Aumenta l'astensionismo.
Analisi del fenomeno in occasione delle elezioni regionali del 16 aprile 2000. REDS. Aprile 2000.


Le elezioni regionali del 16 aprile (vedi l'analisi dei risultati elettorali pubblicata su REDS), oltre alla chiara affermazione del Polo e della Lega hanno segnato un altra chiara avanzata del partito del non voto, confermando le paure dei partiti di sinistra (di Rifondazione in primis) e gli allarmi lanciati dai media nei giorni precedenti le elezioni.
La media nazionale dell'affluenza alle urne si attesta al 72,6%, contro l'81,3% delle regionali del '95: i non votanti passano così dal 18,7% al 27,4%. Il dato è ancor più preoccupante poiché si attesta sui valori delle europee, elezioni sentite "lontane" e quindi meno coinvolgenti (affluenza alle europee: 74,8% nel '94; 70,8% nel '99).

Osservando l'andamento della percentuale dei votanti alle elezioni politiche e amministrative dell'ultimo decennio si assiste ad un calo netto e costante: si passa cioè dall'87% del '90 allo scarno 72,6% di domenica scorsa. L'aumento dei non votanti non è di poco conto: corrisponde a 8,7 punti mentre nelle regionali del '95 era stato di 5,8 punti rispetto alle precedenti del '90. In cifra assoluta si passa da 7,6 milioni di non votanti nel '95 a 11,3 milioni circa in queste elezioni, senza contare i voti non validi, che nel '95 furono quasi 3 milioni, cifra che se confermata porterebbe l'astensionismo intorno ai 14 milioni, quasi un terzo degli elettori.

A differenza del passato l'astensionismo, pur restando in termini assoluti prevalente nel Meridione (32,2% nel Sud, il 26,7% nel Centro e il 24,8% nel Nord), si allarga sempre più nel Centro e al Nord, le regioni cioè in cui i partiti di sinistra hanno sempre ottenuto i maggiori consensi: i votanti sono diminuiti del 10% nell'Italia centrale, del 9,3% nell'Italia settentrionale e del 6,3% nell'Italia meridionale.

Gli analisti concordano nel ritenere il fenomeno un "comportamento di voto", che riguarda soprattutto alcune categorie, quali i giovani, gli anziani e soprattutto le donne. I sondaggi effettuati nel periodo pre elettorale indicavano, stando alle risposte di chi dichiarava la sua intenzione di non votare, non tanto il disinteresse o la disaffezione alla politica, quanto la protesta e il disprezzo per le scelte politiche operate dalle forze politiche di riferimento. Si spiega anche così il grande successo della lista Bonino alle europee scorse, non confermato dalle recenti regionali.

La crescita dell'astensionismo nel centro e al nord, il non voto di giovani, anziani e donne denunciano chiaramente che il problema dell'astensionismo oggi riguarda la sinistra, tutta la sinistra, Rifondazione compresa. Una sinistra che non ha saputo uscire dalla propria crisi di identità ormai decennale e dare risposte politiche alternative alle trasformazioni in atto nella società italiana soprattutto settentrionale, apparendo anzi appiattita se non addirittura principale sostenitrice dell'ordine sociale esistente (è il caso dei DS) o paralizzata nella sua iniziativa politica (è il caso di Rifondazione). Chi ha fatto le spese delle politiche di risanamento, delle ristrutturazioni, degli attacchi al lavoro, ai diritti, allo stato sociale di tutti questi ultimi anni sono proprio i settori sociali più deboli, le classi popolari, i pensionati, i giovani, le donne. Quei settori cioè che hanno risposto con il silenzio elettorale ai torti subiti anzitutto dalle forze politiche che avrebbero dovuto difenderne gli interessi. L'augurio è quindi che la sinistra abbia capito la lezione e che riorienti l'asse della sua iniziativa politica nella direzione di quei settori che ha abbandonato e che l'hanno abbandonata.