L'assemblea
nazionale delle RSU svoltasi a Milano l'11 gennaio.
Analisi
del percorso che ha condotto a questa importante iniziativa e dei limiti ancora
da superare per la costituzione di un movimento unitario dal basso che porti
alla proclamazione dello sciopero generale. REDS. Febbraio 2002.
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alla mozione conclusiva dell'assemblea L'11
gennaio si è svolta alla Camera del Lavoro di Milano la "assemblea
nazionale delle RSU". Erano presenti circa 300 delegati. Questa assemblea
ha deciso di "caratterizzare" come RSU, la giornata del 15 febbraio,
in cui sono stati indetti gli scioperi generali della funzione pubblica e
della scuola da parte di CGIL, CISL e UIL. Quella giornata deve diventare
di mobilitazione generale, anche con una estensione delle interruzioni di
lavoro nei settori privati oltre che pubblici. Il
percorso Le
componenti dell'aggregazione L'assemblea
dell'11 Noi
pensiamo che il 15 si debba scioperare e che si debba fare ogni sforzo per
allargarne la partecipazione. Pensiamo che vi debba essere una unica manifestazione
all'interno della quale certo dovrà essere assicurata una forte visibilità
al sindacalismo combattivo. Infine pensiamo che si debba imporre in piazza
alle burocrazie sindacali, con ogni mezzo necessario, l'indizione dello sciopero
generale.
Riassumiamo brevemente il percorso che ha portato a questa assemblea.
A Genova il 17 novembre, sulla base di un appello del Coordinamento RSU (10
novembre: "Contro la guerra - contro la Finanziaria - per una piattaforma
sociale dei bisogni da contrapporre alla piattaforma dei Padroni e del Governo"),
si svolgeva una riunione non molto partecipata di delegati tesa esplicitamente
a mettere insieme "tutte le forze della sinistra sindacale, della Cgil,
del sindacalismo extraconfederale per un incontro che definisca i percorsi
di una iniziativa nazionale unitaria". In quel momento la guerra era
l'elemento sul quale ci si intendeva muovere, anche se la riunione cadeva
in un momento in cui la guerra volgeva decisamente al meglio per l'"Occidente"
e dunque in Italia la spinta pacifista andava decisamente smorzandosi.
Un successivo "incontro nazionale delle delegate e dei delegati RSU"
("Per lo sciopero generale contro l'offensiva di Governo e Confindustria:
ci vuole una piattaforma capace di unificare il mondo del lavoro sui temi
del lavoro, del salario, della previdenza, dei diritti e dello stato sociale"),
tenutosi a Bologna il 1° dicembre 2001, vedeva una maggiore partecipazione.
Si decideva di presentare nelle assemblee sindacali convocate dai sindacati
durante gli scioperi di due ore lo stesso ordine del giorno in cui si chiedeva
la convocazione di uno sciopero generale. L'ordine del giorno conclusivo impegnava
inoltre i partecipanti a "lavorare perché la giornata del 14 dicembre,
giorno in cui è convocato lo sciopero dei lavoratori del settore pubblico,
sia caratterizzato dall'estensione e generalizzazione degli scioperi e delle
mobilitazioni a tutte le categorie, in cui ciò è possibile,
per sostenere la necessità dello sciopero generale e i contenuti di
una piattaforma alternativa ai padroni ed alle risposte che la concertazione
sindacale ripropone". Questa estensione è stata poi lanciata dalla
Confederazione Cobas raccogliendo però un numero limitato di adesioni,
concentrate comunque nella sanità e nella scuola.
E arriviamo così all'incontro nazionale dell'11 gennaio ("Per
lo Sciopero Generale e per una vera Piattaforma") dove, come riporta
il comunicato, "almeno 40 interventi di delegati hanno portato il loro
contributo alla costruzione di un percorso di iniziativa, di lavoro e di lotta
che punta (a partire dai luoghi di lavoro e dalle Rsu) a costruire una risposta
generale all'offensiva di Governo e Confindustria. Ci vuole lo sciopero generale
ma anche una piattaforma generale del mondo del lavoro che a partire dalla
critica della linea concertativa, punti a rappresentare concretamente i bisogni
che oggi i lavoratori esprimono". Inoltre "l'assemblea nazionale
delle delegate e dei delegati RSU, nel criticare la continua disarticolazione
delle iniziative, da parte di Cgil Cisl Uil, che sottintende una logica emendativa
al programma del Governo con l'obiettivo di difendere una ormai insostenibile
linea concertativa, ribadisce la necessità di unificare il mondo del
lavoro a partire da una vertenza generale a sostegno di una piattaforma costruita
e discussa nei luoghi di lavoro". L'ordine del giorno finale infine dà
appuntamento per una manifestazione a metà marzo e propone la formalizzazione
di un coordinamento RSU.
Questa assemblea comprende il settore che si definiva "Per un coordinamento
nazionale delle RSU", formatosi nella prima metà degli anni novanta
in polemica con la politica della concertazione, e che tra alti e bassi ha
dato continuità alla critica dal basso nei confronti delle burocrazie
sindacali. Anche se aperto ad ogni sigla sindacale, esso è sempre stato
costituito in buona sostanza da delegati che fanno riferimento alla sinistra
CGIL, Alternativa Sindacale prima, Lavoro e Società poi. Più
in particolare ha sempre cercato di esercitare una critica nei confronti del
gruppo dirigente di Alternativa Sindacale (e che oggi costituisce una parte
di Lavoro e Società), accusato di essere poco attento alla base, troppo
preoccupato della spartizione dei posti, troppo accondiscendente nei confronti
della maggioranza della CGIL. Questa struttura mantiene un sito che è
tra i migliori di natura sindacale e che consigliamo vivamente: http://www.ecn.org/coord.rsu
I delegati dei piccoli sindacati extraconfederali si sono sempre tenuti sostanzialmente
al di fuori di questa aggregazione, timorosi che essa nascondesse l'ennesimo
travestimento di una sinistra sindacale che faceva la parte di "utile
idiota" delle burocrazie confederali. Il percorso che è cominciato
a Genova, sulla scorta di relazioni stabilite in varie occasioni (guerra del
Kosova, movimento antiglobal, PRC, ecc.) ha consentito di vedere oggi insieme
oltre al settore di delegati della sinistra CGIL anche un pezzo di sindacalismo
extraconfederale, soprattutto quello legato alla Confederazione Cobas.
Tra i lati positivi di questa assemblea segnaliamo senz'altro che essa
giunge dopo un "crescendo" di incontri sempre più partecipati
(Genova, Bologna, Milano), segnale questo che la tattica della maggioranza
della CGIL viene vista con crescente insofferenza da una parte dei delegati
sui posti di lavoro. E' un fatto positivo inoltre che, al di là di
persistenti diffidenze, si sia giunti ad un dispositivo comune alle varie
componenti. Vi sono alcuni dati di perplessità tuttavia che ci teniamo
a sottolineare.
L'assemblea ha però riunito l'"estrema sinistra" dell'enorme
platea dei delegati sindacali italiani: gente molto politicizzata e motivata,
ma in alcuni casi scarsamente cosciente, stando almeno agli interventi, di
costituire, appunto, una parte di un tutto che ancora si deve conquistare.
Ci è parso fuori luogo che molti interventi, specie quelli extraconfederali,
si concentrassero sull'attacco alla politica della concertazione, quando
anche ai ciechi è evidente che questa (non certo per volontà
dei vertici sindacali) non c'è più. Speravamo di ascoltare più
interventi che dessero indicazione su come muoverci, qui e ora, per organizzare
la resistenza al governo della destra. Pur essendo stati a suo tempo parecchio
critici con Cremaschi, dirigente FIOM, riconosciamo invece nel suo intervento
in quella sede una esemplare lucidità. Ha colto la tempistica dell'attacco
in atto ("abbiamo tre-quattro mesi di tempo per arrestare l'offensiva"),
ha pronunciato la giusta parola d'ordine che in questa fase non può
che essere difensiva ("fermiamoli"), ha individuato le cose
da fare ("andare ovunque va un ministro, creare una impraticabilità
di piazza a questo governo"), la dimensione della sfida ("questo
movimento non ha altra scelta se non quella di cercare di vincere"),
ha evidenziato una certa profondità tattica che si basa sul fatto che
o in questa partita con la destra viene trascinata l'intera CGIL, o è
già persa in partenza ("dopo il 15 febbraio si dovrà
andare allo sciopero generale ed è l'appuntamento che dobbiamo imporre").
I compagni dei sindacati extraconfederali hanno anche loro puntato sullo
sciopero del 15 febbraio, il che rappresenta un buon passo avanti rispetto
alle pratiche del passato quando si facevano scioperi generali separati. Hanno
però insistito che fosse allargato anche ad altre categorie. A nostro
avviso si trattava di una impostazione corretta, che però non è
stata interamente soddisfatta dal dispositivo finale. Del resto però
gli stessi compagni, hanno insistito per una manifestazione separata da quella
confederale allo scopo di assicurare "visibilità" alla loro
area. A noi pare francamente una soluzione sciagurata. E' una scelta che non
può essere minimamente compresa dalla massa dei lavoratori sindacalizzati,
i quali chiedono a gran voce unità contro l'attacco della destra. Una
manifestazione separata, oltre che essere minoritaria dal punto di vista dei
numeri (come si è visto a Milano quando il 14 novembre alla manifestazione
confederale del Palasport se ne è contrapposta un'altra, extraconfederale,
con 200 persone), non può che dare alimento alla destra per la sua
propaganda e non permette di intersecare e "contagiare" la massa
dei lavoratori che marceranno con CGIL, CISL e UIL. Nell'assemblea abbiamo
notato una certa timidezza da parte dei compagni della sinistra CGIL a difendere
questo punto di vista, forse per tema di essere considerati "conniventi"
con le direzioni confederali.