3. le nostre proposte

Le nostre proposte programmatiche partono quindi dall'individuazione dei bisogni, quelli antichi e quelli nuovi che sono il portato di una consapevolezza della dimensione umana che si è avvenuta accrescendo, grazie allo sviluppo delle lotte di classe e per la libertà che hanno caratterizzato il secolo appena concluso che, per la prima volta, ha conosciuto l'irruzione delle masse sulla scena della storia.

Noi vogliamo perseguire il raggiungimento di una condizione di piena occupazione e contemporaneamente di liberazione del lavoro e di liberazione delle persone dal carattere oppressivo che questo ha, oggi ancora più di ieri, nella società capitalistica. Questo significa per noi non ricercare un lavoro qualunque, pur con tutti i compromessi che sono a volte indispensabili in una condizione di estrema necessità, ma puntare ad un'occupazione di qualità. Questo significa combattere la condizione precaria in cui versa il lavoro oggi, la sua brutale sottomissione alle esigenze della nuova ristrutturazione, la sua svalorizzazione, ma anche l'alienazione di chi lo compie, l'indifferenza verso l'oggetto del proprio lavoro. Questo significa non solo sottrarre il lavoro alla pura sottomissione alla logica del profitto, ma anche progettare l'utilità sociale del lavoro, non solo ai fini del mantenimento del lavoratore, ma del benessere pubblico. Questo significa che la produzione non può essere di sole merci ma di beni di pubblica utilità.

Questo grande obiettivo comporta una profonda e radicale riforma dello stato e della società. Richiede la progettazione e la realizzazione di un nuovo spazio pubblico, nel senso di un ripensamento dell'intervento dello stato nell'economia, di una nuova programmazione economica, come di una innovazione, oltre che di una difesa, dell'organizzazione e delle finalità del welfare state. Richiede un cambiamento di fondo del modo di operare della Pubblica Amministrazione, nel senso di definire obiettivi da perseguire e nel senso di allargare e di rendere più soddisfacenti i suoi punti di contatto con le esigenze dei cittadini.

La ripresa del conflitto sociale e la democratizzazione in ogni ambito della vita della società e delle istituzioni sono le condizioni indispensabili, i motori necessari all'avanzamento di un simile progetto. Proprio per questo abbiamo voluto discutere le nostre proposte assieme ai soggetti sociali, individuali e collettivi, che in questi anni hanno animato le lotte contro il neoliberismo.

 

3.1 Per l'aumento delle retribuzioni, per la riduzione d'orario, per i diritti, per una nuova qualità del lavoro e della vita

Cominciamo ad articolare le nostre proposte dal tema del lavoro, dalle condizioni e dai problemi di chi il lavoro ce l'ha, di chi lo insegue senza successo, di chi è costretto a rapporti precari, incerti e insicuri, di chi non ha il riconoscimento del ruolo che svolge entro il ciclo produttivo. Per queste ragioni articoliamo questo tema in quattro grandi aspetti: quello della questione salariale e retributiva; quello della lotta alla disoccupazione; quello della difesa e dell'allargamento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori; quello dell'uso del tempo e della qualità della vita.

 

3.1.1 La questione salariale e retributiva

I dati che abbiamo fin qui, seppure sommariamente riportato, indicano l'esistenza nel nostro paese di una grande questione salariale e retributiva che affligge le condizioni del lavoro subordinato, privato e pubblico, comunque giuridicamente e contrattualmente regolato. Le ultime statistiche indicano come sia il costo del lavoro che le retribuzioni percepite dai lavoratori italiani siano i più bassi nel contesto europeo. Nella distribuzione del reddito nazionale lordo disponibile i salari netti che occupavano nel 1980 il 56,4%, rappresentano alla fine del secolo solo il 40,1% del totale. Conseguentemente è cresciuto il peso di rendite e profitti. Questi ultimi, in particolare, hanno avuto un'impennata a partire dal 1993, mentre i salari dei lavoratori hanno subito un'erosione reale, stimabile almeno attorno al 6%. Non è difficile riconoscere in questo le conseguenze delle politiche concertative, cioè degli accordi triangolari tra governo, Confindustria e sindacati, che hanno seppellito ogni forma di adeguamento automatico dei salari, stabilendo il sistema dell'inflazione programmata, e una riedizione della politica dei redditi. Il risultato è stato disastroso per le classi che vivono di pensioni o di lavoro dipendente.

Per queste ragioni è indispensabile promuovere un innalzamento dei salari e delle retribuzioni del lavoro dipendente. E' necessario farlo non solo per il rilancio della domanda interna, ma per una più generale e elevata ragione di civiltà, di rispetto e di valorizzazione di ogni forma del lavoro, tanto più impellente quanto più forte e accelerato è il processo di integrazione europea. E' necessario farlo per impedire che la competitività del nostro sistema economico venga giocata esclusivamente sulla ricerca del minore costo del lavoro e sulla massima flessibilità.

Le misure che proponiamo non intendono sostituirsi al ruolo della contrattazione sindacale, che, anzi, proponendo il Prc il superamento della pratica della concertazione, vogliamo per l'appunto esaltare, restituendo al sindacato un'autorità salariale necessaria a sviluppare un conflitto benefico per la crescita della democrazia, della convivenza civile e delle condizioni di vita della popolazione.

E' necessario liberare la dialettica tra le parti sociali e perciò arrivare al superamento degli accordi del luglio '92 e '93 che hanno portato ad un incremento delle disuguaglianze sociali nel nostro paese.

In questo quadro proponiamo, in primo luogo, la reintroduzione di un meccanismo di adeguamento automatico delle retribuzioni del lavoro dipendente all'andamento dell'inflazione reale. Questo richiede in primo luogo un provvedimento urgente che riallinei da subito l'attuale inflazione programmata a quella reale, e che mantenga la sua efficacia per tutto il periodo durante il quale si procede alla determinazione di un nuovo sistema di adeguamento automatico delle retribuzioni all'inflazione, che tenga conto dei nuovi bisogni e consumi della popolazione.

La determinazione di una retribuzione minima oraria per combattere il regime dei bassi salari e le condizioni del precariato. Al di sopra di questa soglia minima si esercita la libera contrattazione sindacale. Si tratta in pratica di dare finalmente attuazione per tutte le figure lavorative al diritto costituzionale ad un equa retribuzione, cioè proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato, ma, soprattutto e in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia una vita libera e dignitosa. L'urgenza di un intervento della legge in questo campo nasce oggi dall'avvenuta modifica del paradigma produttivo, con forme dilaganti di precariato e con la perdita, anche per ragioni obiettive, di forza contrattuale delle organizzazioni sindacali. Proponiamo di fissare per legge l'entità minima per tutti i prestatori d'opera, per i quali il valore della controprestazione sia parametrata su base oraria indipendentemente dalla forma contrattuale applicata, stabilendo di fissare quale compenso minimo orario lordo la somma di Lire 11.000 (attualizzata al costo della vita al 31.12.2000 e da rivalutarsi annualmente), qualora il prestatore d'opera goda delle retribuzioni differite di origine legale (Tfr, ferie, 13^ mensilità) e/o abbia il diritto alla conservazione del posto e al percepimento della retribuzione nei casi di astensione dal lavoro per malattia, infortunio e puerperio; e invece per tutti gli altri casi la somma di Lire 15.000 (anch'essa attualizzata al costo della vita al 31.1.2000 e da rivalutarsi annualmente).

Un'immediata riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente, quale misura propedeutica a una riforma fiscale complessiva, tale da portare a un incremento delle retribuzioni reali non inferiore a un milione di lire annuo.

La determinazione di "fasce sociali" nel pagamento di tariffe e di prezzi di servizi di carattere pubblico e di prestazioni sociali, fino a prevedere la gratuità completa per i ceti meno abbienti, e comunque per coloro che si situino sotto il livello statistico della povertà.

 

3.1.2 Lotta alla disoccupazione

L'occupazione nel nostro paese permane in una situazione drammatica, malgrado i recenti miglioramenti della congiuntura economica internazionale. Sia il tasso di occupazione, particolarmente quello femminile, che quello di disoccupazione si mantengono nettamente al di sotto delle rispettive medie europee. Gli aumenti nell'occupazione, vantati dal governo di centrosinistra negli ultimi due anni, sono, nella quasi integralità, dovuti semplicemente a un incremento del lavoro precario, con contratti la cui durata media si situa addirittura al di sotto di una settimana. Siamo quindi di fronte ad una massiccia precarizzazione dei rapporti di lavoro di nuova costituzione che sta modificando complessivamente il mercato del lavoro. Bisogna invece sviluppare una specifica politica per l'occupazione per creare lavoro vero, articolata su quattro grandi aspetti: la distribuzione del lavoro che c'è attraverso politiche di riduzione dell'orario di lavoro a parità di retribuzione; la creazione di nuovo lavoro e nuovi lavori in settori innovativi di utilità sociale, tramite un nuovo impegno dell'intervento pubblico; la corresponsione di un reddito ai disoccupati di lunga durata e di adeguate misure per offrire loro uno sbocco lavorativo; il ripristino di norme giuridiche di protezione e di valorizzazione del lavoro umano e la riforma del sistema pubblico del collocamento.

Per questi motivi proponiamo: la riduzione per legge dell'orario di lavoro settimanale a 35 ore a parità di retribuzione, secondo le stesse linee contenute nel progetto di legge avanzato dal governo Prodi, naturalmente con l'ovvia riattualizzazione di tempi e date, che prevedeva una combinazione tra obbligo di legge e aiuto alla contrattazione sindacale, con benefici anche per le imprese, ai fini di una riduzione concorsuale in tempi più rapidi dell'orario di lavoro.

Una politica di investimenti pubblici, entro un nuovo quadro di programmazione economica generale, attraverso i Documenti di programmazione economico-finanziaria e determinata dalle singole leggi finanziarie, a cominciare dal Mezzogiorno e dalle zone del paese che necessitano di un risanamento del territorio e della struttura produttiva, in settori di pubblica utilità, come la difesa dell'ambiente, la manutenzione del territorio, la gestione di forme alternative di produzione energetica, la cura delle persone, la tutela e la valorizzazione dei beni e di tutte le forme e manifestazioni culturali.

L'istituzione di una retribuzione o salario sociale per i giovani inoccupati e i disoccupati di lunga durata, pari a un milione al mese, detassato e indicizzato, per dodici mensilità, per la durata di tre anni, o di quattro per gli ultraquarantacinquenni o per coloro che vivono nelle zone con tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale. A questa corresponsione di reddito monetario va aggiunto un pacchetto di servizi gratuiti, a cura degli Enti Locali, che vanno dalla formazione e riqualificazione professionale, all'istruzione per i figli, ai trasporti, alla sanità fino alla partecipazione alle manifestazioni culturali pubbliche. Per aiutare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro prevediamo che le imprese possano ricevere una parte significativa della retribuzione sociale, spettante al lavoratore se fosse rimasto disoccupato. In ogni caso se al termine del periodo sopra ricordato il cittadino fosse rimasto ancora senza lavoro, deve essere lo Stato, attraverso la Pubblica Amministrazione, a fornirgli un'occasione di lavoro per un periodo che sia almeno non inferiore ai due anni e in un settore di pubblica utilità. Contemporaneamente proponiamo di estendere e aumentare a un valore pari al settanta per cento della retribuzione di riferimento l'attuale indennità di disoccupazione ordinaria, in modo da proteggere il reddito di tutti i tipi di lavoratori precari durante i periodi di non lavoro.

Una politica che premi la stabilità del posto di lavoro, anche attraverso opportune norme legislative, quali la abrogazione dei contratti di formazione-lavoro, che hanno creato solo precariato, senza alcuna qualificazione, spostando così le risorse verso la corresponsione di una retribuzione sociale; la determinazione di vincoli precisi all'assunzione con contratti a termine e al loro numero dentro le aziende in rapporto all'occupazione complessiva; il superamento del lavoro interinale, anche tramite una sua drastica limitazione a circoscritte categorie professionali. Contemporaneamente bisogna difendere e rilanciare la struttura del collocamento pubblico, tramite una profonda riforma dei suoi sistemi di funzionamento, dinamizzando tutte le funzioni di incontro tra domanda e offerta di lavoro, ponendo obiettivi specifici, quantitativi e qualitativi, sul terreno occupazionale, stabilendo un diritto alla formazione lungo tutto l'arco della vita

 

3.1.3 Difesa e ampliamento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Al fatto che la democrazia nel nostro paese non è mai riuscita a varcare i cancelli delle fabbriche e le porte degli uffici, e che, ad esempio gli stessi cittadini che sono chiamati sempre più spesso a elezioni politiche e amministrative non hanno la possibilità, quindi il concreto diritto, di eleggere i propri rappresentanti nei luoghi di lavoro, si è aggiunta la condizione di minorità, o addirittura di assenza di diritti, per quei milioni di lavoratrici e lavoratori che svolgono un lavoro precario. La vittoria che è stata ottenuta contro chi voleva per referendum abrogare una parte fondamentale dello Statuto dei diritti dei lavoratori, deve servire per aprire una nuova stagione nella quale sia possibile estendere la tutela a quei lavoratori che oggi ne sono esclusi.

E' quindi necessario: stabilire per legge, utilizzando anche il lavoro prodotto ma non concluso nella passata legislatura, il diritto per tutte le lavoratrici e i lavoratori di potere democraticamente e liberamente eleggere le proprie rappresentanze sindacali sui luoghi di lavoro e di potere verificare il loro mandato tramite una votazione sulle proposte di intesa sindacali che riguardano la loro condizione.

Estendere le norme attualmente previste dallo Statuto dei diritti dei lavoratori per le imprese maggiori anche in quelle al di sotto dei quindici dipendenti.

Prevedere anche per le imprese minori o sul territorio per più imprese, ma con poteri reali di intervento nelle singole unità produttive, l'istituzione del delegato alla sicurezza, ai fini di tutelare l'ambiente di lavoro e prevenire gli incidenti mortali sul lavoro e le malattie professionali dei quali il nostro paese detiene un triste primato in Europa.

La determinazione di una nuova griglia di diritti valida per tutte le lavoratrici e i lavoratori indipendentemente dalla tipologia del loro contratto di lavoro, dalle dimensioni occupazionali dell'azienda, dalla sua eventuale dipendenza da altre. Ci riferiamo al diritto a una giusta ed equa retribuzione, secondo il principio della garanzia di un minimo di salario di cui sopra; a un compenso orario agganciato ai contratti collettivi nazionali relativi alle mansioni e ai livelli della prestazione; all'esistenza di un trattamento di fine rapporto e a una "giusta causa" per l'interruzione del rapporto, anche nel caso di collaborazioni coordinate e continuative; a una prelazione nel caso di contratti dello stesso tipo; alla conservazione del posto in caso di malattia comprovata e prolungata, con obbligo per il datore di lavoro di stipulare un'assicurazione sanitaria; al rispetto della normativa inerente alla sicurezza sui luoghi di lavoro; al pagamento dei trasporti e del vitto in caso di trasferte; ad avere un contratto scritto; alla fruizione di un assegno di maternità dignitoso, indipendentemente dai contributi versati, e alla conservazione del posto di lavoro per i contratti superiori ai sei mesi; alla detraibilità delle spese dei beni strumentali per le collaborazioni e a una consulenza fiscale gratuita sotto un certo tetto di reddito; a una settimana di permesso retribuito per gli esami universitari o di corsi professionali riconosciuti; alla detrazione fiscale per le spese di formazione e aggiornamento; alla promozione e alla partecipazione di assemblee sindacali, sia aderendo a quelle dei lavoratori stabili, sia promuovendone delle proprie, grazie a un monte ore retribuito; alla possibilità di eleggere una rappresentanza interna che partecipi a pieno titolo alla contrattazione aziendale.

 

3.1.4 L'uso del tempo e la qualità della vita.

Il tema dell'uso del tempo e del miglioramento della qualità della vita costituisce oggi un aspetto molto rilevante nei bisogni e nelle aspirazioni delle popolazioni. Naturalmente non è pensabile in questo campo, ove così rilevante è la dimensione e la visione soggettiva dei problemi, stabilire politiche o proposte dall'alto. Ma è necessario e possibile impegnarsi a dare vita a una strategia dell'attenzione alle istanze che i cittadini esprimono in questo campo. Il ruolo propositivo dei soggetti sociali in questo campo è quindi assolutamente determinante. In sostanza si tratta di favorire un processo non breve in cui vengano liberati tempo e possibilità di scelta individuali e collettive per i cittadini, le lavoratrici, i lavoratori. Questo risultato può essere ottenuto sia introducendo elementi di rigidità e di vincolo nell'organizzazione del lavoro postfordista e nell'organizzazione sociale, sia valorizzando la conquista di tempi e ritmi di lavoro e di vita soggettivamente scelti,

Per questo proponiamo un'attenzione particolare a tutte le rivendicazioni e i diritti, definiti o definibili, anche tramite legge, che stabiliscono la possibilità di propri spazi entro l'organizzazione del lavoro, dagli aspetti più immediati delle pause e dei tempi non saturati dal lavoro, a quelli della possibilità di fruire di anni sabbatici da dedicare allo studio o alla cura delle persone. In questo ambito deve essere pienamente riconosciuta e tutelata la particolare collocazione della donna entro il processo della produzione e della riproduzione.

Anche l'organizzazione dei trasporti, degli spazi pubblici e della vita cittadina devono essere tali da favorire risparmio di tempo, da utilizzare per proprie scelte di vita e dedicare a momenti di socialità; tali da favorire una migliore condizione della vita nel rapporto tra i sessi;

Inoltre devono essere create le condizioni perché si dia una reale libertà di organizzazione del tempo liberato dal lavoro, senza che questo venga occupato e oppresso dalle logiche di consumo innestate dal cosiddetto mercato del tempo libero; e sia promosso un ruolo protagonista delle classi lavoratrici nella costruzione e nella partecipazione alla vita culturale, scientifica, artistica del paese.

 

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