Il
porcellum firmato Cgil.
L’accordo
tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria è stato giustamente accolto da
Tremonti, Sacconi, da tutto il mondo del potere economico e governativo e
dalle finte opposizioni come un grande successo (Di Giorgio Cremaschi –
da Liberazione del 30 giugno 2011). Reds – Luglio 2011
Introduciamo l’intervento di Cremaschi riportando prima una breve scheda
del Sole24ore, in cui con poche parole (e chiare) viene sintetizzato il contenuto
dell’accordo.
Contratti aziendali
Il contratto collettivo nazionale di lavoro ha la funzione di garantire certezza
nei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore.
La contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate,
in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di categria e dalla
legge.
Deroghe
I contratti collettivi aziendali possono definire, anche in via sperimentale,
intese modificative delle regolamentazioni dei contratti collettivi nazionali
di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi ccnl.
Ove non previste i contratti collettivi aziendali possono definire intese
modificative sugli istituti del ccnl che disciplinano prestazione lavorativa,
orari e organizzazione del lavoro.
Efficacia in presenza di RSU
I contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono
efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni
sindacali firmatarie dell’accordo interconfederale operanti all’interno
dell’azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze
sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti.
Efficacia in presenza di RSA
In aziende in cui sono presenti le RSA (Rappresentanze sindacali aziendali)
i contratti collettivi aziendali sono efficaci se approvati dalle Rsa destinatarie
della maggioranza delle deleghe. I contratti vanno sottoposti al voto dei
lavoratori entro 10 giorni. Per la validità della consultazione serve
la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L’intesa
è respinta con il voto della maggioranza semplice.
Tregua sindacale
I ccnl definiscono clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l’esigibilità
degli impegni assunti con la contrattazione collettiva e hanno effetto vincolante
per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori e associazioni sindacali
firmatarie dell’accordo interconfederale operanti all’interno
dell’azienda e per i singoli lavoratori.
Certificazione
Per la rappresentatività delle organizzazioni sindacali si assumono
come base i dati associativi riferiti alle deleghe conferite dai lavratori.
Il numero delle deleghe viene certificato dall’Inps. I dati così
raccolti e certificati saranno da ponderare con i consensi ottenuti nelle
elezioni periodiche delle rappresentanze sindacali unitarie da rinnovare ogni
tre anni.
Proponiamo ora l’intervento di Cremaschi pubblicato su Liberazione.
Con questo accordo si afferma la centralità dell’aziendalismo
e soprattutto si pongono limiti senza precedenti alla libertà sindacale,
ai diritti contrattuali, ai poteri dei lavoratori.
Il principio ispiratore di questo accordo è che nel contratto aziendale
la maggioranza dei sindacati decide, la minoranza non si può opporre.
E’ un mostruoso centralismo burocratico applicato alle relazioni sindacali.
Ma vediamo in concreto i punti che portano a questo disastro.
1. Nella premessa l’accordo assume totalmente l’ideologia confindustriale.
L’obiettivo comune è quello di: “un sistema di relazioni
industriali che crei condizioni di competitività e produttività
tali da rafforzare il sistema produttivo, l’occupazione e le retribuzioni.”
E’ la filosofia di Marchionne: prima la competitività e la produttività
e poi l’occupazione e, ancora dopo le retribuzioni e chissà quando
i diritti.
Che Marchionne sostenga questo è in fondo parte del suo ruolo ampiamente
retribuito. Che lo sostenga anche la Cgil è distruttivo per l’autonomia
sindacale.
Ma superate queste enunciazioni filosofiche si arriva alla sostanza, cioè
a un’intesa che ha lo scopo di rendere “esigibile” il comportamento
delle parti, in particolare rispetto al livello aziendale. Infatti sul contratto
nazionale, che a parole rimane, si stabilisce solo il principio che chi ha
più del 5% delle deleghe e dei voti nelle Rsu, può andare a
trattare. Non interessa all’accordo, invece, come si fanno i contratti
nazionali, con quali regole e con quali diritti per i lavoratori. Tutto questo
è affidato ad accordi tra le categorie, cioè a niente. E’
la dimostrazione che lo spirito di quest’accordo è quella di
rendere sempre più forte l’accordo aziendale e sempre più
debole il contratto nazionale.
2. Infatti il sistema diventa rigorosissimo quando si parla degli accordi
aziendali. La maggioranza di una Rsu eletta dai lavoratori approva un accordo
aziendale e questo è valido per tutti, senza bisogno di voto dei diretti
interessati. La minoranza ha l’obbligo di accettare l’accordo,
perché sono impegnate a rispettarlo: “tutte le associazioni sindacali
firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all’interno
dell’azienda”. Cioè, le strutture della Cgil, e anche naturalmente
la Fiom, non possono più opporsi in Fiat da un accordo sottoscritto
dalla maggioranza delle Rsu, come è avvenuto a Mirafiori
e Pomigliano, ma devono accettarlo
e applicarlo in quanto la casa madre confederale si è preventivamente
impegnata per loro. Questo significa anche rinunciare allo sciopero perché
le “clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l’esigibilità
degli impegni” hanno “effetto vincolante” per tutti i firmatari
dell’accordo interconfederale. D’ora in poi se Fim, Uilm e Fismic
firmano in Fiat, la Fiom deve solo obbedire e non può scioperare, perché
la Cgil si è impegnata per essa.
3. Il sistema dei contratti nazionali è ampiamente derogabile. La parola
deroghe non compare nell’accordo, per scelta ipocrita e complice. Ma
si scrive che i contratti collettivi aziendali possono definire “specifiche
intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi
nazionali di lavoro”. Si aggiunge anche che se i contratti non prevedono
clausole di deroga, queste si possono fare lo stesso a livello aziendale,
in particolare sulla “prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione
del lavoro”. Non si capisce a questo punto di che cosa dovrebbe lamentarsi
la Fiat. La Cgil ha messo la firma tecnica agli accordi del passato e, in
ogni caso, si impegna ad accettare quelli futuri.
4. I lavoratori non votano mai, se non quando in azienda operano le Rsa. Qui
c’è un’altra novità negativa, perché gli
accordi del passato non prevedevano più le Rsa, che come si sa sono
nominate dalle organizzazioni sindacali e non elette dai lavoratori. In questo
caso invece si riscopre la loro esistenza, forse perché gli accordi
separati in Fiat prevedono tutti l’istituzione delle Rsa al posto delle
Rsu elettive. Solo in questo caso è ammesso il voto dei lavoratori
sugli accordi, quando un’organizzazione o il 30% degli interessati lo
richiede. Tutto questo chiarisce ancor di più che in tutte le altre
situazioni ai lavoratori è negato il diritto al voto sugli accordi.
Non si vota più. Non nel contratto nazionale, dove non è prevista
nessuna validazione democratica dell’accordo. Non a livello aziendale,
dove decidono le Rsu. Insomma, passa una sorta di porcellum sindacale. Come
per l’attuale Parlamento c’è un maggioritario che decide
per tutti e che obbliga l’opposizione ad adeguarsi. E’ il sogno
di Berlusconi.
5. Questo accordo chiede al governo di ridurre le tasse e i contributi sul
salario aziendale legato alla produttività. Mentre si promette la riduzione
delle tasse sulle retribuzioni, questo accordo chiarisce che essa va solo
al salario flessibile che interessa alle aziende e a una minoranza dei lavoratori.
Anche qui la Cgil improvvisamente aderisce all’ideologia di Bombassei,
Sacconi, Bonanni e del libro bianco.
In conclusione, questo accordo cambia la natura del sindacato, cambia la natura
della Cgil, distrugge la libertà e l’autonomia della contrattazione
ai vari livelli mentre stabilisce un sistema burocratico aziendalistico governato
dalle imprese e dagli accordi corporativi con le grandi confederazioni. E’
il sistema della complicità sindacale auspicato dal libro bianco di
Sacconi. E’ bene inoltre ricordare che resta totalmente in vigore l’accordo
separato del 2009, che la Cgil non aveva sottoscritto. Ora quell’accordo
viene regolato da questa intesa unitaria.
Con questa intesa si opera una rottura profonda con questo anno di lotte e
di movimenti, mentre, come ha giustamente sottolineato Tremonti, si dà
un vero aiuto alla politica economica del governo e alle banche europee che
chiedono flessibilità, aziendalismo e tagli allo stato e ai diritti
sociali. La segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, con questa firma
è venuta meno allo spirito e alle stesse norme statutarie della confederazione,
e come minimo dovrebbe dimettersi. Non lo farà ma sappia che c’è
chi glielo chiede e continuerà a chiederglielo. Mobilitiamoci per far
ritirare alla Cgil la firma da questa intesa e, in ogni caso, per contrastarla
e rovesciarla. E’ una battaglia di democrazia e giustizia sociale contro
un modello economico autoritario e aziendalistico che si vuole imporre ai
lavoratori perché paghino tutti i costi della crisi. Contro questo
accordo bisogna ribellarsi.