SOMMARIO
INTRODUZIONE
Presentazione Nautilus Presentazione SISSS
Nota redazionale
Jonathan Ott: Ayahuasca e analoghi dell'ayahuasca. Enteogeni universali per il prossimo millennio
Psiconauti del duemila
Bernardo Parrella: L'uomo e la cannabis
Daniele Piomelli: La cannabis di dentro
Valerie Corral: La marijuana come medicina
Silvio Pagani: L'addomesticamento della molecola selvaggia
Giorgio Samorini: Bibliografia italiana sulla cannabis
Bianca Braggio: Danza e stati modificati di coscienza
Pierangelo Garzia: Possessione, trance e vita quotidiana
Ecstasy
Gilberto Camilla: Le erbe del diavolo: aspetti antropologici
Francesco Festi: Le erbe del diavolo: botanica chimica e farmacologia
Francesco Festi: Bibliografia sulle solanacee allucinogene |
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INTRODUZIONE
Non molto tempo è passato dalla pubblicazione del 1° volume di ALTROVE, eppure molte situazioni sono mutate e con esse molte persone: chiaro sintomo di essere sulla buona strada, di toccare le giuste corde.
Non è luogo questo per analizzare ciò che sono stati gli anni '80. Certo è che da quegli anni si è ulteriormente acuita la sensazione e più concretamente, la possibilità di incidere come individui associati nelle realtà politiche e sociali fondamentali . Già si era perso per strada la possibilità stessa di essere responsabili primi del proprio mantenimento e della soddisfazione dei propri bisogni. Oggi, a domande tipo: quale controllo possiamo noi avere sulla catena alimentare che ci mantiene in vita? , di quali strumenti possiamo far uso per incidere realmente nella società ? che possibilità abbiamo di gestire il tempo e di quanto tempo disponiamo per prenderci cura della nostra crescita fisica-psichica? , siamo oggi in grado di rispondere sulla base di progetti quasi esclusivamente individuali. Non a caso, anche se con un malcelato senso di sconfitta, la critica radicale allesistente si sta attestando sullultimo baluardo, lultima frontiera, ovvero il corpo umano. Questa progressiva ritirata può però portare ad una coscienza più profonda del proprio io. A patto di mettere in gioco tutta la posta, corpo e mente, azione e pensiero.
Nell'ambito che ci interessa, la cultura psichedelica anni '60 tentò di dare risposte concrete a domande e bisogni individuali collocandole in un contesto di sovvertimento collettivo dei valori e delle pratiche sociali. Ma evidentemente è impensabile tentare una riproposta, come tematiche e come entità, della cultura psichedelica di quegli anni, perché non è possibile scindere la coscienza del sé (alterato od ordinario) dallesistente che ci circonda, ed attualmente le condizioni sociali e politiche non sono certo delle più favorevoli per una libera crescita ed espansione dellindividuo.
La cultura psichedelica voleva essere, e per certi versi è stata una cultura di massa, o meglio e più semplicemente una cultura, ovvero esperienze, informazioni, comunicazioni che avvenivano (ed avvengono tuttora) in sede comunitaria, esclusivamente tra più persone, non importa se semplicemente tra maestro e allievo o in happening di massa: si è sempre trattato di una esperienza comune, condivisibile. Lespansione della psiche ha come mezzo necessario per la sua riuscita un appoggio empatico, comunicativo, guidato dallesterno (cfr. Lesperienza psichedelica di Leary-Metzner-Alpert) che la conduca attraverso le situazioni standard dellesperienza psichedelica: laspetto oggettivo della sostanza e della psiche umana.
Ora questa visione non è più attuale né attuabile, sia per la differente situazione sociale (alle masse sensibili si è sostituito lo psiconauta, il viaggiatore solitario) sia per la diversa necessità e finalità, dello psiconauta stesso. Esiste è vero un grande consumo di sostanze psicoattive (500.000 pastiglie ecstasy la settimana nel solo Regno Unito) legate ai clubs, dove il binomio ballo-sostanza è diventato oramai indissolubile. Ma se si eccettua una certa stampa legata ai fenomeni giovanili, che si è fatta carico per lo meno di limitare i danni dellabuso, tale consumo non ha alcun aspetto culturale forte, non presenta una sua propria identità. Non esiste (fatte sempre le dovute eccezioni) una moderna coscienza psichedelica. Non si tratta nemmeno di unignoranza in senso lato, di una pura manchevolezza. Il fatto è che in buona parte luso di sostanze psicoattive si è per così dire specializzato legandosi ad una fascia d'età circoscritta ed a situazioni particolari. L'uso è nella quasi totalità circoscritto alle fasce giovanili ed alla danza ed esclude così molte possibilità di conoscenza essendo vissuto come parte integrante di una detrminata età e all'interno del mondo della musica . E' nell' ambito di questo mondo, che si rispecchia fedelmente il percorso compiuto sinora dalluomo contemporaneo per la riscoperta della trance ipnotica (strettamente legata alla musica) ed estatica (con lintroduzione delle sostanze psicoattive), sviluppando così una simbiosi inestricabile a tre: uomo-danza-sostanza. Le sostanze allucinogene, per la maggior parte dei suoi attuali utilizzatori sono relegate in questo ambito, vincolate ad un contesto ludico. Le stazioni di servizio e di partenza per gli psiconauti sono più le discoteche che i collettivi di autocoscienza, più i raves che gli happenings politici, più gli ambiti cyberpunk che non quelli orientaleggianti e meditativi.
E' da qui che lindividuo, lautosperimentatore, prende il volo, si spinge oltre. E oltre, altrove appunto, ci si può arrivare solitari, attraverso un processo di raffinazione dellesperienza da una parte, ma anche attraverso un allenamento del proprio corpo, o per lo meno una predisposizione che non può tener conto dellaltro, degli altri. Ancora una volta, non una fuga, ma accelerare il proprio passo, alla ricerca della propria completezza che, se nella vita comune ricerca surrogati e palliativi (vita di coppia, hobby e manie quali collezionismo ecc.), negli stati superiori (quando si riesce a mantenerli tali e non si sprofonda invece nella corporeità assoluta sotto il dominio dei propri sensi) di coscienza, tutto ciò di cui ci circondiamo, per brevi momenti che possono però parere delle eternità, scompare o si rivela vacuo, superfluo e superficiale. È la piena coscienza della solitudine, dellinequivocabile distacco dagli altri che prende il posto su tutto il resto.
Qui termina la comunicazione possibile e con essa - a nostro avviso - la funzione anche di ALTROVE o della SISSC, in quanto lesperienza personale non è condivisibile, interscambiabile. La solitudine assoluta, in questa unicità globale che è scevra da ogni implicazione morale, che trascende ogni connotazione materiale, diviene completezza anziché mancanza, e lo psiconauta deve imparare a farsi bastante a se stesso. Solamente attraverso lesperienza personale è possibile tracciare una mappa, una carta geografica da ripercorrere ogni volta mettendo a frutto i passi falsi e le intuizioni delle passate esperienze.
E quindi inevitabile una sintomatica ritrosia nel descrivere tutto ciò che sta al di là sia della coscienza ordinaria, di veglia, che dello stato alterato, in quanto ognuno dovrà cercare la propria formula, la combinazione per aprire le nuove porte che si presentano di là dalla coscienza ordinaria.
I limiti di ALTROVE, dicevamo, si presentano quando oltre che conoscere attraverso quali porte è possibile laccesso, si vuole, nellal di qua, anche sapere a cosa queste porte aprono e ciò che ancora più in là sarà possibile trovare. Sarebbe ingenuo, nel migliore dei casi, o in malafede indicare una precisa via da seguire ed un preciso obiettivo da mirare.
Può porre qualche problema anche il lessico. Lintroduzione del termine enteogeno (rivelatore della divinità interiore) a sostituzione del termine di uso più comune psichedelico, è di per sé sintomatica ed indicativa; così come è altrettanto indicativa la quasi totale scomparsa dal lessico scientifico od esperienziale, nel campo degli studi sugli stati modificati di coscienza, del termine allucinogeno e benché questi termini siano tranquillamente applicabili alle medesime sostanze (eccezion fatta per lecstasy che non è catalogabile come allucinogeno). Il termine enteogeno può comportare interpretazione ed approcci diametralmente opposti, e con essi portare ad esperienze travisate od alterate. Quello che noi troviamo al di là della coscienza ordinaria è come linventario di un grande magazzino, un enorme archivio; il metodo di classificazione di tutti i dati assume per questo una rilevanza fondamentale per la fruizione dei contenuti. Quindi ciò che noi apprendiamo coscientemente e come lo apprendiamo, riveste unimportanza fondamentale. Altrettanto fondamentale per la comprensione, linterpretazione, la fruizione dellesperienza è la chiave di lettura che viene utilizzata ed il termine enteogeno, benché si spinga oltre, più in alto del termine psichedelico e dimostrandosi più adatto di questultimo alla missione dello psiconauta, presenta un grosso dilemma nella sua immediata comprensione.
La scoperta della divinità a noi interna può essere intesa come una vera e propria genesi dellio trascendente, come creazione pratica, partendo da metodologie meditative e reattivi chimici, mantenendo però sempre una coscienza vigile e attiva su tutto il procedimento. Si diventa così demiurgo del proprio io trascendente. Oppure può venire intesa come rivelazione di unentità esterna in noi, di un dio supremo o di un nostro io distaccato dalla nostra essenza, al quale ricongiungerci.
Questi due diversi modi di intendere lenteogenicità comportano anche, come già detto, una diversità dellesperienza trascendente ed anche una diversa interpretazione della stessa.
Alla base della prima ipotesi vi è una coscienza profondamente atea e individualista che rifiuta la sottomissione dellindividuo, dello psiconauta, ad unidea astratta e ad una rappresentazione del sé. Pone il suo io al centro delluniverso sensoriale e in questa posizione lo espande, verso piani più avanzati di conoscenza e di coscienza. La visione mistica dellesperienza enteogena porta ad una concezione differente: la realizzazione (entità suprema, io astrale...) esterna alla propria coscienza, alla propria persona, trasforma lo psiconauta in un essere incompleto, effimero che troverà compimento solamente attraverso il ricongiungimento con laltro. Quindi si creerà al di sopra del proprio essere una serie di sovrastrutture fittizie alle quali dovrà rendere conto, alle quali dovrà sottostare, ricavando così un ulteriore senso di incompletezza, di inferiorità; mitigata dallanelito del ricongiungimento con laltro.
La scelta della via da percorrere di solito sfugge alla volontà, in quanto viene dettata dalle più profonde reminiscenze culturali impresse nella nostra memoria, nel nostro subconscio. E importante, fondamentale a nostro avviso la maggiore chiarezza e serenità nellapproccio a tale esperienza, il non porsi alcun limite o dogma precostituito. E la pratica di una deriva nella propria coscienza che dovrebbe guidarci. La massima libertà dazione, di scelta nellesperienza diverrà linizio che segna tutta lopera. Mantenere aperte tutte le possibili variabili di percorso, ricercando con insistenza e discernimento ciò che può dimostrarsi metabolizzabile ed esperibile. Il viaggio, la ricerca, necessitano una costanza ed una perseveranza non liquidabili in pochi e magari sterili tentativi. Diamo la massima rilevanza allapproccio a tali esperienze, al salto iniziale che smuove lindividuo. Effettuando questo salto iniziale è possibile che il viaggio possa portare in luoghi della propria mente dove le divisioni e i muri che inquadrano i corpi e il pensiero in labirinti apparentemente inestricabili si rivelino effimeri e caduchi al solo sguardo. Non cè psiconauta se non si impara a lasciarsi alle spalle le macerie fumanti delle nostre costrizioni, non cè alcun viaggio ma solo ripetitivi e rassicuranti sballi dagli esiti (volutamente) scontati.
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