Non si potrà più scioperare.
Per ora è solo un disegno di legge; un sasso lanciato per vedere le reazioni delle parti interessate. Dopo l'accordo separato sul nuovo modello contrattuale, la destra procede a valanga e schiaccia conquiste dei lavoratori che hanno fatto storia nella nostra società. Di Duilio Felletti. Reds - Marzo 2009.


Per proclamare uno sciopero nei trasporti i sindacati dovranno poter contare su una percentuale di iscritti di almeno il 50% dei lavoratori. Ma per quegli altri sindacati che non raggiungono questa soglia e hanno comunque almeno il 20% di rappresentatività in un determinato settore, è previsto il referendum.
Potranno indire una protesta solo se avranno incassato almeno il 30% dei consensi.

E' questa la principale novità con cui i lavoratori dovranno fare i conti nell'immediato futuro, ogni qualvolta si troveranno in situazioni di conflittualità.

Un'altra novità è rappresentata dalla dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero da parte del singolo lavoratore.
Saranno i contratti nazionali di categoria a regolarne le norme o, in alternativa, con regolamentazioni provvisorie.

Nuove regole sono previste sugli intervalli minimi tra uno sciopero e l'altro e sulla concomitanza di stop che incidono sullo stesso bacino di utenza.

La ciliegina sulla torta è rappresentata dall'inasprimento delle multe per i lavoratori che se ne infischieranno di queste nuove norme e vorrano comunque andare avanti sul terreno della lotta e magari vorrano attuare blocchi su autostrade e negli aereoporti.

In una prima stesura, questa legge prevedeva la sola soglia di sbarramento al 50% - che avrebbe impedito anche a un sindacato come la Cgil di scioperare da solo - ma dopo la mediazione con le parti sociali, sono state inserite le tre soglie e il referendum.

Si tratta in verità di un disegno di legge che delega il Governo a emanare, entro un anno, uno o più decreti legislativi volti a rendere inefficaci e/o impossibile mettere in atto le lotte, così come fino ad ora le abbiamo conosciute e che sono state, in determinate fasi della nostra recente storia, l'unico baluardo ad un imbarbarimento della nostra società.

A loro dire, la motivazione che ha spinto il Consiglio dei Ministri, a varare questo provvedimento, è la volontà di difendere i diritti dei cittadini alla mobilità e alla libera circolazione.

Tra le reazioni a questo provvedimento spicca il plauso di Emma Marcegaglia, che, senza mezzi termini, ha auspicato che questo possa essere allargato anche ad altre categorie, oltre a quella dei trasporti.
La presidente della Confindustria ha anche insistito affinchè vi siano dei meccanismi certi che consentano di misurare la reale rappresentatività delle varie sigle sindacali.

Penose le prese di posizione dei sindacati "maggiormente rappresentativi".
La Cisl si è semplicemente inchinata davanti a questo progetto di legge (auspicando timidamente, che questo si fermi nella categoria dei trasporti) mentre la Uil si è limitata ad esprimere riserve sulla questione della dichiarazione preventiva di adesione. La Cgil, da parte sua, ha espresso preoccupazione su come è stata trattata questa materia così delicata. Le fa eco il PD, secondo cui certi provvedimenti non si dovrebbero attuare per via legislativa, ma passando attraverso un accordo tra le parti.

Eppure, che si tratti di una legge essenzialmente "anti sciopero" è fin troppo evidente, anche agli occhi di chi, senza essere un pericoloso comunista, mastica un pochino di leggi e Costituzione.
Legare infatti, la possibilità di indire uno sciopero alla rappresentatività più o meno ampia di chi lo propone, di fatto trasforma il diritto individuale di sciopero del lavoratore, in un diritto esclusivamente prerogativa delle organizzazioni sindacali.
Oggi come oggi anche gruppi di lavoratori non inquadrati in una specifica organizzazione sindacale possono promuovere scioperi; è il caso di tanti coordinamenti di base o di comitati di lotta, ecc....

Ma anche ponendo il caso che sia possibile fare carta straccia di tutta la legislazione esistente in materia, vi è un fatto difficilmete confutabile, che è la pratica impossibilità anche per le stesse organizzazioni sindacali maggioritarie di mettere in atto azioni di sciopero.
Nella grande maggioranza delle aziende, gli iscritti ai sindacati sono meno del 50%, per cui ogni sciopero dovrebbe essere preceduto da un referendum (seguito da una dichiarazione individuale di adesione preventiva), mentre in quelle dove la sindacalizzazione fosse più bassa del 20%, il diritto di sciopero verrebbe di fatto abolito.

Questa la nuda descrizione di quanto stà accadendo con le poche considerazioni che si possono fare nel merito.

Ma non si può fare a meno di calare questo provvedimento nella realtà concreta che stiamo vivendo in questa congiuntura economica.

Sotto gli occhi di tutti vi è una realtà estremamente pesante per i lavoratori e le loro famiglie. Licenziamenti, espulsioni di lavoratori precari, aumento dei costi dei servizi sociali, repressione dei lavoratori immigrati, interventi sulle pensioni, peggioramento delle regole per i rinnovi contrattuali, morti sul lavoro, aumento dello sfruttamento, ecc...
E' in atto un tentativo di far uscire l'Italia dalla crisi economica, pilotato dal governo di destra, senza opposizione vera nel parlamento, volto a non mettere in discussione i meccanismi che l'hanno prodotta. Potremmo dire, in altre parole, che si vorrebbe che i padroni escano da questa congiuntura indenni e in grado di riprendere il processo di accumulazione dei loro sacri profitti come se niente fosse stato.
Tutto questo può avvenire solo se si annienta, o si riduce ai minimi termini, la capacità dei lavoratori e di tutti gli oppressi di reagire alla violenza che stà per essere esercitata su di loro.

Basta con i contratti nazionali e basta con i casini nelle piazze.
Il manovratore non deve essere disturbato.