BREVI NOTE SULLA CONFERENZA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI DEL PRC
MERITI E LIMITI DEL DOCUMENTO IN VISTA DELLA CONFERENZA DI TREVISO DEL 27-28 GENNAIO


gennaio 2001, REDS

 

Sulla nostra rivista riproduciamo la mozione con cui la Direzione nazionale del partito del 22 novembre 2000 ha approvato il testo del Dipartitmento Lavoro ed ha convocato la Conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori a Treviso il 27-28 gennaio 2001. Nella stesse sede è stata invece respinta una mozione della minoranza critica verso il testo. Questo testo (Riprendiamoci tempo e salario), modificato, è alla base della Conferenza e lo riproduciamo così come è stato reperibile sul sito del partito a partire da gennaio. Di seguito alcune brevi nostre considerazioni sui lati positivi e su quelli negativi del testo. Per argomentazioni di maggior peso rinviamo agli altri nostri materiali presenti nella rivista tra i quali: Il PRC e i sindacati e Comunisti e sindacato.

1. Ci pare positiva la scelta del luogo di svolgimento della Conferenza, significativa del fatto che il partito comprende l'importanza della sfida aperta per i comunisti: essi assegnano un ruolo strategico alla classe operaia, ma, nei fatti, ne sono esterni. Sono esterni soprattutto là dove oggi si trova la maggior concentrazione operaia in Italia e tra le maggiori in Europa: le distese di fabbriche che si susseguono senza soluzione di continuità da Milano sino appunto a Treviso e oltre.

2. La denuncia del capitalismo e della sua barbarie è forte e priva di reticenze. Non ci sembra un fatto di poco conto nella storia dei partiti di sinistra di massa del nostro Paese: quante volte abbiamo dovuto leggere in passato frasi ambigue, definizioni che adombravano la possibilità di un capitalismo un po' più umano, l'individuazione di un'economia "sana" con la quale i lavoratori avrebbero dovuto allearsi.

3. Vengono correttamente delineate le dimensioni dell'arretramento subito negli ultimi anni dal movimento dei lavoratori e del peggioramento delle condizioni di vita della grandi masse. Ci sembra particolarmente utile la sottolineatura che il lavoro dipendente è in espansione in tutto il mondo, in aperta polemica con chi prefigura la "scomparsa del lavoro".

4. Gli obiettivi concreti su cui lavorare sono ben individuati: contrapporre alla diminuzione del salario, in tutti i suoi aspetti, una ridistribuzione del reddito a favore dei lavoratori e dei pensionati, alla disoccupazione una proposta di riduzione dell'orario, alla flessibilità "un'alternativa di nuove e positive rigidità", alla miseria un salario sociale per i disoccupati.

5. Non condividiamo invece l'analisi delle ragioni che hanno portato a questo ripiegamento. Essa (in linea con la tradizione teorica della sinistra socilaista degli anni sessanta e che è sopravvissuta sino a noi anche grazie a larga parte dell'estrema sinistra e all'ingraismo) si basa sulla convinzione che la lotta di classe sia "sovradeterminata" dalle trasformazioni attuate nel campo della produzione. Noi pensiamo invece che vi sia una relazione dialettica tra esigenze della produzione e lotta di classe e che l'una e l'altra si influenzano (ed è spesso la seconda a sovradeterminare le prime). E dunque puntare tutto sull'analisi dei processi di produzione significa nei fatti distrarre l'attenzione dal concreto svolgersi della lotta di classe e dunque dalle eventuali insufficienze delle direzioni politiche e sindacali. Facciamo un piccolo e significativo esempio: oggi larga parte della precarietà che denunciamo è frutto del Pacchetto Treu, approvato anche dal nostro partito quando sosteneva il governo Prodi.

6. Il paragrafo dedicato alle donne ci pare totalmente fuorviante dedicando gran parte dell'attenzione all'innegabile quantità di tempo dedicato dalle donne alla "riproduzione sociale". Ci pare che debba essere sottolineata invece da un lato il fatto che le condizioni di cui sopra colpiscono in primo luogo le donne, ad esempio con un aumento drastico del tempo di lavoro fuori casa. Le donne costituiscono un segmento della forza lavoro in netto aumento, ma i sindacati e i partiti di classe sono tuttora partiti di lavoratori e non di lavoratrici. Vi è un problema di rappresentanza reale (non stiamo parlando si quote) che il documento non tocca.

7. Il documento adombra una novità che ci convince poco: "Proponiamo su questo terreno un nuovo e diverso rapporto, rispetto alla tradizione comunista e sindacale del passato, fra intervento legislativo e lotta contrattuale, fra legge e contratto." Non neghiamo affatto l'importanza di lotte di carattere legislavtivo, ma questo spostamento è tipico dei Paesi con un movimento operaio sulla difensiva, dobbiamo riportare all'offensiva, può servire portare tutto sl politoco ad abbandonare il sindacale e il radicamento sul posto di lavoro.

8. L'insufficienza più notevole del documento la registriamo sulla questione sindacale. Ci pare una proposta che si adagia sull'esistente, prendendo atto dei processi di "ricomposizione" che stanno avendo luogo senza alcuna influenza da parte del PRC. L'unificazione della sinistra sindacale è un fatto positivo, ma non ci può sfuggire il suo carattere burocratico, e non ci piace la copertura che il nostro partito continua a fornire al gruppo dirigente della FIOM. Non a caso il documento non utilizza una categoria centrale del marxismo: la burocrazia. Il problema dei sindacati di massa non è nella linea moderata, ma nell'esistenza di un ceto con interessi materiali propri (tra i quali quello di non volerne sapere di tornare a lavorare) e che è la causa ultima della moderazione sindacale. Se però si individua questo come problema principe dei sindacati, allora i comunisti devono essere attrezzati per affrontarlo (le nostre proposte sono in Comunisti e sindacato e La burocrazia). Il documento propone invece la scorciatoia della costituzione di un nuovo sindacato in una sola categoria (quella dei trasporti), ma che significherà prima o poi, se non si va alla radice del problema, la costituzione di una nuova burocrazia.

9. Ci pare infine un documento non chiarissimo. Ad esempio leggiamo di nuovo la frase tanto di moda nelle sinistre sindacali: "ricostruzione del sindacato di classe". Nessuno sinora è riuscito a spiegarci cosa significa: fondare un nuovo sindacato? Rigenerare quelli esistenti? Rafforzare e unificare i nuovi sindacati nati negli anni novanta? A noi pare che invece di esercitarsi in ingegneria organizzativa, il nostro partito dovrebbe dare una risposta chiara al seguente quesito: cosa devono fare i comunisti in un sindacato (qualsiasi sindacato)?