Perché gli USA appoggiano Israele.
Un articolo che spiega le ragioni e la dinamica del sostegno USA ad Israele e del perché sia così poco contestato. Non condividiamo tutti i passaggi di questo materiale, ma ci pare un buon strumento di analisi. Di Stephen Zunes. Foreign Policy In Focus. Documento originale Why the U.S. Supports Israel. Sulla base della traduzione di Ornella C. Grannis nella sezione italiana di Znet. Maggio 2002.


Negli Stati Uniti e nel mondo molti si chiedono perche', malgrado qualche delicato rimprovero, Washington mantiene l'enorme sostegno militare, finanziario e diplomatico per l'occupazione israeliana di fronte alle violazioni senza precedenti delle leggi sui diritti dell'uomo e del diritto internazionale da parte delle forze israeliane dell'occupazione. Perche' c'e' questo forte sostegno, da ambo le parti del governo americano per la politica reazionaria del primo ministro Ariel Sharon nei territori palestinesi occupati?

Da quasi trentacinque anni l'amicizia tra gli Stati Uniti e Israele e' una delle caratteristiche piu' rilevante della politica estera americana. I membri del congresso americano parlano raramente degli oltre 3 miliardi di dollari di sussidio militare ed economico che Washington spedisce annualmente a Israele. Non ne parlano i liberali, che normalmente si oppongono ai sussidi che gli Stati Uniti inviano ai governi che violano sfacciatamente e continuamente i diritti dell'uomo, e non ne parlano i conservatori, che di regola si oppongono all'idea del sussidio in generale. Praticamente tutti i paesi occidentali sostengono e condividono, insieme agli Stati Uniti, il legittimo diritto d'Israele di esistere in pace e in sicurezza, pero' tutte queste nazioni si sono rifiutate di fornire armi e aiuti mentre continua l'occupazione delle terre confiscate nella guerra del 1967. Nessun'altra nazione ha mai offerto il livello di supporto diplomatico che Washington offre a Israele. Gli Stati Uniti sono anche gli unici ad affiancare Israele quando l'ONU ed altri organismi internazionali deplorano le continue violazioni delle leggi internazionali e dei problemi che ne conseguono.

Anche se la protezione degli Stati Uniti per i governi israeliani che si succedono e' giustificata, come lo sono la maggior parte delle decisioni in politica estera, da motivi "morali", e' poca l'evidenza che nel Medio Oriente piu' che in qualunque altra parte del mondo, siano gli imperativi morali a giocare il ruolo piu' determinante nel guidare la linea politica statunitense. La maggior parte degli americani condivide l'impegno morale per la sopravvivenza dello stato ebreo, tuttavia questa condivisione non basta a giustificare il livello di supporto finanziario, militare e diplomatico al quale provvedono gli Stati Uniti. Il sussidio americano va ben oltre la protezione del bisogno di sicurezza all'interno dei confini internazionalmente riconosciuti a Israele. L'assistenza degli Stati Uniti include il supporto della politica israeliana, che per quanto riguarda i territori militarmente occupati, e' spesso in violazione con gli accordi internazionali oltre che con la condotta etica e legale.

Se davvero fosse una questione di interessi di sicurezza, gli aiuti americani a Israele sarebbero stati di piu' durante i primi anni dell'esistenza dello stato ebreo, quando le sue istituzioni democratiche erano piu' forti e le sua situazione strategica piu' vulnerabile, e sarebbero diminuiti con il drammatico sviluppo della sua potenza militare e l'aumento della repressione contro i Palestinesi nei territori occupati. Invece la tendenza e' stata quella di muoversi in senso opposto: l'assistenza militare ed economica degli Stati Uniti non e' cominciata se non dopo la guerra del 1967. Non a caso, il 99% del sussidio militare e' cominciato ad arrivare soltanto dopo che Israele ha dimostrato di essere molto piu' forte di tutti gli eserciti arabi messi insieme, e soltanto dopo che le forze israeliane dell'occupazione hanno cominciato a dominare il popolo palestinese.

Gli Stati Uniti inviano piu' aiuti ad Israele oggi che venticinque anni fa, quando il grande e ben fornito esercito egiziano minacciava la guerra. Oggi Israele ha un trattato di pace con l'Egitto e il controllo internazionale di una vasta zona demilitarizzata che mantiene a distanza l'esercito egiziano. In quegli anni, la potenza militare della Siria andava espandendosi velocemente grazie alla tecnologia sovietica. Oggi che le sue capacita' militari sono diminuite, indebolite dal crollo del patrono sovietico, la Siria ha reso chiara la sua disponibilita' di vivere in pace con Israele in cambio delle Alture del Golan.

Negli anni settanta la Giordania rivendicava ancora la Cisgiordania ed aveva stazionato le sue truppe lungo il confine e la linea di delimitazione con Israele; oggi la Giordania ha firmato un trattato di pace e ha stabilito rapporti completamente normalizzati. A quel tempo, l'Iraq aveva intrapreso un vasto programma di espansione militare; da allora l'esercito iracheno e' stato decimato, prima dalla Guerra del Golfo, e poi delle sanzioni internazionali e dal continuo monitoraggio. Tutto cio' solleva seri interrogativi sul perche' gli aiuti americani continuino ad arrivare regolarmente, aumentando anno dopo anno.

Nell'ipotetico evento che gli americani tagliassero tutti gli aiuti a Israele, ci vorrebbero molti anni prima che una minaccia militare significamente superiore a quella di oggi, possa materializzarsi. Attualmente Israele e' in possesso di un'importante industria nazionale di armi e di una forza militare molto piu' abile e molto piu' potente di ogni esercito avversario in qualsiasi combinazione immaginabile. Non ci sono dubbi che la sopravvivenza d'Israele non e' collegata al rischio di un attacco militare in un futuro tanto prossimo. Quando Israele era militarmente meno dominante, negli Stati Uniti non c'era un consenso cosi' compatto per la sua protezione. Va inoltre notato che nonostante il recente aumento di attacchi terroristici contro Israele stia diffondendo inquietudine riguardo la sicurezza del popolo israeliano, il grosso del sussidio militare americano non e' correlazionato agli sforzi di controterrorismo.

In breve, il contributo americano [in perenne aumento] al governo israeliano - come tutti i contributi che l'America offre ai suoi alleati - non e' motivato da un obiettivo riconoscimento del bisogno di sicurezza o da un forte impegno morale nei confronti di quel paese, ma dalla politica estera americana, la quale mira principalmente all'avanzamento dei suoi interessi strategici e favorisce quello che percepisce come tale.

Ragioni strategiche del continuo supporto americano

L'opinione generale fra i politici americani di ambo i partiti e' che Israele abbia soddisfatto gli interessi degli Stati Uniti nel Medio Oriente e oltre il Medio Oriente.

Il sussidio americano cresce insieme alla forza militare d'Israele

Il dinamica del sussidio americano a Israele e' rivelatorio. Non appena Israele dimostro' la sua superiorita' militare nella regione, ovvero immediatamente dopo la spettacolare vittoria della guerra del 1967, gli aiuti americani aumentarono del 450%. Parte di questo aumento, secondo il New York Times, apparentemente era da ricollegare alla compiacenza israeliana nel fornire agli Stati Uniti esemplari di nuove armi sovietiche confiscate durante la guerra. A seguito della guerra civile del 1970-71 in Giordania, quando l'abilita' israeliana di porre un freno ai movimenti rivoluzionari intorno ai suoi confini era diventata evidente, l'ammontare del sussidio americano venne moltiplicato per sette. Dopo che l'offensiva degli eserciti arabi nella guerra del 1973 fu contrattaccata con successo dagli americani con il piu' grande ponte aereo nella storia, e non appena Israele dimostro' di poter sconfiggere eserciti sorprendentemente forti, armati dai russi, il sussidio militare aumento' di nuovo, questa volta dell'800%. Questo aumento avvenne in parallelo con la decisione dell'Inghilterra di ritirare le truppe "ad est di Suez". La ritirata inglese condusse a un'abbondante vendita di armi allo Scià in cambio della cooperazione logistica dell'Iran, una delle componenti chiave della dottrina di Nixon.

Nel 1979 il sussidio fu quadruplicato di nuovo subito dopo la caduta dello Scià, l'elezione del governo di destra Likud e la ratifica del Trattato di Camp David, che includeva le disposizioni per un aumento dell'assistenza militare e fu piu' un patto militare tripartito che un tradizionale accordo di pace. (Va notato che il sussidio supplementare concordato nel trattato fu messo in atto malgrado il rifiuto del governo di Begin di rispettare le disposizioni prese a riguardo dell'autonomia palestinese). Il sussidio aumento' di nuovo nell'82, subito dopo l'invasione israeliana del Libano. Nel 1983 e nel 1984, quando gli Stati Uniti e Israele firmarono il protocollo d'intesa sulla cooperazione strategica e sulla pianificazione militare, e cominciarono a svolgere insieme le prime esercitazioni militari navali e aeree, Israele ricevette per ricompensa 1 miliardo e mezzo di dollari in aggiunta al sussidio economico. Piu' un altro mezzo milione di dollari per la creazione di un nuovo caccia.

Durante e immediatamente dopo la Guerra del Golfo, gli Stati Uniti hanno aggiunto 650 milioni di dollari. Con l'aumento della repressione nei territori palestinesi occupati, incluse le incursioni nelle aree dichiarate autonome nei trattati garantiti dal governo degli Stati Uniti, c'e' stata un'ulteriore aggiunta, e poi un'altra dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre.

La correlazione e' chiara: piu' Israele collabora con gli Stati Uniti, piu' soldi riceve.

L'importanza della superiorita' militare d'Israele

Quindi il continuo supporto americano non e' legato alla preoccupazione per la sopravvivenza dello stato ebreo, ma al desiderio degli Stati Uniti che Israele continui a dominare: politicamente sui palestinesi e militarmente sulla regione. I politici di entrambi i partiti americani non vogliono saperne di mantenere un equilibro militare tra Israele e i paesi confinanti, gli Stati Uniti vogliono assicurarsi la superiorita' militare dello stato israeliano.

Dopo gli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti dell'11 settembre ci sono stati una serie di dibattiti interni per stabilire fino a quando gli Stati Uniti possono sostenere la linea politica israeliana ora sotto il controllo della destra di Ariel Sharon. Alcuni dei conservatori piu' pragmatici del governo di Bush padre, come il ministro Colin Powell, hanno avvertito che la protezione incondizionata del governo di Sharon in questo periodo di feroce repressione nei territori occupati rendera' piu' difficile la cooperazione dei governi arabi nella campagna contro le cellule terroristiche affiliate con il network di al-Qaeda. Alcuni tra gli elementi dell'estrema destra, come Paul Wolfowitz del Ministero della Difesa, sostengono che Sharon e' un alleato indispensabile nella guerra contro terrorismo e che la resistenza palestinese fa essenzialmente parte di una cospirazione terroristica internazionale contro le societa' democratiche.

Altri fattori concomitanti

Il supporto degli Stati Uniti all'occupazione e alla repressione israeliana non e' poi cosi' dissimile dal supporto degli Stati Uniti all'occupazione e alla repressione indonesiana, di Timor Est, e per l'occupazione e repressione marocchina nel Sahara occidentale. Quando a beneficiarne sono gli interessi strategici degli Stati Uniti, Washington e' sempre disposta a tollerare le violazioni piu' flagranti degli accordi internazionali e dei diritti dell'uomo dei suoi alleati e ad ostacolare l'opposizione delle Nazioni Unite o di qualunque altro organismo. Non ci sono lobby etniche o affinita' ideologiche a motivare i politici a fare il contrario. Finche' gli imperativi amorali della realpolitik rimarranno incontestati, la politica estera degli Stati Uniti nel Medio Oriente e ovunque, non riflettera' la convinzione del pubblico americano che i rapporti internazionali degli Stati Uniti devono essere guidati di principi etici ed umanitari.

Alcuni dei peggiori casi di supporto statunitense per la repressione non sono rimasti incontestati e hanno condotto a inversioni di linea politica: in Vietnam, nell'America Centrale, in Sudafrica e a Timor Est. In questi casi, i piccoli movimenti popolari per la pace e la giustizia hanno raggiunto dimensioni talmente importanti che i membri liberali del congresso, i media e tutti gli altri, hanno finito con il chiedere al governo degli Stati Uniti di dissociarsi dai regimi repressivi. In altri casi, come ad esempio il supporto americano per l'invasione e l'occupazione del Marocco nel Sahara occidentale, gli americani a conoscenza della situazione sono troppo pochi, per cui non se ne parla per niente.

Tuttavia il caso di Israele e Palestina e' differente. La linea politica degli Stati Uniti in Israele e' messa in discussione da tanti settori importanti, ma il consenso generale fra i settori dell'elite del governo americano e dei media appoggia l'occupazione e favorisce la protezione. Purtroppo, tanti congressisti liberali che hanno appoggiato i movimenti progressisti in altre situazioni di politica estera, in questa faccenda sono d'accordo con il presidente George W. Bush, o addirittura sono ancora piu' a destra, per cui, mentre gli imperativi strategici sono alla radice del supporto americano ad Israele, ci sono anche fattori supplementari, che complicano questa situazione piu' di tutte le altre per chi chiede la pace e il rispetto dei diritti umani. Fra i fattori supplementari ci sono:

I movimenti progressisti americani non hanno mai contestato in maniera efficace la politica estera degli Stati Uniti nei confronti di Israele e Palestina. Da anni ormai la maggior parte dei gruppi promotori di pace e dei diritti dell'uomo gira intorno alla questione per non perdere il supporto dei membri ebrei che appoggiano il governo israeliano, e per evitare che le critiche sulla condotta del governo israeliano possano essere involontariamente scambiate per antisemitismo. Di conseguenza, grazie all'assenza di pressioni compensatorie, i membri liberali del congresso non hanno avuto motivo di ribellarsi alle pressioni dei sostenitori del governo israeliano. Nel frattempo, gruppi di estrema sinistra e tanti altri, hanno preso veementi posizioni anti-Israele che non si limitano soltanto a mettere in discussione la politica israeliana ma mettono addirittura in questione il diritto di esistere dello stato ebraico, con gravi danni alla loro credibilita'. In alcuni casi, specialmente fra gli individui piu' radicali e i gruppi piu' critici nei confronti di Israele, viene fuori un antisemitismo latente che si rivela in dichiarazioni sfrenatamente esagerate sulla potenza economica e politica degli ebrei. Queste ed altre dichiarazioni servono ad allontanare i potenziali critici della politica americana.

Conclusione

Anche se il supporto degli Stati Uniti per l'occupazione israeliana, come il supporto per tutti gli altri paesi alleati, e' basato principalmente su quelli che sono percepiti come gli interessi del paese, ci sono altri fattori che complicano il lavoro dei gruppi che si battono per la pace, per il rispetto dei diritti dell'uomo, e per cambiare la politica degli Stati Uniti. Malgrado questi ostacoli, la necessita' di mettere in questione il supporto degli Stati Uniti per l'occupazione israeliana e' piu' importante che mai. L'occupazione non ha solo condotto all'enorme sofferenza dei palestinesi e degli arabi, ma ha finito col danneggiare gli interessi sia d'Israele che degli Stati Uniti, creando elementi sempre piu' militanti ed estremisti nel mondo arabo ed islamico.

Per concludere, non c'e' contraddizione fra il sostegno ad Israele e il sostegno alla Palestina, perche' la sicurezza israeliana e i diritti dei palestinesi non si escludono a vicenda ma dipendono l'una dagli altri. Il sostegno degli Stati Uniti al governo israeliano ha ripetutamente sabotato gli sforzi dei pacifisti israeliani che vorrebbero cambiare una linea politica che, il generale e membro del Knesset Matti Peled, aveva visto avviarsi "verso una posizione di brutale intransigenza". Il miglior sostegno che gli Stati Uniti possono offrire a Israele deve essere offerto con fermezza - sostegno incondizionato al diritto di vivere in pace e sicurezza all'interno dei confini che gli sono stati riconosciuti dalle tribune internazionali in cambio della fine dell'occupazione palestinese. Questa e' la sfida che lanciano coloro che prendono seriamente valori di base come la liberta', la democrazia e le norme di legge.