Dopo la firma del contratto:
Bombassei dice...
Al
sindacato propone una sfida: creare più ricchezza per poi dividerla
pagando di più chi lavora di più. Le parole di Bombassei in
una intervista al Sole24ore del 24 gennaio. Alcune nostre osservazioni. REDS
- Febbraio 2008.
Alberto Bombassei ha seguito la trattativa del contratto
dei metalmeccanici, che si è conclusa a metà gennaio, nel doppio
ruolo di vice presidente della Confindustria con la delega per i rapporti
sindacali e come imprenditore della categoria (è il padrone della Brembo).
Arrivando ad una conclusione:" Il sistema contrattuale è arcaico",
che ripete volutamente l'aggettivo utilizzato da Luca di Montezzemolo dopo
la firma. Quali innovazioni si sarebbero potute introdurre con
il contratto dei metalmeccanici? La durata dei contratti è uno dei problemi da
discutere? REDS:
Dunque per i padroni il
rinnovo dei contratti si traduce in un dispendio di energie non più
sostenibile e accettabile per i tempi a venire. Sono troppi i lavoratori coinvolti
tutti insieme, per cui risulta difficile per le organizzazioni padronali fare
scelte che possano accontentare l'insieme del mondo delle imprese. Il ritorno
ai contratti triennali potrebbe risolvere parzialmente il problema. Ma si
intuisce che questo sarebbe solo il primo passo verso una nuova ridefinizione
della contrattazione nel suo insieme. Nel mirino dei padroni vi è (come
è noto) il contratto nazionale. Lorsignori ritengono pazzesco che una
volta ogni tot di tempo si debba definire a livello nazionale una soglia minima
di salario sotto cui nessuno deve stare, a prescindere dalle condizioni delle
singole aziende. Sembra ormai condiviso anche un nuovo equilibrio che
dia più peso ai contratti aziendali: come si dovrebbe configurare il
nuovo assetto contrattuale? REDS:
Chiaro, no? Ma vediamo le tre questioni. REDS:
un salto culturale:partecipazione, lavorare di più per guadagnare di
più. Ma come si può favorire la diffusione della contrattazione,
lasciandola ovviamente facoltativa? REDS:
domanda pertinente: ma chi ve lo fa fare a dare soldi ai lavoratori se non
siete obbligati a farlo? Quali soluzioni ha in mente? REDS:
un vero fiume in piena: meno tasse su tutti i fronti e in modo stabile. I
tesoretti vari accumulati dal governo (ormai defunto) grazie alla lotta contro
l'evasione fiscale deve essere restituito agli evasori stessi, affinchè
questi siano incentivati a fare la contrattazione aziendale. Loro infatti
devono essere incentivati, perchè per conto loro non fanno nulla. Per
i lavoratori invece è diverso: quando si stabilisce che devono perdere
qualcosa in termini di diritti (ad esempio alla pensione) non c'è nessun
incentivo, si tratta sempre di prendere o lasciare. Ma a parte gli scherzi,
è triste dover constatare come non cambi nulla nonostante il passare
degli anni e il mutare delle situazioni. Ai padroni è sempre tutto
dovuto e ai lavoratori al massimo arrivano le briciole, e comunque in cambio
devono sempre dare qualcosa. Prodi aveva messo nella sua agenda il patto sociale tra
Governo, imprese e sindacati proprio per rilanciare la questione salari e
produttività, collegando il calo del fisco ad una riforma della contrattazione
ed un aumento della produttività. Ora la crisi politica blocca tutto. REDS:
i padroni non sono scoraggiati per la caduta di un governo che si è
mostrato con i fatti molto attento alle istanze padronali; loro infatti sanno
che comunque andranno le cose (destra o sinistra) il futuro governo dovrà
genuflettersi alle superiori leggi del mercato e quindi fare i conti con chi
in questo paese è portatore delle istanze degli industriali.
Confindustria ha chiesto un ulteriore taglio del cuneo
fiscale di 5 punti, tre per i lavoratori e due per le imprese, ma il sindacato
non ha recepito: ve lo aspettavate? REDS:
i padroni non si capacitano, non capiscono la reazione del sindacato. Non
abbiamo notizie di una contrarietà di principio del sindacato a questo
tipo di provvedimenti, visto che ne ha già accettato senza colpo ferire
un altro ben più consistente (7 punti in meno di cuneo, tutti a vantaggio
dei padroni) l'anno scorso e ha valutato positivamente la defiscalizzazione
degli straordinari e degli aumenti salariali derivanti dall'incremento della
produttività, ma se anche ciò fosse vero sarebbe semplicemente
una cosa buona e giusta. La BCE ha insistito ancora sul rallentamento della crescita:
come si prospetta il 2008? REDS:
il solito ritornello: volete più soldi? lavorate di più. La vicenda nuova che si aprirà grazie anche all'esito
della vertenza contrattuale dei metalmeccanici è ben delineata dalle
parole di Bombassei: basta con i contratti nazionali, aumenti salariali corrispondenti
ad aumenti di produttività, più soldi a chi lavora di più,
meno tasse per i padroni. I lavoratori che si recheranno alle urne sui posti di lavoro
per esprimersi con un si o un no al contratto, più che ai pur magri
risultati ottenuti, forse è meglio che comincino a pensare come attrezzarsi
per condurre una lotta che sarà inevitabile e inevitabilmente difensiva
nei confronti di chi è determinato a cacciarci ancora più indietro.
Dice:" Il sindacato ha perso l'occasione per innovare. Mi auguro che
ora sia pronto ad affrontare con altro spirito la riforma della contrattazione.
La Cgil si è resa conto che occorre cambiare, la Cisl e la Uil lo pensano
da tempo.
Avevamo proposto un aumento salariale consistente di 150€ modificando
la durata del contratto, facendolo diventare triennale. Hanno detto no. Non
hanno voluto spingersi avanti nemmeno nella flessibilità.
REDS:
Bombassei esordisce ribadendo
che anche questo contratto non ha introdotto sostanziali novità dal
suo punto di vista. Ma dice subito molto direttamente quali potevano essere
queste novità: più tempo tra un rinnovo e l'atro (anche dando
più soldi) e un più flessibile utilizzo della forza lavoro.
Potremmo tradurre così: lavoratori più tranquilli per più
tempo e maggiormente sfruttabili. Si tratta di due elementi che, indubbiamente,
danno maggiore stabilità alle aziende, mettendole in condizione di
affrontare meglio la competizione sui mercati.
Certamente. Ogni anno abbiamo nel nostro sistema una ventina di contratti
da rinnovare e i lavoratori interessati non sono mai meno di due milioni.
E' un ritmo non più sostenibile, uno stress quasi insopportabile per
le imprese e per gli stessi lavoratori, certamente non utile per la programmazione
economica delle aziende. Tornare ai contratti triennali sembra la soluzione
migliore, specie se accompagnata da una ridefinizione del ruolo del contratto
nazionale.
Il contratto nazionale dovrebbe avere il compito di assicurare il recupero
del potere d'aquisto. A livello aziendale dovrebbe essere negoziato il salario
legato alla maggiore produttività. Questo è il senso dei premi
di risultato che abbiamo deciso di incentivare con il recente accordo con
il Governo. La premessa comunque è sempre la stessa: per distribuire
ricchezza, bisogna prima crearla.
La prima: il contratto nazionale che garantisca il recupero
del potere d'acquistodei salari. Un contratto quindi che in realtà
dovrebbe assomigliare di più a un meccanismo automatico di adeguamento
dei salari. Una sorta di scala mobile, che, chi lavorava negli anni 70 e 80,
ricorda benissimo. Quella scala mobile che i padroni hanno voluto cancellare
nel 1992 disdicendo l'accordo che ne regolamentava il funzionamento. Ma va
bene, pensiamo pure che dopo 15 anni si sono resi conto di aver sbagliato,
e che adesso vogliono ritornare sui loro passi. Una cosa però non è
chiara, ed è questa: se è vero che i padroni vogliono che i
salari recuperino il potere d'acquisto eroso dall'inflazione e dal fiscal
drag, basterebbe ripristinare l'automatismo che c'era prima, perchè
invece vogliono che il recupero salariale sia il risultato di una contrattazione?
Nelle trattative si sa come va a finire: si chiede 100 e poi, quando va bene,
si ottiene 80. E' fin troppo chiaro quindi che i padroni, con la riforma del
sistema contrattuale che hanno in mente, al di là di quello che dicono,
non intendono garantire nemmeno il recupero del potere d'acquisto.
La seconda:
i soldi in più con i contratti aziendali. Stabilito che il contratto
nazionale deve garantire la sopravvivenza del lavoratore, spetta alla singola
azienda elargire salario per incrementare il potere d'acquisto. Ciò
però dovrebbe avvenire in presenza di una aumento della produttività.
In buona sostanza: se l'azienda va meglio allora è possibile intraprendere
una trattativa a livello aziendale, affinchè una parte del plus-profitto,
derivante per l'appunto dall'aumento della produttività, vada nelle
tasche dei lavoratori. Si arguisce che il sogno dei padroni è quello
di vedere le proprie maestranze protese al soddisfacimento delle esigenze
aziendali nella prospettiva di un possibile ritorno in termini di salario.
Lavoratori meno attenti al principo che una volta si chiamava "solidarietà
di classe" e più attenti invece al principio "se va bene
il mio padrone vado bene anch'io" .
Ci permettiamo di dire poi una cosa su cui non si riflette mai a sufficienza,
quando si dice (come fanno anche Cisl e Uil) che bisogna dare più peso
alla contrattazione aziendale.
Quando un'azienda migliora la sua produttività, la sua competitività
sui mercati aumenta in quanto il costo del lavoro per unità di prodotto
(clup) si riduce; diretta conseguenza di ciò è che altre aziende
meno competitive entrano in crisi e sono costrette a lasciare a casa i propri
lavoratori o aumentarne lo sfruttamento nel tentativo di restare sul mercato.
Già solo questa elementare constatazione dovrebbe portare i sindacati
a difendere con le unghie e con i denti il ruolo del contratto nazionale,
inteso come strumento di difesa e unità dei lavoratori della categoria.
La terza: per distribuire ricchezza bisogna crearla.
Per il fatto stesso che un'azienda è in attività, questa
produce ricchezza. Ed è quindi evidente che i lavoratori vogliono la
redistribuzione di ciò che esiste. Pertanto qual'è il senso
di questa affermazione? Ci pare che il senso sia questo: i padroni non intendono
redistribuire i loro profitti consolidati, si rendono semplicemente disponibili
a rendere ai lavoratori una parte degli aumenti dei profitti. Quanto e in
che percentuale, dovrebbe essere stabilito in fase di contrattazione. Ovvio
che, accettando questa logica, se si verificasse un decremento dei profitti,
potrebbe essere rivendicata da parte padronale la restituzione di quanto dato
in precedenza.
Isindacati lamentano però il fatto che sono poche le aziende
dove esiste la contrattazione di secondo livello: quali risposte possono dare
le imprese?
Le aziende devono fare un salto culturale, essere disponibili a distribuire
della ricchezza derivante dalla maggiore produttività, aumentando la
partecipazione. Proprio recentemente l'economista Richard Freeman (uno che
non ha mai lavorato in vita sua. ndr) ha dimostrato che nelle aziende dove
c'è una maggiore partecipazione agli utili da parte dei dipendenti
cìè un maggiore sviluppo. Da noi la partecipazione è
ancora bassa. Noi siamo pronti a questa sfida, ma il sindacato deve essere
pronto a fare la sua parte: accettare che bisogna lavorare di più per
guadagnare di più.
Ecco perchè i padroni non danno soldi ai lavoratori: perchè
non sono partecipativi, boicottano... Ma cosa significa partecipazione? La
risposta è: lavorare di più. Per cui se un lavoratore esige
di lavorare nell'ambito dell'orario stabilito e magari lotta per avere delle
pause, o pretende il rispetto delle norme sulla sicurezza, come la corretta
manutenzione degli impianti, è uno che non partecipa. Ecco, nell'ottica
padronale questo lavoratore, che non è disposto a rischiare la sua
vita, non deve guadagnare di più, perchè non è partecipativo.
I premi di risultato devono essere incentivati in modo da renderli più
convenienti per le imprese e per i lavoratori. Bisogna andare avanti sulla
strada avviata con il protocollo sul Welfare, che ha previsto una detassazione
degli aumenti aziendali e un aumento della quota di decontribuzione senza
che i lavoratori perdano nulla sul piano pensionistico.
La risposta è semplice, se ci converrà farlo lo faremo. In paratica
i padroni vorrebbero che i soldi che in qualche modo dovrebbero tirar fuori
dal portafoglio vengano compensati da una riduzione del carico fiscale; in
modo che l'aumento dei profitti venga comunque garantito. In pratica è
come se il salario in più per i lavoratori venisse pagato dallo stato.
Ai padroni i profitti e allo stato i costi. Non male come idea e neanche tanto
nuova.
Già oggi con l'entrata in vigore dei contenuti del protocollo
sul Welfare, ci sono a disposizione incentivi che rappresentano un reale vantaggio.
Lo sarà ancora di più se la detassazione dei premi di risultato
non sarà limitata solo al 2008 ma sarà resa strutturale, se
l'intero importo del premio, e non più solo una parte, sarà
decontribuito e detassato e l'intera somma, così definita, sarà
utile ai fini della pensione. Il fondo che finanzia l'intervento fiscale e
contributivo non dovrà più essere triennale, ma permanente,
dando piena garanzia alle imprese e ai lavoratori sull'impegno che possono
assumere nel lungo periodo.
Sì ed è un peccato. Speriamo di poter riprendere al più
presto. Viste le difficoltà congiunturali, un negoziato su questi temi
è quanto mai necessario.
Non capisco la reazione del sindacato. Un taglio del cuneo di tre punti
favorirebbe i salari, riducendo la distanza tra il salario netto e il costo
del lavoro per le imprese. Il taglio di dieci punti era una delle richieste
prioritarie di Confindustria per ridurre il divario tra l'Italia e gli altri
Paesi.
Difficile. Ed è proprio per questo che è ancora più
necessario aumentare la produttività, innovare il sistema di relazioni
industriali. Serve più flessibilità, bisogna lavorare di più:
non è possibile che ogni 5 anni un lavoratore americano (USA) lavori
di fatto un anno in più rispetto ad un italiano. Così la sfida
competitiva non si vince.
Alcune nostre conclusioni
Abbiamo seguito la vicenda contrattuale
dei metalmeccanici fin dall'inizio e l'opinione che ne abbiamo tratto è
che il risultato ottenuto non chiude una vicenda, ma ne apre una nuova.
La percezione è che ai padroni in questa fase i soldi non manchino
e ne è la prova il fatto che anche in assenza della firma del sindacato
avrebbero dato unilateralmente l'aumento in busta paga ai lavoratori.
Hanno accumulato profitti, nonostante la persistenza della crisi economica
che coinvolge tutti settori produttivi e non. Questo grazie
agli enormi vantaggi che sono loro derivati dalla legislazione sulla flessibilità
e precarietà del lavoro.
Oggi ciò che vorrebbero è mantenere la situazione così
com'è e possibilmente spostarla ancora di più verso le esigenze
del mercato che è facile prevedere saranno ancora più pesanti.
Per come la vertenza dei metalmeccanici si è chiusa ci sembra di poter
dire che non è stato posto un argine alla volontà padronale
di andare verso una maggiore flessibilità della forza lavoro, sia in
termini di orario che in termini di tipologie contrattuali. L'aumento dello
straordinario obbligatorio e il taglio di otto ore di riduzione di orario
sanciscono una ulteriore riduzione degli ambiti di contrattazione delle RSU.
Che è l'esatto contrario di quello che ci vorrebbe se si volesse contrastare
l'avanzata padronale.