Nuovo ordine mondiale e processo costituente europeo.
Pubblichiamo
il documento con cui in giugno Joseba ALVAREZ, Parlamentare del gruppo Sozialista
Abertzaleak, ha delineato la posta in gioco nel processo che dovrebbe portare
alla costituzione europea. Condividiamo questa impostazione che interroga
anche le posizioni della sinistra europea e italiana. Traduzione a cura della
Rete di Solidarietà al Paese Basco.
Le dichiarazioni uscite dal recente vertice G8 dei grandi di questo mondo ed il consenso maggioritario ottenuto fra i grandi dell’Unione Europea nell’ambito della Convention diretta da Giscard d’Estaing ci mostrano chiaramente che le contraddizioni emerse fra gli stati circa l’invasione dell’Iraq non sono antagoniste fra loro, benché siano l’espressione di un processo interno complicato e multilaterale, mondiale ed europeo, molto profondo e che ha come obiettivo il nuovo ordine mondiale globalizzatore e neoliberista. Queste contraddizioni, sebbene siano importanti, non sono in nessun caso incompatibili, dato che i blocchi contrapposti durante l’invasione dell’Iraq, anche nell’ambito del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sostengono, in fondo, lo stesso modello economico, politico e culturale capitalista, in modo, questo sì, più o meno “civilizzato”, a seconda dei casi. L’unica differenza importante risiede nel modello e nel modo di gestione che propongono per il futuro del pianeta.
I primi propongono un capitalismo unipolare egemonizzato dagli Stati Uniti d’America e gestito soprattutto da istituzioni finanziarie affini e gli altri un capitalismo multipolare gestito politicamente, in teoria, dalle nazioni Unite con la partecipazione delle loro istituzioni finanziarie e multinazionali. Dietro a tutto questo, si nasconde, fra l’altro, la battaglia sotterranea sulla moneta di scambio e di riferimento internazionale, come anche quella sulle transazioni finanziarie multinazionali. Vale a dire, la vera guerra fra il Dollaro e l’Euro, strumenti di dominazione ovunque si trovino. Non a caso le iniziative belliche degli Stati Uniti, coperte dal mantello della lotta antiterrorista, si accelerano proprio quando i petrodollari cominciano ad essere in realtà petroeuro e quando le nuove tecnologie che trasformano il mondo del lavoro e della produzione iniziano ad essere sempre più europee e meno nordamericane o quando gli investimenti in America Latina, in parte dell’ex Unione Sovietica e in parte dell’Asia si realizzano sempre più in Euro.
Per tutto questo, ciò che è realmente
in gioco con l’invasione e dominazione dell’Iraq è molto
più del controllo delle riserve strategiche di petrolio o acqua. Ciò
che è in campo è tutta una strategia per la riorganizzazione
del pianeta dal punto di vista della squadra di Bush. Per gli Stati Uniti
d’America che, oggi, dispongono soprattutto dell’egemonia militare,
è indispensabile recuperare e rafforzare la loro egemonia economica
mondiale, ma non lo possono più fare dall’ambito del risanamento
della loro economia nazionale, attualmente in cattivo stato, e per questo
hanno bisogno di ricorrere all’invasione ed all’occupazione militare,
politica ed economica di nuove regioni nel mondo. Invasione e controllo che,
inoltre, tolgono autonomia ad altri possibili futuri competitori in ambito
internazionale.
Dobbiamo, quindi, ritenere che questo scontro interno al mondo capitalista
si protrarrà durante i prossimi anni e rafforzerà, inoltre e
soprattutto, i settori economici, politici e militari più conservatori
del mondo. Con tutto questo, vogliamo sottolineare che il riassetto che si
sta verificando nel mondo risponde prima di tutto ad una situazione di crisi
interna allo stesso modello neoliberista e globalizzato del capitalismo, incapace
di trovare una via d’uscita valida e sostenibile per il pianeta e per
i suoi abitanti. Le vere vittime di questa crisi capitalista e del modello
di integrazione che il capitalismo propugna sono, prima di tutto, i milioni
di persone che vivono nella povertà, specialmente i bambini, le bambine
e le donne, i milioni di lavoratori e lavoratrici che vedono peggiorate le
loro condizioni di lavoro e la qualità della loro vita; per non parlare
della situazione dei/delle sempre più numerosi/e migranti, senza documenti,
senza domicilio, senza nulla, dei servizi pubblici di ogni tipo, che si privatizzano
sistematicamente, della natura, che si vede saccheggiata da un modello di
sviluppo assolutamente insostenibile, dei popoli e delle nazioni senza Stato,
che si vedono sottoposti ad un forte processo di acculturazione ed assimilazione
linguistica e, anche, di certi settori responsabili delle tradizionali economie
nazionali, che si vedono sempre più impoveriti. In poche parole, regressione
in tutti gli ambiti dei diritti umani e collettivi… Regressione democratica
ed aumento del totalitarismo, in nome della sicurezza.
Europa, la stessa storia
In questo panorama mondiale, i settori economici egemoni in Europa, si muovono, da anni, per fare sì che questa regione del mondo sia in futuro un polo di riferimento e competitivo distinto da quello degli Stati Uniti d’America. L’adozione dell’Euro come moneta unica è l’esempio più chiaro di quanto diciamo ed il vero motore di questo processo. La trasformazione delle attuali istituzioni europee, l’allargamento ad est dell’Unione -con l’ingresso di dieci nuovi stati-, la carta sociale europea, lo spazio giudiziario e poliziesco europeo, la politica estera e di difesa europee, la Costituzione europea sono, fra gli altri, i dibattiti che si svolgono nell’ambito della Convenzione e che hanno l’obiettivo di tentare di evitare l’unilateralismo politico e l’egemonia economica e militare assoluta degli Stati Uniti d’America in tutto il mondo. Forse così si comprendono meglio le diverse contraddizioni politiche sull’invasione dell’Iraq dove, certamente, gli interessi europei erano ormai più radicati di quelli degli Stati Uniti d’America.
È vero, e c’è chi lo affermerà,
che la futura Unione Europea è ben lungi dal poter competere in politica
internazionale con gli Stai Uniti d’America; sul piano militare e della
politica estera, oggi, ciò è più che evidente. La considerazione
sarebbe molto più relativa e meno definitiva in campo economico, ma
è solo questione di tempo; l’Euro fa sì che questo processo
di costruzione di un referente proprio dell’Unione Europea in tutti
gli aspetti politici ed economici sia inevitabile ed inarrestabile. Il problema
sta nel fatto che i settori economici che vogliono che la futura Unione Europea
sia competitiva a livello internazionale, con la coda dell’occhio, guardano
agli Stati Uniti d’America: privatizzazione dei servizi pubblici, sociali
ed energetici, iniziativa privata nell’economia strategica, smantellamento
delle conquiste sociali, precarizzazione del mondo del lavoro, uniformità
del modello culturale, controllo politico, poliziesco e sociale interno da
parte degli stati, speculazione finanziaria internazionale, politica estera
colonizzatrice…
Un altro mondo è possibile e necessario.
Nonostante ciò, un altro mondo, un’altra Europa ed un’altra Euskal Herria (Paese Basco, N.d.T.) non solo sono possibili, ma sono anche necessari, indispensabili; se prima abbiamo detto che non esistono contraddizioni antagoniste fra l’Unione Europea che si sta costruendo nella Convenzione ed il modello che propugnano gli Stati Uniti d’America attraverso il G8, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale o la stessa Organizzazione Mondiale del Commercio, non accade lo stesso fra noi che sosteniamo un altro modello, quello socialista; questo è totalmente antagonista. È vero che siamo contrari all’unilateralismo politico ed all’egemonia militare ed economica degli Stati Uniti d’America, ma neppure il capitalismo multipolare “civilizzato” che sostengono i grandi stati europei è, secondo noi, valido.
NO a questa costituzione europea.
Siamo milioni di lavoratori e lavoratrici europei, migliaia di collettivi cittadini o sociali di ogni tipo, decine di popoli ad essere danneggiati direttamente dal modello costituzionale europeo che ci presenta Giscard d’Estaing nell’ambito della Convenzione; questa Costituzione Europea non è contraria al neoliberismo né alla globalizzazione, ecco perché dobbiamo iniziare a dire “NO” a questa Costituzione europea.
Riunirci in forum sociali di ogni genere va bene;
creare forum sociali di ogni genere è ancora meglio; ma dobbiamo andare
oltre, dobbiamo pensare alla creazione ed alla concretizzazione di strumenti
politici, non solo nazionali o statali, ma anche internazionali. Strumenti
politici che uniscano ed articolino nella pratica i lavoratori e le lavoratrici,
le nazioni senza Stato, i settori progressisti, tutto questo spazio politico
e sociale contrario a questo modello europeo. Se siamo convinti e convinte
che nei prossimi anni la contraddizione interna fra coloro che sostengono
un mondo unipolare o multipolare capitalista avrà come conseguenza
l’oppressione della dissidenza antagonista, il degrado della democrazia,
la distruzione dell’ecosistema, l’acuirsi della violazione dei
diritti umani individuali e collettivi come anche la scomparsa di popoli e
culture, anche in Europa, oggi, più che mai, è necessario rafforzare
l’alternativa socialista e creare l’alleanza politica che, nell’ambito
dell’Unione Europea, esigerà, per esempio e per cominciare, la
celebrazione in tutta Europa del referendum sulla Costituzione Europea che
ci viene presentata, per poterla subito respingere, considerandola contraria
agli interessi della maggioranza sociale, sindacale e politica europea. Questo
è la nostra principale sfida internazionale, a livello europeo, nei
prossimi mesi.