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IV Internazionale

LO STATO ATTUALE DEL MOVIMENTO IN EUROPA
di Francçois Vercammen


1. Il dato saliente in questo momento nell'Europa imperialista è l'ondata di iniziativa autonoma della società, da un paio d'anni a questa parte (l'esplosione di Genova, luglio 2001), per opporsi alla guerra e alla politica neoliberista. Le classi lavoratrici sono tornate a mobilitarsi, in particolare con scioperi generali soprattutto in difesa di obiettivi centrali (le pensioni). Contemporaneamente, il nuovo movimento sociale (Forum sociale europeo, FSE) si rafforza e si conferma come una leva, un quadro di raccolta e una prospettiva emancipatrice. Assistiamo al passaggio dalla resistenza alla controffensiva, nel senso che le rivendicazioni, le campagne, le lotte sono animate dalla volontà di cambiare la società (“un altro mondo è possibile”).

2. Questa svolta, tuttavia, resta molto contraddittoria. L'offensiva del Capitale continua in maniera brutale, ma senza quell'egemonia ideologica e coerenza politica che era stata imposta dal monolitismo neoliberista, da vent'anni. Il movimento sindacale tradizionale resta sulla difensiva; le condizioni di vita e di lavoro delle classi lavoratrici continuano a deteriorarsi su tutti i piani.
Neanche il nuovo movimento sociale riesce a conquistare i suoi obiettivi fondanti, anche se continua a rafforzarsi, sospinto dalla sua dinamica interna. La novità straordinaria consiste nel fatto che, di fronte all'incuria delle burocrazie sindacali, il nuovo movimento sociale appare come la forza motrice, in grado di prendere l'iniziativa, come qualcosa che incarna il futuro.
Ma non è ancora cancellata la sconfitta storica del movimento operaio tradizionale, sotto la direzione socialdemocratica e post-staliniana. Il movimento sindacale è ancora ben lungi dall'avere recuperato la posizione di forza di una volta. Incombe minacciosa, prima o poi, un'altra sconfitta della classe dei salariati; essa potrebbe scoraggiare il nuovo movimento sociale, malgrado la sua crescente popolarità (legittimazione) nel movimento sindacale.

3. La brutalità della politica padronale mina il terreno per le correnti interclassiste che stanno alla testa dei sindacati o dei governi di centrosinistra (i partiti socialdemocratici, nonché i “grandi” partiti post-staliniani ed ecologisti). Alla lunga, il moltiplicarsi di tante e spettacolari esperienze politiche, sociali, la crescente iniziativa autonoma in atto e gli avvenimenti politici fortemente mediatizzati in una situazione mondiale in ebollizione determinano una chiarificazione senza precedenti nella storia recente:
– sul piano dell'orientamento politico, non vi sono più opinioni intermedie tra il sistema neoliberista e il radicale miglioramento delle condizioni di esistenza delle classi popolari, il che implica la rottura con i principi neoliberisti e la loro sostituzione con misure anticapitaliste;
– l'iniziativa autonoma crescente e l'offensiva nella società sottopongono le tradizionali direzioni social-liberiste a una prova pratica di notevole portata. Le correnti socialdemocratiche sono incapaci di raddrizzarsi sul piano ideologico-programmatico e di recuperare un insediamento sociale finché il movimento sociale tiene. Questo non significa che non possano sopravvivere come apparati elettorali.

4. Per la prima volta dopo trent'anni si va delineando, almeno in alcuni paesi d'Europa, un abbozzo di alternativa a sinistra, concreto e attraente, in seno alla società.
Il FSE, con le capacità di iniziative che implica, è al centro della rinascita di un movimento sociale di emancipazione su scala europea. Tra Firenze e Parigi/St-Denis, ha compiuto un balzo in avanti spettacolare verso un movimento sociale europeo: senza abbandonare il suo taglio mondiale, restando ancorato a un'opposizione radicale alla politica di guerra ininterrotta, ha fatto proprio il duplice problema sociale (sfruttamento del lavoro; oppressione patriarcale) e quello dell'Ue, come Stato imperialista in costruzione. A partire di qui, potrebbe passare da movimento propagandistico a (1) movimento di iniziativa di massa, che (2) si radica nella società di ogni paese e che, per fare questo, (3) fa proprie concrete rivendicazioni della popolazione lavoratrice. Per il momento, tuttavia, resta molto minoritario nel mondo del lavoro. Comincia a influenzare le organizzazioni sindacali, ma, salvo eccezioni, non è in grado di trascinare un settore significativo della classe lavoratrice.
5. Si apre una nuova fase nella rinascita del movimento di emancipazione. La sua concreta dinamica sarà determinata, come in ogni epoca storica, dalle concrete condizioni sociali, dalla sua traiettoria, dalle sue forme organizzative, dal suo contenuto…
Il movimento sindacale tradizionale, in Europa, rimane un fattore importante, ma nettamente indebolito e molto sclerotizzato internamente. Di fronte alle prossime mobilitazioni del mondo del lavoro e all'impatto del movimento sociale, il futuro dirà in che modo opererà la dialettica tra il nuovo movimento sociale e il movimento operaio tradizionale. Le prime esperienze sono già molto ricche di paese in paese, ma anche molto variabili e molto disparate, specie in paesi quali l'Italia, la Francia, la Gran Bretagna, la Germania… Il problema chiave è sicuramente quello del rapporto tra “movimento” e “partito”.

6. Nel quadro della nuova prospettiva di emancipazione, prendiamo atto dello scarto enorme che c'è tra una nuova sinistra molto forte sul piano sociale e piena di “politico”, da una parte, e, dall'altra parte, il pressoché totale rifiuto delle politiche organizzate: elezioni parlamentari, partiti politici, governo. Il colmo è il rifiuto dei partiti politici che sono i più attivi nella costruzione del movimento. Le ragioni, indubbiamente, sono molte: il profondo discredito della vita politica istituzionale e il suo degrado grazie ai mezzi di comunicazione di massa; le connivenze tra i vertici di certe grandi organizzazioni del movimento e i partiti tradizionali; la politica dei contributi alle ONG; il settarismo delle organizzazioni rivoluzionarie… La difficoltà è notevole.
Al tempo stesso, c'è un vuoto e, quindi, uno spazio aperto dalla crisi esistenziale dei grandi partiti socialdemocratici e post-staliniani (nonché di qualche grande partito ecologista), che non hanno né la capacità né l'intenzione di raccogliere le esigenze del movimento.
Nel contesto delle vicende mondiali e del movimento in azione, le elezioni generali diventano indicatori diversamente importanti in una situazione politica completamente bloccata. Il nostro compito è quello di essere partecipi appieno delle grandi battaglie politico-elettorali: contro la destra e l'estrema destra, ma soprattutto incentrate contro la politica neoliberista, contro la guerra, contro l'UE. Non si tratta innanzitutto di testimoniare una presenza marxista-rivoluzionaria, ma di mettere insieme una forza politica, anticapitalista, pluralista ed europea che risulti credibile. Essa potrebbe assumere varie forme: da un partito pluralista come il Partito socialista scozzese (SSP) a un blocco come quello della Ligue comuniste révolutionnaire (LCR) e Lutte ouvrière (LO), o anche un raggruppamento ad hoc (che poi potrebbe costituirsi in movimento), come è il caso dell'Inghilterra con la Coalizione unitaria RESPECT.
Nostro compito è quello di dare una certa coerenza politica e una forma organizzata a questa prospettiva, tenendo conto che i due livelli – nazionale ed europeo – sono molto diversi. Lo scopo è fare passi avanti verso una formazione anticapitalista in grado di svolgere un ruolo effettivo nella società e nel movimento sociale.