Lattacco militare di Israele e gli interessi
degli Stati Uniti in Medio Oriente.
Intervista
a Gilbert Achcar, a cura di "Between The Lines". Traduzione di Davide
Marzulli. Maggio 2002.
BTL
(Between The Lines) ha posto quattro domande al politologo Gilbert Achcar
concernenti il legame tra la politica americana in Medio Oriente e il suo
appoggio a Israele. Queste sono le domande, seguite dalle risposte unite tra
loro: Domande: Risposte
congiunte: Israele
è per tradizione un elemento chiave nella strategia americana in Medio
Oriente. Come tutti sanno anche troppo bene, tale strategia si è sviluppata
principalmente intorno alla questione del petrolio: leccezionale importanza
che il petrolio in generale e quello del Medio Oriente in particolare hanno
assunto nelle economie occidentali a partire dalla Seconda Guerra Mondiale
spiega limpegno crescente degli americani in quella regione. Un impegno
basato sulla tutela del regno saudita, stabilita sin dal 1945, prima cioè
della creazione dello stato dIsraele. Questultimo sarebbe poi
diventato il cane da guardia degli interessi locali degli Stati Uniti, essendo
da sempre, per sua natura, uno stato militarizzato, vale a dire uno stato
con un altissimo grado di allerta militare, forti spese militari in
rapporto al PIL e un alto grado di mobilitazione popolare; e non poteva
essere altrimenti, date le sue origini coloniali e i rapporti ostili con lambiente
circostante: era predestinato a svolgere quel ruolo. Pertanto
sfidare gli interessi americani in quella zona sarebbe pericoloso per qualunque
regime arabo vicino, specialmente per quanto riguarda il controllo che gli Stati
Uniti esercitano sul petrolio saudita. In questo senso il regno saudita e Israele
sono due elementi chiave complementari nella strategia americana nella regione. Tuttavia
fu solo verso la fine degli anni cinquanta che Israele assunse importanza vitale
per gli interessi regionali americani: in precedenza non cera nessuna
seria sfida agli interessi degli Stati Uniti in Medio Oriente. Il nascente nazionalismo
arabo era ancora molto debole e orientato più che altro contro il tradizionale
colonialismo dellEuropa occidentale. Il suo radicalismo iniziò
in seguito con Nasser, che sarebbe diventato il principale nemico della monarchia
saudita. Il progetto di Nasser di unificare la nazione araba sotto la sua guida
e lalleanza che stabilì con lUnione Sovietica in cambio dellaccesso
di questultima a quellarea del pianeta sono i fattori che elevarono
Israele al rango di alleato locale determinante per gli Stati Uniti. Questi
sviluppi trovarono espressione nel diverso atteggiamento degli americani nei
confronti della guerra del 1967 rispetto a quella del 1956. Nel 1956 Israele
attaccò lEgitto di Nasser avendo per alleati i due rappresentanti
tradizionali del dominio europeo nella regione: Francia e Regno Unito. A ciò
si opposero gli Stati Uniti: non solo perché disinteressati al colonialismo
tradizionale, ma anche perché la triplice aggressione avrebbe acceso
sentimenti anti-occidentali tra gli arabi in una fase in cui gli USA speravano
ancora di mantenere relazioni amichevoli con lEgitto. Nel 1967 il nazionalismo
arabo era allapice del suo radicalismo socialista, sviluppatosi
in Egitto a partire dai primi anni sessanta e in Siria dal 1966, e lostilità
di entrambi gli stati verso il regno saudita era forte. Gli Stati Uniti temevano
che uneventuale alleanza radicale Cairo-Damasco unita allIraq dove
i nazionalisti erano già al potere avrebbe potuto stringere i sauditi
in una morsa potente; pertanto il 5 giugno 1967 laggressione israeliana
ebbe semaforo verde. In
questa questa guerra, che fa da spartiacque nella storia della regione dopo
il 1948 -il Medio Oriente deve ancora fare i conti con le sue conseguenze
dirette della guerra del 1967- due differenti ma convergenti blocchi di interessi
sono in gioco. Da una parte quelli degli Stati Uniti, come abbiamo visto;
dallaltra gli interessi dello stato dIsraele, che non è
mai stato un semplice burattino nelle mani degli americani poiché
ha sempre avuto un suo programma distinto, come risultò evidente nel
1956 e risulta vero anche in questa circostanza. Per Israele il compimento
della missione americana (colpire mortalmente i due regimi del Cairo e di
Damasco) si accordava perfettamente con il suo programma di completamento
del lavoro iniziato nel 1948 attraverso loccupazione della West Bank
sino al fiume Giordano e della Striscia di Gaza. Come
ricompensa per le sue imprese militari, gli Stati Uniti avrebbero appoggiato
le due richieste avanzate dal governo sionista ai paesi arabi vicini: nuova
definizione dei confini di Israele a vantaggio della sua sicurezza
e riconoscimento dello stato di Israele da parte dei regimi arabi, il che
avrebbe posto fine a uno stato di belligeranza che durava dal 1948. Tali richieste
erano al centro del Consiglio di Sicurezza 242 delle Nazioni Unite approvato
dagli Stati Uniti nel novembre 1967, sia apertamente (riconoscimento e pace)
che implicitamente (il famoso articolo che manca dal riferimento al ritiro
di Israele da territori occupati). [la versione francese e inglese
del 242 si esprimono in modo diverso: i primi chiedono il ritiro totale da
"i territori occupati" nel 1967 mentre i secondi chiedono
il ritiro da "territori" occupati BTL] Le
pretese territoriali di Israele erano tanto più gradite agli Stati
Uniti in quanto il popolo palestinese si radicalizzò fortemente dopo
il giugno 1967 per cui fu chiaro che una restituzione diretta della West Bank
alla Giordania avrebbe messo in pericolo la monarchia hashemita. Pertanto
il governo israeliano poté applicarsi alla realizzazione del Piano
Allon stabilendo basi strategiche nel West Bank al fine di controllare il
territorio, con il proposito di abbandonare in seguito le aree abitate. Questo
piano avrebbe conservato la funzione di struttura architettonica portante
nellambito delle proposte di pace sioniste, dallaccordo di Oslo
sino alle proposte di Barak durante i negoziati di Camp David (2002). Un piano
spalleggiato dagli Stati Uniti oggi come allora. Molti
osservatori pensavano che limportanza strategica di Israele per gli Stati
Uniti sarebbe diminuita drasticamente dopo il 1991, anno della Guerra del Golfo:
guerra che vide il massiccio intervento militare diretto degli Stati Uniti nella
regione e lavvio della presenza militare permanente degli americani negli
stati del Golfo Arabo; nonché anno del disfacimento dellUnione
Sovietica. In
realtà si potrebbe pensare che la svolta decisiva sia stata costituita
dal passaggio dellEgitto dallalleanza con lUnione Sovietica
a quella con gli Stati Uniti nel 1972, ai tempi di Sadat; passaggio che giustifica
latteggiamento più equilibrato di Washington nella
mediazione di pace tra Egitto e Israele dopo la guerra del 1973. In
effetti sia il 1972 che il 1991 furono svolte importanti e spinsero gli Stati
Uniti a esercitare maggiore pressione su Israele perché facesse concessioni,
al fine di stabilire una pax americana. Per questo il trattato di pace tra lIsraele
di Begin e lEgitto di Sadat poté essere concluso, ed è per
questo che nel 1991 gli Stati Uniti esercitarono una così forte pressione
sul governo di Shamir perché si unisse al processo di pace.
Tuttavia limportanza di Israele come vantaggio strategico nelle mani degli
Stati Uniti non è diminuita al punto di scomparire. Dato il carattere
altamente precario ed esplosivo della situazione sociale e politica dei paesi
arabi, gli Stati Uniti sanno fin troppo bene di non poter scommettere sulla
stabilità di alcuna alleanza da quelle parti. In confronto la dipendenza
strategica che Israele ha come entità politica nei confronti degli USA
fa della loro la più stabile delle alleanze. Gli Stati Uniti sanno che
esiste un limite molto basso quanto al numero di militari che possono stazionare
nella regione, come è apparso evidente dallalto costo già
pagato per trattenere 5000 soldati americani nel regno saudita, compresi gli
attacchi dell11 settembre 2001. Sanno anche che occorre tempo per trasportare
le truppe sul posto e non è affatto certo che sarebbe sempre così
facile come nel caso del concentramento militare del 1990 contro lIraq.
In questo senso il ruolo di Israele come base militare avanzata in questa parte
del mondo è ancora molto preziosa, e i 5 miliardi di dollari che ciò
costa annualmente ai contribuenti americani sono un investimento assai proficuo
in rapporto a ciò che si potrebbe ottenere se la stessa cifra venisse
invece aggiunta allimmenso budget militare americano. Il
che ci porta alla situazione attuale. Lattacco militare israeliano contro
i territori controllati della Palestina nel West Bank è il prodotto della
convergenza di diversi fattori. In primo luogo il Piano Allon, come quadro generale
del processo di pace, è su un binario morto: è ormai
chiaro che il popolo palestinese non potrebbe più accettare ciò
che appare sempre più come un pessimo affare dopo le prime illusioni
del 1993-94. Inoltre è evidente che Arafat non rischierebbe di confrontarsi
con il suo popolo per qualcosa che si è rivelato progressivamente una
truffa e una trappola mortale. Entrambi gli aspetti erano strettamente legati:
solo se il popolo palestinese si fosse sottomesso a una rigida dittatura avrebbe
potuto ingoiare le amarissime pillole della medicina sionista-americana. Il
secondo fattore è ovviamente laccesso al potere di Sharon in
Israele come espressione della volontà quasi unanime dellestablishment
sionista di regolare i conti con i palestinesi. Con lappoggio dei laburisti
Sharon sta facendo ciò che essi non potrebbero fare da soli senza rischiare
il loro specifico capitale politico in casa e nell'Occidente. Il
terzo fattore è naturalmente l11 settembre con i suoi strascichi:
gli attacchi su Washington e New York hanno fatto della guerra al terrorismo
la nuova bandiera dellinterventismo americano in tutto il mondo fornendo
a Sharon la giustificazione politica necessaria ai suoi scopi. Stiamo
raggiungendo un punto in cui questa convergenza probabilmente finirà
e gli alleati occasionali prenderanno strade diverse. Il programma personale
di Sharon non consiste nel distruggere la infrastruttura terroristica
per aprire la strada a un rinnovato tentativo di creare un Bantustan palestinese.
La sua reale intenzione è di distruggere l'Autorità palestinese
in modo da esercitare un controllo diretto e forzato sul popolo palestinese
tale da costringere questo a lasciare il West Bank; realizzando così
il progetto di trasferimento che ha sempre condiviso con il suo
amico assassinato Zeevi. Gli
Stati Uniti e i loro fedeli alleati tra i laburisti sionisti mirano a una
nuova Autorità Palestinese che controlli in modo più repressivo
un popolo palestinese molto indebolito, nel quadro di una pace basata più
o meno sulla proposta di Barak a Camp David nel 2000 congiunta alla proposta
di normalizzare i rapporti tra Israele e lintero mondo arabo.
Questultima era in realtà intesa dal Dipartimento di Stato americano
come strumento per rafforzare un processo di pace agonizzante:
non contiene nulla di sostanzialmente nuovo, tranne il fatto di essere stata
formulata dal regno saudita, il quale aveva preferito in precedenza restare
fuori scena per paura delle conseguenze politiche di un così caotico
processo di pace. Tuttavia
il vero grande problema è che lattacco di Sharon ai palestinesi
ha provocato un risentimento così acuto e amaro contro Israele e gli
Stati Uniti nellintero mondo arabo da diventare esso stesso un impedimento
alla ripresa del processo di pace. Che questo fosse il fine di Sharon
è fuori discussione. Anche
se lo stesso non si può dire di Bush e Peres, i due condividono la stessa
miopia politica e mancanza di intelligenza. Ciò che hanno permesso di
fare a Sharon, con un misto di connivenza e indulgenza, potrebbe con ogni probabilità
costituire una svolta storica che distruggerà ogni prospettiva di pace
araboisraeliana patrocinata dagli Stati Uniti, causando una destabilizzazione
dellintera regione estremamente deleteria per gli interessi americani;
come già dimostrato dalle enormi mobilitazioni di massa avvenute in tutti
gli stati arabi quasi senza eccezione. Non
sarebbe la prima volta, né sicuramente lultima, in cui gli Stati
Uniti avrebbero seminato ribellione contro i propri interessi. Bush e Sharon
stanno preparando per gli Stati Uniti e Israele nuovi disastri che in retrospettiva
potrebbero fare dell11 settembre un semplice punto di partenza.