Sinistra: tempo scaduto!
Analisi dettagliata delle elezioni regionali
del 16 aprile 2000. REDS. Aprile 2000.
Il significato complessivo di queste elezioni
Queste elezioni segnano un ulteriore complessivo arretramento della sinistra nel nostro Paese. Si tratta del risultato di 4 anni di governo di centrosinistra, periodo che ha visto la rappresentanza politica della sinistra progressivamente staccarsi dalla sua base sociale ed elettorale. Eppure non é questa la lettura che ne danno i nostri rappresentanti. Certo non negano la vittoria della destra, ma la sconfitta viene condita con una serie di attenuanti che dimostrano la profonda incomprensione del voto del 16 aprile. L'Unità del 18 aprile ad esempio confronta le liste raggruppate per area politica e scopre che il centrosinistra più il PRC nelle regionali del 2000 "ha ottenuto più o meno quanto ottenuto nel '95 (43,9% contro il 44,6%)". Sullo stesso quotidiano si sottolinea come i DS rispetto alle europee siano aumentati ("dal 19,5% al 23,1%"). All'indomani delle elezioni Grazia Francescato, portavoce dei Verdi, ha espresso "soddisfazione" per il risultato della sua formazione che recupererebbe "in modo consistente i voti dopo la debacle delle elezioni europee". Soddisfatto Bertinotti che vede il PRC "avviarsi a divenire quarta forza politica del Paese, soprattutto al Nord". Walter Vitali responsabile enti locali dei DS, sottolinea la vittoria del centrosinistra in Campania che "é la seconda regione italiana. Lì, nel 1995 il Polo aveva vinto" e ribadisce il concetto che "queste elezioni ci consegnano la stessa forza che la coalizione aveva nel 1999 e negli anni precedenti". Questi "motivi di soddisfazione" si basano su presupposti assai discutibili, e in alcuni casi falsi, e di questo parleremo nell'articolo che segue.
Il confronto con le europee
La gran parte dei motivi di consolazione dei partiti della sinistra (e che girano intorno al tema: "sì il centrosinistra é andato male ma noi, come partito, siamo andati bene") si basa sul confronto con le europee. Il confronto però non regge, per varie ragioni. La più vistosa é che in questa tornata non c'era di mezzo la lista Bonino che con il suo vistoso successo alle europee aveva tolto voti a tutti (successive indagini, pubblicate a suo tempo sul Corrire e su Repubblica, arrivavano a conclusioni spesso sensibilmente diverse, comunque convergenti nel valutare che una parte, pur minoritaria, di questi voti provenivano dal serbatorio della sinistra, PRC compreso). E' questa la ragione che spiega come mai in queste elezioni, a parte i Democratici , tutti i partiti guadagnano qualcosa rispetto alle europee. Ma un confronto con un'elezione rispetto alla quale tutti guadagnano ci pare poco utile. Non ci rifiutiamo di tenerne conto, chiediamo però alla sinistra di compiere un bilancio tenendo conto anche delle altre elezioni in maniera tale da poter valutare per intero l'effetto di questi anni di governo di centrosinistra.
Sinistra e centrosinistra
Per riuscire a imbastire un qualche ragionamento che sia utile, abbiamo utilizzato i dati delle elezioni regionali indicando anche i "valori assoluti" che nessuno pubblica più (dato questo molto significativo: contano le percentuali perché sono le uniche che servono per la distribuzione dei posti) e riaggregando i risultati secondo tre aree: la destra (Lega, Forza Italia, Alleanza Nazionale, CCD, CDU, Lista Sgarbi, PS di De Michelis, DC di Piccoli, PPP del Molise, Fiamma e FN), il "centro" (l'insieme dei partiti che pur non avendo nulla a che fare con la sinistra, mantengono con questa una alleanza elettorale e/o di governo: Popolari, Democratici, Rinnovamento Italiano, SDI, PRI, UDEUR, UPR, Lista Cacciari, Lista Mancini) e la sinistra (DS, PRC, Verdi, Partito Umanista, liste alla sinistra del PRC). Nella tabella non é presente la Lombardia dato che, come si sa, in quella regione i DS si sono "fusi" con il centro nella lista Martinazzoli.
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Piemonte |
2.035.000 | 558.000 | 27,4% | 198.000 | 9,7% | 1.147.000 | 56,4% |
Veneto |
2.291.000 | 428.000 | 18,7% | 341.000 | 14,9% | 1.381.000 | 60,3% |
Liguria |
883.000 | 326.000 | 36,9% | 80.000 | 9,1% | 407.000 | 46,1% |
Emilia-Romagna |
2.402.000 | 1.127.000 | 46,9% | 236.000 | 9,8% | 969.000 | 40,3% |
Toscana |
1.959.000 | 949.000 | 48,4% | 172.000 | 8,8% | 795.000 | 40,6% |
Umbria |
481.000 | 214.000 | 44,5% | 65.000 | 13,5% | 194.000 | 40,3% |
Marche |
810.000 | 311.000 | 38,4% | 110.000 | 13,6% | 367.000 | 45,3% |
Lazio |
2.720.000 | 842.000 | 31,0% | 372.000 | 13,7% | 1.431.000 | 52,6% |
Abruzzo |
736.000 | 206.000 | 28,0% | 154.000 | 20,9% | 358.000 | 48,6% |
Molise |
199.000 | 39.000 | 19,6% | 56.000 | 28,1% | 101.000 | 50,8% |
Campania |
2.859.000 | 645.000 | 22,6% | 894.000 | 31,3% | 1.291.000 | 45,2% |
Puglia |
2.042.000 | 465.000 | 22,8% | 436.000 | 21,4% | 1.098.000 | 53,8% |
Calabria |
1.061.000 | 232.000 | 21,9% | 287.000 | 27,0% | 504.000 | 47,5% |
Basilicata |
350.000 | 96.000 | 27,4% | 146.000 | 41,7% | 101.000 | 28,9% |
Si noteranno alcuni
dati che ci paiono di una certa importanza e che le normali aggregazioni "centrodestra"
e "centrosinistra" normalmente nascondono.
a) Si noti che la somma dei voti della sinistra (22,6%) nella stessa Campania
del "grande successo" del diessino Bassolino é in linea con
la media dei risultati delle altre regioni, anche di quelle dove il centrosinistra
ha perso (la Puglia). Nelle precedenti regionali in Campania la sinistra era
al 31,7% con 200.000 voti in più.
b) Dove nel meridione vi é una destra debole é sempre perché
vi é un "centro" forte (la Basilicata ad esempio).
c) Si noti la progressione nella colonna del "centro" delle percentuali
di quest'area a mano a mano che si scende a sud. Si passa da una media del 10%
ad una superiore al 20%.
Noi traiamo da questi dati le seguenti conclusioni. La considerazione consolatoria della sinistra per cui nel Sud si é tenuto perché Bassolino ha vinto non ha alcuna ragion d'essere. Quel successo non é affatto della sinistra, che invece é regredita, ma del "centro" aggregato alla sinistra. Il "centro" é egemone anche in Basilicata (dove supera il 40%) che qualche buontempone sta cominciando a chiamare "regione rossa". Si tratta di un centro "moderno", "riformatore", "europeo"? Non scherziamo. È il regno dei De Mita e dei Mastella. Nella maniera di governare e di intendere la politica di questo "centro" non vi é nulla di diverso non solo da Forza Italia ma anche da certa AN (ad esempio quella democristianizzata della Puglia). Non vi é nulla di acquisito per la sinistra con questo "centro" che con ogni evidenza per sole ragioni opportuniste oggi si allea con la sinistra ma che in un batter d'occhio, quando cambieranno le condizioni, sarà pronto ad allearsi con la destra. Le grandi manovre (vedi Zecchino) sono iniziate. Lo spostamento dell'asse politico in senso moderato dunque non é affatto solo un problema del "profondo nord", ma dell'Italia intera.
Il declino della sinistra
L'errata aggregazione che mette insieme i risultati dei partiti della sinistra con quelli del centro fa sì che non appaia in tutta la sua evidenza il declino della sinistra. Abbiamo aggregato dunque secondo i criteri precedenti i risultati di queste elezioni regionali con quelli delle regionali precedenti ('95) eliminando i dati della Lombardia sia nell'una che nell'altra, per le stesse ragioni di cui dicevamo sopra. Si tenga presente che oggi come cinque anni fa non votavano le regioni a statuto speciale.
1995
2000 sinistra 8.355.000
39,1%
6.438.000
30,4%
centro 2.050.000
9,6%
3.547.000
16,7%
destra 9.670.000
45,3%
10.144.000
47,8%
voti validi 21.344.000
21.212.000
Si noterà come in effetti la percentuale dei voti del centrosinistra sia più o meno la stessa (nel '95 il 48,7% e nel 2000 il 47,1%). Ma questo dato ne nasconde un altro, per noi di sinistra, di non secondaria importanza: all'interno di questa percentuale la sinistra é seccamente ridimensionata (dal 39,1% al 30,4%) a vantaggio del centro (dal 9,6% al 16,7%). I voti alla destra rimangono più o meno gli stessi. Cosa significa: i voti sono passati dalla sinistra al centro? Non proprio. Vediamo che fine hanno fatto quei quasi due milioni di voti che mancano all'appello. Si deve tener presente che i dati riportati sopra si riferiscono solo ai "voti espressi" per la lista, dato che alle regionali come si sa (ed era così anche nel '95) si può votare il candidato a presidente ma non la lista (e questo tipo di voto non é conteggiato nella tabella sopra). Il voto per la lista rappresenta una dichiarazione di appartenenza, che nel caso della sinistra é venuta drammaticamente a crollare. L'elettorato di sinistra dal 1995 al 2000 si é astenuto mentre quello di centro si é sentito "motivato" a sostenere i propri raggruppamenti, soprattutto nel Meridione. È questo che spiega perché nonostante l'aumento impressionante dell'astensionismo (l'affluenza é passata dal 81,3% al 72,6%) i voti espressi per le liste siano rimasti sostanzialmente gli stessi. Se prendiamo i dati dell'affluenza scomposti per area geografica vediamo come questa diminuisca in tutto il Paese, ma soprattuo nel Nord e nel Centro. Possiamo dunque dire con più precisione che la fuga dalla sinistra é avvenuta ovunque (come abbiamo visto per la Campania), ma nel Meridione questa dinamica non si é espressa in una disaffezione verso il centrosinistra per "merito" del centro clientelare, che ha recuperato la sua presa di vecchio stampo democristiano.
AFFLUENZA ALLE URNE regionali
2000regionali
1995IN COMPLESSO 72,6 % 81,3 %
alle 22.00 alle 22.00 ITALIA SETTENTRIONALE 75,2 %
84,5 %
ITALIA CENTRALE 73,3 % 83,3 % ITALIA MERIDIONALE 67,8 % 74,1 %
Il PRC
Il nostro partito ha poco di cui consolarsi. Rispetto al voto sorprendentemente basso delle europee, il PRC recupera una parte di quelli che si era preso la Bonino ed una parte dei voti del PdCI (che passa da 573.000 voti a 508.000). Si tratta di un recupero assolutamente minimo. Sarebbe un tragico errore se ci si accontentasse di questa "tenuta" quando é evidente che si tratta di una tenuta nel disastro. Basti confrontare il trend dei risultati del partito negli ultimi cinque anni (nelle sole regioni dove si é votato il 16 aprile):
NUMERO DI VOTI AL PRC regionali 1995 politiche
1996europee
1999regionali 2000 Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto 799.000 1.030.000 447.000 527.000 Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche 575.000 742.000 349.000 360.000 Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria 838.000 1.090.000 393.000 406.000 totali 2.212.000 2.862.000 1.189.000 1.293.000
Se fossimo implacabili diremmo che mancano all'appello il 1.600.000 voti di 4 anni fa (e teniamo conto che parliamo solo dei voti delle regioni senza statuto speciale), ma anche se parlassimo del milione di cinque anni fa non sarebbe molto diverso. Si noti nella tabella il vero e proprio tracollo subito al Sud. A poco varrebbe inveire contro la scissione, perché anche sommando i voti del PdCI, come si vede sopra, i conti non tornano. Siamo ancora schiacciati in basso e i 100.000 voti in più rispetto alle europee sono assai poco per rassicurare chiunque e tantomeno per inneggiare al PRC come "quarta forza". Non c'entra nulla del resto nemmeno l'abbandono del governo Prodi. Come avevamo già dimostrato analizzando le elezioni amministrative del '97 e del '98 é esattamente nei due anni di sostegno al governo Prodi che va collocato l'inizio del nostro declino. Tra tutti i dati che riportavamo nelle nostre analisi (A volte ritornano. Le amministrative del maggio 1998. Un passo avanti per l'Ulivo, un passo indietro per la sinistra. Le amministrative del 16 novembre 1997) estraiamo quello significativo del Comune di Roma, le cui elezioni comunali erano cadute appunto in mezzo al governo Prodi, comparandolo coi dati odierni:
politiche '96
comunali '97
europee '99
regionali 2000 comune di Roma 203.000
112.000
69.000
80.000
Come si vede la scissione spiega la flessione del '99 rispetto al '97 ma NON il tracollo del '97 rispetto al '96.
A sinistra del PRC
Per la prima volta il PRC si é confrontato in alcuni luoghi con liste che si presentavano alla sua sinistra. Si trattava di "Azione Popolare", un gruppo animato da Carlo Rasmi, ex consigliere regionale del PRC, uscito dal partito un paio d'anni fa insieme ad altri compagni dell'Emilia Romagna, e di "Cobas per l'autorganizzazione" animato dal gruppo sindacale dello SLAI Cobas presente soprattutto all'Alfa di Pomigliano, anche costoro in parte fuoriusciti dal PRC (la deputata Mara Malavenda era stata eletta nelle liste del partito). Quest'ultimo gruppo ha candidato Granillo a presidente in Campania. Questi compagni non sono riusciti a presentare una lista in tutte le circoscrizioni della loro regione. Ricordiamo che il gruppo dello SLAI di Milano ha tentato di presentare una lista (Su la testa) che però non é stata ammessa per contestazioni sulle firme raccolte.
LISTE ALLA SINISTRA DEL PRC
circoscrizioni Azione Popolare
voti delle liste circoscrizionali: 5460Carlo Rasmi
voti: 11.318 (0,4%)Bologna 0,3% Reggio Emilia 0,3% Ferrara 0,3% Parma 0,6% Piacenza 0,4% Cobas per l'autorganizzazione
voti delle liste circoscrizionali: 5114
Vittorio Granillo
voti: 9.224 (0,3%)Napoli 0,3% Avellino 0,2% Benevento 0,2%
Come si vede le due liste, pur di natura diversa, ottengono risultati simili. Anche tenendo conto del gravissimo handicap di non godere di una proiezione nazionale le percentuali ottenute, pur non essendo insignificanti, a nostro avviso dimostrano i ristretti spazi che esistono alla sinistra del PRC in questo momento. Sono percentuali che non arrivano ad essere nemmeno un quarto delle percentuali raggiunte da DP nei suoi peggiori periodi. Con questo non vogliamo comunque disprezzare il risultato elettorale di compagni dei quali stimiamo, pur avendo fatto una scelta diversa dalla nostra, un impegno nella lotta sociale ben superiore a quella di tanti compagni del PRC.
Segnaliamo che anche il Partito Umanista si é presentato ottenendo risultati che lo portano a percentuali modestissime ma sinora non raggiunte dalla stessa formazione in precedenti elezioni (non superava lo 0,1%). Si tratta di un partito di cui non ci sfuggono le caratteristiche di "setta", ma che ad una fetta di elettorato giovanile (diversa da quella delle due liste di cui sopra che si rivolgevano per tematiche e simbologia a settori di "vecchia radicalizzazione") é parso convincente nel messaggio, ancorché generico, di rinnovamento profondo della sinistra, messaggio apparso verosimile dato il radicamento nei quartieri di alcune città (Milano ad esempio).
Partito Umanista
voti ai candidati alla presidenza di regioneLombardia 41.978 0,8% Piemonte 9.397 0,4% Liguria 6.064 0,6% Toscana 13.336 0,6% Lazio 9.895 0,3%
Conclusioni
Alcune conclusioni, rapide perché abbiamo già detto quel che pensiamo in svariati articoli (ad esempio in "Comunisti: quali alleanze?" e "Di nuovo sulle alleanze elettorali").
La sinistra esce complessivamente perdente, al limite della disfatta, non da questa tornata elettorale ma da questi anni di centrosinistra. I commentatori dei grandi giornali della borghesia si affannano a nascondere la vera ragione di questo insuccesso: non potranno mai dire la verità, e cioé che partiti di sinistra che fanno politiche moderate sono destinati a perdere la propria base sociale. Questi commentatori hanno passato gli ultimi trent'anni a rimproverare la sinistra di non essere abbastanza liberale, moderna, ecc. ecc. Bene: la sinistra ha seguito le lezioni di questi maestri, ed ha perso. Uno di questi cattivi maestri, Ernesto Galli Della Loggia, nel suo editoriale del 20 aprile sul Corrire della Sera, non potendo accusare il governo D'Alema di aver perso per essere stato troppo di sinistra, accusa i dirigenti della sinistra di non essere stata capace di "assolvere il suo compito pedagogico", nel senso di non essere riusciti a convincere il proprio elettorato della giustezza dei valori "moderati", di aver mancato di "sostenere ideologicamente in modo alto le pur numerose scelte ispirate alla più ortrodossa economia 'borghese' o al più evidente moderatismo". Questi commentatori della borghesia sono davvero paradossali: ci cantano ad ogni pié sospinto della supremazia della materialità e dei crudi interessi dell'economia, ma quando si tratta di noi, popolo di sinistra, lavoratori, giovani, donne, la supramazia degli interessi sociali (i nostri) spariscono. Essi immaginano che noi siamo di sinistra non perché mossi da nostri specifici interessi (di classe, di genere, generazionale, ecc.) ma perché "indottrinati" da qualcuno. Da chi, non si sa, visto che i mezzi di comunicazione ce li hanno in mano loro. E così il difetto di D'Alema sarebbe stato quello di non illustrarci a sufficienza le bellezze del capitalismo. Questi sarebbero i nostri scienziati della politica, altrimenti detti politologi, materia da loro insegnata in prestigiose università. Quel che si dice: una scienza esatta! Altri commenti interessati, il direttore de La Repubblica Ezio Mauro che imputa invece la disfatta al frazionamento del centrosinistra: "abbiamo proposto più volte uno slancio di coraggio che portasse le forze divise del centrosinistra a riunirsi in aree omogenee". Perseguendo qui il sogno di un'altra fetta di borghesia che punta a liquidare, come sta cercando di fare Blair con il Labour, i DS come partito di sinistra. Anche in questo caso il Nostro con grande noncuranza passa sopra l'evidenza: l'unico esperimento tentato di fusione tra centro e sinistra ha fornito il dato più disastroso d'Italia: in Lombardia non solo Martinazzoli s'é fatto doppiare da Formigoni (dimostrando che non é coi democristiani che si ferma la destra), ma la sua lista ulivista raccoglie il 21,6% quando alle europee (che pure hanno rappresentato il punto più basso raggiunto dalla sinistra) i singoli componenti avevano totalizzato il 25,9%.
Ciò che però a noi preoccupa non sono tanto le conclusioni dei commentatori dei grandi mass media, ma quello dei dirigenti della sinistra. Mauro Zani, dirigente DS: "Il centrosinistra viene ancora percepito , soprattutto al nord, come un'alleanza scarsamente innovatrice, incapace di guidare il paese verso la modernizzazione". Fassino su La Repubblica del 18 aprile: "Serve qualcosa di radicalmente nuovo. Bisognerà dare una forma politica ai bisogni del Nord, delle sue classi dirigenti reali, della sua imprenditoria diffusa". Ora dunque lo sappiamo: i DS persisteranno nell'errore, non hanno tratto alcuna lezione vera dalle regionali. Continuamo a far finta di non capire (o non capiscono sul serio?) che il problema é una sinistra che una volta al governo non ha fatto nulla di sinistra. Ma confessarselo vorrebbe dire travolgere la stessa identità diessina e la mitologia sulla quale si é costruita (il "buon governo Prodi", la "vittoria" dell'entrata in Europa, ecc.). Pensano al Nord, quando la sinistra perde ovunque, Sud compreso (solo che i voti come abbiamo visto vanno al centro democristiano e clientelista). Inseguono l'imprenditorialità diffusa, quando una semplice sfogliata dei dati ISTAT permetterebbe di accorgersi che la secca maggioranza della popolazione al Nord come in tutta Italia vive di lavoro dipendente e che la particolarità del Nord é che in questa fascia é compresa una fetta preponderante di operai. Continuano a non capire nulla della lista Bonino, votata in massa da giovani privi di punti di riferimento forti e visibili, e dunque imbevuti della propaganda televisiva. Come risulta evidente dai differenziali tra Camera e Senato i giovani già nel '96 avevano votato in massa per la destra.
Oggi ci troviamo nella seguente situazione: vi é una massa di persone adulte che hanno "conosciuto" la sinistra e che oggi lavorano o che sono pensionati e che non votano la sinistra ricorrendo in larga misura all'astensione. Poi vi é la massa dei nuovi elettori che non hanno mai incrociato la sinistra che lotta perché non hanno vissuto gli anni settanta e non riscono dunque ad associare alla parola "sinistra" i propri sentimenti, rabbie e concreti interessi. Guardano alla "politica" con un misto di diffidenza e rancore. Viviamo in una società dove la TV, i giornali, le famiglie trasmettono valori che sono quelli della destra: il denaro, la competizione, il successo, la carriera, l'individualismo, il terrore del diverso, l'egoismo nazionalistico, la superiorità del maschio, la donna oggetto. È abbastanza naturale dunque che i giovani vengano plasmati a questi valori ed é questa la ragione profonda per cui i giovani, con la sola eccezione delle elezioni svoltesi durante gli anni settanta (eccezione non casuale), abbiano sempre votato più a destra dei loro padri. C'é solo una condizione che può permettere a questi settori di "svegliarsi" e di scoprire altri valori e di "incontrare" la sinistra: quando la sinistra si rende visibile con delle lotte da un lato, e dall'altro con dei comportamenti coerenti che dimostrino di perseguire una visione "altra" rispetto alla realtà data. In qualche modo Veltroni l'ha intuito e per questo ha infarcito il suo congresso di "idee forti" e campagne terzomondiste. Il piccolo problema però é che la pratica del suo governo va in direzione esattamente opposta.
È a questo livello che si colloca l'errore profondo del PRC. Agli occhi di queste masse indistinte il PRC appare alla stregua di tutti gli altri partiti. Non impressiona più che Bertinotti in televisione pronunci frasi radicali perché poi nel concreto il PRC non é presente nei conflitti reali. L'unica campagna che la maggior parte dei circoli fanno in permanenza é quella elettorale, e in ciò, purtroppo, non si differenziano sul serio dagli altri partiti. E la politica di alleanze del partito é quanto di più contraddittorio si possa immaginare. Come si fa a proclamare una opposizione "durissima" (che condividiamo) verso il centrosinistra al governo e poi sostenere Martinazzoli presidente (e qui non condividiamo più)? Anche il giovane più spoliticizzato si domanda "ma a che gioco giochiamo?". Ai dirigenti del nostro partito manca il coraggio per fare fino in fondo scelte chiare, coerenti, giocate sul lungo periodo e non sulle contingenze elettorali.
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