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LA
MALATTIA MENTALE NON ESISTE
di GIUSEPPE BUCALO
"La strada per uscire passa attraverso la porta. Perché nessuno
usa questa via?" (Confucio)
Un uomo in piedi nudo nella piazza del paese. Grida il suo credo. Occorre
liberarsi dalla materia e diventare puri come spirito. Che accade? Secoli
addietro forse avremmo avuto una risposta. Ci saremmo chiesti se luomo
fosse abitato da dio o dal demonio prima di agire. In una
piazza diversa di un diverso paese forse ci saremmo seduti in cerchio
cercando di ascoltarne le parole, decifrarne il responso, apprendere da
lui. Qui ed ora non sappiamo pensare altro se non sta male
e va curato.
Ma di cosa soffre questuomo? Forse del gelo di questo
giorno dautunno (che non può non sentire)? Eppure grida di
essere pieno di gioia, che il momento è arrivato, libero e pronto
a spiccare il volo. Qualcuno suggerisce che è fuori di sé
e che non sa quello che fa. Non è lui. Non può
essere lui.
E noi? Sappiamo cosa stiamo facendo mentre telefoniamo ai medici e allertiamo
i vigili urbani? Sappiamo cosa stanno facendo realmente quegli uomini
che lo coprono e lo costringono a salire su unautoambulanza? Tutto
quello che riusciamo a vedere è un ricovero: una persona che viene
condotta in un luogo in cui sarà aiutata a ritrovare il suo equilibrio
mentale.
Un ricovero. Quanto è corta la nostra memoria. Non vedevamo la
stessa cosa mentre portavano via Carmelo, Nino, Giuseppina, Sebastiano,
Cateno, Giorgio, Sonia, Giovanni...? Un ricovero, una cura
per guarire dalla malattia di essere quelli che si è. E dove sono
ora? Chi è tornato? E quale cura ha subito?
Noi sappiamo quello che facciamo. Lo sanno gli infermieri che lo immobilizzano
alletto con le fasce. I medici che prescrivono le cure del
caso. Sanno di ritrovarsi di fronte un malato di mente affetto da delirio
mistico che va riportato alla ragione. Non avrebbero
esitato a farlo anche con Buddha, Cristo, Giovanni Battista, Teresa dAvila,
così come hanno fatto con Van Gogh o Nietzsche, se li avessero
potuti avere sotto osservazione.
Ma di cosa soffre questuomo? Soffre per le fasce che gli cingono
i polsi? Soffre nel trovarsi rinchiuso? Dellessere deriso e umiliato
da tutti? Dellessere inascoltato? No, dicono i suoi carcerieri,
soffre della malattia di essere inconsapevole di soffrire.
E malato perché dice di non esserlo. Noi (che sappiamo
quello che diciamo) abbiamo chiaro che non si può essere felici
a stare nudi in mezzo ad una piazza, che non si può volerlo, non
è logico né accettabile.
Luomo nudo non è Francesco dAssisi. Non è un
santo, un mistico: è solo un malato di mente la cui
biochimica cerebrale è alterata per cause sconosciute.
Siamo ancora capaci di commuoverci di fronte al Cantico delle Creature,
farci toccare dalla povertà e dallutopia francescana, ma
non abbiamo dubbi sulluomo nudo, sulla sua irrazionalità.
Crediamo di essere capaci di discernere fra santi e malati, fra visioni
divine e allucinazioni, fra fede e delirio, fra meditazione e autismo.
Quello che nellera pre-psichiatrica abbiamo visto come manifestazione
divina, oggi siamo pronti a giurare sia solo il sintomo di
una malattia del sistema nervoso. La voce di dio solo unallucinazione,
la missione di Francesco solo un delirio, la sua nudità malattia
mentale.
Ma cosè la malattia mentale? Unipotesi. Lidea
che a far spogliare luomo nudo non sia stata la voce di dio,
ma solo un processo patologico che ha alterato il normale
funzionamento del suo cervello. Solo unipotesi. Non ci sono, a tuttoggi,
prove certe dellesistenza, la natura e le cause di questo processo.
Eppure gli psichiatri continuano a trattare la malattia mentale come un
fatto e ad imporre su persone nonconsenzienti ogni sorta di
terapie.
La psichiatria non ha mai curato nessuno. Lelettroshock,
la lobotomia, lo shock insulinico, la piretoterapia, gli psicofarmaci,
la psicoterapia... non sono cure ma esperimenti su cavie umane
viventi, non informate e spesso nonconsenzienti. Con questi esperimenti
la psichiatria tenta di capire cosa fa e cosa è inutile fare. La
logica è la stessa del bambino che distrugge il giocattolo
per vedere come è fatto e come funziona.
Non è solo una metafora. La psichiatria considera le sue cavie
alla stregua di cose o, nel migliore dei casi, animali da laboratorio.
Nei suoi esperimenti sacrifica tranquillamente le loro esistenze che considera
nonvite devastate dalla malattia. Avendo perso la testa non
resta loro nientaltro da perdere. Possono essere immolate. Possiamo
provare a sezionare chirurgicamente il loro cervello per cercare il centro
della follia. La chiamano lobotomia, si tratta di sperimentare se asportando
parti del cervello di un uomo, questi cominci ad assomigliare allo psicochirurgo
che lo ha operato al punto di ringraziarlo di questo intervento. Migliaia
di persone sono state distrutte così. Ridotti a vivere come vegetali
per permettere agli psichiatri di sperimentare le loro teorie
e dimostrare lesistenza della malattia che dicevano
di curare. Migliaia di esseri umani nonconsenzienti, che hanno gridato,
si sono divincolati, hanno graffiato, morso, dato pugni e calci fino allultimo
istante, disperate e impotenti.
Tutto questo per cosa? Per niente. Dopo decenni la psicochirurgia viene
sostituita dagli psicofarmaci. Le sale operatorie abbandonate. I lobotomizzati
ammassati nei manicomi, I loro medici promossi ad operatori del territorio,
uomini di scienza e di medicina.
E noi? Noi dove eravamo? Dove siamo ora: sul ciglio della strada a vedere
accalappiare luomo nudo della piazza.
LA MALATTIA MENTALE NON ESISTE. Ogni volta che ci avventuriamo oltre il
limite consentito solleviamo un vespaio di timori e di perplessità.
Noi non stiamo nudi, non parliamo con le pietre, non sopportiamo il peso
di diagnosi invalidanti, eppure siamo daccordo con luomo nudo,
con la sua irragionevole pretesa di non essere malato.
Ci dicono: negate levidenza! Credo che più semplicemente
neghiamo la coazione a credere che ciò che abbiamo davanti sia
frutto di una malattia. Io vedo luomo nudo, lo sento parlare con
le pietre e gridare cose che non comprendo. Anchio come Io psichiatra
non sento quello che le pietre gli rispondono, come a lui anche a me non
è mai capitato di sentirle articolare parola. Eppure io non riesco
a vedere una malattia. Non sento sofferenza. Non lo vedo tremare al freddo.
Non sento in lui vergogna. Vedo solo la sua gioia. Lestasi del suo
sguardo.
Non ci sono differenze incolmabili fra me e lui. Agiamo tutti e due in
accordo con le nostre esperienze, coerentemente con le nostre idee, per
raggiungere un fine. Non lo posso definire malato solo perché vive
unesperienza che io non conosco, crede in cose che io non condivido
o cerca di raggiungere risultati che ritengo impossibili. Potrei definirlo
immorale, peccatore, sognatore... cioè esprimere un giudizio etico
e umano su di lui. Potrei chiamarlo anche criminale se il suo comportamento
viola le leggi penali. Ma non posso ragionevolmente chiamarlo
malato e negargli la volontà di essere quello che è. Potrei
formulare tutti questi giudizi e anche sbagliarmi.
La realtà di ciò che vediamo, sentiamo, pensiamo non sta
nella nostra biochimica. La verità delle nostre esperienze non
è un prodotto del nostro cervello. Noi percepiamo la realtà
attraverso i nostri organi di senso, elaboriamo le informazioni attraverso
il nostro cervello. Ma quello che proviamo, le idee che ci formiamo, le
intenzioni che abbiamo, non si possono in nessun modo ridurre al modo
in cui funzionano i nostri organi.
Non ho difficoltà ad affermare che tutte le esperienze umane hanno
una base biochimica e organica. Vediamo attraverso gli occhi, pensiamo
col cervello, ci muoviamo sulle gambe... Sono convinto che nel cervello
delluomo che sente la voce di dio succeda qualcosa:
qualcosa che gli permette di sentirlo, vederlo, toccarlo. lI problema
temo non sia questo. La questione che dobbiamo porci è se e in
che misura possiamo decidere che il cervello che vede il Colosseo è
normale e quello che vede larcangelo Gabriele malato.
La decisione sulla normalità o sulla realtà di unidea
o di unesperienza non è cosa che riguardi la medicina. I
processi organici sono impersonali: non sono giusti o sbagliati, veri
o falsi, morali o immorali. La decisione su cosa mettere dal lato della
malattia o della salute mentale non ha niente a che vedere con la scienza:
riguarda la coscienza, la morale, il credo di chi si arroga il potere
di giudicare. Definendo patologiche le idee che non comprendiamo,
definiamo patologici gli esseri umani che le pensano e le
condividono.
Il caso dellomosessualità è emblematico del modo di
s/ragionare della psichiatria. Diagnosticata come malattia mentale per
decenni, con il mutare dei costumi viene reintegrata nel mondo della sanità
mentale. Questa malattia scompare dalla diagnostica psichiatrica con la
stessa rapidità con cui ogni anno vi si inscrivono nuove patologie.
Praticamente passano sul registro psichiatrico tutti i comportamenti che
perdono cittadinanza presso la comunità sociale, ne escono quelli
che ne sono via via digeriti.
Cosa ha a che fare tutto questo con la ricerca scientifica, con la biochimica,
gli studi genetici? Si può ragionevolmente pensare
che ci siano idee malate e idee sane? Le prime
partorite da una mente alterata, le altre da una mente normale?
E cosè che le distingue? Il fatto di essere o meno condivise?
Di produrre sofferenza o gioia? Di essere indimostrabili? Di negare le
leggi della fisica?
Secondo i parametri che normalmente usiamo per definire una
idea malata, potremmo affermare che la fede nellesistenza
dellanima o in un dio creatore del cielo e della terra, è
frutto di menti malate. Essa è infatti indimostrabile,
trascende e nega leggi fisiche, ha prodotto sofferenze indicibili (paure,
sensi di colpa, Santa Inquisizione...) e, per molto tempo, è stata
idea di minoranze perseguitate. Tutte le religioni del mondo non sono
che idee malate che hanno contaminato le menti di milioni
di esseri umani. I credenti di ogni fede sono mossi da esperienze personali
e collettive che gli psichiatri definiscono deliranti e allucinatorie.
Che differenza cè fra la biochimica di Maria che ascolta
e vede langelo che le preannuncia la sua missione divina, e la biochimica
delluomo nudo a cui langelo ha annunciato la fine del mondo?
E fra la loro e la biochimica dello psichiatra che afferma che gli angeli
non esistono ed esiste la malattia mentale? Tutti e tre vedono cose che
non possono essere provate. La differenza non sta nella loro biochimica,
ma nel grado di condivisione che le comunità esprimono verso ciascuna
di queste fedi. Maria e la sua esperienza viene neutralizzata
relegandola nel simbolico, lo psichiatra occupa il reale, alluomo
nudo non resta che un posto letto in ospedale.
Io non ho dubbi che un giorno la ricerca psichiatrica riuscirà
a definire, almeno in parte, i meccanismi chimici e biologici che hanno
permesso a Francesco dAssisi di essere quello che è. Ciò
che ha esteso il suo udito fino a fargli intendere la lingua degli animali,
ciò che gli ha permesso di riprodurne il linguaggio, ciò
che ha affinato il suo vedere fino a fargli intravedere le strade che
passano attraverso i tetti verso linfinito.
La questione non è sapere se e in che misura la sua biochimica
sia alterata. Il nodo da sciogliere è sapere se lo riteniamo accettabile.
Se accettiamo la sua esperienza o se la troviamo intollerabile, stramba,
pericolosa. Se consideriamo che sia un passo sulla via della perfezione
o uninutile fantasia. Se accetteremo che i nostri figli vadano vagando
sui tetti a parlare coi colombi o i gatti, rischiando di cadere nel vuoto,
che smettano di lavorare, lavarsi e vestirsi, che si liberino di tutti
i doni con cui siamo stati capaci di riempire le loro esistenze. Il paradosso
in cui viviamo fa sì che coloro che oggi si riconoscono in Francesco
dAssisi, ritengono questi comportamenti come patologie e sintomi
di malattia mentale. Luomo nudo per strada o luomo sui tetti
non sono sulla strada della liberazione ma del nonsenso.
La decisione sul futuro di certe persone ed esperienze non verrà
fatta dalla scienza, ma dalla nostra paura. E la paura il motore ed il
fine della psichiatria. Non la conoscenza. Paura che tutto ci sfugga di
mano.
Chi ha deciso che il nostro è lunico modo di vivere e questo
lunico mondo possibile? Siamo noi a costruire la realtà.
Non solo perché vediamo solo quello che vogliamo vedere, ma anche
perché vediamo solo quello che possiamo vedere. I colori, le forme,
i suoni, gli odori non esistono. Essi vengono costruiti dai nostri sensi.
Ciò che chiamiamo realtà non è altro se non unimmagine
parziale che noi creiamo di ciò che sta fuori o dentro di noi.
Cè un modo sano di percepire la realtà?
O ci sono possibilità di percezioni infinite? Sentire suoni che
altri non sentono, vedere cose che altri non vedono, possono essere capacità
e possibilità superiori a quelle delle usuali percezioni
del mondo. Con lo stesso arbitrio con cui affermiamo linsanità
di tali esperienze, potremmo affermare la loro divinità. Perché
malati e non santi? Perché pazzi
e non illuminati?
Alberto ha strappato dieci milioni, Sandro ha fermato il traffico immerso
nella luce della rivelazione, Nino ha lottato tutta la notte coi demoni.
Ci diciamo disponibili a lasciar vivere gli altri, a lasciarli liberi
di credere nelle loro fantasie e nelle loro visioni, ma vorremmo che non
facessero di queste cose. Vorremmo che non mettessero in pericolo la loro
(o altrui) posizione sociale, che non disturbassero la nostra vista o
il nostro udito, che non facessero mostra delle loro credenze, che non
ci coinvolgessero nei loro riti. Vorremmo che fossero come dei ragionieri
dellassoluto, sciamani della domenica, studiosi di mistica religiosa.
Abbiamo perso ogni cognizione di ciò che significa uscire dalla
realtà per entrare nella verità.
Quando si è chiamati non si è più gli stessi. Non
si tratta più di credere in alcune idee, ma di essere in una nuova
dimensione. Non si tratta di realizzare delle credenze o dei riti, ma
di essere, realizzare o difendere se stessi. Non cè persona
umana che abbia oltrepassato il limite della percezione umana e non abbia
perso irrimediabilmente se stesso. Se dio chiama non chiede mai raziocinio:
ti chiede di abbandonare te stesso, le tue risorse, i tuoi cari, la tua
casa, la realtà. Se dio chiama ti affida una missione nel mondo,
una rivelazione che devi portare in ogni angolo del creato, temerario
e impavido testimone del sacro. Non ti fa paura la galera, il manicomio,
il girovagare affamati in una stazione strattonato dalla polizia ferroviaria,
così come non faceva paura ai primi martiri cristiani finire in
pasto ai leoni. E nella legge delle cose: ogni genuina vocazione porta
una cieca e genuina persecuzione. Diventiamo una porta, aperta dal vento
della verità, che tutti si affannano a chiudere. Non ci fanno più
a pezzi perché si sono accorti che scardinandoci dai cardini hanno
lasciato aperte crepe che non si possono più chiudere. Chiudono
le porte, ci chiudono fuori, costruiscono muri intorno alle nostre porte,
deformano i sensi e il cuore degli esseri umani, li rendono incapaci di
sentire quanto stiamo dicendo. A volte vien proprio da chiedersi se sarebbero
riusciti, con unadeguata psicoterapia e psicofarmaci di supporto,
a convincere Francesco a tornare a lavorare col padre ad Assisi o il principe
Siddharta a riprendere il suo posto regale in questo mondo di sofferenze.
Se sarebbero riusciti a confonderli a tal punto da farli rientrare nella
realtà.
La psichiatria traccia un confine illusorio fra persone sane e persone
malate. Essa crede di saper discernere se unidea è volontariamente
pensata e voluta da un uomo. Questo indipendentemente da quanto lui stesso
afferma. Malata è, per così dire, lidea che si
pensa da sola, pensa in vece della persona che ne è vittima.
La malattia mentale viene presentata così come una sorta di ammutinamento
in cui la nostra testa comincia a ragionare da sola. Ipotesi suggestiva
e arbitraria. Di volta in volta, infatti, lo psichiatra deciderà
se e in che misura una persona sappia quello che dice, sappia quello che
fa, pensi quello che dice. Sarà malata quando dirà di essere
sana e sana quando accetterà di essere malata. Sarà sano
quando converrà di aver bisogno di cure e malata quando affermerà
che le cure a cui la sottopongono sono in realtà torture e i medici
aguzzini.
Chi si scandalizza della violenza manicomiale e riconosce al contempo
lesistenza della malattia mentale e lesigenza di una sua cura,
si trova in un vicolo cieco. Cerca di far uscire dalla finestra ciò
che accoglie con tutti gli onori della porta dingresso. Se esiste
qualcosa come la malattia mentale che sconvolge la mente e i comportamenti
dellindividuo, dovrà esistere qualcosa come la psichiatria
che la isoli e la controlli. Non solo. Ci sarà bisogno che la psichiatria
si sostituisca alla persona malata che, in quanto tale, è incapace,
decidendo della sua esistenza, dei luoghi in cui vivere, divertirsi, delle
persone giuste da incontrare, dei libri giusti da leggere, delle cose
giuste da comprare, del numero di sigarette da fumare e così via
dicendo.
Ogni malato verrà affidato ad uno psichiatra che potrà
usare tutti i mezzi che la sua scienza gli mette a disposizione per costringerlo
ad accettare la realtà. Non importa quanto lo psichiatra sia mediocre,
violento o inumano, egli avrà sempre ragione. Potrà
fare del malato ogni cosa riterrà opportuna: nessuno lo arresterà,
lo accuserà, lo condannerà, così come nessuno ha
condannato i responsabili degli orrori manicomiali. Al contrario tutti
gli psichiatri manicomiali hanno fatto carriera e si sono goduti la loro
giusta pensione dopo decenni di duro lavoro in cui hanno distrutto la
vita di migliaia di persone.
Una tale (inco)scienza ha bisogno di luoghi in cui rinchiudere i suoi
pazienti inconsenzienti. Stanze dove poterli ospitare e proteggerli da
se stessi e dalla realtà. Case con porte che
possano essere chiuse per il loro bene. Laboratori dove poter
studiare levolvere della malattia. Ambulatori dove poter sperimentare
i loro farmaci miracolosi. Luoghi imbiancati, stanze singole, pavimenti
lustri, quadri alle pareti, termosifoni... Luoghi che nessuno psichiatra
frequenterebbe ma che crede ottimali per i suoi pazienti.
Li chiamano servizi psichiatrici: sono posti in cui delle persone per
bene continuano a fare quanto si faceva in manicomio. Scrivono cartelle
cliniche, decidono cosa va bene e cosa deve cambiare in te, vanno a prenderti
e ti ricoverano, cercano di curare la tua sensibilità, negano verità
a quanto dici, non sanno niente di ciò che provi, attestano il
tuo essere delirante.., ti fanno deserto intorno.
LA MALATTIA MENTALE NON ESISTE. E il mostro di Firenze? Per un meccanismo
perverso riteniamo che negare che la mente si ammali equivale tout court
ad assolvere tutti i mostri, presunti o reali, che popolano la nostra
quotidianità. E' un paradosso. In realtà è vero lesatto
contrario. Definire malato di mente chi commette delitti, vuoi dire riconoscerne
lirresponsabilità, il non luogo a procedere, la non colpevolezza.
Dove cè malattia mentale infatti non cè responsabilità.
Il mostro che uccide la madre non sa quei che fa, non è un carnefice
ma una vittima della sua malattia: come si può giudicarlo e condannano?
Raptus di follia: ecco il vero assassino. Il mostro ne è preda:
dobbiamo rinchiudere il mostro e curarlo.
Il mostro non va semplicemente preso, punito e rinchiuso: vogliamo che
sia curato, cioè che vengano estirpati quei pensieri
che lo hanno portato ad agire, che vengano distrutte tutte le ragioni
che gli sono cresciute dentro. Qual è il vero pericolo? Cosa
o chi minaccia il matricida? E cosè che fa dei suo ragionamento
un delirio e della strage alla stazione di Bologna una logica seppure
del terrore? Cosè che ci fa dire che è logico uccidere
in guerra o per denaro un estraneo e patologico uccidere per amore o odio
una persona cara?
Dire che un comportamento ha senso non vuoi dire accettano. Riconoscerne
il significato non vuoi dire sottoscriverlo. Ai contrario, spesso è
lunico modo che abbiamo per comprenderlo, combatterlo, modificarlo.
Dire che ha senso uccidere la propria madre non significa
che sia giusto, doveroso o buono. Né più né meno
che dire che cera un senso nella persecuzione nazista degli ebrei.
Il fatto che le nostre azioni siano o meno sensate, non significa tout
court che siano o meno giuste.
Vorrei provare a sciogliere il paradosso. Che senso ha dire che certe
azioni non hanno senso? A chi serve? Da che cosa ci difende?
Prendiamo il caso del matricida. Non è la pericolosità dei
gesto che ci fa paura, o non solo. Ci inquieta forse più il pensiero
che ciò sia stato possibile. Che uno dei principi su cui si fonda
il nostro senso dei reale possa essere fatto a pezzi in un attimo con
consapevolezza e ragione. Non possiamo accettare di riconoscere io status
di persona pensante a chi uccide la propria madre, mentre non abbiamo
nessuna difficoltà a ritenere sani e sensati i killer della mafia
o gli ideatori della missione atomica su Hiroshima (tanto da psichiatrizzare
il pilota di quel volo definendolo malato di mente perché oppresso
dal senso di colpa).
In realtà la nostra unica urgenza è quella di creare una
distanza incolmabile fra noi e il matricida. Una distanza psicologica
prima ancora che fisica. Fra lui e noi non ci deve essere alcun flesso.
Il matricida non viola solo una legge penale: egli attacca il reale. Apre
una breccia profonda nel velo di Maya che protegge la nostra normalità.
Un po come il maniaco che si masturba agli angoli delle strade.
Non sta infrangendo una legge scritta, sta mostrando linquietante
natura di cui sono fatti i nostri desideri e le nostre passioni.
Sembra un paradosso, ma non cè niente di più sensato
che uccidere chi ci ha dato la vita. Cancellare la causa prima, lorigine,
la porta attraverso cui ci hanno scaraventati in questo mondo. Certo più
sensato che uccidere persone che non conosciamo e che ci hanno ordinato
di uccidere.
Ci può tranquillizzare il fatto di pensare a questi atti come aberrazioni
patologiche, eccezioni, malattie. Le allontana da noi. Ci
mette al sicuro da ogni possibile coinvolgimento. Ma tutto il terrore
che proviamo di fronte a questi delitti è il terrore di riconoscerli
come nostre umane e tragiche possibilità.
I legami fra le persone sono di una natura tale che è impossibile,
a volte, discernere vittime e carnefici. Legami e case che spesso proteggono,
a volte imprigionano. Legami e affetti che ci tengono in vita ma di cui
a volte non possiamo fare senza. A volte non troviamo alcuna via duscita
se non tranciarli di netto o portarceli con noi oltre la morte. Non sopportiamo
di lasciarceli dietro e a volte neanche che facciano a meno di noi.
Anche qui. Cosa ha a che fare questa nostra fragilità e inquietudine
con la medicina? Cosa può farci ragionare? Cosa può impedirci
di essere umani e, quindi, pericolosi a noi stessi e per gli altri?
Non giustifico quello che a volte siamo capaci di fare gli uni degli altri
(con o senza spargimenti di sangue): dico solo che non esiste niente che
possa vaccinarci dalla passione senza ucciderci; non cè niente
che sappia farci ragionare senza farci smettere di essere quello che siamo.
Così è la psichiatria: crea i mostri che poi afferma di
tenere sotto controllo.
Gli psichiatri ci raccontano una storiella a cui abbiamo bisogno di credere.
Ci dicono che dietro certe azioni tragiche e inaccettabili non ci sia
altro che una malattia, lalterazione di qualche processo biochimico,
una mente malata. Ci illudono che individuando le persone che ne sono
affette, isolandole e curandole per tempo, essi non commetteranno quelle
azioni. Con questa logica sono stati autorizzati a trattenere e controllare
per decenni centinaia di migliaia di uomini e di donne che non hanno mai
fatto male a nessuno, presunti colpevoli di crimini mai commessi. Essere
definiti malati di mente equivale ad essere indicati come pericolosi ed
efferati criminali.
Se usassimo la stessa logica nei confronti degli psichiatri arriveremmo
probabilmente alla stessa conclusione: essi sono biologicamente e, probabilmente,
geneticamente pericolosi per se stessi e per gli altri.
In questo campo a niente vale la realtà, le prove oggettive che
possiamo portare. Inutile far notare che la percentuale dei delitti commessi
da persone diagnosticate malate di mente è analoga (se non inferiore)
a quella degli stessi delitti commessi da persone ritenute sane (ivi compresi
gli psichiatri). Abbiamo le stesse possibilità di essere uccisi,
derubati, danneggiati da persone che consideriamo malate o sane. Eppure
riteniamo la pericolosità come una caratteristica fondamentale
della malattia e non della sanità.
In realtà non cè niente di sensato nel nostro rapporto
con ciò e con chi non capiamo. La psichiatria stessa è un
cumulo di irrazionalità e violenze, sistematizzato e accettato
come ovvio.
Manicomio e terapie psichiatriche non hanno mai impedito i raptus omicidi
(che per definizione sono imprevedibili). Hanno soltanto usato questi
atti per giustificare un crimine ancora più grande: una sorta di
genocidio che ha coinvolto (e coinvolge) milioni di esseri umani privati
di qualsiasi libertà di scelta.
LA MALATTIA MENTALE NON ESISTE. Non neghiamo la realtà. Affermiamo
che ci sono esperienze e persone che ci spiazzano con il loro ragionamento
e comportamento. Persone ed esperienze con cui vogliamo entrare in relazione,
convivere e condividerne il senso. Non crediamo che le persone (in)seguite
dagli psichiatri siano malate, così come non crediamo a priori
che soffrano delle loro esperienze. Crediamo che lunico modo per
uscire dallarbitrio sia quello di accettare lautodefinizione
che le persone danno della loro situazione. Luomo nudo non soffre
della sua nudità. Soffre sicuramente di quanto facciamo lui in
nome di un aiuto che è solo cieca violenza.
Non cè esperienza umana in sé piacevole e positiva.
Tutte le esperienze possono essere porte per entrare in paradiso od essere
scaraventati allinferno. Le stesse esperienze, in momenti diversi
della nostra vita, possono esaltarci o deprimerci. Possiamo allo stesso
modo, stare bene con noi stessi ed essere per questo perseguitati da altri.
Soffrire le pene dellinferno a causa della nostra felicità
e pienezza di vivere.
Sentire la voce di dio può scaraventarti nei più cupo terrore
o innalzarti allestasi più sublime. Innamorarsi può
farci sentire da dio o ridurci ad uno straccio. Per amore si può
costruire case o distruggerle. La nostra passione può farci vincere
mali incurabili o può spingerci ad uccidere ed ucciderci. E così
via.
Dicendo che luomo nudo sta male, che Cesare soffre a stare disteso
per terra, che Antonio agonizza girando per la stazione tutta la notte
parlando con gente che non vediamo, noi giustifichiamo il loro sequestro
involontario. Non rispondiamo ad una loro ma ad una nostra sofferenza.
Nostra è la vergogna, limpotenza, la paura, lincomprensione,
il terrore. Se Francesco se ne sta sui tetto nella beatitudine del suo
rapporto col creato, non pensiamo di portargli dei viveri per consentirgli
di rimanerci per il tempo che vuole, lo aiutiamo a scendere con laiuto
dei vigili dei fuoco e, non paghi, lo aiutiamo anche a dimenticare quelle
fantasie e riprendere il suo posto nella realtà.
Certo non tutti ci inquietano con la loro beatitudine. Cè
chi si precipita nelle nostre braccia chiedendo aiuto, ci implora dì
proteggerlo da entità, mostri e demoni che non riusciamo a vedere.
E noi come li aiutiamo? Dicendo loro che non cè nessuno,
che sono solo fantasie, qualcosa che non gira bene nella loro biochimica,
forse lo stress, forse qualche trauma... e li lasciamo soli a fronteggiare
i demoni, chiudiamo loro ogni via duscita, li chiudiamo in luoghi
protetti dove non possono più scappare da nessuna parte.
Siamo così ciechi da non capire che questo nostro invito a non
dare un senso a quanto ci sta accadendo, è proprio la porta per
spingere le persone nel terrore più incontrollabile. La spiegazione
psichiatrica in realtà non spiega niente, non aiuta nessuno, serve
solo agli operatori per giustificare quello che ti faranno. A volte lalternativa
che lasciamo a chi ci chiede aiuto è fra farsi dilaniare dai demoni
o farsi invadere dagli psicofarmaci. Dalla padella alla brace, come si
usa fare.
Se sofferenza cè nelle esperienze umane, questa, a mio avviso,
è sempre collegata alla capacità di capire e far capire
quello che vogliamo o quanto ci sta accadendo. in realtà la psichiatria
non sa niente di quanto accade ai suoi utenti, né sembra essere
interessata ad aiutarli a capire: suo unico scopo è quello di eliminare
con ogni mezzo (consentito o meno) comportamenti lesivi della (in)civile
convivenza.
Credo che questa cecità sia figlia di una logica che afferma: le
sofferenze provocate da fantasie o realtà immaginate sono esse
stesse immaginarie. Non scatta nessuna empatia con luomo che corre
inseguito dai demoni. Lo blocchiamo. Gli diamo due pacche sulle spalle
e poi via al pronto soccorso del più vicino ospedale.
Anche qui non siamo noi a negare la realtà della sofferenza delle
persone, ma chi crede che le persone siano affette da malattia mentale.
Togliere di mezzo la malattia ci rimette in comunicazione col cuore del
problema. Nessuno soffre per la malattia che altri dicono che lui ha,
si soffre di fronte a ciò che non si capisce o, peggio ancora,
dellessere sistematicamente fraintesi o derisi dagli altri.
(* ) Giuseppe Bucalo , operatore in Sicilia nel campo della 'salute mentale',
appassionato sostenitore del movimento antipsichiatrico in Italia, promotore
della 'Federazione Antipsichiatrica Italiana" www.ecn.org/antipsichiatria
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