Lettera aperta a Marcos.
Joxe
García, membro dei Komite Internazionalistak. Da
GARA 24.01.03. Traduzione di Marco. Dalla mailing list paesibaschiliberi.
Salve, subcomandante.
Spero di non beccarti, in questo momento, mentre stai cagando sulla memoria di Rosa Luxenburg, Durruti, Likiniano, il Che, Argala o del primo che ha circumnavigato la Terra. Spero che tu non stia cagando sulla memoria di Pioquinto (morto ad Ocosingo il 2 gennaio 1994), né su mio nonno, uno dei primi Andalusi che si è ribellato al franchismo (gli fecero scavare la sua stessa fossa e gli tirarono un colpo). E, questo sì, spero che tu sia in compagnia dei tuoi allegri amici affinché, con il buon umore che avete, secondo quanto si apprende dai tuoi comunicati, vi possiate intrattenere a piacere e divertirvi molto con questa umile lettera.
Noi, Baschi e Basche, parliamo se abbiamo qualcosa da dire; quanto alle sciocchezze, diciamo solo quelle inevitabili e, anche così, ci sbagliamo parecchio. Il rispetto soddisfa molto di più, quando proviene dallumile.
Assisto con raccapriccio alla polemica che tu, solo soletto, hai imbastito a spese del mio popolo, della sua sofferenza della sua lotta e delle sue speranze. Tanti secoli di carcere accumulati, milioni di ore di tortura, da Torquemada a Garzón, tanto sangue versato e molte più ore di parola di quante tu ne possa contare. Sì, hai letto bene, di parola. E tu, prepotente, te la giochi con Garzón. Scommettendo di mostrare il tuo viso!
Tacho ti chiede: "Perché dicono "sappiamo che non sempre hanno colto nel segno". E qui inizia il bello. Scherzi a parte e, benché non sappia se spetta a me, ti rispondo, Marcos, se non ti offendi.
Che non sempre abbiate colto nel segno, sembra evidente. Come in Euskal Herria (Paese Basco, N.d.T.) non possiamo ancora decidere il nostro destino, i vostri bambini e bambine continuano a morire di fame. A meno che questo non sia il vostro obiettivo, pare, ripeto, che non sempre abbiate colto nel segno, per quanto afflitto sia il generale di divisione Absalón Castellanos.
Neppure per quanto concerne il nostro popolo, avete colto nel segno. La mancanza di conoscenza complessiva del nostro Paese e dei suoi problemi si fa evidente, lettera dopo lettera, per qualsiasi Basco o Basca di qualunque segno politico e che sia dotato di un minimo di comprendonio (come ciascuno vuole interpretare è unaltra questione). Gli sbagli sulla Navarra o il saluto con un "Gora euskera" (Euskera è la lingua basca, probabilmente Marcos voleva scrivere "Gora Euskadi" che vuol dire "Viva il Paese Basco", N.d.T.) sono solo dettagli, ma abbastanza sintomatici. Eppure, avete dimostrato una gran faccia tosta nel lanciare la vostra proposta di dialogo senza fare i conti, previamente, con nessuno degli attori, stabilendo le condizioni, il luogo, la data e, infine, facendo quella stupida scommessa che non riguarda per nulla il popolo basco.
Per questo, forse, molta gente ti rimprovera, Marcos, e ti dice, e molta ancora te lo dirà (compresa gran parte del movimento sociale basco) che hai mancato di rispetto al popolo basco. E per questo nelle riunioni, nelle strade e nei bar di Euskal Herria si discute più su questa mancanza di rispetto che sulla "proposta di Marcos".
Vi siete sbagliati anche nel dimenticare che siamo a migliaia, Baschi e Basche, ad essere passati per la vostra terra e che, benché possiamo sembrare "biondini stupidi ed imbranati", non siamo né sordi, né ciechi. Non è vero, o meglio, è una bugia che gli zapatisti non facciano cose "nellombra"; agiscono "nellombra" anche rispetto alla loro stessa base. È una bugia anche che si limitino a parlare ed ascoltare per sapere chi sono. A volte i machete e le armi saltano fuori anche per svolgere la loro funzione (per non parlare del negozio di alimentari). Quindi non facciamola lunga sul bene e il male. Marcos mente anche quando dice che non vi nascondete "dietro a supposte rappresentanze". Lo fa semplicemente nella sua ultima lettera a ETA. Chiunque direbbe, leggendola, che tutti i Tzotziles sono zapatisti o che non esistono Tzotziles priisti e guardie bianche.
Vi sbagliate anche nel pensare che gli unici oppressori siano quelli che portano pistole e sarebbe bene (me lo permetto, date le circostanze) che, oltre a tutte le cose buone che insegnate ai vostri bambini, insegnaste loro che ci sono parole che uccidono, lo dico affinché siano premuniti nel caso non doveste vincere presto come pensate.
E poi Marcos ha forse lesclusiva della verità, della "poesia" o della demagogia? Noi Baschi e Basche amiamo i nostri figli e figlie. Vale per i fascisti e per coloro che non lo sono. Il primo giocattolo dei nostri bambini e bambine è sempre una carezza e amore è il modo in cui li chiamiamo. Le nostre mamme conservano questa abitudine per sempre e chiamano "amore" luomo del gas, la fornaia, il pescivendolo e, come no, il figlio della vicina. La nostra nobiltà è, né più, né meno, quella dei Tzotziles, dei pipistrelli, degli scarafaggi o della terra. Però, inoltre, cè gente di questo popolo che insegna ai suoi bambini e bambine ad amare la loro terra, la casa del padre, la nostra libertà di esistere. Ad amare la libertà per poter esistere. I diritti non si danno e non si concedono e non dovrebbe neppure essere negoziati. Si hanno per natura o si strappano, ognuno come può.
Insulti, quando metti sullo stesso piano oppressori ed oppressi, e un esempio particolarmente grave è la comparazione che fai fra il popolo palestinese e lo Stato di Israele.
Forse in Messico non è così, ma qui libero non è la stessa cosa che indipendente. Libero è essere libero di decidere se si sale, se si scende, se si viene o se si và. Libero è essere libero da oppressori.
In ogni modo, ho conosciuto abbastanza il popolo Maya, in Messico ed in Guatemala, e mi è rimasta la sensazione che il concetto di stato-nazione occidentale, almeno come lo conosciamo oggi, sia stato imposto a colpi di garrota e obbligando la gente a cantare molti inni dei quali non capivano neppure i testi.
P.S.: non ha la minima importanza, ma quando il popolo Maya costruiva le sue piramidi, il popolo basco era qui. Quando attraversava lo Stretto di Bering, il popolo basco era qui. Quando i vostri dei discutevano se luomo fosse di mais, oro o non so che altro, il popolo basco era qui, fatto di carne, ossa, sangue e anima. Ai nostri bambini e bambine insegniamo anche a rispettare gli anziani. Le scortesie e la malignità costituiscono la parola-arma più facile, stupida e volgare.