Grazie, Marcos.
Di
Jose Mari Esparza, editore. Da Gara del 29.12.02. Tradotto nella mailing
list
paesibaschiliberi.
Lo zapatismo è la causa che gode delle maggiori simpatie
nel modo, forse per tutto ciò che va a suo favore: la felice memoria
di Don Emiliano, le ragioni degli Indios e la poderosa figura del subcomandante,
un misto di epopea, poesia e gestione politica
Per certi intellettuali
progressisti, ha anche dei valori aggiunti: è una rivoluzione tranquilla,
si spara poco, in selve lontane, non richiede altro impegno che lelargizione
di un obolo o lacquisto di una maglietta solidale. Inoltre, appendere
un poster di Zapata o del Sub in ufficio costituisce un paravento ideale per
i reazionari del quotidiano, quelli che discutono di Chiapas al bar, mentre
per strada passa una manifestazione nella quale si protesta per le torture
inflitte ai propri concittadini. Per una ragione o per laltra, lo zapatismo
continua ad essere in rialzo.
Al contrario, gli indigeni baschi hanno quasi tutto contro: resta loro la
memoria di Gernika e la ragione storica, ma questa faccenda di creare un conflitto
nel cuore del capitalismo e mettere in questione la mappa territoriale, sociale
e politica dellEuropa, non solo amareggia la destra, ma disturba anche
questa sinistra ingabbiata e moscia, che si eccita solo per le ribellioni
oltreoceano.
Dopo mesi di silenzio, la comparsa di Marcos sulla scena di una causa lontana,
Marcos che demolisce limmagine di Garzón, che denuncia la tortura
nel Paese Basco e che offre uno spazio pubblico di negoziazione, è
comprensibile solo a partire dalla tenerezza solidale. Un gesto di affetto
internazionalista che, a breve termine, costerà allo zapatismo problemi
e controversie. Però, Marcos, si intende più di principi che
di baratti ed ecco questa sciabolata alla fanfaronaggine spagnola che, ricordiamolo,
ha soggiogato il Chiapas prima del PRI. Intanto, limmagine di Garzón
e dei suoi amici non sarà più la stessa, da quando il subcomandante
li ha indicati con la sua pipa giustiziera. Mezzo mondo si è reso conto
che dietro ai Baschi cè molto più di quanto diffonde la
stampa spagnola, risultato che a malapena abbiamo ottenuto noi stessi in anni
di sforzi diplomatici; dal Chiapas, percorrendo un viale elettronico, ci hanno
raggiunto le Brigate Internazionali. Grazie M arcos.
E nel frattempo, cosa dicono i Baschi? Tranquilli, ostinati ed introversi,
come sempre; le velocità di internet paiono non riguardare questo popolo,
in fin dei conti indigeno, presso il quale il cristianesimo o la rivoluzione
borghese hanno impiegato anni per imporsi. Tuttavia, i treni continuano a
passare e non si può restare sempre a guardarli come fanno le vacche
sul prato, né si può sperare che prima o poi passi un vagone
a misura esatta dei nostri posteriori. Sappiamo che la proposta di Marcos
non è realizzabile, perché né allo Stato, né a
Garzón interessa accettare una sfida nella quale si sanno perdenti,
ma questo non deve impedirci di tuffarci nella grande onda mediatica generata
dalla polemica.
Senza levarsi il passamontagna, Marcos ha dimostrato limportanza dellarma
della comunicazione e ce lha prestata con unamichevole strizzata
docchio. Saremmo stupidi se non la utilizzassimo.