Tfr:
la riforma parte dal 2008
A
sorpresa la riforma del tfr che doveva essere operativa dal gennaio 2006 viene
fatta slittare al 2008. Quali le ragioni e le conseguenze per i lavoratori
. Reds - Gennaio 2006.
Prendendo tutti
di sorpresa il Governo, in un Consiglio dei Ministri di metà novembre
convocato apposta, ha deciso che la riforma del Tfr e il lancio dei fondi
pensione ad essa collegato, partiranno non da gennaio 2006 ma da gennaio
2008.
Prima di capire le ragioni di questa scelta vediamo nel concreto i punti
fondamentali di questa riforma.
Dal 1° gennaio 2008 i lavoratori del settore
privato avranno sei mesi di tempo per decidere se trasferire il Tfr che
maturerà a partire da questa data sui fondi pensione: sui fondi pensione
aziendali (chiamati anche chiusi o negoziali), o su altri fondi (aperti)
oppure su assicurazione sulla vita con finalità pensionistiche. Non
si potrà quindi trasferire sui fondi il Tfr maturato prima del 2008.
Il lavoratore che preferirà mantenere il Tfr in azienda così
come è adesso, potrà comunque cambiare idea in ogni momento,
e trasferirlo sui fondi successivamente.
La decisione, per chi già lavora, se versare
o meno il proprio Tfr nei fondi pensione, dovrà quindi essere presa
dal 1° gennaio al 30 giugno 2008. Se il lavoratore non prenderà
nessuna decisione si riterrà che egli abbia dato il proprio consenso
al trasferimento del Tfr nei fondi previsti dai contratti collettivi. In
caso esistano più forme complementari scelte dall'azienda, il Tfr
verrà trasferito a quella alla quale avrà aderito il maggior
numero di lavoratori. Se non si potranno applicare queste modalità,
il Tfr finirà alla forma pensionistica complementare Inps.
Dopo due anni, il lavoratore avrà diritto alla cosidetta
"portabilità" dell'intera posizione individuale; vale a
dire che (se lo riterrà opportuno) potrà cambiare fondo solo
dopo che siano trascorsi due anni.
Non solo il Tfr, il lavoratore potrà scegliere di versare
nei fondi pensione anche una parte del proprio salario. Se il lavoratore
verserà i propri soldi in un fondo aziendale, è previsto un
contributo a carico del datore di lavoro che però decade se il lavoratore
sceglie di portare il Tfr in altre forme pensionistiche, come le polizze
assicurative.
Il 75% del Tfr versato potrà essere richiesto in qualsiasi
momento dal lavoratore per sostenere spese sanitarie ai fini di terapie
o interventi straordinari "a seguito di gravissime situazioni"
anche per moglie e figli. Invece per l'acquisto della prima casa (per sè
o per i figli), il 75% potrà essere richiesto dopo almeno otto anni
di iscrizione al fondo. Per altre esigenze potrà essere richiesto
al massimo il 30%. In entrambi i casi verrà applicata una ritenuta
d'imposta maggiorata al 23%.
I contributi che il lavoratore verserà sui fondi pensione
saranno deducibili dal reddito fino a 5164,57 € (con conseguente riduzione
dell'IRPEF). Ma sui rendimenti annuali di questi contributi graverà
un'imposta dell'11%. La pensione integrativa che verrà erogata (o
la prestazione finale) verrà tassata al 15%, che potrà però
diminuire dello 0,3% ogni anno dopo il quindicesimo di versamenti (la ritenuta
non potrà comunque essere inferiore al 9%).
Le
compensazioni a vantaggio dei datori di lavoro che non avranno
più a disposizione i soldi dei lavoratori, consistono
- nella possibilità di dedurre dal reddito d'impresa ill 4% dell'ammontare
del Tfr conferito ai fondi (il 6% per le aziende con meno di 50 dipendenti),
- nell'accesso agevolato al credito attraverso il Fondo di garanzia,
- nella riduzione del costo del lavoro attraverso la diminuzione degli oneri
impropri,
- nell'esonero dal versamento dei contributi di garanzia sul Tfr.
Per le piccole e medie imprese (Pmi) Maroni ha promesso una moratoria di
un anno, ossia l'entrata in vigore della riforma il 1° gennaio 2009.
I vari commenti
Il rinvio della riforma, come abbiamo detto, ha colto tutti di sorpresa
e ha suscitato reazioni di diverso tipo. Ha deluso chi riteneva urgente
il decollo delle pensioni integrative (sindacati e centro-sinistra) e ha
invece soddisfatto chi (Confindustria) era più che altro preoccupato
che il testo della riforma non venisse manomesso, in paricolare nella parte
riguardante le cosiddette "compensazioni".
I sindacati confederali e il Centrosinistra sono i principali responsabili
delle varie riforme del sistema previdenziale che hanno portato le giovani
generazioni ad avere in prospettiva delle pensioni sostanzialmente dimezzate
rispetto quelle degli anziani, ed è per questo che speravano, senza
ammetterlo troppo esplicitamente, che il governo Berlusconi riuscisse a
far partire le pensioni integrative per "rimediare" al danno provocato.
Durissimo il commento di Epifani che ha parlato di "una presa in giro"
per i lavoratori danneggiati dal rinvio, e di "un governo che ha deciso
di non decidere".
Pezzotta poi ha definito "indecorosa" la decisione di far slittare
le nuove norme; "l'entrata in vigore subito avrebbe risolto un problema
di milioni di persone, soprattutto giovani, mentre così si risponde
a interessi particolari di qualcuno".
Letta della Margherita ha tuonato definendo "gravissimo" il rinvio,
visto che "sono dieci anni che i lavoratori aspettano una soluzione
ai problemi della previdenza complementare. Ormai il Governo non è
più in grado di decidere nulla".
Giuliano Amato ha commentato amaramente che "il rinvio rappresenta
due anni portati via ai giovani appena entrati nel mercato del lavoro".
Insomma, un piagnisteo unico!!!
Un piagnisteo che ha comunque alla base un giudizio positivo sui contenuti
della legge fatta approvare dal governo Berlusconi.
Ma entriamo dentro questi contenuti.
Sulla
questione del rinvio non c'è molto da dire se non che il
Governo ha voluto in questo modo ridurre i costi della riforma. Sono infatti
come minimo 620 milioni di euro che resteranno nelle casse del Tesoro nei
prossimi due anni e che potranno quindi essere utilizzati in altri modi.
Una torta neanche troppo piccola su cui si sono già avventati i vari
ministri per ottenerne un pezzo a fini elettorali. I più maliziosi
sostengono anche che in questo modo il Governo, consapevole della prossima
sconfitta elettorale, abbia voluto passare la patata bollente nelle mani
di Prodi, Fassino e compagnia. E' noto infatti che il popolo di sinistra
(giustamente) non vede di buon occhio lo scippo del Tfr, e ancora meno bene
lo vedrà se a portare avanti l'operazione ci sarà un governo
"amico". Sarà imbarazzante per il governo dell'Unione,
che tanto ama i fondi pensione, vedersi alle prese con i comitati contro
lo scippo del Tfr (che erano già pronti a partire con la campagna
di boicottaggio del "silenzio
assenso"). Comprendiamo quindi perfettamente le reazioni dei leaders
del centrosinistra, i quali non potranno neanche dare la colpa al governo
precedente, visto che si troveranno a chiudere il cerchio di una operazione
iniziata proprio da loro. Il nostro auspicio è che i lavoratori in
piena autonomia (vista la situazione) riescano a utilizzare il periodo di
rinvio per affilare meglio le loro armi contro questo provvedimento che
ha come unico e ultimo obbiettivo (come abbiamo già argomentato
in tempi non sospetti) lo smantellamento della pensione pubblica.
Il meccanismo
del silenzio assenso è stato meglio messo a punto.
Ora alla fine non ci sono dubbi sul dove dovranno andare a finire i soldi
dei lavoratori che non diranno nulla. Potranno andare, in ordine di importanza,
sui fondi di categoria (Cometa....), sui fondi privati (Unipol...) o infine
all'INPS. Questa trovata dell'INPS è veramente curiosa. In pratica
se un lavoratore non avrà un fondo di categoria e la propria azienda
non avrà indicato una compagnia di assicurazioni esterna, i soldi
andranno all'ente pubblico (INPS) il quale erogherà una pensione
INPS integrativa che servirà a compensare la decurtazione della pensione
INPS normale.
Con la portabilità si è in sostanza voluto
creare le condizioni affinchè le varie compagnie di assicurazione
si facciano un po' di concorrenza. La conseguenza di ciò sarà
che il lavoratore iscritto a un fondo sarà oggetto di continue proposte
a cambiare fondo, un po' come succede oggi con i diversi gestori della telefonia.
Un meccanismo che consentirà a tutte le compagnie di mangiare (chi
più chi meno) nell'enorme pentolone dei fondi pensione, che viene
stimato in circa 13 miliardi di euro l'anno.
Con la possibilità data al lavoratore di versare anche altri
soldi (oltre al Tfr) nei fondi, si è chiaramente voluto
dare un maggiore impulso al meccanismo di calcolo della pensione col metodo
contributivo, che, come sappiamo, prevede una pensione tanto più
alta quanto maggiore è l'entità del versamento. Un'accelerazione
verso la fine della pensione retributiva, quella cioè calcolata in
percentuale sulla retribuzione.
La possibilità
per il lavoratore di ottenere una parte del Tfr in anticipo
è un diritto che il lavoratore ha da circa 30 anni. Nei fatti però
è sempre stato difficoltoso arrivare ad avere la somma richiesta,
per una serie di clausole previste dalla legge e usate dal padrone per esercitare
una sorta di discrezionalità. Ora sembrerebbe più semplice
avere le anticipazioni sul Tfr, ma vi sono due evidenti penalizzazioni:
la prima deriva dal fatto che, se non servono per spese sanitarie, le antipazioni
vengono tassate, e la seconda viene invece dalla riduzione della pensione
integrativa come conseguenza della riduzione dei soldi nel fondo. In pratica
prima il lavoratore anche se a fatica poteva avere dei soldi in anticipo
sul Tfr senza nessuna conseguenza negativa, ora invece su quella quantità
dovra pagare le tasse prima, e avrà una decurtazione sulla pensione
integrativa dopo. Davvero un bel passo in avanti...
La possibilità di dedurre dal reddito i soldi versati
nei fondi pensione, e la tassazione relativamente bassa dei rendimenti sono
chiaramente specchietti per le allodole che hanno in questa fase la funzione
di convincere il lavoratore che versando il suo Tfr potrà addirittura
guadagnarci. Ma questo argomento meschino, spesso utilizzato anche da sindacalisti
e da equivoci personaggi di "sinistra", serve semplicemente a
distogliere il lavoratore dalla vera rapina perpetrata a suo danno quando
gli è stata allungata l'età pensionabile, gli è stato
peggiorato il meccanismo di accesso alla pensione di anzianità e
gli e stato abolito il metodo retributivo nel calcolo della pensione. Tutto
ciò non sarà mai compensato da nessun meccanismo fiscale di
sorta.
Ma ecco le
Compensazioni: si tratta dell'argomento che ha convinto
i padroni a rinunciare a tenere in cassa gli accantonamenti del Tfr dei
lavoratori. Siccome lorsignori si sentivano danneggiati dal fatto di non
poter più disporre (grazie al silenzio assenso) di quel denaro a
interessi zero, ecco il Governo che interviene con agevolazioni fiscali,
riduzioni del costo del lavoro, accesso agevolato al credito e chissà
quanto altro.
Questo spiega il sostanziale appoggio dato dalle organizzazioni padronali
a questo decreto, che se anche andrà in vigore tra due anni non produrrà
nel frattempo nessun contraccolpo negativo sui loro bilanci in quanto continueranno
a tenere in cassa gli accantonamenti dei Tfr.
A questo punto cosa resta da fare?
Da qualsiasi parte la si voglia vedere tutta questa vicenda, non
emergono elementi che possano essere definiti positivi per i lavoratori,
e da cui ripartire per una sorta di modifica del provvedimento; mentre per
i padroni le prospettive sono decisamente positive.
Occorrerebbe mettere in atto una lotta con degli obbiettivi immediati e
obbiettivi a lunga scadenza.
Immediatamente occorre una grossa campagna di informazione sulla truffa
che sta dietro il trasferimento del Tfr sui fondi pensione, unitamente al
boicottaggio del meccanismo del silenzio-assenso. In questo modo almeno
si potrà prendere un po' di tempo per capire meglio la situazione
e organizzare le energie.
Ma in prospettiva occorre avere il coraggio di sostenere che, rispetto tutti
i provvedimenti legislativi che hanno sempre più impoverito le pensioni,
occorre fare retromarcia, mettendo sul piatto il ritorno al calcolo della
pensione col sistema retributivo e alla pensione di anzianità così
come era prima del 95.
Ma l'elemento
politicamente più rilevante è tutto nel fatto che i lavoratori,
se decidessero di opporsi a questa manovra nei modi che abbiamo detto, si
troverebbero a dover condurre una lotta senza l'appoggio delle principali
organizzazioni sindacali e politiche. E pertanto la vera questione che dovranno
affrontare è tutta nel capire come, con che strutture, con che tipo
di collegamenti , come acuire le contraddizioni che, su questo argomento,
comunque esistono anche all'interno degli apparati delle organizzazioni
sindacali.
Per ciò i comitati contro lo scippo del Tfr che si sono attivati
in questi ultimi mesi non devono tirare i remi in barca; al contrario devono
prendere sempre più coscienza che con ogni provabilità si
troveranno ad essere nei prossimi mesi i soggetti principali, forse unici,
di una importante lotta di civiltà.