1. un voto utile per il paese, per costruire una sinistra di alternativa e una sinistra plurale
Cambiare si può. Costruire un'alternativa ai guasti provocati dal neoliberismo e dal processo di globalizzazione capitalistica è possibile oltre che necessario. Ritrovare le ragioni della sinistra, rafforzare e estendere la sinistra di alternativa per contribuire alla costruzione di una sinistra plurale è un problema concretamente all'ordine del giorno.
Per questo è nata Rifondazione comunista e si è battuta in questi primi dieci anni di vita. Questo è il senso della proposta che oggi avanziamo. Non si tratta di un processo né semplice né breve. Ma vi sono condizioni obiettive e soggettive che lo rendono possibile oltre che desiderabile.
Il processo di globalizzazione capitalistica e le politiche neoliberiste che la guidano hanno allargato e approfondito le differenze sociali e tra i popoli, hanno intensificato lo sfruttamento del lavoro umano, si sono impossessate delle risorse della terra e della natura, vogliono ridurre la vita vegetale, animale e umana a un oggetto in loro proprietà. La logica del mercato e del profitto ha ridotto la scienza e la cultura a strumenti per la loro valorizzazione. I grandi poteri economici e finanziari hanno svuotato di reale potere gli organi di governo democratico e le assemblee elettive. La pratica di dominio del grande capitale, la sua esigenza di mantenere un assetto unipolare del mondo, ha trasformato la guerra in uno strumento permanente di imposizione di un nuovo ordine su scala mondiale. Nel mondo intero, oltre che nel nostro paese, si ripropone drammaticamente l'alternativa fra la civiltà e un ritorno alla barbarie.
Ma questi processi non sono inarrestabili e non si svolgono senza incontrare una crescente opposizione. Nel mondo, in Europa, nel nostro paese si sta sviluppando un nuovo movimento contro il liberismo e la globalizzazione capitalistica. E' una nuova realtà di opposizione radicale che comprende diverse figure e strati sociali, dai lavoratori salariati ai precari, dai contadini agli studenti, dagli intellettuali agli ambientalisti. E' un nuovo movimento che ha dato vita a grandi manifestazioni e momenti di protesta, ma che ha saputo anche avanzare analisi e proposte contro il liberismo, come è avvenuto nella recente riunione internazionale di Porto Alegre in Brasile. L'esperienza di altri paesi, dimostra che la sinistra di alternativa e la sinistra plurale possono crescere e svilupparsi se sanno connettersi e interpretare questo nuovo movimento, se quindi scelgono con decisione una prospettiva di trasformazione dell'ordine delle cose esistente.
E' quanto ci proponiamo di fare, anche nel corso di questa campagna elettorale. Per questo rivolgiamo le nostre proposte a tutte le cittadine e i cittadini, a tutte e a a tutti coloro che vogliono vogliono cambiare questa società, a tutte e a tutti coloro che vogliono ricostruire le ragioni della sinistra.
Il Partito della Rifondazione comunista si colloca al di fuori dei due poli che aggregano le forze politiche nel nostro paese, quello di centrodestra e quello di centrosinistra, in contrapposizione frontale al centrodestra e sulla base di una critica radicale al centrosinistra.
Il nostro obiettivo è sconfiggere le destre, riconquistando il terreno e le tematiche proprie di una forza di sinistra. Si tratta di un obiettivo necessario e importante, poiché in questi anni le destre, anche grazie all'incapacità del centrosinistra di contrastarle e la scelta fatta da quest'ultimo di rincorrerle sul loro stesso terreno, hanno saputo conquistare poteri e consensi, grazie ad una mistura di neoliberismo e neopopulismo, che si propone oggi addirittura come un modello per gli altri paesi europei.
Nello stesso tempo ci rivolgiamo sia alle forze della sinistra di alternativa che a quelle della sinistra moderata nel suo complesso, pur nella diversità di approccio e interlocuzione, affinché sia possibile avviare, nel corso stesso di questa campagna elettorale, un confronto di idee e di programmi per costruire uno schieramento di sinistra plurale capace di fornire al paese un nuovo progetto di governo e di società nella prossima legislatura.
Il Partito della Rifondazione comunista si presenta, quindi, nelle prossime elezioni del 13 maggio per la rielezione della Camera dei Deputati, nella quota proporzionale, e del Senato, in tutti i collegi, in modo autonomo, con il proprio simbolo, proprie liste di candidati e sulla base del seguente programma, con il quale ci rivolgiamo direttamente alle elettrici e agli elettori per chiedere il loro consenso.
Le ragioni della nostra collocazione e quindi del modo con il quale ci presentiamo agli elettori risiedono nella storia nostra e nelle vicende politiche che hanno caratterizzato la legislatura che volge al termine.
Il nostro partito ha preso le mosse proprio dieci anni fa, reagendo al tentativo di cancellare la stessa possibilità dell'esistenza di una forza comunista nel nostro paese. In questi anni possiamo dire di avere vinto una sfida non facile e non scontata, anzi da diversi ritenuta impossibile e vana. Quella di dimostrare la necessità e la possibilità dell'esistenza di una forza comunista capace di rifondarsi per rispondere alle tremende contraddizioni sociali e politiche indotte dal processo di globalizzazione capitalistica in atto nell'ultimo quarto di secolo e che ha dominato tutti gli anni '90.
Nelle elezioni del 21 aprile 1996 il nostro Partito si presentò al giudizio degli elettori sulla base di un accordo politico elettorale con le forze politiche che componevano l'Ulivo, nel comune proposito di sconfiggere le destre che erano risultate vincitrici nella precedente scadenza elettorale del 1994. Quell'accordo, che si chiamò di desistenza, non si limitava a un brillante espediente di tecnica elettorale, in base al quale il nostro partito si presentava solo in alcuni collegi e non in altri, d'intesa con le altre forze politiche dell'Ulivo, ma in un impegno da parte nostra, in caso di vittoria elettorale, a sostenere il governo che sarebbe stato espressione della coalizione, pur non facendone parte. Quella scelta era motivata dalla necessità di consolidare la vittoria elettorale contro le destre e di costruire una politica alternativa.
Ma le vicende della legislatura che ora si conclude hanno avuto un altro esito. Nel governo, allora presieduto da Romano Prodi, caratterizzato dall'accelerazione del processo di integrazione europea e della volontà di raggiungere il traguardo dell'ingresso nella moneta unica, abbiamo combattuto perché quel percorso non ricadesse sulle condizioni di vita delle masse lavoratrici e perché non venissero cancellate conquiste fondamentali sul piano sociale. Gli sforzi condotti dal nostro partito per imporre una svolta di politica economica e sociale sono stati però disattesi. Prima, dopo profondi contrasti che hanno sfiorato la crisi di governo, è stata accettata la scelta di una riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali a parità di retribuzione, ma subito dopo è stato affossato il disegno di legge corrispondente preparato dallo stesso governo. Poi, dopo l'ingresso dell'Italia nella moneta unica europea che obiettivamente chiudeva una fase della vicenda politica e economica del nostro paese e ne apriva un'altra, le forze del governo rifiutarono una proposta di svolta nella politica economica e sociale. Il nostro partito articolò in una precisa proposta in dieci punti la scelta richiesta, ma essa fu rifiutata in ogni sua parte.
Si arrivò così alla rottura della maggioranza nell'autunno del 1998, cui seguì la nascita del governo D'Alema, con schieramenti e posizioni più moderati. Non si è trattato di una scelta inevitabile, come dimostra anche il contesto europeo, segnato da esperienze di governo delle sinistre, come quello francese, che si andavano qualificando e consolidando. Fu invece il frutto di una grave scelta da parte della sinistra moderata di cercare di occupare il centro dello schieramento politico e sociale del paese, sulla base di una rincorsa e di una competizione nei confronti delle destre sui loro stessi terreni.
Questa scelta porterà il governo D'Alema all'impegno diretto nella guerra di aggressione alla Yugoslavia nella primavera del '99, i cui effetti tragici sulle popolazioni locali e persino sui soldati delle forze della Nato, fra cui i nostri connazionali, si fanno pesantemente sentire oggi, a causa del massiccio uso di proiettili ad uranio impoverito, che già avevano seminato morte durante e dopo al guerra del Golfo.
E' così arrivata puntualmente la pesante sconfitta del centrosinistra nelle elezioni regionali del 2000. Le destre, che si erano alimentate di un clima culturale e politico favorito dalla scelta bellica e da politiche moderate in campo economico effettuate dal governo di centrosinistra, hanno conquistato notevoli consensi in quelle elezioni.
Il conseguente cambio di mano nella direzione del governo, con la designazione di Amato a presidente del consiglio, ha ulteriormente fissato la deriva moderata delle politiche governative.
Questa deriva non è contrastata dalle attuali scelte della coalizione di maggioranza, con il suo nuovo premier Rutelli. La stessa scelta dei temi della battaglia elettorale ricalca quelli delle destre in un gioco di specchi, alla fine del quale i problemi veri della società risultano perdenti.
1.4. I caratteri del nostro programma
Il programma che presentiamo alle elettrici e agli elettori si distingue da quelli, quasi "fotocopia", avanzati dai poli, sia per ragioni di metodo che di contenuto.
Per quanto riguarda il metodo, abbiamo voluto produrre un insieme di proposte che non fosse soltanto il risultato dell'elaborazione e dell'esperienza del nostro partito, ma che fosse il risultato del confronto e incontro con le idee e le pratiche di un numero più ampio possibile di soggetti individuali e collettivi di alternativa. Per noi è stato decisivo il contributo che è stato portato all'elaborazione di questo testo da parte di chi in questi anni ha condotto una lotta a fondo contro il liberismo e il suo pensiero unico, di chi ha lavorato per costruire una sinistra alternativa, di chi si propone di costruire una sinistra plurale, che sa accettare punti di vista diversi entro un percorso fortemente comune.
Il programma che presentiamo alle elettrici e agli elettori parte dalla necessità di fornire una risposta ai bisogni concreti di chi sta peggio, di chi versa in condizioni di povertà, di chi vede la propria retribuzione, il salario o lo stipendio, diminuire costantemente in relazione all'aumento dei profitti e delle rendite, di chi ogni subisce un'ingiustizia che calpesta i suoi diritti di cittadino, di chi, per ragioni di genere o di età è discriminato rispetto alle proprie possibilità di affermarsi nella società.
Per queste ragioni noi chiediamo di aprire un confronto sul nostro programma ai soggetti sociali e ai movimenti che lo vorranno portare avanti. Questa è la nostra scommessa e la misura dell'efficacia di quello che proponiamo, che è legata alla possibilità di suscitare movimenti concreti che la sostengano.
Questa nostra proposta ha l'ambizione di coprire l'intero arco della prossima legislatura. Quindi essa si propone sia come elementi determinanti di un possibile programma di governo e di società, sia come proposta di alternativa politico sociale da affermare in una lotta congiunta con le altre forze della sinistra. Questa caratteristica è data dal contenuto delle nostre proposte, non certo da un'opzione governativa da parte del nostro partito.
Ma anche pensando che nella prossima legislatura la nostra collocazione sarà quella dell'opposizione, non possiamo esimerci dall'offrire una proposta di governo della società, cioè, nel nostro linguaggio, una proposta di società.
1.5 Governare vuol dire trasformare
Infatti la nostra critica ai governi che si sono succeduti negli ultimi tempi non riguarda solo le loro politiche e le loro composizioni. E' una critica più radicale, che concerne la concezione stessa di governo in una moderna società. E' una critica radicale alle concezioni e alle pratiche concrete di governo che si sono manifestate nella storia della nostra Repubblica e particolarmente in questi ultimi anni.
Governo non è per noi, semplice manipolazione o, nel migliore dei casi, manutenzione dell'esistente. Non è l'occupazione del centro del sistema sociale e politico. E' trasformazione della società dal punto di vista culturale, politico, economico e dunque sociale. Non trasformazione dall'alto, in modo dirigistico, che sarebbe non solo sbagliato ma impossibile perseguire. Ma trasformazione che agisce tramite un concorso di iniziative dei diversi soggetti sociali e capacità di interpretarle e di praticarle da parte di chi si trova ad avere responsabilità di decisione ai differenti e molteplici livelli in cui questa si esercita.
La nostra proposta di programma vuole quindi andare al di là della scadenza elettorale, non solo perché si proietta per il tempo dell'intera legislatura, ma soprattutto perché si riferisce ad un progetto di ricostruzione di un nuovo blocco sociale, attorno a quelle figure di lavoratori, manuali e intellettuali, divise e contrapposte dai processi di riorganizzazione capitalistica del lavoro - entro la globalizzazione che ha dominato gli anni più recenti, che a tutti gli effetti ha assunto i caratteri di una vera "rivoluzione restauratrice" di un ordine sociale capitalistico e che dunque bisogna riunificare.
In questo senso tra il programma che qui delineiamo, la cui dimensione temporale è iscritta negli anni che compongono la prossima legislatura, e la ricerca di un programma fondamentale capace di dotare la sinistra di una proposta alternativa e generale di società, vi è un rapporto diretto e consequenziale.
1.6 La dimensione sovranazionale dell'agire politico
Noi ci prepariamo ad affrontare elezioni politiche nazionali. Ma l'evoluzione della situazione ci impone di pensare e agire in un ambito più vasto. La dimensione dell'agire politico non può più essere ristretta dentro i confini nazionali.
Il processo di globalizzazione porta con sé un processo di crisi dello stato-nazione. Non nel senso che diminuisce il numero degli stati; anzi dal dopoguerra in poi è successo esattamente il contrario. Quanto nel senso che il ruolo dello Stato nazione subisce un'importante modificazione. Da un lato le sue funzioni sono compresse e limitate dal prevalere di poteri e funzioni di organi sovranazionali, anche se non determinati democraticamente, da centri di potere economico e finanziario non controllabili dalla volontà dei cittadini. Dall'altro lato le sue funzioni sono minate da una spinta al localismo e al regionalismo che, lungi dal costituire un processo democratico di avvicinamento delle istituzioni ai cittadini, rappresenta un riflesso della globalizzazione, per il quale le aree forti di business tendono ad unirsi tra loro a scapito di quelle più deboli.
In questo quadro le politiche nazionali vengono deprivate di forza, in particolare per quanto riguarda le decisioni di politica e di programmazione economica.
Questo processo va contrastato perché comporta una perdita di sovranità a favore di un ordine e di un sistema a-democratico di dimensione internazionale, nei quali il vero potere è concentrato in organismi non elettivi, sottratti quindi ad ogni forma di controllo popolare e spesso degli stessi governi nazionali Ma per farlo bisogna assumere una dimensione sovrannazionale, almeno europea, del proprio agire politico.
La dimensione europea non comporta la perdita di una visione mondiale dei problemi, non significa accettare una prospettiva eurocentrica. Al contrario e piuttosto questa scelta corrisponde al tentativo di fare dell'Europa un argine, una massa critica contro questa determinata globalizzazione capitalistica.
Il modello americano di società non è irresistibile, così come non lo sono gli attuali processi della globalizzazione capitalistica. La consapevolezza che non si può tornare al ruolo degli stati nazionali dell'ottocento e del novecento, non comporta l'accettazione passiva dei modelli che ci vengono proposti e che, se così fosse, si imporrebbero definitivamente. Contro di essi, contro il "pensiero unico" che guida la globalizzazione, è possibile, oltre che necessario, costruire una resistenza a livello mondiale.
E' quanto già avviene dall'autunno del '99 in poi, da quando, cioè, il composito movimento di Seattle ha determinato il clamoroso insuccesso del vertice del Wto ed ha dato vita ad una catena mondiale di manifestazioni che sta crescendo non solo per quantità, ma soprattutto per qualità, come dimostrano gli esiti dell'incontro mondiale di Porto Alegre di fine gennaio 2001.
1.7 Una idea diversa dell'Europa
Noi ci impegniamo a essere presenti e a qualificare quei movimenti, e nel contempo ad avanzare un'idea di Europa che contrasti l'attuale logica della globalizzazione capitalistica, l'attuale legge dell'impero capitalistico.
Lo facciamo senza nessuna illusione rispetto alle effettive volontà dei governi europei. Se il centrosinistra ha fallito nel nostro paese, così è accaduto a livello europeo, dove la schiacciante prevalenza di governi di centrosinistra e di sinistra rispetto a quelli di destra, non è riuscita a garantire un avanzamento di un progetto democratico e sociale dell'Europa. Non solo non ha impedito la guerra nei Balcani, ma l'ha sostenuta attivamente; non solo non ha contrastato le scelte liberiste e di privatizzazione, ma le ha accompagnate tentando di contenere la crescente opposizione popolare a quelle scelte.
La recente proclamazione fatta a Nizza nel giro di pochi minuti della carta dei diritti del cittadino europeo, indica precisamente i limiti drammatici di un progetto dell'Europa che scinde il tema dei diritti della persona dai suoi contesti sociali e dal ruolo del conflitto collettivo. Da lì emerge una visione di un cittadino isolato e indeterminato, proiezione dei processi di frantumazione del mondo del lavoro e della coscienza sociale propri della riorganizzazione capitalistica di fine secolo, privato di una coscienza storica di sé individuale e collettiva, quindi incapace di avanzare bisogni differenti da quelli che coincidono con le domande indotte dal mercato.
Ma tutto ciò non costituisce un processo né inevitabile né irresistibile.
1.8 Cosa è necessario e possibile fare
E' necessario e possibile, in Europa, salvaguardare la memoria storica delle nazioni che la compongono, nel senso precisamente della memoria collettiva dei percorsi che hanno consentito l'affermarsi della democrazia nei vari paesi.
E' necessario e possibile battersi per l'affermazione di una nuova idea dello spazio pubblico e del bene comune delle popolazioni, fondata sul ruolo positivo e dinamico del conflitto sociale quale mezzo per l'affermazione del diritto al lavoro e alla vita.
E' necessario e possibile riaprire nel nostro paese una grande questione salariale, visto l'enorme spostamento della ricchezza verso profitti e rendite e la perdita di valore reale delle retribuzioni e delle pensioni verificatosi negli ultimi anni, agendo su tutti i fattori, incremento della retribuzione diretta nei settori pubblici e privati, aumento delle pensioni, diminuzione della pressione fiscale, riduzione del prezzo e gratuità dei servizi, per innalzare i redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, colmando così un differenziale negativo rispetto agli altri paesi europei
E' necessario e possibile riaprire la grande questione dell'ambiente che finora è stata subordinata alle logiche dell'impresa e del mercato. Le gravi crisi ambientali che si sono verificate con sempre maggiore frequenza devono essere l'occasione per definire un nuovo paradigma ecologista dell'economia e della società, che abbia nell'ambiente il suo riferimento, e quindi per stabilire un nuovo rapporto tra esseri umani e natura che è fondamentale per trasformare la società capitalistica che saccheggia le risorse naturali e impone modelli produttivistici e di consumo talmente insostenibili da mettere in crisi la stessa sopravvivenza della nostra e delle altre specie.
E' necessario e possibile battersi contro il neoliberismo e la privatizzazione contrapponendo ad essi una difesa e una riforma del modello europeo di stato sociale, secondo principi universalistici che si rendono necessari per rispondere positivamente ai nuovi processi sociali innestati dalla frantumazione delle tradizionali figure lavorative e dall'incidenza sempre maggiori dei fenomeni migratori.
E' necessario e possibile conoscere e rispondere positivamente ai nuovi bisogni storicamente maturi e qualitativamente nuovi, di libertà, di lavoro, di salute, di conoscenza, di relazioni con le persone, l'ambiente e la natura che si sono venuti affermando nella coscienza individuale e collettiva in questo cambio di millennio e che sono lasciati del tutto inevasi dalla ristrutturazione capitalistica in corso o che sono incompatibili con essa.
1.9 Il voto a Rifondazione: un voto utile
La nostra proposta di programma elettorale, pur nei limiti temporali entro cui si iscrive e che più volte sono stati richiamati, vuole cominciare a rispondere a queste domande di fondo e sottolinearle alla riflessione dell'insieme delle forze di sinistra.
Un voto a Rifondazione comunista il 13 maggio è certamente un voto utile.
Lo è per una ragione politica, poiché Rifondazione comunista si impegna a rafforzare lo schieramento di sinistra lavorando alla costruzione di una sinistra di alternativa e di una sinistra plurale, per erigere un baluardo contro il liberismo e le forze di destra.
Lo è per una ragione sociale, perché, come già si è visto in questa legislatura, come nel recente caso dell'abolizione dei tickets sanitari, solo la presenza e il rafforzamento di Rifondazione comunista possono permettere di contrastare le misure antidemocratiche e antipopolari e di strappare delle concrete conquiste.
Lo è per ragioni di civiltà, come dimostra la denuncia e la lotta che abbiamo condotto, dentro e fuori le istituzioni, contro la guerra che, anche attraverso gli effetti dell'uranio impoverito, continua a distanza di tempo a distruggere l'ambiente e a distribuire morte tra coloro che sono stati vittima dei bombardamenti ma anche tra chi li ha eseguiti.
torna all'indice