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di minoranza
LA NUOVA FASE DEL CAPITALISMO
nelle tesi per il V
congresso del PRC
Sintesi del dibattito
Le tesi di maggioranza parlano di nuovo capitalismo nato dalla crisi degli anni '70 e trainato dalla globalizzazione dei mercati, caratterizzato dalla rivoluzione informatica, dalla finanziarizzazione, dal toyotismo, ecc. Le tesi di minoranza sostengono che il capitalismo versa invece in una profonda crisi e che le indubbie novità di questa fase sono spesso concausa dell'aggravamento della stessa.
La nostra posizione
Le tesi di minoranza non ci convincono affatto su questo punto. Non si possono vedere gli ultimi venticinque anni del capitalismo mondiale come un periodo di crisi: sono stati un po' troppi i suoi successi per affermarlo. Come già abbiamo argomentato in Cosa è la globalizzazione, l'estensione del mercato mondiale capitalista è senza precedenti nella storia dell'umanità. E' del resto errato pensare che la rivoluzione informatica non costituisca un volano paragonabile al ruolo storicamente svolto ad esempio dall'automobile. La sua importanza è addirittura superiore, comparabile a quello dell'elettrificazione: non si tratta infatti semplicemente di un nuovo comparto produttivo, ma di un insieme di strumentazioni che ha già rivoluzionato ogni comparto produttivo.
Vi sono dei luoghi comuni nella sinistra anticapitalista duri a morire: ad esempio quello secondo cui il capitalismo sarebbe sempre lì lì per entrare in una crisi irreversibile e finale; oppure quello della "caduta del saggio di profitto", senza che mai nessuno ci abbia mostrato dei dati per comprovarla. Non ci convincono del resto le tesi di maggioranza, perché confondono vari piani. Noi pensiamo che il capitalismo possa essere descritto nel suo sviluppo temporale da vari parametri. Ad esempio, quello più facile (ma assente nelle due tesi), è quello di annotare la frequenza e l'estensione delle crisi recessive e provare a raggruppare queste fasi di espansione e di arresto in periodi più lunghi (come hanno provato in passato diversi economisti marxisti); oppure studiare le varie fasi di espansione e contrazione del mercato mondiale (che è l'ottica da noi privilegiata in Cosa è la globalizzazione); si può prendere in esame anche la diversa organizzazione del lavoro strettamente associata alle innovazioni tecniche, ecc. Si tratta di piani evidentemente legati tra loro, ma autonomi, le cui relazioni vanno studiate con attenzione perché non sono per nulla meccaniche. Per esempio, l'inizio dell'ultima espansione del mercato mondiale (fine anni '80) è stata seguita da una recessione (90-93) e il toyotismo è morto e sepolto, travolto dalla crisi dei due Paesi dove si sosteneva che si fosse affermato (Giappone e Corea del Sud). In poche parole pensiamo che i comunisti dovrebbero riscoprire il metodo di Marx che, quando affrontava questo genere di argomenti, li accompagnava con una sterminata messe di dati e di esempi storici. Le due tesi non compiono questo sforzo, ma forse questi argomenti sono piuttosto inadatti per il loro contenitore (che sono tesi congressuali per l'appunto).
Stralci dalle Tesi di maggioranza
"L'epoca nella quale viviamo
è caratterizzata da una profonda rivoluzione capitalistica
trainata da un processo di globalizzazione con connotati ben diversi
da altri che hanno contrassegnato la storia del capitalismo nelle
sue differenti fasi. I cambiamenti sono così rilevanti
che possiamo a ragione parlare oggi di un nuovo capitalismo. Questa
rivoluzione prende le sue mosse circa a metà degli anni
'70 e i suoi inizi sono segnati dallo spezzarsi dal nesso tra
sviluppo economico e aumento di un'occupazione tendenzialmente
stabile, dalla fine della convertibilità del dollaro in
oro, dalla prima grande crisi petrolifera, ma anche della necessità
del sistema capitalista di dare una risposta sia alla grande crisi
economica degli anni '74 - '75 sia a quel grande movimento rivoluzionario
della fine degli anni '60 che, seppur con caratteristiche, intensità
e durata diversa da paese a paese, si sviluppò a livello
mondiale.
Questa rivoluzione che ha aperto una nuova fase nella storia del
capitalismo, ha inciso profondamente nei sistemi e nell'organizzazione
produttiva, nella composizione del capitale e nella strutturazione
del lavoro, nel ruolo degli stati nazionali e nel funzionamento
della democrazia, nella concezione della politica e della cultura,
nelle relazioni internazionali e nell'uso della guerra, nella
vita materiale e nell'immaginario collettivo di milioni di persone."
"Il processo di autovalorizzazione del capitale si modifica: crescita spettacolare della finanziarizzazione, intensificazione dello sfruttamento del lavoro, materiale e "immateriale" sussunzione diretta della scienza nel ciclo produttivo. Muta l'organizzazione del lavoro, con il superamento del modello taylorista. E l'espansione produttiva si articola in termini radicalmente inediti su scala internazionale."
"Un volano potente dell'attuale rivoluzione capitalistica e del processo di globalizzazione è certamente rappresentato dalla rivoluzione informatica e dal peso crescente dell'informazione e del prodotto intellettuale nei processi di valorizzazione del capitale. La velocità delle trasmissioni ha fornito inoltre un impulso determinante ai processi di finanziarizzazione del capitale, alla estrema rapidità e brevità delle transazioni e quindi al loro carattere prettamente speculativo, così come alla globalizzazione della produzione."
"La globalizzazione è stata favorita dal fallimento dei sistemi detti di "socialismo reale" e - in Italia - dalla sconfitta operaia degli anni '80: la successiva temperie ideologica neoliberista ha coinvolto la sinistra moderata. A Maastricht l'Europa è nata sotto questo segno."
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Stralci dalle Tesi
di minoranza
"L'economia capitalistica internazionale vive da un quarto di secolo un'onda lunga di crisi, segnata dall'esaurimento storico della spinta propulsiva del secondo dopo-guerra e dal prevalere di una spinta alla stagnazione. La caduta del saggio medio del profitto su scala mondiale ne rappresenta il riflesso. A partire dall''89-'91, il crollo dell'URSS e i processi di restaurazione capitalistica che si sono affermati nell'insieme dell'Est europeo, assieme alle emergenti tendenze restaurazionistiche che si sono sviluppate in altri Paesi non capitalistici (Cina) hanno configurato certamente un processo di ricomposizione capitalistica dell'unità del mondo. Ma la riconquista compiuta o tendenziale, di tanta parte del pianeta non ha significato il rilancio storico dell'economia capitalistica. L'Est europeo, più che volano di un nuovo sviluppo economico internazionale, rappresenta in larga misura una semicolonia del sottosviluppo: la massiccia concentrazione di miseria sociale e il basso livello di consumi che ne deriva rappresentano un freno all'espansione del mercato capitalistico. Parallelamente la forte riduzione dei margini di manovra dei Paesi dipendenti, conseguente al crollo dell'URSS, ha finito con l'integrarli più direttamente nella stagnazione mondiale: così il sottoconsumo del Terzo mondo sospinto dal calo o dal crollo delle materie prime ha costituito un ulteriore fattore della stagnazione medesima. Complessivamente, nonostante l'espansione del mercato capitalistico, il peso del commercio internazionale nell'economia mondiale è analogo a quello del 1914."
"Così nonostante i nuovi processi di decentramento internazionale della produzione, le stesse multinazionali concentrano tuttora il grosso del proprio volume di investimenti entro il perimetro degli Stati dominanti e dei propri mercati regionali piuttosto che in un mondo indifferenziato. La globalizzazione economica dunque ha investito essenzialmente non la produzione reale ma l'economia finanziaria, dove ha realmente raggiunto un livello storicamente nuovo"
"La forte concentrazione di innovazione tecnologica (rivoluzione informatica) e la diffusione di nuove forme di organizzazione del lavoro (il cosiddetto toyotismo) si collocano e si spiegano in questo contesto. Come in altre epoche storiche (si pensi allo sviluppo del fordismo negli anni Venti-Trenta), l'innovazione tecnologica intensa e le nuove sperimentazioni nell'organizzazione produttiva non promanano dal benessere del capitalismo ma dalla sua crisi: come tentativo di rilancio del saggio di profitto attraverso l'incremento di produttività e la configurazione di nuovi mercati trainanti. Ma contrariamente all'ottimismo borghese degli anni Novanta, la rivoluzione informatica e le sue applicazioni tecnologiche, per quanto rilevanti non hanno esercitato la forza di trascinamento economico che potevano avere, in un altro contesto, le ferrovie del secolo scorso o l'automobile degli anni Cinquanta. Non solo non hanno garantito l'uscita dalla stagnazione ma, oltre una certa soglia, hanno concorso paradossalmente ad aggravarla"
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