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IL RUOLO DELLO STATO
nelle tesi per il V
congresso del PRC
Sintesi del dibattito
Le tesi di maggioranza sostengono che lo strapotere delle multinazionali da un lato e degli organismi sovranazionali dall'altro, hanno ridotto di molto le prerogative dello stato/nazione. Le tesi di minoranza sostengono invece che il ruolo degli stati si è rafforzato e che mettere in discussione questo punto significa sottovalutare la questione della presa del potere politico. L'area de L'Ernesto ha presentato una serie di emendamenti alle tesi di maggioranza, nessuno dei quali si riferisce alla questione dello stato, ma i cenni qui e là distribuiti mostrano una impostazione, su questo specifico punto, coincidente grosso modo con quella delle tesi di minoranza.
La nostra posizione
Concordiamo su questo specifico punto con le tesi di minoranza e con l'impostazione de L'Ernesto. Con qualche precisazione. Il dominio, crescente, da parte degli stati imperialisti nei confronti di quelli dipendenti, si esercita nei fatti sul terreno economico, regolato e garantito dagli apparati statali. Organismi internazionali come FMI e WTO non sono indipendenti dagli stati, ma strumenti nelle mani del concerto degli stati imperialisti. Lo strumento della guerra come la conosciamo oggi non sarebbe nemmeno pensabile al di fuori della forma stato, che organizza l'insieme delle risorse finanziarie, dei mezzi tecnici, della direzione e del consenso. Ma mentre la forma stato nei Paesi imperialisti si è sostanzialmente rafforzata per le necessità di dominio sul resto del mondo, nei Paesi dipendenti assistiamo a sempre più numerosi episodi di dissolvimento di stati, frutto spesso della politica di depauperimento perseguita dal Nord del mondo (negli anni '90: Somalia, Albania, Afghanistan...). In questi casi assistiamo a forti regressioni della formazione economico-sociale di quei Paesi, con il prevalere della campagna sulla città e il ritorno a forme di organizzazione sociale di tipo clanico-tribale.
Stralci dalle Tesi di maggioranza
"Assistiamo da tempo ad un processo di crisi dello stato-nazione. Questo non significa la sparizione degli stati - anzi il loro numero è in continuo aumento - ma una rilevante perdita di potere e di autorevolezza in molti campi ed una marcata modificazione di ruolo. Lo stato-nazione è messo in discussione da due lati e da due processi, dall'alto e dal basso. E' messo in discussione perché perde la sovranità su molte materie che un tempo erano di sua tradizionale pertinenza. Nel campo della politica economica assistiamo ad una drastica limitazione delle stesse possibilità di programmazione economica, poiché le leve di comando dell'economia risiedono nei grandi organismi costruiti su basi a-democratiche a livello internazionale, come il Fondo monetario internazionale (FMI), l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), la Banca mondiale (BM), l'organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (OCSE). Le decisioni di politica economica e di bilancio sono condizionate in modo assolutamente prevalente da accordi sovranazionali, come, nel caso europeo, dal trattato di Maastricht e dal conseguente Patto di Stabilità."
"Contemporaneamente il ruolo degli stati-nazione è attaccato dal basso, ossia da un processo di frammentazione su scala locale del residuo potere decisionale, che nel nostro paese ha assunto la forma di una modificazione in un senso cosiddetto federalista della stessa Costituzione. E' un processo che si accompagna ed è funzionale ai processi di privatizzazione - che nel nostro paese sono stati negli ultimi anni particolarmente massicci - e di distruzione del welfare state sul piano interno, nonché alle tendenze - del resto apertamente teorizzate - delle aree forti, cioè delle aree omogenee per "affari", a collegarsi direttamente tra loro saltando ogni mediazione statuale e sfruttando incentivi e legislazioni favorevoli a livello sovranazionale."
Stralcio dall'emendamento alla Tesi
di maggioranza
"Il punto è che non tutti gli Stati sono uguali: mentre le maggiori potenze imperialistiche, a partire dagli Usa, vedono un rafforzamento della loro funzione politica e militare nella competizione mondiale (anche attraverso il controllo di governi "amici" e subalterni), la grande maggioranza degli Stati nazionali piccoli e medi soffre una crisi profonda, vede una crescente riduzione di ruolo e di effettiva sovranità in un mondo sempre più dominato dall'imperialismo."
vai al testo intero dell'emendamento
Stralci dalle Tesi di minoranza
"E i diversi Stati nazionali capitalistici, lungi dall'essere assorbiti da un'indistinta globalizzazione, costituiscono lo strumento decisivo -politico, diplomatico, militare ma anche economico- delle diverse borghesie imperialistiche concorrenti."
"Nell'ultimo decennio diverse tendenze politico-culturali "neoriformistiche" hanno teso a teorizzare il superamento degli Stati nazionali e del loro potere come corollario del "nuovo capitalismo". Ne è scaturita l'esplicita cancellazione del tema stesso del potere politico e della sua conquista (v. Revelli), in nome del recupero più o meno aggiornato di antiche suggestioni "cooperativistiche", quale leva di "un'altra società possibile". In realtà queste teorie non solo non sviluppano il marxismo ma regrediscono a un premarxismo ingenuo, talora subalterno nelle traduzioni pratiche alle stesse politiche liberiste"
"Invece natura e crisi del capitalismo contemporaneo e dell'imperialismo ripropongono più che mai il tema dello Stato e del potere come nodo strategico decisivo. Contro l'ipocrisia ideologica del liberismo, gli Stati nazionali e i governi borghesi che li gestiscono sono e restano un supporto decisivo del profitto: sia nella promozione attiva delle politiche di flessibilità, privatizzazione, compressione salariale e di spesa sociale; sia nell'espansione abnorme del sostegno finanziario diretto al capitale in crisi come si evince oggi sempre più scopertamente dal nuovo corso della politica economica americana. Ma soprattutto la ripresa del militarismo e le politiche di restrizioni antidemocratiche e di repressione diretta sul versante interno dell'ordine pubblico -connesse alla crisi di consenso sociale- ripropongono oggi più che mai il cuore autentico e profondo della natura dello Stato borghese: quello di "un corpo d'uomini in armi" (Engels) detentore del monopolio della violenza: contro i popoli oppressi del mondo e contro le classi subalterne nelle stesse metropoli imperialistiche."