddividere, “dare nomi” all'arte, ai movimenti, ai periodi è comodo e pratico. Ma causa perdita di informazione.

In primo luogo a causa della natura “continua” e “rielaborativa” dell'evoluzione di pratiche, concetti e inclinazioni.

In secondo luogo per l'inevitabile limitatezza della dotazione, in termini di informazione, di chi fa la valutazione di cosa agiungere all'elenco, di cosa non aggiungervi, di come chiamarlo e di scegliere a quali altre “cose” dell'evento collegarlo.

Io solo so cosa ho fatto. O quelli che, direttamente o indirettamente, sono collegati a me in qualche modo. O, se proprio, magari, so di aver fatto qualcosa pur non sapendo esattamente cosa (perchè, magari, non ho a mia volta la visione di alre “cose” che mi servirebbero per spiegare il mio stesso operato), solo io so, in prima battuta, di averla fatta questa cosa. Di cosa ci ho messo dentro nel farla, di cosa mi sembra di aver “collegato” facendola.

Il “fare” - in questo caso, il produrre arte - mi dà, in qualche modo, il diritto di affermare. Non fosse altro che l'ho già fatto producendo. E questa mia affermazione dovrebbe poter essere infilata nella rete culturale proprio come tutte le altre.

E sappiamo tutti che, invece, non è così. E che quello che finisce nella rete culturale segue percorsi differenti. Non è una polemica, naturalmente. E' la rilevazione che, nonostante il suo ruolo, anche uno Storico dell'Arte non può sapere tutto quello che avviene. Specialmente in tempi come questi in cui i produttori di arte sono tantissimi, e in cui, oltretutto, il concetto stesso di arte sfuma da tutti i lati, toccando altre innumerevoli discipline e pratiche.

Quindi, bando alle ciancie, e via con architettura, implementazione e interazione.

Architettura

www.artisopensource.net_arch_01.jpg

Si parlava, quindi, di ri-contenuti, di tirare/spingere verso di sé o verso altri, per descrivere/descriversi, di memorizzare la storia del tutto, e di poterla visualizzare da molteplici prospettive, di cui alcune incentrate sulla visione personale che i soggetti (o i gruppi di soggetti, a loro volta soggetti) hanno di sé stessi e di quello che fanno, ed altre intese in senso globale, pubblico.

Il modulo di “re-content squatting” serve a inserire “cose” nell'ecosistema.

Si chiama “squatting” perchè rappresenta una attività di ri-appropriazione di ri-contenuti.

Questo modulo sarà costituito dall'interfaccia - e dai sistemi ad essa asserviti - che verrà utilizzata per inserire i nodi dell'ecosistema.

I nodi potranno essere di diversi generi:

  • soggetti
  • luoghi
  • oggetti
  • concetti
  • strutture

Caricare un “soggetto” vorrà dire caricare una definizione di una identità. Nome e cognome, nickname, codice DNA, numero di capelli, nomignolo che ti davano alle scuole elementari. Sarà possibile scegliere la forma e l'entità dei dati che si vuole utilizzare per creare una tale definizione. Non ci sarà, insomma, la “scheda del personaggio” standard a cui ci hanno abituati tutti i sistemi in cui ci dobbiamo registrare (da quelli burocratici degli uffici pubblici, a quelli dei servizi online). Questo comporterà, naturalmente, una serie di scelte da eseguire ad opera delle singole persone: una definizione troppo “diversa” fornisce maggiore libertà di rappresentazione, ma rischia di essere meno comunicativa nei confronti degli altri partecipanti all'ecosistema. Caricare una identità nel sistema non vuol dire “questo sono io”. Vuol dire piuttosto “questa identità qui esiste”. Tant'è vero che il contenuto delle varie “identità” potrà essere modificato da tutti (secondo le modalità esposte nel seguito), anche da quelli che non le hanno create. Salva poi la modalità di consultazione delle “identità” (come di tutti gli altri componenti dell'ecosistema) che garantirà il mantenimento sia della prospettiva descritta dal creatore dell'identità, che della risultante di tutte le modifiche globalmente apportate, compresa la possibilità di osservare come queste due versioni si siano evolute nel tempo.

I “luoghi” potranno essere specificati sia in termini geografici che online. Caricare un luogo e associarlo ad una identità non significa dire “questo luogo è di questa identità”. Significa piuttosto dire “questa identità è correlata a questo luogo”. Ciò vuol dire che il processo di caricamento di un luogo sul sistema sarà guidato in modo da inserirlo in maniera coerente con il resto dei luoghi già inseriti, in modo che se due “cose” si riferiscano allo stesso “luogo”, queste puntino effettivamente alla stessa entità nel sistema. (saranno disponibili per tutte le categorie di questo elenco gli strumenti per “correggere” situazioni di errore o imprecisione, e per arricchire, sia dal punto di vista “locale” che da quello “globale”, le informazioni di creazione e di messa in relazione: sono descritti nel seguito).

Gli “oggetti” potranno essere di vario genere. Produzioni audio, video, immagini. Documentazione. Collegamenti a contenuti online. Posizioni geografiche di architetture, installazioni, eventi, performance. Descrizione dello spazio temporale “occupato” dall'oggetto. Anche qui, l'inserimento di un oggetto non vorrà dire “questo è di questa identità”, ma piuttosto “questa identità è in relazione con questo oggetto”.

I “concetti” saranno gestiti in modo parallelo a quanto avviene per gli oggetti, cambiandone il supporto: parole chiave, documentazione, simboli.

Elementi semplici, poi, potranno essere organizzati in “strutture”. Insiemi di identità, di luoghi, di oggetti e concetti, o anche di altre strutture, caricate o strutturate da noi o da altri, potranno essere raggruppate e rappresentate come una singola entità.

www.artisopensource.net_arch_02.jpg

Tutti gli elementi così creati potranno essere collegati tra loro. I collegamenti saranno realizzati nel modo più intuibile possibile “unendo i puntini” delle cose che ci interessa collegare. Un collegamento potrà essere creato in modo “semplice” (da un nodo all'altro), tramite la creazione di un “percorso” (prima qui, poi lì, poi là, potendo anche inserire bivi e cicli), o tramite la realizzazione di “stelle” (tutte queste “n” cose sono collegate qui). Ogni collegamento sarà connotabile tramite descrizioni, link a contenuti o a documenti, e a oggetti multimediali. Una particolare connotazione, opzionale ma di formato fisso, è quella temporale e di posizione: sarà possibile associare ad ogni collegamento una serie di momenti e di luoghi (geografici o digitali), e di spiegarne la rilevanza.

Il modulo di “re-content squatting” consente, quindi, di inserire le identità di chi ci pare, gli oggetti che vogliamo, di collegare quello che vogliamo nel modo che riteniamo più bello, giusto o significativo. Non si tratta, quindi, della definizione di una “proprietà”, ma della definizione di una esistenza, per come noi la percepiamo.

Se io inserisco la “mia” identità come nodo del sistema, non mi sto autenticando come avviene quando mi collego alla posta elettronica. Sto, aggiungendo informazione. Proprio come se volessi inserire nel sistema l'identità di Picasso.

Il sistema, infatti, è del tutto anonimo. Ti colleghi, inserisci, sposti, aggiungi, metti i collegamenti, e te ne vai. L'account, il nickname che si ha sul sistema è per pura comodità, non deve essere nè rintracciabile, ne associabile a qualcos'altro nè nulla. Serve per accedere al sistema e per, come si vedrà nel seguito, per comunicare.

Spostando per un attimo lo sguardo verso il basso, lungo l'architettura, è giunto, quindi, il momento di studiare come/dove/quando il ri-contenuto si trova nel sistema.

S1/S2 sarà un sistema peer 2 peer ibrido. Composto, ovvero, da una rete p2p e da una serie di componenti collegati alla rete p2p, ma fissi e accessibili anche dalla rete internet normale. Questi nodi fissi svolgeranno compiti specifici, come vedremo in seguito.

I ri-contenuti. Questi verranno inseriti attraverso interfacce disponibili sulla rete p2p. I contenuti fisici (files, video, multimedia) saranno ospitati nel sistema secondo diverse strategie. Nella maggioranza dei casi i contenuti saranno inseriti come riferimento a ogegtti fisici presenti sul web (collegamenti, video online, suoni su siti web, documentazione, presentazioni). In altri casi saranno rappresentati da file e documenti. Questi file e documenti verranno ospitati sulla rete p2p in modo analogo a quello che avviene per i contenuti che condividiamo tutti i giorni nei sistemi di file sharing.

Gli utenti, inserendo nodi ed archi, li ospiteranno nel proprio computer.

Le “pagine gialle” (la directory) di tutti i contenuti inseriti saranno ospitate, invece, in maniera distribuita.

In ogni, istante, perciò, sarà possibile conoscere il contenuto globale della rete p2p, fatto salvo il dover attenderne l'effettiva disponibilità (come quando, scaricando un film da un sistema p2p di file sharing, ne conosciamo l'esistenza, ma dobbiamo aspettare che si presenti qualcuno sulla rete che ci consenta di scaricarlo sul nostro computer). Una volta scaricato sul nostro sistema saremo noi a decidere se desideriamo funzonare anche da “sorgente” per quel contenuto fisico, o se vogliamo semplicemente consultarlo.

Creando dei collegamenti tra contenuti, il sistema si comporta in modo specifico. Collegando, ad esempio, due video ospitati nella rete, si viene trasformati “d'ufficio” in sorgenti concorsuali. In questo caso alcuni algoritmi decideranno quali parti degli oggetti linkati far risiedere sul nostro computer, in ridondanza rispetto a quanto avveniva in quell'istante sulla rete, e nel rispetto di quanto specificato in fase di configurazione (potremmo, ad esempio, specificare che tipo di connessione e quanto spazio sui file system riservare a questa attività).

In sintesi: chi carica informazioni ne diventa responsabile; la rete nel suo insieme è capace di mantenere conoscenza della presenza dei contenuti che, però, risultano essere disponibili nella misura in cui i loro “responsabili” risultino essere collegati alla rete stessa; l'usare i contenuti (e, quindi, il trarne vantaggio potendone eseguire link e associazioni a contenuti di cui ci occupiamo o che ci stanno a cuore) ci fa diventare co-responsabili e, quindi, titolari dell'“onere” di renderli disponibili sulla rete.

Saranno predisposti nella rete alcuni meccanismi di controllo, volti ad evitare situazioni di “ingiustizia” ricorrenti per cui, ad esempio, alcuni utenti comincino a collegare tantissime cose tra loro, senza, però, sobbarcarsi alcun onere. Tali situazioni verranno evidenziate tramite apposite funzionalità e sottoposte al giudizio della rete p2p: in caso di voto negativo l'utente “evidenziato” dovrà utilizzare gli altri strumenti del sistema per giustificare il comportamento giudicato negativamente (chi giudica negativamente potrà vedere tali spiegazioni e decidere di revocare il voto negativo).

Tutte le funzioni “sociali” esposte fino ad ora, sono svolte tramite l'interfaccia - e i sistemi ad essa associati - denominara “RE-COMBINATOR”. Questa, quindi, ci darà la possibilità di gestire tutte le nostra attività che siano di “elaborazione relazionale” sul contenuto del sistema:

  • comunicare tra utenti
  • intavolare discussioni
  • eseguire processi di elaborazione (intervenire sulla topologia della rete e sui suoi contenuti)
  • gestire le chiamate alla “civicità di rete”, come esemplificato nel paragrafo precedente

L'interfaccia RE-COMBINATOR, quindi, offrirà un insieme di strumenti attreverso cui comunicare tra utenti, per i motivi esposti.

O di elaborare i contenuti presenti nella rete p2p. Si potrà, ad esempio, intervenire a livello topologico, aggiungendo collegamenti che si reputino interessanti. O, ancora, di aumentare la tensione di un collegamento rispetto ad un altro, o di aumentarne/diminuirne “l'autorità”. Ognuno di questi interventi agirà in modo simile a quanto si vede attualmente nei sistemi di aggregazione comunemente disponibili per blog e siti si social networking: decidendo di aumentare l'autorità di un collegamento o nodo, non faccio altro che aumentare un contatore, determinando, così, una sorta di hit parade dell'autorvolezza. In S1/S2, però, questo concetto si trasforma fisicamente, mutando la topologia della rete e la possibilità di realizzarvi percorsi.

Questo concetto, implementato dal sistema RE-SEARCH, prevede, quindi, che l'autorità di un collegamento si trasformi in una forza gravitazionale, in grado di trarre a sè i nodi collegati. O che aumentare la tensione, intercorrente tra due nodi attraverso un collegamento, si possa creare una rottura. La metafora implementata è quella dello shift culturale in una direzione specifica: spostando la rete culturale in una direzione (associando e realizzando relazioni che vadano in una certa direzione), le relazioni in senso contrario diverranno sempre meno percepibili e, in estremo, svaniranno, spezzandosi come elastici troppo tesi. O, ancora, l'ultima interpretazione della topologia della rete è di tipo idraulico, dove distanze minori e autorevolezze maggiori rappresentano una portanza maggiore: un percorso autorevole e diretto è più semplice da percorrere culturalmente rispetto ad un percorso contorto e underground. Il sistema S1/S2 è “sincero” in questo senso, affiancando però le realtà di “difficile percorrenza” con gli strumenti per essere esplicitate e per esistere effettivamente visibili e raggiungibili nell'ecosistema culturale.

Ognuna di queste funzionalità ha le implicazioni, in termini di “responsabilità” sui contenuti, di quelle presentate in fase di creazione di contenuti.

I membri “fissi” della rete, gli “Historian”, a meno di problemi di forza maggiore, risulteranno essere sempre connessi e svolgeranno funzioni particolari. Saranno, idealmente, dei membri infrastrutturali, capaci di erogare servizi e di svolgere funzioni strategiche.

Iniziamo da queste ultime.

  • automatismi
  • memorizzazione delle timeline
  • archivi di preservazione
  • infrastrutture di welfare
  • esposizione delle interfacce di tipo RE-SEARCH

Tra le modalità automatiche di gestione del sistema si rileva l'esistenza di motori di “pulizia”. Utilizzando algoritmi di pattern matching e recognition, questi tenteranno di identificare quelle cose che, pur essendo uguali, fossero state immese nel sistema come differenti. La ricerca avverrà sulla base della similitudine dei testi, dei contenuti collegati, sulla similitudine delle topologie di rete/i cui le cose sono connesse. Identificate le papabili duplicazioni, il motore si limiterà a segnalarle: ai creatori dei contenuti interessati, e apponendo degli appositi marcatori, visualizzabili da tutti: ispezionandoli, tali marcatori evidenzieranno una forma particolare di link, che consentirà di navigare le “destinazioni” correlate. Tali link consentiranno agli utenti di “sanare” la situazione, proponendo fusioni di nodi o sdoppiamentidi concetti e altri tipi di elemento. Raggiunte soglie di consenso sufficienti le modifiche saranno applicate.

Il sistema, quindi, evolve nel tempo, secondo quanto inserito o rielaborato da utenti, da gruppi di utenti o dai processi automatici.

tale evoluzione viene memorizzata dall'“Historian” attraverso un modulo che è, sostanzialmente, un sistema di CVS (concurrent versioning system). Un sistema, quindi, in grado di memorizzare sui nodi “fissi” della rete le versioni più aggiornate della topografia, e i delta delle variazioni apportate con l'operare degli utenti.

Memorizzare, quindi, l'evoluzione, simbolo per simbolo, passo per passo, l'evoluzione della rete culturale. La storia dell'arte, in un dettaglio (qualitativo e quantitativo) impensabile. E, oltretutto, totalmete rispettoso della possibilità di rappresentarsi per le singole identità.

Come si vedrà, questo è il meccanismo che consente di analizzare, attraverso il modulo di RE-SEARCH, gli spazi S1 e S2.

L'ultima funzione preposta ai nodi “Historian” della rete fisica è simile e duplicata per assolvere a due funzionalità. Da un lato, ad implementare le funzionalità di preservazione dei ri-contenuti. Dall'altra a fornire una base infrastrutturale per attuare politiche di welfare ecosistemico.

Preservazione. In questa forma di ecosistema emergeranno delle entità (nodi, percorsi, strutture, identità) che si riveleranno fondamentali per caratterizzare la rete culturale stessa. Nodi, oggetti o concetti, ad esempio, che risultino centrali nella percorrenza di intere sottoreti, o di percorsi di largo interesse. O che, per nessun motivo particolare, siano scelti, attraverso gli strumenti forniti dall'interfaccia di ri-combinazione, quali titolari del diritto di essere preservati. Le entità “preservate”, quindi, disporranno di un canale aggiuntivo di raggiungibilità fisica: un soggetto aggiuntivo, un insieme collaborativo di nodi “Historian” le renderà sempre disponibili sulla rete p2p. Questo, come si può vedere, ha vantaggi sia in termini di performance (i nodi fissi tenderanno, come si sta delineando, ad essere nodi infrastrutturalmente importanti per il sistems S1/S2, in grado di memorizzare dati e di svolgere funzionalità centralizzate utili all'intero sistema), che concettuali (la preservazione, appunto, delle entità più significative, secondo quanto determinato collaborativamente e topologicamente dalla rete culturale).

Welfare. E' possibile immaginare per gli “Historian” anche un ruolo destinato ad attuare delle politche di welfare culturale, destinato, ovvero, alla preservazione di quelle nicchie culturali che non fossero in grado di assicurare la presenza dei propri contenuti all'interno dell'ecosistema. In questo caso, attraverso i tool sociali disponibili nel modulo ri-combinante, si potranno avviare dei processi di selezione volti alla determinazione dei beneficiari di tali politiche. Avvenuta la selezione i contenuti identificati saranno gestiti al pari di quelli oggetto di preservazione ordinaria.

Tutto il sistema, poi sarà consultabile tramite il modulo “RE-SEARCH”. La topografia della rete - e della sua percorribilità - potrà essere osservata secondo due modalità.

La prima prevede di osservarla dal punto di vista di una delle identità, o di un insieme di identità. E, quindi, dal punto di vista di quello/i che è/sono il/i responsabile/i di un certo insieme di ri-contenuti. Lo spazio S1.

La seconda modalità prevede che si possa visualizzare, percorrere e ricercare nella rete dell'ecosistema secondo come questo è concepito globalmente, ovvero come la somma degli interventi sulla topologia della rete e della sua percorribilità. Lo spazio S2.

Torniamo, quindi, alla Storia dell'Arte. S1/S2 offre la possibilità di avere infinite Storie dell'Arte, tante quante sono le reti culturali che è possibile visualizzare nell'ecosistema.

Lo spazio S1 offre la visione della Storia dell'Arte intima, per come è concepita da un singolo punto di vista, o dall'aggregazione di alcuni punti di vista.

Lo spazio S2 offre la visione della Storia dell'Arte che chiameremo “globale” o “risultante”, per come è concepita, quindi, dalla “somma” delle Storie dell'Arte individuali.

S1: seleziona il punto di vista, ad esempio il mio, e si potrà navigare la rete culturale per come io la concepisco; i contenuti come li ho inseriti io, collegati secondo la mia sensibilità e la mia prospettiva concettuale/culturale; gli altri contributi all'ecosistema posti secondo quelle dinamiche che ho accettato, non intervenendo, o che ho esplicitamente modificato per contenuto (ri-contenuto), topologia, tensione. Andando avanti e indietro sull'asse del tempo, potrò vedere la rete animarsi davanti ai miei occhi, per come questa si è evoluta temporalmente.

S2: la rete mi si presenta davanti per come essa risulta sommando globalmente i contributi di tutti gli appartenenti all'ecosistema; se 1 persona ha collegato due entità, vedrò un arco percorribile; se lo avessero fatto 10 persone, avrei visto un'autostrada; se 10 persone hanno teso una sottorete, magari rappresentante le entità concettuali che definiscono un movimento artistico, vicino ad una certa persona, e solo un altro utente del sistema avesse “teso” in un'altra direzione, la prima persona risulterebbe, topologicamente e, quindi, culturalmente, come esponente di rilievo di quel certo movimento. E poi via, avanti e indietro nel tempo per visualizzare evoluzioni, crescite, nascite e morti di movimenti, di concetti, di tipologie di opere e pratiche artistiche, di creazioni di gruppi, di collaborazioni, di sintonie sensibili.

Un nuovo modo di “ri-cercare” la Storia dell'Arte.

 
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