LA DONNA ALBANESE NELLA TRANSIZIONE: IL DILEMMA DELLA PROSTITUZIONE
COME LA VITA DELLE DONNE E' INVESTITA DAI PROCESSI DI GLOBALIZZAZIONE: IL CASO DELL'ALBANIA


febbraio 2001, stralci dalla tesi di laurea di Stefania Maggioni

 

vai alla prima parte

vai alla seconda parte

vai alla terza parte

 

4.5 Il dilemma della prostituzione

I difficili anni della transizione hanno portato in Albania a una rapida crescita del numero di donne coinvolte nell'industria del sesso. Negli ultimi anni, attraverso il lavoro di numerose associazioni, si sta cercando di abbattere il muro di silenzio che circonda lo sfruttamento sessuale e la violenza contro le donne.
La prostituzione in Albania è rimasta per molto tempo nell'ombra e ha ricevuto scarsa attenzione da parte del governo che si è dimostrato indifferente di fronte al problema anche quando ha iniziato ad assumere proporzioni preoccupanti. E' solo merito dell'attività di informazione dei giornalisti, delle ONG internazionali e delle ONG femminili albanesi, se l'opinione pubblica oggi percepisce la prostituzione come un grave problema sociale.
Un primo studio importante sulla prostituzione albanese (in Albania e all'estero) è stato fatto nel 1997 dall'associazione di donne albanesi "Useful to Albanian Women" e le informazioni riportate in questo paragrafo sono tratte dal medesimo. In questo paragrafo inoltre si fa riferimento anche ad una ricerca condotta dall'associazione LULE di Milano, nata nel 1996 da un gruppo di volontari della Caritas sensibili di fronte alla condizione di emarginazione e sfruttamento delle prostitute di strada e impegnata in attività culturali (di informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica), attività di strada (effettuate con unità mobili con cui si raggiungono regolarmente le ragazze e si offre loro sostegno, orientamento e tutela della salute), attività di accoglienza e di collaborazione con ONG locali.
Secondo la ricerca "Prostitution - Society in Dilemma" la prostituzione non è un fenomeno esploso all'improvviso negli anni '90, ma si è gradualmente formato nel corso degli anni a seguito di precisi eventi storici.
Durante la lunga dominazione turca si sono diffusi nel paese gli harem in cui i ricchi signori locali esercitavano la loro proprietà sulle donne che solitamente appartenevano ai ceti più bassi della società. Durante il regno di Zog I l'Albania ha intrapreso la strada della stabilità e della modernizzazione. La nuova legislazione riconosceva la prostituzione come una professione fissa e legalizzava i bordelli. Con la colonizzazione italiana il fenomeno si è consolidato.
Nel 1945, dopo la liberazione dalle truppe tedesche e l'ascesa al potere di Enver Hoxha, è stato introdotto un articolo nel codice penale che proibiva la prostituzione e considerava l'esercizio e lo sfruttamento della stessa reati punibili con la reclusione. Il decreto speciale prevedeva inoltre la chiusura di tutti i bordelli. Ciononostante, secondo gli autori della ricerca, la prostituzione, seppur nell'ombra e in proporzioni ridotte, ha continuato a esistere. I capi del partito avevano propri harem privati mentre veri e propri bordelli di élite sono stati aperti in segreto con la connivenza e la copertura dei funzionari politici. La mancanza di libertà e di mezzi di informazione indipendenti hanno reso invisibile il fenomeno.
A parte queste considerazioni, l'Albania ha comunque ereditato dal passato enverista una esperienza di prostituzione assai debole, quasi inesistente.
Le ragioni che hanno favorito la nascita e il dilagare della prostituzione negli anni '90 vanno ricercate nei 50 anni di duro isolamento e nel caos politico ed economico che si è verificato con la caduta del regime.
Con l'apertura delle frontiere e la disponibilità improvvisa di un'ampia libertà, la gente si è trovata di fronte al benessere del mondo occidentale senza alcuno strumento di valutazione. Dopo 500 anni di dominio turco e 45 di dittatura, il paese ha intrapreso la strada del capitalismo sfrenato con l'obiettivo di emulare, nel minor tempo possibile, l'occidente. Nella gente si è diffusa la convinzione di poter avere tutto e subito. Il disordine e l'incapacità politica poi, hanno generato sfiducia nei confronti delle istituzioni e del sistema legale e hanno spinto molti albanesi ad intraprendere qualsiasi attività, anche illegale. La gestione della prostituzione viene considerata un mezzo per guadagnare velocemente denaro e senza fatica.
La crisi economica che ha portato la disoccupazione, specialmente quella femminile, a livelli elevati è una delle principali cause dello sviluppo della prostituzione.
Il fenomeno prende due strade: l'Albania stessa e l'estero.
All'interno del paese la prostituzione assume forme diverse a seconda dei luoghi in cui viene praticata e delle ragazze che la svolgono. C'è la prostituzione localizzata negli alberghi (di lusso nella capitale, ma anche in quelli economici di provincia), nei bar e locali pubblici, negli appartamenti privati, nei bordelli e in strada.
Le ragazze che "lavorano" negli alberghi di lusso sono generalmente autonome, di buon livello culturale e i loro contatti sono quasi sempre con stranieri. Si può quindi parlare di una "prostituzione d'élite" . Dal 1991 è stata registrata anche la presenza di ragazze straniere (croate e bulgare) negli alberghi di classe. Le ragazze che invece si prostituiscono negli alberghi di seconda categoria della capitale, ma soprattutto in provincia sono ragazze semplici, senza una grande preparazione culturale anche perché i loro clienti sono di diversa estrazione sociale. Solitamente le ragazze provengono dalle zone rurali.
Tranne nei casi della prostituzione d'élite, dove le ragazze esercitano la professione in piena autonomia, negli altri casi è frequente la presenza di uno sfruttatore o di una organizzazione che sottrae i guadagni alle ragazze e le vincola alla loro professione con minacce e intimidazioni.
L'esistenza dei bordelli invece è diventata evidente solo nel 1996 quando un quotidiano ne ha dato notizia denunciando i proprietari del locale .
C'è poi la prostituzione di strada. A Tirana ci sono zone particolari della città in cui è possibile trovare le ragazze: nel centro, vicino ai grandi alberghi, sulle vie principali. Questo tipo di prostituzione però esiste anche in altre città dell'Albania.
Le ragazze di strada appartengono in genere agli strati più bassi della società e molte sono ragazze rom. Queste ultime, che solitamente hanno 12, 13, 14 anni sono molto economiche. Solitamente gli incontri con i clienti avvengono, sia di giorno che di notte, in una delle zone più degradate della città, sotto i ponti del fiume Lana .
"La prostituzione in Albania è di due tipi: volontaria e forzata" . C'è da considerare però che il più delle volte, dietro una scelta che sembra autonoma e consapevole, si nascondono delle forzature, delle variabili sociali e psicologiche che non possono essere trascurate.
Il vuoto di valori, la ricerca di una propria identità, la mancanza di un lavoro e di alternative valide in patria inducono molte ragazze a prostituirsi. Fare la prostituta diventa così una "professione" che genera reddito. Altre invece decidono di farlo perché spinte dal desiderio di vivere in modo indipendente, lontano dai vincoli familiari o ancora spinte dal desiderio di disporre dei lussi promessi da uno stile di vita occidentale.
Molte ragazze invece vengono avviate all'attività con la forza dopo essere state rapite, vendute o ingannate. Raramente denunciano lo sfruttamento sia perché temono la reazione dei loro protettori, uomini violenti e senza scrupoli, sia perché hanno difficoltà a far valere i propri diritti in un paese in cui il rispetto della legalità è tuttora incerto.
La prostituzione delle donne albanesi è diventato un fenomeno preoccupante anche fuori dall'Albania. "Già all'inizio degli anni '90 le ragazze erano richieste sui mercati del sesso di Milano, Roma e Atene perché erano molto economiche, ma soprattutto perché non presentavano il rischio AIDS. Le prime ad arrivare sono state quelle che già si prostituivano in Albania; provenivano per lo più dalle principali città dell'Albania (Tirana e Durazzo) e presentavano livelli di scolarizzazione medio-alti. Più tardi però, quando si è capito che si trattava di un'attività remunerativa, il numero delle ragazze (questa volta provenienti dai villaggi e con un livello culturale più basso) è cresciuto notevolmente" , non più solo in Italia, ma anche in Svizzera, Austria, Olanda, Bulgaria, Macedonia.
Nel giro di breve tempo la prostituzione è diventata un fenomeno organizzato. "Si è iniziata a costituire una rete informale di piccoli clan indipendenti che in genere si reggono su legami di tipo familiare. Ogni clan è solitamente composto da 7/8 elementi maschili, ognuno dei quali controlla 2/4 ragazze. Solo una parte dei guadagni viene messa in condivisione per acquistare beni come la casa, l'auto e le armi, mentre il resto degli introiti viene gestito autonomamente da ciascun membro del clan. L'ambiente della prostituzione è estremamente competitivo soprattutto per quanto riguarda il controllo del territorio e le lotte tra clan possono diventare molto violente" .
E' difficile credere che la criminalità italiana abbia lasciato a questi piccoli gruppi la gestione del mercato della prostituzione. Più verosimilmente invece la criminalità italiana non ha rinunciato ai guadagni derivanti dalla prostituzione, ma ha deciso di avviare nuovi rapporti con la nascente criminalità albanese.
Il meccanismo di gestione della tratta comporta 5 passaggi :
- reclutamento della ragazza in Albania;
- soggiorno in una città dell'Albania in attesa di lasciare il paese;
- attraversamento del canale d'Otranto, con partenza dal porto di Valona (Vlorë), non appena le condizioni atmosferiche lo consentono;
- sistemazione della ragazza nella località di destinazione e preparazione al "lavoro" usando, se necessario, la violenza;
- collocamento sulla strada.
Il reclutamento delle ragazze avviene nei sobborghi urbani albanesi o nelle aree di campagna. Le città da cui provengono la maggioranza delle ragazze sono quelle del centro e del sud del paese; Tirana, Durazzo (Durrës), Fier, Valona, Elbasan, Berat, Lushnjë e le campagne circostanti sono i tradizionali bacini di raccolta delle giovani da avviare alla prostituzione . Ma il fenomeno oramai ha assunto proporzioni enormi e si può affermare che nessuna città dell'Albania non è stata toccata da questa piaga sociale, anche le tradizionali regioni del nord.
In questi ultimi anni in Albania la mentalità sta cambiando rapidamente e anche in molti villaggi l'atteggiamento degli uomini nei confronti della donna sta diventando più permissivo (anche se il più delle volte ciò avviene per esigenze economiche). C'è comunque sempre da fare una distinzione: le città e le zone rurali del sud continuano a essere più aperte, più moderne di quelle del nord legate ancora ai valori tradizionali patriarcali. Questo è uno dei motivi per cui molte prostitute albanesi provengono dal sud del paese.
Quasi sempre provengono da un contesto sociale povero e degradato, si presentano fragili, facilmente manipolabili o appartenenti a famiglie in condizioni economiche e sociali disagiate. Se le opportunità lavorative sono scarse nelle città, dove comunque è possibile trovare qualcosa, diventano praticamente inesistenti nei villaggi. Questo spiega perché nonostante siano zone chiuse e attaccate alle tradizioni, sono al tempo stesso la fonte primaria per il reclutamento della prostituzione .
La realtà delle ragazze albanesi che si prostituiscono in Italia è senz'altro complessa e mutevole e quindi eccessive generalizzazioni risulterebbero inadeguate. Ciononostante "è possibile definire una casistica di ragazze condotte all'estero per poi esercitare l'attività di prostitute" .
1) Ragazze sedotte e imbrogliate: si tratta di ragazze coinvolte in relazioni affettive con un uomo (il trafficante) che si finge innamorato e convince la ragazza a seguirlo in Italia promettendole una vita migliore. Per rendere l'operazione più realistica si ricorre alla tecnica del fidanzamento formale in famiglia (si fa quindi "un uso strumentale di antiche tradizioni" ancora oggi molto forti in Albania) che permette una "consegna simbolica della ragazza al futuro sposo il quale ne assume la custodia sociale". Da quel momento l'uomo diventa il punto di riferimento della ragazza, assume un atteggiamento protettivo che faciliterà poi il passaggio alla fase dello sfruttamento e delle violenze. Il fidanzamento inoltre impedisce alla ragazza di rientrare autonomamente in patria, in quanto l'abbandono del compagno da parte sua comporterebbe il rischio di esclusione sociale. Scappare e tornare in Albania non è semplice perché si teme la reazione dei familiari e l'opinione pubblica.
2) Ragazze rapite: generalmente sono molto giovani, provengono dalle zone di provincia e vengono sottratte a famiglie molto povere.
3) Ragazze vendute dai genitori: ciò avviene in contesti caratterizzati da una profonda miseria materiale, sociale e culturale.
4) Ragazze che lasciano autonomamente l'Albania in cerca di maggiori prospettive: si tratta di ragazze che lasciano il paese spesso con i documenti in regola, ma che giunte in Italia non riescono a sistemarsi e cadono vittime dei clan di connazionali i quali ritirano loro i documenti e le costringono a prostituirsi.
5) Ragazze consapevoli e consenzienti: sono ragazze che già si prostituivano in Albania o che sono disposte a farlo con lo scopo di arricchirsi velocemente. Alcune sono autonome, ma poiché l'attività è rischiosa preferiscono avere come riferimento un ragazzo che le protegga. Anche se oramai il problema della prostituzione è ampiamente conosciuto in Albania, anche nelle zone più remote dell'interno, ciononostante molte ragazze che vengono in Italia consapevoli di doversi prostituire mostrano uno scarso grado di consapevolezza di ciò che realmente dovranno fare e del rischio reale cui andranno incontro.
Dopo aver condotto la ragazza in Italia il trafficante cerca di convincerla ad affrontare il marciapiede e se non ci riesce diventa estremamente violento. "La parte più sconcertante della gestione della prostituzione albanese sono proprio i maltrattamenti a cui vengono sottoposte le ragazze che raggiungono livelli non riscontrati presso altri gruppi etnici" . Una prima spiegazione di questo può avere radici lontane: nella profonda mancanza di rispetto nei confronti della donna e nell'istituto del patriarcato.

Le ragazze albanesi non sono pendolari ma stanziali ovvero vivono in prossimità del luogo in cui si prostituiscono. In Italia la prostituzione è prevalentemente prostituzione di strada poiché non esistono case di tolleranza e i cosiddetti locali del sesso (night-club, bar o pub) sono pochissimi.
Le ragazze vengono dotate dal loro sfruttatore di un telefono cellulare con il quale le tengono costantemente sotto controllo. Gli introiti della giornata devono essere ceduti interamente al protettore; solo in rari casi, quando la ragazza riesce a stabilire degli accordi con lo sfruttatore, riesce a trattenere per sé il 50% del guadagno. Per controllare gli incassi lo sfruttatore consegna alle ragazze un numero definito di preservativi che a fine giornata vengono contati. In tal modo la ragazza non può trattenersi parte degli incassi se non concedendo rapporti non protetti.
Il vincolo che le lega al loro protettore è di tipo psicologico e non materiale. Il fatto di essere cresciute in un ambiente sociale rigido in cui la donna deve sempre obbedire all'uomo, le porta a considerare l'uomo che le sfrutta come la figura maschile di riferimento e ad accettare ogni suo volere. Quando questo legame "affettivo" viene messo in discussione da qualche ragazza allora inizia la violenza fisica.
Il fatto di essere arrivate in Italia clandestinamente, di essere senza documenti, senza permesso di soggiorno e di essere tenute segregate in casa in un totale isolamento sociale, tutto ciò contribuisce a mantenerle in una condizione di emarginazione e dipendenza. Nonostante tutto il rapporto con il fidanzato/sfruttatore continua a essere percepito come un rapporto di coppia e proprio per questo i rapporti sessuali con lui non vengono protetti (come invece avviene con i clienti), perché in questo caso non si sta lavorando. Questo provoca però spesso gravidanze indesiderate e il ricorso alle interruzioni volontarie di gravidanza diventa un vero e proprio metodo contraccettivo.
Dagli incontri effettuati dai volontari dell'Associazione LULE con le ragazze albanesi emergono alcune caratteristiche. Le ragazze hanno dalla minore età ai 30 anni e oltre (la quota di minorenni è molto alta); la maggioranza è nubile anche se non mancano casi di donne sposate e con figli. La condizione giuridica è varia: quasi tutte sono arrivate clandestinamente in Italia, molte sono senza documenti perché gli sono stati ritirati dal trafficante, altre invece dispongono solo del passaporto. C'è anche chi è riuscita ad ottenere il permesso di soggiorno tramite l'ultima sanatoria. Poiché nella società tradizionale albanese l'argomento sesso è tabù molte ragazze hanno una educazione sanitaria e sessuale carente. L'impiego del preservativo non rientra nella loro cultura sessuale e quindi vengono istruite ad usarlo. Raramente effettuano controlli medici e quando lo fanno si rivolgono per lo più a medici privati.

 

(continua: le conclusioni sul prossimo numero di Iemanja')