Cosa farà da grande il presidente Vendola?
Si è autocandidato in piena estate, riuscirà a ripetere l’esperienza pugliese? (Di Maurizio Attanasi). Reds –Agosto 2010.




Vendola, in un momento delicato per la sua Puglia, rompe gli indugi e si candida a metà luglio come leader per le primarie del centro-sinistra mettendo in atto un’azione di disturbo che nei fatti spariglia gli equilibri interni del centro-sinistra stesso. Vuole “ricostruire un idea di bellezza”, dice il presidente pugliese nel suo solito stile forbito, poetico ma un po’ inconcludente.
Il contesto generale vede il centro-destra impegnato nel tentativo di risolvere le proprie beghe interne: Berlusconi contro Fini, Berlusconi contro Bossi, Bossi contro Fini, Bossi contro Casini, la tresca “Fini-Casini-Rutelli-Lombardo”….. nel quadro sempre presente, con alti e bassi, della possibilità di elezioni politiche anticipate.

La tempistica scelta da Vendola è stata perfetta, anche in considerazione dell’immobilismo e dell’inconcludenza del centro-sinistra e della situazione difficile in cui versa la regione Puglia messa “sottoattacco” dal Governo. La necessità impellente di dover rimettere mano alle perdite nel campo sanitario (Vendola sta operando per un taglio di migliaia di posti letto), e l’impossibilità di impedire l’attuazione delle scelte del Governo in campo ambientale (allargamento di superstrade, individuazione di siti nucleari, rigassificatori), che hanno importanti appoggi in regione di politicanti locali del centro destra, stanno mettendo Vendola sotto pressione, al punto di indurlo a prendere in seria considerazione l’opportunità di lasciare la regione a pochi mesi dal suo nuovo insediamento.
E questo non piace a molti; soprattutto a quei dirigenti del Pd che ritenevano (a torto o a ragione) di esserselo tolto dalle scatole per un po’ di tempo.

A metà luglio si sono riunite a Bari le “fabbriche di Vendola”.
Cosa siano è difficile dirlo; per il loro leader saranno “la cinghia di trasmissione della candidatura nazionale, il brodo di coltura del consenso.” Qualcuno le vede a metà tra comitati elettorali e circoli molto territoriali.
Sicuramente rappresentano un elemento tangibile volto a superare la stessa “Sinistra Ecologia e Libertà”. Il movimento di Vendola non è decollato come qualcuno credeva. E’ rimasto un coarcevo di minoranze di partiti sconfitti (parte di Prc, Verdi e Sinistra Democratica e ex pd) che in occasione delle ultime elezioni regionali non è riuscito a fare il salto di qualità e ad affermarsi come credibile alternativa nazionale al Pd, pur registrando il successo del leader Vendola.
Le fabbriche, sicuramente, cercano di cogliere la voglia di novità che viene soprattutto dai giovani che rifiutano le forme tradizionali della rappresentanza politica (leggi la forma partito novecentesco).

La tattica attuata da Vendola è tutta interna alla palude del centro-sinistra, di quel disastroso centro sinistra, forse anche peggiorato, in virtù dei numerosi tentativi, che il presidente della Puglia ha fatto anche nella sua regione, per includere non solo l’Udc ma anche movimenti meno centristi come il movimento di destra di Adriana Poli Bortone (Io Sud). In alcuni ambienti democratici si è ipotizzato anche l’inclusione del neo miracolato Fini.

Vendola, forte del fatto di essere l’unico governatore del centro sinistra eletto al di fuori delle storiche regioni rosse e di un carisma crescente nel popolo disorientato della sinistra italiana, sta realizzando il progetto che era già di Bertinotti nel 2006: guidare l’intera coalizione, forse con il non dichiarato intento di guidare non solo la sua coalizione, ma addirittura un partito democratico, perennemente grigio e allo sbando.
Vendola potrebbe guidare la coalizione, decidendo, poi magari alleandosi con il sempre eterno Veltroni, di conquistare il Pd in cui farebbe confluire le fabbriche e quello che rimane di Sinistra Ecologia e Libertà.
Francamente, se questi sono i termini e questo lo scenario, è fin troppo facile prevedere che Vendola sia destinato a bruciarsi, sia vincendo che perdendo le primarie e, poi, la sfida con Berlusconi.

Il fatto è che al Pd, sia locale che nazionale, l’uscita non è piaciuta, ma anche in questa occasione il Pd ha mostrato il suo miglior armamentario: l’indecisione, la paura, il non osare!
Che è anche indecisione a fronte del possibile imminente scenario elettorale: tutte le questioni permangono in uno stato ambiguo e nebbioso, a partire dalla scelta del leader per arrivare alla questione dell’alleanza (il nuovo ulivo?), come pure tutta la vicenda legata alla tipologia del governo di transizione (tecnico, larghe intese…).
Il fenomeno Vendola riscontra inoltre una fredda considerazione anche negli ambienti degli altri possibili alleati; ci riferiamo alla neonata Federazione della Sinistra e all’IdV, seppur con toni e motivazioni diverse.
Ma guardando lontano dai meschini giochi di palazzo (D’Alema che dice che il finale di queste primarie sarà diverso per Vendola) come giudicare tutto il clamore legato a questa nuova “discesa in campo”?

Il compagno Vendola rappresenta sicuramente una novità importante per il suo passato e per alcune sue passate battaglie, meno per quelle presenti. Usando vocaboli dei passati decenni non sarebbe sbagliato dire che si è “imborghesito” e il salto da Bari a Roma non potrebbero fare che peggiorare le cose: per cambiare, per dar vita ad una alternativa a questa società, bisogna scegliere compagni di strada diversi da quelli di cui si è circondato fino ad ora il compagno Vendola nella sua esperienza pugliese. Ma qui si apre una questione che per essere risolta occorrerebbe mettere da parte bassi opportunismi e recuperare la sana e genuina voglia di cambiare mettendo al centro gli interessi di coloro che sono stati soffocati nelle loro aspirazioni e nei loro diritti.