Tre mesi nella Repubblica Democratica del Congo.
Resoconti a ruota libera di un cooperante: luci ed ombre di un paese in piena crisi economica e politica, in cui si cerca faticosamente di porre fine alla lunga guerra, iniziata nell’agosto 1998. Lumumbashi, Katanga, RDC. Di Andrea Speranza. Marzo-giugno 2003.


Lubumbashi, 12 marzo 2003
LUBUMBASHI

Lubumbashi ti accoglie con la gigantofrafia di Laurent Desirè Kabila, il Presidente che nel 1997 liberò il paese dalla dittatura trentennale di Mobutu Sese Seko e che fu poi assassinato nel gennaio 2001. Ora il paese, almeno la parte in mano al governo, è governato dal figlio Joseph Kabila, 31 anni. "Bienvenus a Lubumbashi, capitale du cuivre" (la capitale del rame), recita un'immensa scritta sulla strada principale, e poi è come essere atterrati su un altro pianeta.

Un milione di abitanti, ammassati in quartieri popolari, fatti di povere case di mattoni o di paglia e fango. Strade sterrate dove non ci sono macchine, buche profondissime, la gente gira solo a piedi. Donne con vestiti dai colori fortissimi che trasportano qualunque tipo di carico sopra le loro teste, bambini seminudi che giocano con l’immondizia ti salutano e ti sorridono, uomini che trascinano carretti e altri carichi di ogni genere. Tutti gli occhi sono fissati su noi bianchi, ogni nostro movimento, gesto o espressione viene osservata e giudicata.

Non si vede un bianco per la strada, i pochi girano solo in macchina. Noi bianchi siamo lo spettacolo, osservati da centinaia di persone. Le case sono di mattone oppure di fango e paglia, i bambini spuntano da tutte le parti e sono bellissimi. I bambini ti sorridono e ti salutano con la mano, gli adulti ricambiano il saluto volentieri, ma pare che passeggiare sia pressoché impossibile, mi dicono che non hai un attimo di tregua, con bambini di strada ed individui di ogni genere che ti chiedono soldi.

La città è grandissima ed è dominata dalla vecchia miniera di rame, una specie di mostro sormontato da una vera e propria montagna di scorie di lavorazione, da cui si estraggono altri materiali. Questo monte nero sembra un vulcano in mezzo alla città, è veramente inquietante. La Gé.ca.mines, la società che gestisce la miniera, ha licenziato negli anni scorsi qualcosa come 20.000 dipendenti, che ora sono disoccupati, senza sussidio ovviamente... Quelli rimasti sono in sciopero perché non vengono pagati da mesi. Oggi una colonna dell'esercito, composta da bambini soldato (li abbiamo superati in macchina) si dirigeva verso il complesso minerario... Ci sono alcuni quartieri in cui la miseria è la realtà quotidiana. Ci passiamo attraverso in macchina o in furgone, ma di giorno non ci sono problemi, se si dovesse bucare una gomma ce la caveremmo. Il posto più sconvolgente è il quartiere Kenya, dove si erge anche lo stadio nazionale, in mezzo alla miseria.

Per farvi capire cos'è questo posto vi dico solo una cosa: il 25 febbraio c'è stato un grosso incidente stradale, ci sono stati morti e feriti. Il capo progetto mi ha raccontato che lo ha chiamato il sindaco in persona, per chiederci se potevamo fornire del cotone da portare in ospedale ai feriti, perché gli ospedali della città ne erano sprovvisti!

Oggi ho conosciuto il parroco salesiano che gestisce uno dei complessi scolastici in cui lavoriamo eche si è fatto 33 anni in Africa tra Ruanda, Burundi e Congo. Ho visitato con lui il piccolo ospedale e la sala maternità, affollata da neomamme poco più che bambine. C'era anche la "sala del risveglio", con due ragazzine che avevano appena partorito.

Lubumbashi, 13 marzo 03
LA BROUSSE

Oggi sono andato al villaggio di Kakonkanya, che si trova a 54 km da Lubumbashi, a visitare una delle scuole, quella più lontana, che sta nella "brousse" come la chiamano qui, vale a dire la campagna, la savana, insomma fuori dalla città. 54 chilometri di strada impossibile, piena di buche, in cui noi eravamo gli unici ad andare con il fuoristrada. La gente cammina per chilometri a piedi oppure in bicicletta con dei carichi incredibili, fino a 100 kg di legna o carbone, che vanno a prendere in brousse e che poi vendono ai mercati in città. Ci sono anche i vélo-taxi, che dei ragazzini guidano portando sul retro delle signore ben vestite.
Lungo la strada si incontrano dei villaggi, le cui case sono fatte di fango e paglia. I bambini spuntano da tutte le parti, vestiti di stracci, eccitatissimi dall'arrivo di una macchina, tutto il villaggio ti guarda e i bimbi si mettono a gridare quella parola con cui siamo identificati noi bianchi: "Muzungu! Muzungu!" (uomo bianco!). Sembrano felicissimi, ti salutano tutti con la mano, corrono dietro alla macchina rischiando di finire sotto le ruote. Gli adulti ti fissano seri ma basta un cenno con la mano e sorridono, le donne sono più timide ma fanno la stessa cosa, oppure si mettono a ridere per la timidezza o la vergogna.
Siamo ancora nella stagione delle piogge e la brousse è molto rigogliosa, ci sono alberi di ogni tipo e quando ti fermi un attimo puoi ascoltare il canto di una miriade di uccelli.

A Kakonkanya c'è la scuola Akacelo. E' una scuola elementare ed i bambini sono di una bellezza che ti stordisce. Ne ho visti un paio al villaggio con la pancia gonfia per la verminosi, ma in generale sembrano in buone condizioni di salute. Si mangia il piatto tradizionale, il bukari (che chiamano anche "foufou" dalle parti di Kinshasa), che è una specie di polenta fatta con farina di mais, che i bambini intingono con le mani in una salsa di fagioli e gombo, un legume tropicale.
La passeggiata al villaggio è stata un'esperienza indimenticabile. Le piante di banane circondano le povere case di fango e paglia, la gente è molto dignitosa e gentile, i bambini ti seguono a frotte. Uno giocava con un pallone fatto di corda, un altro aveva una fionda a tracolla.
Sulla strada del ritorno ci siamo fermati a comprare delle pannocchie e delle specie di bigné ai lati della strada da dei bambini piccolissimi: due pannocchie 100 Franchi congolesi, circa 23 centesimi di Euro. Parlano lo swahili a Lubumbashi, mentre già al villaggio il dialetto cambia, si parla il cibemba. La gente della brousse sembra stare un pò meglio di quella di città, se non altro non hanno problemi di accesso al cibo: la coltivazione di mais, di patate dolci, di arachidi e altri legumi consente un grado di autosufficienza alimentare a buona parte della popolazione.

Non c'è assolutamente pericolo per quanto riguarda la sicurezza, in città occorre stare molto più attenti. Nella brousse dominano i termitai, che possono arrivare fino a 10 metri di altezza e su cui spesso crescono degli alberi. Ce ne sono di grandissimi anche in città.
Certo questo è un paese veramente disastrato a livello sociale, dopo secoli di sfruttamento selvaggio dei belgi e decenni sotto una delle dittature più terribili del pianeta. Qui elezioni non ce ne sono mai state dal 1960, anno dell’indipendenza; il Presidente fu eletto per acclamazione, in uno stadio di calcio pieno; alla sua morte gli succedette il figlio. Il Parlamento non è eletto bensì nominato dal Presidente in persona.
Ho appreso una notizia che mi ha profondamente scosso e mi ha messo brutalmente di fronte alla realtà di questo paese: a Mbuji Mayi, una grossa città nella regione del Kasai Orientale (piuttosto lontano da Lubumbashi, nella zona delle foreste equatoriali, la città dei diamanti) una ragazza è morta di colera. Il capofamiglia, convinto invece che fosse deceduta perché strega o comunque a causa di qualche feticcio, ha fatto un rito propiziatorio, che dovrebbe in teoria servire a scacciare le malvagità dalla comunità: ha immerso la biancheria intima della deceduta in un secchio d'acqua e ha costretto tutta la famiglia allargata, 30 persone, a bere. Il risultato è stato che 7 persone sono morte, tra cui il capofamiglia, e da quel focolaio si è diffusa una vera e propria epidemia di colera, che si è estesa in tutta la regione, provocando centinaia di morti (ottobre 2002, dal bollettino mensile di Médecins sans Frontières).

Lubumbashi, 14 marzo 03
IL COLERA

Stamattina sono andato a visitare una delle scuole che ancora non avevo visto. I servizi igienici sono in condizioni veramente terribili; d’altronde sei turche sono utilizzate da più di mille bambini, non c’è acqua né carta igienica.
Nel cortile della scuola hanno fatto un campo di pallavolo. Le linee che delimitano il campo sono tracciate con dei mattoni, comprese quelle che delimitano l'area che segnala lo spazio dietro al quale
si deve saltare prima di schiacciare, quindi proprio in mezzo al campo. In pratica l'infortunio è assicurato e se mai a qualcuno venisse in mente di tuffarsi per salvare un pallone, il coraggioso atterrerebbe con i denti su un mattone... Parlavo con il responsabile della scuola per segnalargli la
cosa, lui mi ha detto: "E' vero, non ci avevamo pensato."
Come detto la stregoneria (la "sorciellerie") è una credenza molto radicata in Katanga (la regione di cui Lubumbashi è capoluogo) ed in tutto il Congo. Nelle zone rurali, in brousse, come quelle che ho visitato l'altro giorno, la popolazione ne fa quasi una religione.
Quando una persona muore in casa, si brucia la casa, perché è un rito di purificazione; se a qualcuno venisse in mente di abbellire, diciamo così, la sua misera casa con qualche suppellettile di troppo, potrebbe venire accusato di essere uno stregone, perché nella scala sociale non è concepibile che qualcuno nello stesso sperduto villaggio nella brousse abbia un livello di reddito troppo superiore a quello degli altri e gli altri. Se succede può capitare di essere sospettati di stregoneria.
Ho iniziato a conoscere i pochi operatori umanitari occidentali presenti qui a Lubumbashi, gente di agenzie delle Nazioni Unite principalmente. Alla riunione dell'OCHA (Organizzazione di Coordinamento degli Affari Umanitari dell'ONU) all'ordine del giorno, tra le altre cose, c'era un argomento molto delicato: il colera. E' da dieci settimane che in tutto il Congo e nel Katanga è scoppiata una grossa epidemia, che ha raggiunto anche Lubumbashi.
Succede tutti gli anni durante la stagione delle piogge. Nelle zone più depresse e nei sobborghi miseri della città, i quartieri-ghetto, le condizioni igieniche sono terribili. Le fosse settiche sono piene, le piogge abbondanti le fanno esondare e diffondono i virus, che poi infettano le acque dei torrenti ed i fiumi... Pare che in alcune zone la gente sia così povera da non avere neanche la possibilità di comprare del carbone per bollire l'acqua; questi sono i primi a prendersi il colera. Le cifre sono inquietanti: dall'inizio dell'epidemia, a Lubumbashi sono stati registrati
più di 1300 casi, 12 i morti. Ultimamente i dati sono allarmanti: 400 casi alla settimana, più o meno una vittima al giorno. L'epidemia si concentra principalmente nei tre quartieri più poveri (Kenya, Kamalondo e Katuba) e non ci sono previsioni attendibili. Le istituzioni sono inesistenti, gli unici che si danno da fare e fanno opera di sensibilizzazione e informazione alla gente ed intervengono per aiuti sono alcune ONG e le agenzie dell'ONU. Infatti oggi alla riunione non abbiamo visto neanche un rappresentante comunale o provinciale…

Lubumbashi, 16 marzo 03
LE STRADE CONGOLESI

Oggi ho passato la domenica in casa, impossibilitato ad uscire da un clima veramente pazzoide. Di mattina c'è sempre un gran sole e l'umidità è molto alta.
Verso le 17 tutti i giorni immancabilmente si addensano nuvoloni neri e si mette a piovere... ma non come da noi. Dopo ore di pioggia torrenziale, la guardia ci ha chiamato annunciandoci che ci stavamo trovando in mezzo ad una inondazione. Abbiamo aperto il cancello della nostra casa-fortezza e davanti a noi la strada era diventata un fiume! La gente qui fa finta di niente e continua la sua vita quotidiana: pedoni, biciclette, camion e macchine affondano fino ad un metro nell'acqua melmosa tranquillamente, per poi riemergere cento metri dopo. Se penso a come si sta diffondendo il virus del colera mi viene male... Tra l'altro non c'è più elettricità e quindi neanche acqua.

Ieri sera abbiamo fatto una cena a casa nostra, invitando alcuni cooperanti di un’ONG americana, che lavora in tutto il Congo. C'era un tipo di Liverpool, uno dei capoccioni, simpatico, un congolese che lavora con loro e una ragazza canadese che fa la nutrizionista. Hanno raccontato altre chicche su questo paese da fare rabbrividire... dato che loro lavorano anche nella regione in cui c'è la guerra.

Pare che Kinshasa, la capitale, lontanissima da Lubumbashi, sia una specie di inferno in terra...

La cosa che in Congo non devi assolutamente fare, se non vuoi rischiare grosso, è fare un incidente stradale e poi fermarti a soccorrere qualcuno. Infatti, se un bianco tocca una persona o un bambino con la macchina, gli conviene scappare e non fermarsi. Il problema è che a volte alcuni pazzi fanno apposta a farsi mettere sotto, per intascare un risarcimento in denaro, che equivale ad una fortuna per i congolesi, specialmente se l'investitore è bianco e la compagnia assicuratrice è occidentale. L'inglese se l'è vista brutta a Kinshasa, una bambina si è piazzata in mezzo alla strada, lui l'ha investita e poi si è fermato per portarla all'ospedale... E' stato scortato dalla polizia locale per tutta la giornata.

Sulle strade bisogna stare veramente attenti, è l'anarchia più assoluta. Sebbene di norma i pedoni si fermano e fanno passare i veicoli, bisogna non distrarsi mai. A Lubumbashi esiste un solo semaforo, all’incrocio principale della città, ma funziona soltanto in una direzione… Un'altra insidia sono i vigili locali, che ti fermano per estorcerti denaro o sigarette solo perché sei un muzungu. Mi hanno insegnato a non fermarmi neanche quando ti fanno cenno, per fortuna non sono armati e ti lasciano passare. Per non parlare delle disavventure delle compagnie aeree nazionali, cose da brividi…

Comunque, da domani avrò la patente congolese: basta una fotocopia del passaporto, una fototessera, 10 dollari da pagare al ministero dei trasporti, 4 al funzionario corrotto che ti fa la pratica, e voilà, eccoti in mano una patente valida per un anno! (anche se c'è scritto ancora Zaire, il nome che il paese aveva sotto Mobutu, fino al 1997).

Nel pomeriggio ho visitato due dei centri per minori in difficoltà a cui forniamo i viveri, tramite il PAM. Nel primo di questi, un centro per bambine e ragazze di strada, abbandonate perché i genitori si sono separati, o perché la famiglia non vuole prendersene carico, oppure perché accusate di stregoneria, ho trovato soltanto alcune bimbe malate e denutrite, le altre erano a scuola. Una ha la TBC e aspettava di essere portata all'ospedale.

Poi abbiamo fatto una visita ad un centro per ragazzi e bambini ciechi, che è l'unico in città, gestito dalle Suore della Carità (quasi tutti i centri per bambini di strada sono gestiti da religiosi, i salesiani la fanno da padrone). Mi ha fatto una certa impressione, però è stato bello parlare con un ragazzo che mi diceva che gli interessava la letteratura e che avrebbe voluto continuare gli studi. Per le strade della città c'è un delirio di gente, la macchina deve aprirsi un varco tra la folla di bambini che escono da scuola in divisa... poi ci sono i vigili urbani che ti fermano ogni cento metri sperando di trovarti senza documenti per scroccarti i soldi per una birra o un pacchetto di sigarette.

Concludo la mia giornata chiacchierando con le guardie e con uno dei poliziotti armati di mitra e coltellaccio che abbiamo ingaggiato, a cui offro sigarette che lui accetta ma non fuma (probabilmente poi le rivende...) e che ogni volta che saluto si mette sull'attenti e mi fa il saluto militare! Comunque l'unica guardia armata, il poliziotto quindi, si fa delle grandi dormite di notte, l'ho già beccato. E anche se si avvicinasse qualche balordo, mi dicono che non si immolerebbe certamente per noi...

Lubumbashi, 18 marzo 03
ENFANTS DE LA RUE 

Ma che paese è mai questo? Le prove non finiscono mai... Stasera siamo andati a mangiare al ristorante "La brioche" in centro, un ristorante gestito da un greco appartenente al clan degli Psarommatis, famiglia greca che sono padroni di gran parte del business riguardante la grande distribuzione e il commercio del carburante; in questo i greci si contendono il controllo della città con i libanesi, mentre i pochi belgi rimasti stanno lasciando le loro attività poco alla volta e stanno tornando in Europa, dato che il rame ha perso molto del suo valore.

Abbiamo posteggiato la macchina in un posto un po' isolato e buio e all'uscita vediamo una scena non nuova: un gruppo di bambini di strada che circondano la macchina ed iniziano ad implorarti di dare loro soldi. Non bisogna dare mai denaro ai bimbi di strada, mi dicono, perché in tal modo si contribuisce a mantenerli sulla strada appunto, dando loro i mezzi per il sostentamento. In caso contrario invece i bambini sono costretti a rivolgersi alle strutture di accoglienza ed assistenza, che non mancano in città, che li accolgono e tentano, nel lungo periodo, di reinserirli in famiglia.

La loro insistenza è veramente disarmante, si attaccano alla macchina mentre fai manovra, si mettono ad urlare, a piangere, addirittura ad un certo punto uno di loro simula clamorosamente di essere stato investito e cade a terra urlando e tenendosi una caviglia. Una scena veramente terribile, che ti lascia dentro un disagio, una rabbia ed un'inquietudine veramente fortissimi. In quel momento c'era pochissima gente per strada, ma se fosse successo in pieno giorno? Se qualche pazzo avesse creduto al bambino che si è buttato per terra? Non so cosa pensare, se non maledire tutti coloro che hanno sfruttato il paese, a partire dai belgi per arrivare ai vari dittatori e sanguisughe locali, i vari Mobutu e compagnia. La gente che vive nei palazzi di Kinshasa, con conti miliardari all'estero e che lascia la gente in condizioni infami, senza neanche un briciolo di dignità.

Vado a letto con un umore pessimo e per la prima volta maledico questo paese...

Lubumbashi, 19 marzo 03
ANCORA BROUSSE

La giornata di oggi mi ha parzialmente riconciliato con il Congo...

In città l'atmosfera è molto pesante; sembra che si respiri un'aria soffocante, che un alone di disperazione aleggi su qualunque cosa. La gente di città mediamente ti percepisce non come una persona, ma come un portafogli da cui attingere, così, solo per il fatto che tu sei un bianco.

Tutto ciò è drammatico e fa scaturire considerazioni che potrebbero andare molto lontano. Quanto sfruttamento nel corso dei secoli da parte di noi bianchi... quanti abusi ed umiliazioni hanno fatto sì che si venga percepiti come delle non-persone? Non voglio lanciarmi in considerazioni antropologiche, ma alcuni dati sono evidenti, lo noto soprattutto nel rapporto con lo staff locale della nostra associazione.

La deferenza è assoluta, le loro premure e attenzioni nei nostri confronti sono talmente eccessive da diventare perfino fastidiose a volte. Il muzungu è una sorta di divinità da queste parti, e la cosa mi disgusta abbastanza... Solo sul campo di calcio sembrano acquistare un pò di personalità in più...

Mai un'iniziativa da parte loro, mai una presa di responsabilità, nel timore di fallire e di essere giudicati. Per farvi un esempio, l'altro giorno uno dei nostri agronomi mi stava mostrando il terreno sul quale è in corso il progetto agricolo con gli alunni di una delle scuole. Ad un certo punto gli ho chiesto se era soddisfatto dei risultati fino ad ora raggiunti... sapete come mi ha risposto? "Sta a voi giudicare". A me, uomo bianco, laureato in scienze politiche, che non sa neanche distinguere una pianta di fagioli da un albero da frutta! Non c'è nulla da fare, questo è l'atteggiamento generale, da cui si traggono delle conclusioni piuttosto allarmanti. E' evidente un grande senso di inferiorità che i locali hanno maturato nei nostri confronti e temo che ci vorranno generazioni perché il rapporto possa diventare più equilibrato.

Kabeja, il nostro amministratore, la persona più istruita tra il nostro staff, ci ha detto che nel 1960, quando il paese ha conquistato l'indipendenza dal regno del Belgio grazie alle gesta di Patrice Lumumba (assassinato puntualmente poco dopo...), la maggior parte della popolazione locale aveva la concezione che l'uomo bianco fosse ricco soltanto perché comandava e si fumava il sigaro. I notabili locali che presero il posto dei funzionari belgi provarono sulla propria pelle che non bastava sedersi su una poltrona a fumare per cambiare le cose... Ciò mostra una certo grado di indolenza, ma anche una percezione dell'uomo bianco completamente fuori dal mondo.

Una delle succursali di una delle nostre scuole si trova in piena brousse. Ho visto gli stessi volti di centinaia di bambini e gli stessi sorrisi della visita ad Akacelo, gli stessi villaggi fatti di case di fango e paglia, con gli alberi di banana a sormontarli. Ma questa volta c'era qualcosa di più..

A Mutambalile (il nome del villaggio) non riusciamo a fare arrivare i viveri perché la strada è troppo brutta, gli alunni si devono accontentare di qualche quaderno e di professori a cui viene pagato il sussidio. Qui sembra che il tempo si sia fermato a secoli fa. Le scuole in realtà sono delle misere case di fango e mattoni con il tetto in lamiera e con dei gran buchi al posto delle finestre. Un mese fa durante piogge intensissime una classe è crollata completamente e altre due quasi; per fortuna è successo di notte.
Le lezioni si svolgono anche in chiese, che in realtà sono anch'esse delle case con muri pericolanti. I bambini, tutti rigorosamente a piedi nudi, si siedono su mattoni, non esistono banchi. La passeggiata per il villaggio è stata incredibile, mi sono sentito come un alieno. Quando il muzungu è a debita distanza, tutti ti salutano e ti sorridono, i bambini gridano "Alloooooo!!!!" come se stessero rispondendo al telefono, ma quando ti avvicini è il terrore! I bambini più piccoli si mettono ad urlare come degli ossessi dalla paura, quelli più grandi si intimidiscono tantissimo e diventano muti, le donne si vergognano e si mettono a ridere. I pochi uomini presenti (sono nei campi durante il giorno) invece mostrano una grande dignità e compostezza. Non ti invitano mai in casa, non è nella loro tradizione, ma soprattutto quello che ti colpisce è che non ti chiedono nulla!

La gente della brousse costituisce il paradigma della tranquillità, della civiltà non ancora contaminata, della serenità della coesistenza con la natura e con le fatiche della vita quotidiana. C'è da dire che rispetto ai quartieri-ghetto della città qui la gente sta meglio, per lo meno non ha problemi a procurarsi il cibo, c'è auto-sussistenza alimentare completa. E ciò spiega il loro comportamento, a differenza dei bambini di strada di Lubumbashi, dove ogni cosa ha un prezzo.

Un fatto però è indicativo: in città il personale scolastico, dopo che noi gli abbiamo ricostruito ali intere di scuole, continua a chiedere e chiedere soltanto, a Mutambalile i professori che insegnano nelle "classi" pericolanti o scoperchiate non hanno assolutamente toccato l'argomento. Sembra che più gli si dia, più chiedano, più stanno bene e più richieste facciano.

In brousse una bancarella vendeva delle pannocchie e delle arachidi: avevo una banconota da 50 franchi congolesi (circa 12 centesimi di Euro), una pannocchia costava 10 franchi. Volevo lasciare loro il resto di 40 franchi, ma mi hanno messo in mano arachidi fino ad arrivare al valore esatto di 50 franchi. Eccezionale! In città ti avrebbero chiesto dieci volte di più e si sarebbero tenuti il resto senza chiedertelo.

Lungo la strada si notano immensi termitai sulla cui cima ci sono capanne per la vedetta dei campi di mais circostanti.

Si torna in città passando per la periferia, che pullula di "salons de coiffure" (parrucchieri). Penso che andrò a farmi tagliare i capelli al "Salon Intifada", che si trova vicino alla montagna nera di scorie di rame.

Su un muro scrostato c'è una pubblicità gigantesca della Coca-Cola, che dice: "La vie, un sourire!".

Lubumbashi, 20 marzo 03
LA BUROCRAZIA

Mentre in Irak sono purtroppo sotto le bombe, qui la "guerra" quotidiana continua...

Vi racconto lo svolgimento di una riunione fatta al Comune di Kampemba, che è uno dei comuni che compongono la città di Lubumbashi, a cui sono andato in rappresentanza dell’organismo.

Era una riunione di rappresentanti di industrie locali a cui eravamo stati invitati caldamente. Mezz'ora di attesa nel corso della quale tutti sono rimasti seduti e muti ad aspettare con flemma africana, mentre un cameraman con la faccia da psicopatico inquadra tutti per due minuti a testa... Poi finalmente fa il suo ingresso il borgomastro (si chiama così) del Comune, che tra l'altro è come una città nella città, con 300.000 abitanti, alcuni quartieri da paura. Il tavolo è ricoperto da una grande bandiera della Repubblica, e il tipo esordisce con citando le parole del loro "eroe nazionale", Laurent Désiré Kabila..

Un gran bel discorso, sulla necessità per i congolesi di prendersi carico sulle proprie spalle dei problemi quotidiani, senza aspettare che siano altri a risolverli per loro, insomma grandi teoremi sulla responsabilizzazione e sulla coscienza civica, sulla fratellanza, lo sviluppo endogeno... Un tipo in gamba penso io, illuso...

In pratica il governatore della provincia del Katanga ha deciso che stamattina si sarebbe dovuto formare un Comitato composto da industriali e agenzie che lavorano nel comune di Kampemba, per dare un "contributo" alla risoluzione dei vari problemi aperti, tipo la costruzione di una strada, la sicurezza da aumentare, i mercati... Tutti capiscono al volo l'antifona e nessuno fa un passo avanti. Allora il borgomastro dichiara che il Comitato s'ha da fare comunque e che bisogna pure eleggerne il Presidente, vice, segretari, tesorieri e membri della Direzione. Terrore in sala, ad un certo punto il borgomastro fa una proposta: parlottate con il vostro vicino, fate un nome e poi vediamo che cosa viene fuori. Tentativo abortito, come pure quello di votare su un foglio di carta il nome dei fortunati eletti. Alla fine viene votato per acclamazione a presiedere il Comitato un'impresa che si occupa di costruzioni stradali e di estrazione mineraria, il cui povero rappresentante, un congolese che non contava nulla, non ha certo potuto rifiutare... Il problema è che pure io sono stato preso di mira dal borgomastro, che voleva a tutti i costi che accettassi pubblicamente di impegnare l’organismo nel ruolo di vice-Presidente o come Consigliere. Insomma, il furbo ha voluto mettermi addosso un sacco di pressioni, me la sono cavata con una certa fatica.

E' così che funziona qui... bei discorsi, poi va bene ragazzi, ora facciamo il Comitato che dovrà sborsare soldi per opere delle quali dovrebbe occuparsi in teoria la Provincia o il Comune della città di Lubumbashi (ma dove finiscono le tasse che i congolesi pagano?), caro industriale mio e cara organizzazione umanitaria che certamente sei piena di soldi, ora mi fai pure da Presidente del Comitato, perché lo vuole sua altezza il Governatore.

Lubumbashi, 21 marzo 03
TV KATANGA

Il calcio è lo sport nazionale e l'intensità con cui la gente si interessa a questo sport è impressionante. Tutti giocano a pallone, che dopo il cattolicesimo è il fenomeno europeo che va per la maggiore qui.

Lubumbashi ha parecchie squadre, ma le principali sono due, le più forti di tutta la Repubblica. Il Lupopo F.C. ha vinto il campionato congolese, mentre il Tout Puissant Mazembe ("L’onnipotente caterpillar" in swahili) lo ha vinto nei due anni scorsi e quest'anno è arrivato alle semifinali della Champions League africana, venendo eliminato dagli egiziani dello Zamalek Il Cairo, poi vincitori del torneo. Anche il calcio femminile è molto seguito e sviluppato, come in tutta l’Africa australe.

Finalmente a casa riesco a prendere RTCN Katanga, la televisione locale, e mi sono gustato il notiziario. Ve lo descrivo: operatore che inquadra a mano l'annunciatrice, che indossa un vestito super trash rosa con delle spalline gonfie e ricamate. La poveretta si inceppa e perde il filo ogni due minuti. Apertura con la guerra... del Congo, che dura da 5 anni e ha fatto dai 2 ai 3 milioni di vittime, secondo le varie stime. In questi giorni al nord nella regione dell'Ituri e ad est nel Kivu stanno accadendo massacri di civili a colpi di machete. Sono gruppi di ribelli vari che combattono tra loro, poi ci sono gli eserciti regolari della RDC, di Ruanda e di Uganda. Oggi il Ruanda ha minacciato di dichiarare guerra all'Uganda se quest'ultima non ritira le sue truppe dal nord del Congo, ma allo stesso tempo ha minacciato di estendere il suo controllo militare su altre zone della RDC (il piccolo Ruanda controlla in pratica già circa un terzo dell'immenso Congo).

I servizi sulla guerra in Irak sono quelli mandati in onda dalle televisioni francese e belga. Poi si passa ai servizi locali, che interessano la città di Lubumbashi: intervista ad una donna presidentessa di una sorta di cooperativa agricola, che parla in swahili di ortaggi, mais e manioca; il Ministro per la Cultura della RDC che arriva in città per presentare la delegazione congolese al Festival Africano della Cultura che si terrà in Sudafrica (immagine girata da un cameraman incapace, che sembra cadere per terra, del tipo che scende dall'aereo e che stringe la mano a venti personaggi che lo aspettano a terra, mentre dei danzatori tradizionali allietano il tutto). Proseguiamo poi con: servizio su una delegazione giunta dalla capitale Kinshasa di rappresentanti del Partito Nazionale Patriottico Popolare Kabilista, con intervista noiosissima alla portavoce che snocciola decine di nomi e fa propaganda elettorale per quello che è l'unico partito legale nel paese... il tutto interrotto da urla di donne fuori campo. Segue servizio sull'epidemia di colera, che pare stia ancora mietendo vittime in tutta la regione (servizio sul colera vuol dire ripresa a camera fissa di una riunione, insomma tipo quella a cui ho partecipato ieri al comune).

Poi arriva lo sport: immagini delle reti o azioni dei giocatori di calcio africani che giocano nei campionati europei (Belgio e Francia, come sempre, per loro l'Europa finisce lì, eredità coloniale...). Alla fine, servizi e immagini sulla famosa semifinale di Coppa d'Africa di cui vi ho detto, con il particolare che la partita è stata giocata a novembre! L'annunciatore sportivo invece di parlare sembra che gridi e ha una cartina dell'Africa che cade a pezzi alle sue spalle. Insomma guardare un telegiornale di TV Katanga è un'esperienza psichedelica.

Ci sono momenti in cui si deve sdrammatizzare, altrimenti si rischia di piombare in depressione.

Lubumbashi, 23 marzo 03
LA CRISI DEL PAESE: ALCUNE SPIEGAZIONI

Oggi le Forze Armate Ruandesi sono ritornate in territorio congolese ed hanno preso il controllo di gran parte della regione del nord Kivu. Il conflitto tra RDC, Ruanda ed Uganda (alleate all’inizio del conflitto, nel 1997) rischia di allargarsi. Ci sono state già molte vittime e migliaia di profughi sono in movimento. Mi piacerebbe sapere quanto spazio stanno dando i media italiani a questa guerra... Dunque se la vita di un marine vale un servizio sul TG con le foto della moglie e dei figli, quella di un irakeno vale il tempo di pronunciare la contabilità della morte, quella di un congolese quanto vale? Meglio cambiare argomento.

La stagione delle piogge non è ancora finita e i temporali sono frequentissimi: tutti i giorni verso le 17 inizia a piovere, spesso tutta la sera e la notte. Oggi pomeriggio si è rasserenato e ne abbiamo approfittato per fare un giro nella Lubumbashi "bene" . Ci sono un paio di quartieri tranquilli, dove vive la fascia di popolazione che sta relativamente bene: villette, bar, c'è anche un hotel. Il quartiere "presidenziale", che comprende le due residenze di Kabila, guardate da soldati truci (la strada chiude alle 18:30 fino alla mattina) e quello "Golf", dal nome di circolo di golf con annesso campo. Sono i luoghi frequentati anche dagli europei o gli occidentali che non vogliono rinunciare al lusso, se così si può dire... Greci, belgi e libanesi per la maggior parte.

Pensare che a pochi isolati di distanza ci sono i quartieri Kenya, Katuba, Ruashi tormentati dal colera fa impressione. E a pochi chilometri dall'hotel con piscina e piano bar a Lubumbashi entri nella brousse dove trovi i villaggi in cui il tempo si è fermato... Anche questo è Congo.

Sabato ho assistito ad una sessione di laurea all'Università di Lubumbashi. Siamo stati invitati dal segretario generale, che mi aveva ricevuto giorni fa e a cui avevo chiesto notizie sul funzionamento dell'istituzione universitaria in Katanga. Lo stato non dà neanche un franco congolese, i professori non ricevono stipendi o sussidi, insomma tutto ricade sulle spalle degli studenti, che devono pagare rette elevate e soprattutto devono svenarsi per comprare i libri di testo che i professori impongono loro, pena la bocciatura. In pratica i professori campano grazie alle somme di denaro che estorcono agli studenti in cambio di un bel voto. Tutto ciò perché lo stato ha poche risorse economiche e le poche le impiega per voci di spesa che sono legate prima di tutto alla difesa e agli armamenti, a pagare lo stipendio ai soldati nell'est del paese.

Il settore pubblico esiste ma i funzionari non sono pagati; anche loro vivono di piccole estorsioni e ricatti ai danni dell'utenza cittadina. Ministeri, uffici postali, pubbliche amministrazioni, vigili urbani. Gli ospedali come vi ho detto sono senza medicine, l'istituto informatico di Lubumbashi ha 3 pc! (noi ne abbiamo una decina...).

Il tracollo del paese è iniziato ad inizio degli anni '90. C'era ancora Mobutu quando il valore del rame e di altri minerali è andato calando sul mercato, l'appoggio economico di potenze europee che beneficiavano della maggior parte dei proventi dell'estrazione se ne è andato ed i congolesi si sono ritrovati senza più fondi per la manutenzione degli impianti, ormai obsoleti. Qui in città la società che gestisce lo sfruttamento minerario, la Gécamines, provvedeva a tutti i bisogni fondamentali delle decine di migliaia di dipendenti locali: alloggi, assistenza sanitaria, servizi vari, tutto fatto con un approccio paternalista ed assistenzialista ancora retaggio dell'epoca coloniale. Quando è scoppiata la crisi e 20.000 dipendenti si sono trovati senza lavoro e senza sussidio, è iniziato il peggio.

Kinshasa per tutto il periodo della guerra fredda, è stata una delle basi privilegiate della CIA per contenere l’espansione del comunismo in Africa, in particolar modo nella confinante Angola e in Mozambico. Mobutu godette dell’esplicito sostegno dell’amministrazione americana e lo Zaire fu utilizzato come retroguardia per la guerriglia anticomunista dell’UNITA in Angola, finanziata direttamente dagli occidentali. Con il radicale cambiamento di scenario della fine degli anni ’80, gli USA e le grandi istituzioni finanziarie internazionali poterono mollare Mobutu, pressati dalle denuncie dei gruppi in difesa dei diritti umani, che li avevano sempre accusati di appoggiare e foraggiare una delle dittature più feroci del continente. Il paese venne lasciato a sé stesso e, retto da un’economia "assistenziale", fu investito da una gravissima crisi economica.

Mobutu tentò di aprire alla democrazia, consentendo per la prima volta la nascita di partiti politici indipendenti (oltre al partito di regime M.P.R. Mouvement Populaire pour la Révolution), cercò di dialogare con l’opposizione politica, ma era ormai troppo tardi.

Nel '92 ci sono stati saccheggi in tutta la città di Lubumbashi, compiuti tra l'altro da membri delle forze armate, non pagate da mesi. Come conseguenza di quegli eventi, oggi qui chiunque ha una parcelle o una casa decente si è fatto costruire un muro che la circonda, sormontato da filo spinato.

Gli ultimi anni di Mobutu hanno portato il paese allo stremo, poi dopo la sua fuga in Marocco nel '97 e la conquista del paese da parte dell'esercito di Laurent Kabila si era sperato in un'inversione di tendenza. Kabila era già uno dei grandi trafficanti del centro Africa, un commerciante insomma, uno che sa come far affluire denaro, e sotto il suo regime c'è stata una ripresa del commercio. Richiamandosi ad una sorta di socialismo, all'autosussistenza e ai valori della lotta per l'indipendenza, Kabila ha avviato grandi scambi con la Cina. Sì perchè Kabila ha studiato in Russia e si dichiara di ispirazione socialista. Per le strade della città la terminologia socialista si spreca: cucina popolare, comitato popolare... Certo che se il socialismo è quello che ha applicato in Congo siamo messi male... Qui un sacco di cose provengono dalla Cina, ma il fatto è che sono gli scarti cinesi e non funziona nulla o quasi. Anche i trasporti hanno ripreso un minimo di slancio ed ora impazza il fenomeno dei taxi-bus privati, che sono stipati come neanche potete immaginare. L'economia non si è mai ripresa e la perenne guerra nel nord-est ha succhiato gran parte delle risorse dello Stato (intendo dire quelle che non sono finite nelle tasche di Kabila e dei suoi accoliti).

Lubumbashi, 24 marzo 03
LA GUERRA: BEMBA E I MAYI MAYI

Alcune informazioni sulla guerra qui in RDC. In questi giorni l'esercito del Ruanda ha preso possesso di una parte delle regioni orientali, prendendo come pretesto il fatto che tra le fila dell'esercito ugandese, che controlla a sua volta un'altra parte del territorio congolese, vi sarebbero degli hutu. Il regime oggi a Kigali è tutsi, che dopo avere subito il genocidio nel 1994 sono animati da un sentimento di vendetta molto forte.

Oltre al Ruanda di Paul Kagame (il presidente), che può contare sull'appoggio degli Stati Uniti e del Regno Unito ed ha l'esercito meglio armato dell'Africa centrale, l'altra grande minaccia per la Repubblica Democratica del Congo si chiama Jean Pierre Bemba. Bemba è il figlio di uno dei luogotenenti di Mobutu e ha il controllo di quelle divisioni dell'esercito rimaste fedeli al vecchio dittatore, tra cui la temibile Divisione Speciale. Con l'appoggio della Repubblica Centrafricana e dell'Uganda, l'armata di Bemba semina terrore e controlla una grande fetta della RDC, a nord-est.

Pare sarebbero stati soldati mobutisti di Bemba gli autori della strage di pigmei del gennaio scorso, con gli episodi di cannibalismo che sono arrivati anche sui nostri mass-media. Dunque, in alcune zone del paese sono ancora seguite credenze ancestrali, come quella che il mangiare carne e bere sangue dei nemici possa dare potenza al guerriero. Così è stato con i poveri pigmei, popolo pacifico che ha sempre vissuto in brousse e non si è mai urbanizzato per scelta culturale. Pare che la carne di pigmeo sia portatrice di virtù speciali... quando i pigmei sono stati visti per la prima volta in città, in fuga dalla loro foresta, si è capito che qualcosa di terribile era accaduto. Ora pare che Bemba abbia istruito processi contro i suoi uomini, colpevoli di tali atti.

Le Nazioni Unite sono presenti in RDC con una missione speciale, la MONUC. La settimana scorsa l'elicottero che trasportava il capo della MONUC, un generale senegalese, è stato preso di mira da non identificati gruppi armati nell'est del paese; le pallottole hanno crivellato l'abitacolo ma l'elicottero è rimasto su.

Nella zona est come ho detto ci sono 17 formazioni armate, eserciti regolari e irregolari, gruppi armati ribelli o indigeni. Tra i più temibili ci sono i Mayi Mayi, detti anche Mulelé (Kabila ha avuto il loro appoggio per la conquista di Kinshasa nel 1997), così chiamati per il loro grido di guerra.
I Mayi Mayi la settimana scorsa hanno fatto fuori a colpi di machete una ventina di civili nell'Ituri e si scontrano con le forze ugandesi al nord e con i gruppi che sostengono il regime di Kampala.

Parlando con uno dei dipendenti, l'informatico, uno che riceve uno stipendio dignitoso, ha una figlia che fa studiare nella scuola privata più costosa della città, ho capito che anche la gente di città, istruita, tende a non negare queste credenze.
Felix mi raccontava che questi Mayi Mayi pare abbiano poteri soprannaturali, tra cui quello di scomparire e ricomparire all'occorrenza in posti diversi. Mayi in swahili significa "acqua"; i guerrieri prima di combattere si immergono nell’acqua dei fiumi, cosa che darebbe loro poteri particolari. Durante la guerra degli anni 90, le forze governative di Mobutu rapirono decine di ragazzine vergini di città e le portarono al fronte in prima linea, completamente nude, perché credevano che la loro presenza avrebbe sconfitto i poteri soprannaturali dei Mayi Mayi. Non so come sia finita, ma questi guerrieri continuano a dettare legge nelle zone equatoriali del Congo.
I guerrieri Mayi Mayi hanno dato vita a leggende e racconti popolari ormai diffusi in tutta la Repubblica: pare che se si tenta di sparare loro addosso, la pallottola cada ai loro piedi ed un attimo dopo ti ritrovi senza testa, che loro devono portare come trofeo al loro capo.
Felix, l'informatico borghese di città, mi diceva: "Bè, non si possono provare tali poteri scientificamente, però qui la gente ci crede".

Lubumbashi, 27 marzo 03
LA CRISTIANIZZAZIONE E I MASS MEDIA

E' interessante notare come i mass-media di un paese siano un buon indicatore del suo grado di sviluppo culturale, sociale, economico e politico. Nel caso della RCD è sicuramente così.

Guardando RTNC Katanga, la rete regionale, all'ora di cena, ti trovi davanti ad un predicatore pazzo invasato, molto ben vestito e con un linguaggio forbito, che sul modello di quelli delle reti americane parla della scoperta di Jésus come dell'unico modo di salvare la propria vita. E va sul concreto: "Siete disoccupati? Perchè non lo avete ancora accolto! Non avete una donna? Per lo stesso motivo! Avete difficoltà quotidiane? Accogliete Jésus e tutto andrà bene, la vostra barca non affonderà più!" Incredibile... Qui in Katanga la popolazione è stata massicciamente cristianizzata dai coloni belgi. Vi si trova ogni tipo di chiesa cristiana: protestanti, cattolici, anglicani, e decine di altre chiese di cui fino ad ora ignoravo l'esistenza. Protestanti e cattolici sono i predominanti, le insegne sulle mura dei negozi sembrano degli striscioni di tifosi allo stadio che inneggiano a Dio, Jésus o Marie come se fossero i centravanti capocannonieri. Forza Jésus, Dieu est le plus grand, Marie nous sommes avec toi, ci sono negozi che si chiamano così...

Tra la comunità cristiana cattolica i salesiani sono una potenza, gestiscono parecchie scuole, centri di riabilitazione per bambini di strada, ospedali ed altri servizi pubblici di base, come infermerie, dispensari. Ci guadagnano qualcosa certo, perché hanno anche il fiuto del business, ma bisogna dire che sono le uniche cose che funzionano in tutta la città, se non ci fossero loro sarebbe ancora più drammatico. Anche le scuole ALBA hanno dei gestionnaires salesiani, con cui abbiamo quindi a che fare. Sono spesso preti italiani che hanno passato tutta la vita in Africa, in questi posti, e per questo hanno tutto il mio rispetto e la mia stima.
Nel calderone cristiano c'è anche la chiesa ortodossa (ne abbiamo una grossa proprio a fianco della nostra casa), a causa della presenza dei greci. Non mancano anche le sinagoghe e le moschee, data la presenza della comunità libanese. Insomma, Lubumbashi è un bell'esempio di sincretismo religioso.
Come vivono la religiosità i congolesi? A me pare che a livello di base i cristiani siano veramente organizzati a livello capillare e la popolazione pratica il culto a livello di massa.

L'altro elemento di cui è impregnata la società congolese...lo si capisce sempre dalla televisione.
Alle 19.30 lo schermo rosso annuncia un "Communique"! Il "comunicato" era une delle forme prediletta di comunicazione in passato in tutta l'Europa dell'Est comunista ed in Unione Sovietica.
Il primo comunicato era però una ripetizione di una direttiva del Governatorato del 2001: "E' severamente vietato alle scuole di cacciare gli alunni se questi non pagano le tasse scolastiche. Tale direttiva si applica alle scuole private, religiose o gestite da ONG o associazioni. Nello stesso tempo si ricorda che il pagamento delle tasse scolastiche è obbligatorio."!!
Gli altri comunicati avevano una natura meno politica: erano annunci mortuari. Con tanto di foto del defunto, ne si annuncia il decesso, si dichiara l'indirizzo e l'orario del funerale, a beneficio dei parenti lontani, che si trovano magari a Kinshasa e che ci metteranno una settimana per arrivare a Lubumbashi. Un vero e proprio servizio al popolo…

Se passiamo alla carta stampata, si entra nel delirio. Qui non ci sono edicole, l'unico quotidiano nazionale è stampato chiaramente a Kinshasa, si chiama "L'Avenir", ed ha una certa impronta politica... Si vende per terra, in centro città. Negli stati "socialisti" i giornali erano affissi su delle bacheche e la gente se li leggeva così, in strada. Qui non ci sono nemmeno le bacheche. Ne acquisto un paio di giorni precedenti (chiaramente ci mettono un pò ad arrivare in Katanga, giungono con l'aereo uno o due giorni dopo).
La pubblicità in prima pagina di Congo-Chine Telecom, "La rete del popolo", è il primo segnale...
Sotto la scritta L'Avenir c'è sempre la stessa citazione: "Non è l'abbondanza ma è l'eccellenza che è ricchezza" (Joseph Joubert 1754-1824).

I servizi principali sono tutti per la guerra qui in Congo, con strali lanciati contro i grandi nemici, Paul Kagame presidente del Ruanda e Jean-Pierre Bemba; seguono servizi sul colpo di stato in Repubblica Centrafricana (che confina con il Congo a nord), dove il dittatore Felix Patassé è stato destituito da un tal generale Bozize. Ora Bemba non ha più l'appoggio del suo amico Patassé ed è costretto a nascondersi con il suo esercito nelle regioni equatoriali della RDC.

Poi l'incredibile: una pagina intera con un articolo che s'intitola: "Kim Il Sung vivrà per sempre nel cuore dell'umanità". Si tratta del regime nordcoreano, Kim è l'ex Presidente, che è stato in carica per decine di anni, fino alla sua morte nel 1994. Come sapete la Corea del Nord è governata da un regime militare che si dichiara comunista e per il popolo, ma la gente muore di fame letteralmente. In occasione dell'anniversario della morte di Kim, la redazione dell'Avenir ha scritto un articolo allucinante, un'apologia senza freni che inquieta assai, oltre che assumere connotati veramente grotteschi. Si elogia il regime di Pyongyang a più non posso e la dottrina della "Juche", cioè il credo e la dottrina di Kim Il Sung. Eccovi degli stralci:

"Applicando le idee della Juche, egli ha sconfitto gli imperialisti giapponesi e salvato la nazione coreana dalla schiavitù coloniale; dopo la liberazione della patria, egli ha portato a termine la rivoluzione democratica antimperialista ed antifeudale, poi la rivoluzione socialista e l'edificazione del socialismo a tappe e ha fatto della Corea, una volta un paese arretrato e povero, una potenza socialista, indipendente nella politica, autonoma nell'economia, capace di difendersi e basata sulle masse popolari. Queste realizzazioni spettacolari incoraggiano molto i popoli progressisti all'edificazione di una società nuova, autonoma e prospera; mostrano al popolo la verità e l'efficacia delle idee della Juche e lo convincono a un mondo nuovo, emancipato..." Questa incredibile dissertazione di retorica socialista, si conclude con: "Il Presidente Kim Il Sung è stato il grande santo del XX secolo, il Sole dell'Umanità, glorificato dai popoli del mondo. Il suo augusto nome costituirà per sempre Onore per la storia umana".

Riguardo alla guerra in Irak, il titolo del servizio è: "Nous aussi, nous sommes l'Irak"; per loro gli anglo-americani sono le truppe ugandesi, ruandesi e burundesi che stanno da anni nel territorio della RDC.

C'è anche la cronaca, naturalmente. E per darvi un'idea, vi trascrivo interamente l'articolo apparso in prima pagina, invitandovi a fare attenzione ai particolari. Articolo poi ripreso nella pagina "Spazio donna".

Incredibile ma vero
UNO ZIO PATERNO METTE INCINTE LE SUE DUE NIPOTI
"Uno zio paterno ha messo incinte due sue nipoti. La maggiore aveva 17 anni e la minore ha totalizzato il suo quindicesimo anno. L'avvenimento è accaduto nel quartiere Salongo, nel comune di Limeté. Secondo la fonte, lo zio essendo in viaggio di affari, passava il suo soggiorno dal suo fratello maggiore. Il fratello maggiore aveva in totale otto figli, di cui cinque femmine e quattro maschi (dice proprio così...ndr). Il soggiorno dello zio Bernard è durato almeno un mese. Durante tutto questo tempo, il famoso zio intratteneva una relazione sospetta con le due nipoti. E' stato solo dopo la sua partenza che la mamma ha notato un cambiamento bizzarro nella sua figlia minore. Questa è stata sottoposta ad un esame medico che ha rivelato l'esistenza della gravidanza. Al momento dell'interrogatorio, la ragazza ha dichiarato che lo zio Bernard ne era stato l'autore. E' stato in quel momento che la sorella maggiore ha confessato che anch'essa aveva avuto una relazione intima con lo zio in questione. Sotto choc, la mamma è stata subito portata all'ospedale dove ha poi ripreso conoscenza. La nostra fonte ci dice che la famiglia si interroga sul luogo in cui il Signor Bernard abbia potuto commettere il suo misfatto.
Dato che la sua presenza era sempre permanente a casa, la mamma non ha mai sospettato il minimo gesto da parte di suo cognato. Sembra che lo zio Bernard abbia utilizzato il suo denaro per ottenere la fiducia delle nipoti. E' per questo che loro non hanno saputo resistere alla sua seduzione. E' in questo modo che egli ha fatto conoscenza di queste giovani ragazze. Secondo le loro dichiarazioni, hanno tenuto questo legame in segreto seguendo l'ordine dato dal Signor Bernard.
Nel corso di una riunione di famiglia il padre ha rifiutato, contrariamente ad alcuni membri della famiglia, l'ipotesi di un aborto. Da parte sua, la mamma non cessa di lamentarsi notte e giorno. Nel momento in cui stiamo scrivendo queste righe, le gravidanze sono già visibili. Alla famiglia ora non rimane che aspettare la nascita di due bebé, ricordi di uno zio crudele". L’articolo è firmato da una giornalista donna.

Lubumbashi, 28 marzo 03
LA CRISI SOCIALE ED ECONOMICA: BAMBINI DI STRADA E "STREGONI"

Il fenomeno dei bambini di strada è andato aumentando negli ultimi anni. Sono migliaia quelli presenti a Lubumbashi, secondo le stime circa 8000. La causa principale di questo è il degrado che la città ha conosciuto negli ultimi 10 anni, da quando la "mamma" dei katanghesi è entrata in crisi. Parlo della Génerale des Carrières e del Mines (la famosa Ge.ca.mines), che come vi ho detto contribuiva a fornire i servizi sociali di base agli operai impiegati e alle loro famiglie. Il rame ed i suoi derivati sono sempre stati la ricchezza dei Luchois (gli abitanti di Lubumbashi), e sulle cause della crisi, della chiusura parziale dell'azienda, dei licenziamenti di massa ci sarebbe molto da dire. Qui mano a mano che prendi confidenza con i dipendenti, le cose iniziano a venire fuori, se percepiscono che sei interessato a conoscere la situazione. Alcuni di loro sono della regione del Kasai, che confina a nord-ovest con il Katanga. Il Kasai è la regione dei diamanti, in particolare nella zona della città di Mbuji Mayi. La rivalità tra i katanghesi ed i kasaiens è sempre stata molto forte. Si dice che i kasaiens siano più intraprendenti, abbiano più iniziativa, siano più laboriosi, tanto che qui in Katanga si era arrivati ad una situazione in cui i posti più importanti erano occupati da loro, che venivano accusati dai katanghesi di rubare il lavoro e le loro ricchezze.

Tutto è precipitato nel 1992-3, quando una vera e propria rivolta dei locali ha provocato episodi di intolleranza molto forti, sfociati in veri e propri saccheggi dei beni dei kasaiens, oltre a parecchie vittime. La Gecamines pare sia stata saccheggiata in gran parte in quelle settimane e non si è più ripresa, non avendo lo stato i fondi per acquistare le attrezzature nuove e tecnologicamente avanzate.
Non è stata l'unica causa certamente, anche la produzione del rame è diventata meno remunerativa sul mercato. Di sicuro c'è che il degrado sociale ed economico della città di Lubumbashi, antica capitale del rame, è dovuto in gran parte alla crisi di questo settore. La montagna di scorie nere che sovrasta la città viene lavorata per ricavarne derivati oltre che oro, ma non basta.

Il fenomeno dei bambini di strada è una delle conseguenze di tutto questo. Sono andato a visitare alcuni centri di accoglienza, riabilitazione e reinserimento di questi bambini e ragazzi, con cui lavoriamo. Sono tutti gestiti dai salesiani, che fanno un gran lavoro, sostituendo in pratica le istituzioni pubbliche, inesistenti anche in questo campo. Bakanja centre è il centro più grande; sono ben organizzati, hanno un'infermeria, un dispensario, un internato in cui i ragazzi che non riescono a venire reintegrati nella famiglia dormono. Comunque più o meno funziona così: esiste un centro di prima accoglienza, Bakanja Ville (Bakanja è un martire cristiano torturato dai belgi e recentemente canonizzato), che è costituito da due stanzoni vuoti, dove i bambini di strada possono rifugiarsi di notte, portarsi da mangiare, dormire. É in questo centro che vengono messi in contatto con gli operatori locali e gli assistenti sociali, che li integrano nel centro di riabilitazione. Qui ricevono come detto la razione quotidiana dal PAM (farina di mais, fagioli, olio e sale, con cui si cucina il bukari), sono scolarizzati, ricevono assistenza sanitaria e fanno attività sportive. In alcuni centri sono stati allestiti dei veri e propri atéliers, in cui i ragazzi lavorano ed imparano piccoli mestieri che li aiutano a sviluppare una capacità professionale. Riparano e producono scarpe, borse, fanno stampe, lavorano il rame, insomma una specie di scuola professionale. I ragazzi in questo modo non costituiscono più un peso per la famiglia che li aveva cacciati ed i genitori non tardano a reclamare il proprio amato quando la creatura diventa fonte di potenziale reddito...

Non è così semplice però, perché la stragrande maggioranza dei bambini non ha la possibilità di fare questo tipo di attività. Alcuni vengono accolti quando sono in condizioni disperate. Un esempio: uno di loro che ho visto in infermeria era appena uscito di prigione, dove era stato messo per furto. Il problema è che la prigione di Lubumbashi, che si chiama la Kassapa, è una specie di lager. Non esistendo il carcere minorile, i ragazzini sono rinchiusi insieme agli altri, ma il problema principale è quello della denutrizione. La gente muore di fame in carcere, ci sono circa 100 minorenni a rischio in questo momento alla Kassapa, ci diceva una belga della Croce Rossa Internazionale che ha visitato il carcere. Il bambino è stato sbattuto fuori per evitare che morisse in carcere e per fortuna è stato salvato in tempo. Alla domenica il centro Bakanja accoglie anche i bambini che rifiutano di essere assistiti e che rimangono sulla strada; almeno si possono lavare e mangiare qualcosa.

Tutta questa rete di assistenza è composta da decine di centri come Bakanja, tutti in mano ai salesiani. Quando cammini in centro città, questi bambini non ti danno tregua, come vi ho già raccontato. Ieri dovevo andare in centro a comprare delle tessere telefoniche; mi sono dovuto portare 50.000 Franchi congolesi, tutti in banconote da 100 (qui infatti la moneta non esiste e le banconote sono solo da 50 o 100 franchi). In pratica avevo un "mattone" di soldi, messo in un sacchetto. Non ho trovato il posto e ho dovuto iniziare a chiedere alla gente, inseguito da bambini e mendicanti che mi chiedevano soldi, insomma un'esperienza da non ripetere.
Quando siamo andati in banca a ritirare gli stipendi dei dipendenti ed i sussidi dei 250 insegnanti, 10 milioni di franchi, abbiamo riempito la jeep con quattro bauli pieni di soldi. Per fortuna abitiamo non lontano. 

Tornando ai bambini di strada, ho preso in mano un quaderno di uno di loro a Bakanja Centre. Lezione di francese, esercizio metti al plurale, la prima parola era: "Un sorcier" (uno stregone). La prima causa di abbandono di minori da parte dei genitori è proprio questa: vengono cacciati perché ritenuti streghe o stregoni. Chiaramente le condizioni di miseria della famiglia fanno sì che ciò costituisca a volte un pretesto per allontanare o cacciare bambini che gravano sul bilancio familiare, ma cari miei, qui tutti credono alla stregoneria.

Visitando altri due centri per bambini e bambine di strada nel villaggio di Kasungami, ho fatto una bella chiacchierata con la suora responsabile di uno di questi, in compagnia di un nostro dipendente, persona comunque istruita. Ad un certo punto ho convogliato il discorso su questa tematica, con il risultato di innescare la domanda di Jean (che ci crede), il quale ha chiesto alla suora se avessero mai avuto vere streghe tra le ospiti del centro. La risposta è stata chiaramente positiva e ne è seguito un racconto in cui venivano narrati episodi incredibili (per noi occidentali l'intende....): ragazze che levitano nel letto, indemoniate, a cui esce una fiamma dal sesso (in questo caso vuol dire che il demonio se ne è andato...), ferite che si aprono improvvisamente sugli arti, ed altri episodi al confine con la realtà. La stregoneria come vi ho detto fa parte della cultura di questo popolo e di molte etnie e tribù africane, è una credenza veramente radicata, indipendentemente dallo strato sociale della popolazione. E' il tentativo di comprendere, di trovare una risposta ad eventi che sembrano irrazionali, inspiegabili, misteriosi, ad un comportamento semplicemente insolito di una persona, a volte anche semplicemente a brutti sogni. Tutto ciò che esce dall'ordinario può essere percepito come stregoneria. Ci sono poi innumerevoli riti per guarire la strega, altri terribili in cui la si uccide, ci sono i feticci, ci sono coloro che hanno autorità e che hanno il potere di decidere se si è in presenza di stregoneria oppure no ed il cui giudizio è inappellabile, insomma tutto un universo di ritualità che va al di là di ogni nostra immaginazione. Io non posso che rispettare una cultura che è diversa dalla mia, anche se sono un razionalista convinto, ma fa incazzare vedere come oggi queste tradizioni e questi riti vengano utilizzati strumentalmente come scuse, pretesti e giustificazioni per abbandonare neonati o bambini in mezzo alla strada. Il degrado sociale del paese è terreno fertile, la povertà genera mostri.

Lubumbashi, 29 marzo 03
MOBUTU E KABILA

Stasera lo schermo delle televisione era blu, non rosso, per annunciare il "Communiqué" quotidiano. La voce fuori campo annunciava le decisioni del Governatore del Katanga, che si è svegliato male e che ha sospeso alcuni funzionari pubblici per negligenza o per abuso di potere dai loro posti. Sono state citate tutte le leggi a cui ci si è riferito per tali decisioni, una sorta di giustizia pubblica, di ammonimento a chiunque sgarri che la punizione è lì dietro l'angolo.

La situazione politica del paese è in continua evoluzione. Secondo i colloqui di pace di Pretoria, l'Accordo Intercongolese, i negoziati in corso, con la mediazione delle Nazioni Unite, prevedono la formazione di un Governo di Unità Nazionale, a cui dovrebbero partecipare tutte le fazioni in lotta. Si prevede un sistema abbastanza complesso: il Presidente rimane Joseph Kabila, sono previsti quattro vicepresidenti, tra cui il famigerato Bemba, più 36 ministri e 24 viceministri, insomma la torta da spartire è ghiotta e ci deve essere posto per tutti. Dopo un Governo Transitorio di due anni dovrebbero essere indette le prime elezioni libere della storia del Congo dal 1960. Il problema rimane Bemba, che ha buone possibilità di essere il primo signore della guerra ad essere incriminato dal Tribunale Internazionale dell'ONU (quello che gli USA non hanno riconosciuto per intenderci...) per crimini di guerra e contro l'umanità, insieme al suo amico ormai ex presidente della Repubblica Centrafricana, Felix Patassé.

Tra l'altro su questo Bemba ogni giorno vengo a sapere delle novità. Pare che sia l'uomo più ricco della RDC, si è sposato una delle figlie di Mobutu ed ha ereditato una serie di super ville del defunto dittatore del Congo. Il suo feudo è nella città di Gbadolite, nella regione dell'Équateur, all'estremo nord del paese, sulle rive del grande fiume Congo. Parlando con la gente locale, sto cercando di capire se nella percezione comune qui le cose andassero meglio al tempo di Mobutu. La risposta è sempre più o meno la stessa. Mobutu era un dittatore sanguinario, ma per lo meno nei decenni del suo dominio le istituzioni pubbliche funzionavano, il lavoro c'era, la Gécamines funzionava e dava lavoro a molti. L'altra faccia della medaglia era costituita da tutto ciò che di terribile hanno i regimi assoluti africani, compresa l'inflazione a livelli incredibili, con il franco congolese che poteva perdere la metà del suo valore (rapportato al cambio con il dollaro) nel corso di una mattinata e che poteva riconquistarlo il giorno dopo. Si batteva moneta contante in continuazione, insomma l'anarchia più assoluta sotto l'aspetto economico. Da qui a dire che si rimpiange Mobutu ce ne passa, certamente, ma dopo la sua caduta, nel 1997, il tentativo di Laurent Desiré Kabila di ricostruire il paese, ponendo un freno alla corruzione dilagante ed allo sfruttamento delle sue risorse da parte degli europei (Belgio e Francia in particolare), fu troncato dal suo assassinio nel gennaio 2001. Suo figlio Joseph non è stato in grado di riprendere in mano le sorti del paese, nel bel mezzo del conflitto e della guerra civile che negli ultimi 5 anni ha distrutto tutto ciò che di buono si era tentato di introdurre. Sulla figura di Laurent Desiré Kabila, che è considerato un eroe nazionale, alla pari di personaggi come Patrice Lumumba, padre dello Stato Indipendente del Congo ed anche lui assassinato nel 1961, un anno appena la proclamazione di indipendenza, tornerò in seguito.

Per darvi un'idea di cos'era il regime di Mobutu vi racconto cosa successe nel 1990 qui a Lubumbashi, al campus universitario. Ci furono disordini fomentati dagli studenti locali, che protestavano per le condizioni di vita, per la mancanza di democrazia, per il fatto che Mobutu aveva messo nei posti chiave del Katanga personaggi incompetenti che provenivano dalla sua regione, che è l'Équateur, come il suo amico Bemba. Per sedare la protesta vennero inviati reparti dell'esercito, che irruppero di notte nelle camere del campus universitario e massacrarono chi non riusciva a capire la parola d'ordine nel dialetto di Kinshasa o dell'Équateur. In questo modo tutti i katanghesi venivano automaticamente "scoperti" e purtroppo le vittime furono molte, alcuni fecero una fine terribile. Questo due anni prima degli scontri tra katanghesi e kasaiens di cui vi ho detto, fomentati dal governatore dell'epoca del Katanga, in cui furono trucidati anche molti bambini, sepolti vivi in fosse settiche.

Io, cooperante, dormirò sonni tranquilli, protetto dalla zanzariera, dalla nostra guardia e da due poliziotti armati di fucile automatico FAL del 1968 (regalo dell'esercito del Belgio), di una mitraglietta UZI del 1970 (sempre dal Belgio) e di baionetta.

Lubumbashi, 2 aprile 03
BAMBINI DI STRADA E COOPERANTI

"Lubumbashi Wantanshi Ville d'Excellence" recita lo striscione sull'Avenue Laurent Desiré Kabila (ex Avenue Mobutu), la via centrale della città, dove Wantanshi in swahili significa "La prima", la migliore.
L'altra grande insegna che si vede un pò dappertutto in giro per il centro invece ha un connotato tipicamente congolese: "Lubumbashi ville pour la paix (e di questi tempi va bene...), sotto in swahili "La sporcizia è stregoneria".

Oggi la città è in lutto per la morte del più famoso artista musicale congolese, Papa Masengo, deceduto sabato scorso e di cui sono stati celebrati i funerali oggi, con grande copertura televisiva. Il telegiornale del Katanga ha inquadrato la faccia del morto per cinque minuti di fila con inquadratura fissa; una cosa molto macabra, con addirittura un gran zoom finale! Masengo pare sia quello che ha scritto le canzoni agli artisti africani che hanno avuto successo in Occidente, gente come Miriam Makeeba.

Alla scuola di Bakanja si sono decisi finalmente a rimuovere i mattoni spaccadenti dal campo di pallavolo, salvo poi riconficcarli nel terreno, in modo che la prossima stagione delle piogge, con l'inevitabile erosione del terreno, si ripresenterà la stessa situazione.

Domenica scorsa ho passato la mattinata al centro per bambini e ragazzi di strada "Bakanja centre", è stata un'altra esperienza molto forte. Circa 500 bambini si presentano a questo centro di raccolta una volta alla settimana. Il programma prevede la messa collettiva, che, non ci crederete, è un vero spettacolo, ve lo dice uno che non ci va mai... Il "servizio d'ordine" dei salesiani, composto da ragazzi un pò più grandi, controlla che i bambini non facciano casino e che non si addormentino in piedi, dando grandi sberloni. Il Padre poi durante l'omelia interroga i malcapitati bambini! Tutta la messa è in swahili ed è cantata; la partecipazione è grande. Nel bel mezzo la presentazione ufficiale mia e di un salesiano spagnolo proveniente dall'Angola. Lavora a Luanda, la capitale, e vorrebbe mettere in pratica anche laggiù i metodi di lavoro dei salesiani di Lubumbashi, che fanno un gran lavoro con i ragazzi di strada. Parlando con lui vengo a sapere che qui, rispetto a Luanda, pare sia un piccolo paradiso... Mah, questa cosa mi lascia perplesso. Ho conosciuto altra gente che lavora nel settore della cooperazione internazionale, nelle agenzie delle Nazioni Unite o in ONG, che ha girato l'Africa. C'è una certa tendenza da parte del personale internazionale a disprezzare il luogo in cui si lavora, o comunque a considerarlo come il posto più difficile del pianeta. Dunque, pare che Kinshasa e Luanda siano posti terribili (mi dicono tutti quelli che ci hanno lavorato). Considerate il delirio che si trova per la strada a Lubumbashi, moltiplicatelo per tre e avrete un quadro della capitale della RDC, dove tra l'altro c'è veramente un clima infernale. Il Katanga da parte sua ti accoglie con un clima sopportabile, ma, dicono che la gente qui sia molto meno attiva, più indolente e meno intraprendente che nel resto del Congo, meno brillante. Tutti gli "occidentali" che lavorano qui non ne possono più dei "Luchois". Per quanto mi riguarda, è ancora presto per dare giudizi, devo ancora scontrarmi veramente con il loro approccio assistenzialista sotto l'aspetto professionale, ma i primi sintomi non sono incoraggianti.

In generale è vero che qui se dai un dito ti prendono il braccio e poi ti mangiano vivo; come vi ho detto il bianco è difficile che venga percepito come qualcosa di diverso da un portafoglio, una possibile fonte di denaro. Dunque per me e per tutti quelli che sono venuti qui per lavorare insieme a loro, per "cooperare", per avere anche uno scambio culturale, è dura.

Dovendo arrivare a fine giornata, la gente bada ai bisogni primari e non è abituata a mettere via un minimo di denaro, si vive giorno per giorno. La corruzione ed il furto sono ben diffusi, come dovunque ci sia povertà. Nonostante tutto a me questa gente non dispiace. Spero di mantenere questo atteggiamento positivo per tutta la durata del mio soggiorno qui.

L'ironia è un'altra arma di cui devi assolutamente farti forte per non andare in esaurimento: ci ridi sopra, come oggi quando mi è arrivata una lettera dal Presidente del Centro per la Promozione della Fotografia, quello del cameraman psicopatico, che mi chiede se ALBA può appoggiare le sue attività fornendo materiale tipo videocamere, magnetoscopi, pellicole, trepiedi e pure inquadrare alcuni operatori in corsi di formazione. Sanno che ci occupiamo di formazione scolastica, ma ci provano comunque, visto che siamo "muzungu".

Dicevo della tendenza dei cooperanti a rincorrere sogni già vissuti o luoghi perduti: anch'io rimpiango il Kosova per certi versi, ma non mi lamento, anzi il fascino della scoperta di nuove realtà e situazioni mi esalta. C'è chi ricorda con le lacrime agli occhi l'India, chi il Ghana o il Togo. E' una specie di sindrome nella quale si mischiano vari meccanismi psicologici: il cosiddetto "reducismo" che ti porta a dire di avere lavorato nei luoghi peggiori del pianeta, oppure nei migliori, a seconda dei punti di vista; il perenne lamento del cooperante che non riesce a trovare un equilibrio con l'ambiente che lo circonda. Allora stattene a casa! E se lavori per un'Agenzia internazionale e guadagni 10 milioni al mese non ti lamentare proprio!

Dopo questo sfogo ritorno ai bambini di strada. Dopo la messa a tutti viene distribuito un pezzo di sapone con cui si possono finalmente fare una doccia e lavarsi gli stracci che hanno addosso. Poi pranzo collettivo con il bukari. Immaginatevi essere in mezzo a 500 di loro in quei momenti... E' stato bello vederli al di fuori dell'ambiente degradato in cui vivono; loro, abbandonati dalle famiglie, che dormono nei mercati e per strada e vivono di elemosina e piccoli furti. Tutti avevano una grande voglia di parlare, sono molto curiosi e sembravano contenti di vedere un bianco che decide di passare una mattinata in mezzo a loro. Infatti mi hanno scambiato per un salesiano e quando non ho fatto la comunione durante la messa sembravano molto stupiti, mi chiedevano perché ed io facevo finta di niente... Ce ne sono di timidi e dolci, altri che si atteggiano a grandi uomini, ma tutti hanno il sorriso stampato. Sono loro quelli che valgono di meno, i primi a morire di colera, per cui non piange nessuno neanche a casa loro.

Qui in città recentemente ci sono stati tumulti di piazza, a causa delle rivendicazioni degli operai della Gécamines che reclamano gli stipendi e dei feriti di guerra. Questi ultimi, spediti al fronte, se la sono vista brutta contro i ruandesi e Bemba, sono tornati invalidi e per di più non sono stati pagati nulla nonostante le promesse del regime, neanche le spese per tornare al loro paese di origine, che magari dista una settimana di viaggio dal fronte. La polizia militare è intervenuta con la solita delicatezza e parecchi sono finiti alla Kassapa, in prigione. L'ultimo venerdì del mese sfila l'esercito e la polizia qui in città e mi hanno detto che i poveracci arrestati hanno sfilato anch'essi in catene, additati al pubblico lubibrio.

Lubumbashi, 4 aprile 03
STORIE DI SORCIELLERIE

Domani è il grande giorno per la Repubblica Democratica del Congo: a Kinshasa si instaura il nuovo governo, scaturito dopo mesi di contrattazioni e colloqui di pace in Sud Africa tra le varie componenti politiche e militari del paese. Il Governo Transitorio si darà presto una Costituzione; Presidente rimarrà Joseph Kabila, con poteri comunque molto ampi. Per accontentare la maggior parte dei contendenti si è prevista la formula inedita dei 4 Vice Presidenti, uno dei quali pare sia Bemba... Dico pare perché non si sa nulla di sicuro, tutto è immerso nell'ombra. I giornali locali non danno informazioni precise e comunque le trattative sono serrate e andranno avanti fino all'ultimo minuto. Le truppe ruandesi ed ugandesi dovrebbero lasciare la RDC entro aprile. Uno spiraglio di luce sembra aprirsi dopo 5 anni di guerra, anche se i colpi di mano qui sono all'ordine del giorno, perchè nessuno si fida di nessuno.

Mi sto occupando tra le altre cose di monitorare lo stato delle scuole convenzionate con la nostra associazione. La condizione dei servizi igienici è sempre critica, come sapete già. Alla scuola Jamaa Yetu ci sono anche le materne e le maestre, alle 8.00, prima di entrare in classe, fanno fare ai bimbi una "sfilata" ai cessi. Mi sono avvicinato per controllare e salutare i bimbi che uscivano in fila indiana, alcuni a piedi nudi, e mi sono accorto che hanno una concezione di bagno particolare, diciamo così. Per loro il bagno non è la latrina, ma proprio l'edificio che ospita tutti i sanitari, quindi non appena entrano dalla porta si tirano giù i pantaloni e iniziano a pisciare così, a caso, dove capita! Il bello è che la maestra li tiene sott'occhio e non dice niente, anzi mi guardava e sorrideva! Quando ho preso i bambini di peso e li ho messi davanti al pisciatoio, questi mi guardavano come per dire "questo è pazzo"...

Alla scuola Kitulizo un'altra perla sui bagni; in media una latrina ogni 200 bambini, già questo è un segno. Il trionfo dei virus viene agevolato dalle modalità di pulizia che il cervellone amministratore della scuola ha ideato: le quattro mamans cuisinnières (le cuoche) puliscono (si fa per dire...) i bagni super intasati una volta al giorno, alla mattina presto, per poi andare in cucina a preparare il bukari, che servono ai bimbi alle 10.30 e che i bimbi mangiano con le mani. A Kitulizo le 6 latrine sono utilizzate da 1245 bambini, più il personale docente ed amministrativo, più tutti i giovani della parrocchia nel weekend. La proporzione bagno-utenti è più o meno la stessa anche nelle altre scuole, con i risultati di cui vi ho parlato. Considerate poi che non c’è carta igienica (perché viene regolarmente rubata e poi rivenduta) e nemmeno acqua corrente. Volendo si può dibattere all'infinito sulle differenze culturali, percepite o meno come limiti allo sviluppo locale, io mi limito a descrivervi la situazione, in modo che abbiate elementi su cui riflettere.

Per finire quattro storie di "sorciellerie", raccontatemi dal nostro infermiere, uno che avendo studiato medicina dovrebbe avere in teoria uno spiccato approccio razionalista e scientifico, anche lui un ragazzo molto istruito. Giura che sia tutto vero:

- La storia del ladro che ruba e a cui viene una dermatite al braccio, che non va più via fino a che non riconosce di essere lui il colpevole, non è molto originale a dire la verità, ma Benjamin la cita come esperienza personale, capitata a lui come medico, che non riusciva a guarire uno dei suoi pazienti e non si capacitava all'inizio del perché.

- Altra storia capitata in prima persona a Benjamin a Bujumbura, capitale del Burundi: a casa di un amico e della famiglia, spariscono dei soldi e non si riesce a venire a capo della faccenda. Si è fatta allora la "prova dell'impronta": tutti si calpesta della terra con il piede nudo, poi la si raccoglie e la si strofina tra le mani. Al colpevole le mani prenderanno fuoco; il mio infermiere sostiene di avere visto con i suoi occhi le fiamme nelle mani di una ragazza, che si sono spente soltanto dopo il suo urlo disperato con il quale riconosceva il furta. Lui stesso l’ha portata all'ospedale e ne ha curato le piaghe!

- 1997, guerra civile con Mobutu che sta per cadere e le truppe di Kabila che marciano verso la capitale. Il generale Mayelé, mobutista, viene accusato di collaborare con i kabilisti e si decide di farlo fuori. Mayelè è protetto però da un feticcio di sua madre: appena tocca dell'erba o della vegetazione sparisce improvvisamente. Per mesi tentano di farlo fuori invano, fino a quando lo attirano con un tranello in una zona in cui non c'è verde, lui riesce comunque a sparire, ma lo trovano sotto una macchina, completamente nudo, e lo ammazzano.

- Ancora 1997, Kabila è da poco al potere e lancia una campagna di sicurezza in tutto il paese; la criminalità viene stroncata con pugno di ferro. A Lubumbashi all'epoca scorazzavano bande di ladri a mano armata, il più famoso e rinomato dei quali era un certo "Bebé Kasanda". Bebé viene arrestato e il buon Kabila decide di condannare lui e gli altri ladroni alla pena di morte per fucilazione, allo stadio della città, che è colmo di gente eccitata ed in festa per l'occasione. Il plotone spara, tutti cadono a terra al primo colpo, tranne Bebé Kasanda. Le pallottole lo schivavano all'ultimo istante. Dopo avere finito le munizioni invano, ci si interroga su come fare ad ucciderlo. E qui mi ritornano in mente i guerrieri Mayi Mayi. I loro poteri soprannaturali sono mantenuti in attività se si seguono regole precise: un certo tipo di alimentazione, l'astinenza completa dai rapporti sessuali. Altrimenti esiste una sola categoria di persone che può uccidere un Mayi Mayi: i bambini o comunque chi non ha avuto ancora "conoscenza" (come dicono qui) con le donne. I ragazzini vengono utilizzati anche per neutralizzare i feticci ed i poteri di personaggi fuori dal normale. Avete già capito come hanno fatto alla fine ad uccidere il povero Bebé Kasanda allo stadio della città. 

Considerando quanto siano popolari le storie del generale Mayelé e di Bebé Kasanda da queste parti, si capisce, purtroppo, anche perché in Congo ed in altre parti dell'Africa la piaga dei bambini-soldato sia particolarmente diffusa.

Lubumbashi, 12 aprile 2003
LA GÉ.CA.MINES E LA GUERRA 

E' già passato un mese e posso dire di iniziare veramente a sentirmi completamente a mio agio.
Le giornate scorrono veloci, il lavoro mi prende gran parte delle energie. Il fatto è che nonostante tutto quello che vi ho raccontato, il mio atteggiamento nei confronti dei congolesi rimane ampiamente positivo.
Inizi a porre più attenzione ai particolari, ai dettagli del comportamento della gente, al modo in cui ti dicono o non ti dicono una cosa. E non finisci mai di stupirti.

Torniamo alla brousse: pensate il direttore della scuola Akacelo che si fa 4 ore e mezza di bicicletta in sentieri fatti di fango e buche, 54Km, per venire dal villaggio di Kakonkanya alla nostra base in città, per la riunione con i gestionnaires delle scuole. Si è alzato alle 5 di mattina, come tutti i giorni. Considerate che con un buon fuoristrada, in brousse per fare 60km ci puoi mettere anche 3 ore, come è successo qualche giorno fa, quando, con il nostro autista del Kasai, sono andato a Dilanda, il villaggio più lontano da Lubumbashi in cui lavoriamo, dove vivono alcuni ragazzi di strada della città, in un centro di accoglienza. Tronchi di albero in mezzo alla strada, sentieri invisibili che tagliano la vegetazione della brousse, che ti impedisce di vedere e attraverso la quale ci si apre un varco.

I serpenti in brousse si vedono durante la stagione delle piogge, quando l'acqua invade le loro tane e loro sono costretti ad uscire; ci sono pitoni, boa e delle specie velenose che si presentano neri con la testa bianca. L'altra settimana il nostro agronomo ha trovato nel terreno agricolo che stava coltivando insieme agli alunni della scuola di Cawama un grosso esemplare velenoso e l'ha ucciso con un bastone, con l'aiuto dei ragazzini più grandi. I serpenti si nutrono soprattutto di uova e di pulcini, capita di trovarteli nelle case di fango e paglia se hai un pollaio; se ti mordono qui ci si cura con dei rimedi tradizionali, della polvere che si ricava dalla corteccia degli alberi e che, mi assicurano, è molto efficace. Alcune tribù mangiano carne di serpente, che pare sia pregiata, soprattutto nel Kasai, qui in Katanga non impazza più di tanto.

In brousse esistono riti di iniziazione a cui si devono sottoporre i giovani che entrano nell'età adulta. Tutto dipende dalle tribù di appartenenza: alcune prevedono che i ragazzini se ne vadano in brousse con gli adulti del villaggio, che gli fanno una sorta di "educazione sessuale"; stessa cosa per le ragazzine, a cui le donne del villaggio svelano i segreti del sesso, utilizzando alcune radici.
La donna deve arrivare vergine al matrimonio, chiaramente; il ragazzo entrato nell'età adulta può iniziare a rendersi autonomo, a costruirsi una propria casa, a lavorare il campo per sostentarsi e a cercarsi la moglie. Ovviamente ci si sposa giovanissimi, già a 12 anni una ragazza può essere promessa sposa. Le donne bantù sono veramente belle: ieri in brousse una ragazza con un viso stupendo ci ha venduto delle pannocchie di mais.

In brousse la terra dei termitai giganti è molto fertile e viene anche utilizzata per fare mattoni: si pressano, poi si dispongono in modo da formare un forno; con la legna si accende il fuoco che bruciando scalda il forno fatto di mattoni, che si compattano e sono pronti per essere utilizzati. In pratica il forno di mattoni si trasforma in mattoni veri e propri.

Sotto i belgi la grande Societé Mineraire du Haut Katanga (che poi divenne Gé.ca.mines) lavorava a pieno regime. I belgi avevano adottato un approccio profondamente paternalista. Lubumbashi nacque nel 1910 come città coloniale, costruita allo scopo di sfruttare i grandi giacimenti di rame del sottosuolo. Decine di migliaia di congolesi vennero fatti trasferire qui per lavorare nella miniera gestita dai belgi, i quali fornivano ai neri alloggio, cibo e cure mediche gratuite, oltre a pagare il salario di 2,5$ al mese. Coloro che venivano scelti dalla dirigenza bianca per fare gli "informatori" (in pratica delatori riguardo ad eventuali malumori o propositi di disordini degli operai) si beccavano 30$ al mese come stipendio supplementare. Inoltre i belgi avevano ideato un rigido sistema di apartheid, con i neri confinati nella "Ville noire", corrispondente ai quartieri odierni di Kenya e Kamalondo (che sono quelli messi peggio oggi). I neri non potevano neanche circolare nei quartieri residenziali dove abitavano i bianchi, eccetto i domestici ed i cuochi, con parecchi dei quali le signore bianche se la facevano, all'insaputa dei mariti dirigenti minerari. Ho visto un documentario in videocassetta interessante a questo proposito, con tanto di interviste a ormai vecchi ex amanti di donne della borghesia belga.

La città nel corso del '900 è diventata molto estesa e per parecchio le ricchezze minerarie hanno dato almeno da mangiare agli abitanti. Poi tutto questo finì all'inizio degli anni '90, e la città è piombata in una grande crisi economica. Sorte peggiore hanno avuto altre città del Katanga, chiamate addirittura "Villes Gé.ca.mines", che dipendevano completamente dalla società mineraria, come Kolwezi. I congolesi di queste parti hanno una storia particolare, che li ha portati dopo decenni di atteggiamento paternalista ed assistenzialista da parte dei belgi (per fare in modo di troncare sul nascere ogni velleità di carattere imprenditoriale e spirito di iniziativa locale), abituati comunque a servire i bianchi e a farne gli ausiliari, a non prendere iniziative, a vedersi soddisfatti i bisogni essenziali, ed hanno maturato un senso di grande inferiorità nei confronti prima dei belgi e di tutti i bianchi in generale, poi dei funzionari del terribile regime mobutista. Anche gli italiani hanno avuto il loro periodo d'oro qui a Lubumbashi; erano attivi soprattutto nel settore dell'edilizia e delle centrali elettriche, prima di lasciare per la maggior parte il paese al tempo del grande saccheggio, nel '91 (modello Baghdad per intenderci). Il crollo della Gé.ca.mines è stata la mazzata finale per i congolesi. 

Tutto questo non riesce tuttavia a cancellare le mille belle immagini: le ragazze di una scuola di ALBA che abbiamo accompagnato con il nostro Ducato al rientro dal match vittorioso di calcio, che hanno cantato a squarciagola per tutto il viaggio per la gioia (qui il calcio, come dicevamo, va forte anche tra le donne); oppure bambini di strada che si sfidano ad una gara di acrobazie: prendevano la rincorsa e usavano un vecchio pneumatico di camion per innalzarsi in volo, facendo grandi salti mortali ed avvitamenti, un vero spettacolo.

Il lato oscuro di questo paese non prevale, rimane schiacciato da tutte queste cose. E sì che potrei raccontarvi storie di furti avvenuti anche qui nella nostra parcelle da parte di personale locale: il mio collega ha dovuto licenziare una guardia perché si era fregato un cellulare, per esempio. Per non parlare del materiale da costruzione sparito nel nulla, quando ripararono il tetto della scuola di Akacelo nella brousse che era stata scoperchiata da una tempesta. Una ragazza americana, capo progetto di una ONG statunitense, ci diceva che la sua principale attività era quella di "controllare che il mio personale locale non rubi"...

Mi sto informando sulla situazione e le condizioni di vita delle altre regioni della Repubblica Democratica del Congo. Viene fuori che qui in Katanga alla fine è uno dei posti in cui si sta meno peggio, il che dice tutto. Le distanze sono sterminate e parlare di altre regioni equivale a discutere di terre che sono raggiungibili dopo giorni e giorni di viaggio su strade incredibili. Prendiamo un esempio: la città di Malemba-Nkulu si trova ancora in Katanga, nel nord però, a circa 800km da Lubumbashi: è l'ultimo avamposto governativo prima della zona controllata dai ribelli dell'RCD, filo ruandesi. Insomma, pare che a Malemba Nkulu, che è una grossa città, ci siano delle zanzare terribili che ti tormentano giorno e notte, oltre a giganteschi scorpioni velenosi. Non stento a crederci, visto che Jean (un nostro impiegato) mi dice che ha visto con i suoi occhi uno di questi pungere sul muso un povero cane, che è morto poco dopo. Non oso immaginare come possa essere l'ambientino, devo ritenermi fortunato di essere capitato a Lubumbashi.

Nel frattempo, come vi ho detto, Joseph Kabila ha prestato giuramento davanti alla Corte Suprema della Repubblica Democratica del Congo e si è confermato Presidente, lui che è contemporaneamente Primo Giudice della Repubblica e capo delle forze armate del paese, nonché presidente del Partito Unico al potere. Il buon Kabila questa volta ha dovuto scendere a compromessi con i suoi agguerriti avversari. Secondo la nuova Costituzione, che gli analisti occidentali hanno definito "la peggiore Costituzione degli ultimi decenni mai approvata", sono previsti come vi ho detto quattro vicepresidenti ed un governo in cui dovranno trovare spazio tutte le componenti dell'opposizione politica e militare del paese. Gente come Jean Pierre Bemba, ad esempio, ha colto la palla al balzo ed è l'unico sicuro ad oggi della Vicepresidenza. Mica scemo Bemba, dato che pende su di lui l'accusa del Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra. Il nemico principale rimane il Ruanda di Paul Kagame, che appoggia il movimento armato Rassemblement Congolaise pour la Démocratie (RCD - Goma), il quale ha preso il controllo di gran parte del Congo orientale a partire dall'agosto 1998. Poi ci sono le truppe ugandesi e burundesi che occupano parte del Kivu e dell'Ituri. Ecco come il quotidiano di regime, "L'avenir", analizza la situazione con il solito tono pacato:

"Dall'agosto 1998 siamo stati sottomessi ad una sporca guerra di aggressione, di invasione, di saccheggio e di usura da parte della coalizione anglo-americana-ruandese-ugandese-burundese, con la complicità delle marionette, degli uomini di paglia congolesi, che hanno coscientemente tradito il paese." Il Ruanda pare stia cercando di boicottare gli accordi appena firmati a Sun City, perché non riconosce la legittimità della Corte Suprema della RDC". Insomma, la pace sembra ancora lontana.

I combattimenti proseguono soprattutto nella regione settentrionale dell'Ituri, dove milizie dell'etnia Hema alleate all'Union del Patriotes Congolaies (UPC) di Thomas Lubanga si sono scontrate con le truppe occupanti ugandesi, venerdì scorso. Tutto questo durante i lavori della Commissione per la Pacificazione dell'Ituri. Pare che il computo delle vittime purtroppo sia arrivato a 1500, uccisi a colpi di machete, comprese molte donne e bambini.
Il conflitto in quella regione settentrionale vede contrapposte le etnie Hema e Lendu, inquadrate in gruppi armati locali, dietro ai quali ci sono Ruanda e Uganda, che si contendono il controllo della provincia dell’Ituri, ricca di oro (le miniere di Kilo Moto sono il giacimento più grande dell’intera RDC) e di petrolio, recentemente scoperto nel sottosuolo del Lac Albert, al confine con l’Uganda.

Lubumbashi, 17 aprile 2003
LA GUERRA E LA CRISI DELLA GÉ.CA.MINES

Sono emersi particolari sul massacro del 3 aprile nel villaggio di 8.000 abitanti di Drodro, nell'Ituri. La MONUC ha iniziato ad assistere i sopravvissuti alla strage, ricoverati negli "ospedali" locali, alcuni senza arti. La popolazione dell'etnia Hema di Drodro e dei villaggi nei dintorni è stata attaccata ferocemente da membri dell'etnia Lendu: 996 vittime, quasi tutte civili, la maggior parte subito sepolte in fosse comuni. L'esercito ugandese, che occupa questa zona della RDC, è arrivato sul posto solo due giorni dopo ed ha diffuso la notizia. E' terribile pensare che in villaggi pacifici come quelli in cui mi capita di andare per lavoro nella brousse, possano accadere cose simili. Eppure se pensate al genocidio in Ruanda nel 1994...

Nella zona est della RDC la guerra continua dunque, nonostante gli accordi di pace: l'esercito filo ruandese del RCD-Goma (Rassemblément Congolaise pour la Démocratie) ha occupato altre città del nord Kivu. Tutto ciò pone un freno al disarmo ed al rimpatrio delle varie milizie e gruppi militari, che avevano firmato tali accordi nel dicembre 2002 a Pretoria. La RCD-Goma è alla caccia dei combattenti Interahamwe, circa 13.000, che sono poi nient'altro che l'ex FAR, Forces Arméés Rwandaises (di etnia hutu), l'esercito governativo nel 1994, considerato principale responsabile del genocidio ai danni dei tutsi. Ora il regime a Kigali è tutsi, i quali cercano ancora giustizia sommaria, e per questo hanno occupato parte del Congo alla caccia dei loro genocidi, che hanno trovato rifugio in RDC (questa è la versione del Ruanda, in realtà la parte del Congo occupata è ricca di risorse e di ricchezze del sottosuolo e la ragione economica prevale come sempre su quella umanitaria, messa in mostra come facciata... déja-vu?). Da qui la rottura dei rapporti tra Kabila e l'odiato Paul Kagame, una volta alleati nell’AFDL (Alliance des Forces Démocratiques pour la Féderation), l’esercito fondato da Laurent Désidé Kabila che, con l’appoggio di Kigali, riuscì a marciare fino a Kinshasa e prese il potere, il 17 maggio 1997. Nell’agosto 1998 Kabila invitò gli ufficiali e i quadri ruandesi della AFDL a lasciare il paese e pochi giorni dopo incominciò quel conflitto armato all’est e al nord del paese che dura tuttora.

É venuto il momento di fornirvi alcuni dati economici sulla Repubblica Democratica del Congo. Le cifre dicono tutto e si commentano da sole.

A metà 1998 la situazione economica del paese era già precaria; le autorità attuarono una nuova politica monetaria, lanciando la nuova moneta nazionale, Il Franco Congolese, nel giugno 1998, che prese il posto dello svalutatissimo Zaire, che ormai non valeva più niente. L'ottimismo iniziale fu illusorio: il calo di esportazioni e l'utilizzo delle principali risorse per la nuova guerra, iniziata ad agosto 1998, e per "misure di emergenza" cominciò a minare le certezze e la sostenibilità delle politiche macroeconomiche. La nuova moneta si svalutò del 60% nei primi due mesi dopo la sua introduzione sul mercato, e da allora ha continuato a perdere valore. Nel gennaio 2001, dopo l'assassinio di Laurent Désiré Kabila e l'avvento al potere del figlio Joseph, il nuovo regime annunciò una svolta alla politica economica: si decide di "liberare" la valuta nazionale, per porre termine al doppio tasso di cambio FC-$, quello ufficiale e quello nero; si sono eliminate molte restrizioni doganali e politiche protezionistiche nei confronti dei prodotti stranieri; si pose termine al monopolio statale sulle esportazioni di diamanti. Tutte misure che fecero la gioia degli investitori stranieri. Joseph Kabila si era fatto più furbo del padre, forse perché non vuole fare la stessa fine... Il Franco Congolese continua a svalutarsi nei confronti del dollaro, ma ad un ritmo molto inferiore e ciclico; il tasso di inflazione, che nel 2001 raggiungeva il 600%, è sceso in alcune regioni fino al 7%. Le istituzioni finanziarie internazionali, FMI e Banca Mondiale, hanno iniziato a lanciare programmi per il paese. L'80% del debito estero della RDC è stato cancellato nello scorso gennaio. 

Il Fondo Monetario Internazionale si è impegnato a dare una mano per risollevare le sorti della Gé.ca.mines qui a Lubumbashi. Un prestito di 45 milioni di US$ all'azienda, che sarà erogato a partire da questo mese, dovrà servire per incentivare le dimissioni ed il congedo volontario degli agenti e del personale dell'azienda, tramite il pagamento di indennità di fine rapporto. Il Ministero delle Miniere ha trovato un accordo con i sindacati. Funziona così: il "volontario" deve accettare di firmare una dichiarazione che ha valore legale, in cui rinuncia in anticipo ad ogni contestazione o rivendicazione ulteriore, per quanto riguarda le condizioni di "congedo" e l'ammontare dell'indennità ricevuta dall'azienda. Verrà data precedenza ai veterani, coloro che hanno più di 25 anni di servizio, seguiranno gli altri. Il programma andrà a beneficiare le famiglie di quegli operai che accetteranno di dimettersi e lasciare il lavoro, in pratica se non ti dimetti non ricevi nulla e devi sperare in una ripresa a pieno regime dell'azienda negli anni a venire per potere ricevere il tuo stipendio. La grande maggioranza degli operai accetterà la soluzione proposta, che gli consentirà di ricevere qualcosa nei prossimi mesi, quando arriverà il loro turno, invece di aspettare invano che il loro diritto ai salari arretrati venga onorato. I volontari dovrebbero in seguito essere inseriti in un programma di reinserimento lavorativo, ma questo è tutto da vedere. Questa misura-tampone non servirà a rilanciare la produzione e la redditività dell'azienda, ormai irrimediabilmente in crisi; costituisce un palliativo per calmare le tensioni sociali, sfociate in manifestazioni, scioperi e disordini dei lavoratori Gé.ca.mi.nes. L'azienda è ormai in fallimento ed è insolvente nei confronti dei dipendenti.

Eccovi alcuni dati: nel 1986 l'azienda ha raggiunto la massima produttività; guardate il confronto con l'anno 2002:

Tonnellate di rame prodotte: 476.000 (1986) a 19.000 (2002);
Tonnellate di cobalto prodotte: 14.000 (1986) a 1.800 (2002);
Produzione media per lavoratore: 14,4 t (1986) a 0,8 t (2002);
Lavoratori impiegati: 33.000 nel 1986, 23.000 nel 2002;
Ritardo nel pagamento dei salari ad oggi: 21 mesi!

Questi dati dicono che la produttività è scesa a livelli bassissimi ed il numero dei dipendenti rimane molto elevato (siamo in un paese che si ispira al socialismo reale, quindi niente licenziamenti di massa, ma anche niente salario...). L'impresa, che è pubblica, non sa più dove sbattere la testa, ovviamente. Ora il FMI propone questa ricetta-tampone che mette il cerotto ad una ferita che rimarrà sempre aperta...

Vi riporto le dichiarazioni di un dirigente, pubblicate su un settimanale locale: "E' prudente dimettersi ed andarsene parzialmente soddisfatti, che aspettare un'eventuale incerta ripresa delle attività dell'impresa. In ogni caso, neanche in caso di ristrutturazione dell'azienda, nessuno avrà la sicurezza di mantenere il posto di lavoro. Sappiamo che la soluzione proposta dal Governo costituisce né più né meno che una flagrante violazione dei diritti umani, ma è per realismo che la accettiamo". 

Lubumbashi, 21 aprile 2003
LE CIFRE DELLA CRISI IN RDC

Eccovi ora in rassegna una serie di cifre nude e crude riguardanti la situazione socio-economica del paese. Come potete constatare, dagli anni '90 le cose sono peggiorate, causa il crollo economico, i saccheggi, la guerra.

Tenetevi forte, questa è la RDC.

- PIL procapite (2001): 74 US$ (la RDC è situata al 225° posto su 229 Stati nel mondo).
I primi: Lussemburgo 36.400$, poi USA, Bermuda, San Marino e Svizzera. Dietro alla RDC ci sono soltanto Etiopia, Mayotte, Somalia e Sierra Leone.
- Altri dati sul PIL procapite: 322$ a Kinshasa; 25,6$ nella provincia settentrionale dell'Equateur (quella originaria di Mobutu e Bemba).
PIL procapite giornaliero in alcune città della RDC: Kinshasa 0.85$, Lubumbashi 1.06$ (erano le città più ricche del paese), Mbuji Mayi (la città dei diamanti) 2,52$, Boma 1,18$, Matadi 1,15$.
- HPI (Human Poverty Indicator): 43%; HPI nelle aree rurali: 46%; HPI nelle zone urbane: 18% Lo HPI è una valore ricavato dalle Nazioni Unite (UNPD), prendendo in considerazione vari parametri indicativi dello stato della popolazione. Principalmente: aspettativa di vita, alfabetizzazione e scolarizzazione e condizioni generali di vita (accesso ad acqua potabile, malnutrizione...). Norvegia, Canada, Australia sul podio, la RDC è al 142° posto nel HDI (Human Development Index, che tiene in considerazione anche i valori del HPI).
- Aspettativa di vita alla nascita (2001): 50 anni
- Probabilità di non superare i 40 anni di età: 34,7%
- Morte prematura (1999): 30,1%; Tra il 65% e l'85% delle nascita non sono assistite
- Mortalità materna per parto: 1.289 x 100.000 nascite (1999); 870 x 100.000 nel 1995
- Mortalità infantile: 129 x 1000 (2001); Tasso di mortalità infantile meno 5 anni: 213 x 1000 nel 1998; Mortalità infantile nelle zone rurali: 138 x 1000 nelle aree rurali (2001)
- Alfabetizzazione e scolarizzazione: Tasso di analfabetizzazione adulti (oltre 15 anni: 39,7%); Tasso di alfabetizzazione: 65,3% nel 1999 (67,3% nel 1995); Tasso di alfabetizzazione maschile: 79,8% (82,5% nel 1995); Tasso di alfabetizzazione femminile: 51,8%  (54,1 nel 1995);
Tasso di iscrizione alle scuole elementari: 51,6%; Bambini che si iscrivono a scuola a 6 anni: 22,5% nel 1995, 13,9% nel 2001
(42,8% nelle zone urbane, 14% in quelle rurali); Tasso di iscrizione a scuola complessivo popolazione: 76,8% aree urbane;  51,8% aree rurali; Tasso di iscrizione al 5° anno di elementari: 60,2 % aree urbane; 15,1% aree rurali; A Kinshasa solo il 20% dei bambini in età scolare sono iscritti a scuola.
- Tasso di povertà nuclei familiari: 74% con capofamiglia libero professionista - 80% delle famiglie con capofamiglia impiegato. Più dell'80% della popolazione urbana è considerata povera. Nella campagne il dato è superiore: in alcune zone del Katanga e del Bandundu si arriva a punte dell'84%.
- Il 37% della popolazione (18,5 milioni di abitanti) non hanno accesso ad alcun tipo di assistenza sanitaria. Tasso di vaccinazione bambini sotto 5 anni: 29%
- Nutrizione: Il WFP (World Food Program) ha stimato che nel 2000 il 33% dei congolesi erano afflitti da "seria malnutrizione". Nei territori occupati ed in guerra: malnutrizione bambini sotto 5 anni 41%; il 25,79% soffre di "severe malnutrition". A Kinshasa, la capitale, su 1.200.000 bambini sotto 5 anni, 25.000 sono malnutriti. "Severe cronic malnutrition rate": 13%. Bambini sottopeso (meno di 1 anno - 1998): 10,7% Bambini sottopeso (meno di 5 anni - 2001): 38,2%
- Occupazione: Nel 2000 il 2% (!) della popolazione totale risulta avere un impiego stabile. Questo dato equivale al 4% della forza lavoro totale, all' 8% della forza lavoro maschile. Guardate il paragone con il 1958 (quando la RDC si chiamava ancora Congo Belga): 8%, 18%, 35% rispettivamente.
- Salario medio settore pubblico (quando è pagato): 15$; Il 44% delle donne non ha alcun reddito. Il 22% degli uomini non ha alcun reddito
- Popolazione con accesso a fonti di acqua sicura: 26,1% (2001). Popolazione che utilizza latrine: 46%. 9,1% delle case hanno wc con scarico di acqua. Nel 1999, UNICEF stima al 45% la popolazione che ha accesso all'acqua potabile. Il dato scende al 26% nelle aree rurali. A Kinshasa circa il 40% della popolazione non è collegata con l'acquedotto pubblico. Nelle aree urbane circa il 44% della popolazione ha accesso all'acqua potabile. Quando esiste, il servizio della REGIDESO (l'ente pubblico che gestisce la fornitura dell'acqua) è soggetto a frequenti interruzioni. In alcune zone del distretto di Kisangani solo il 3%  della popolazione rurale ha accesso a fonti di acqua sane. A Kindu (provincia di Maniema) il 91% delle fonti di acqua non sono protette. Il 65% dei pozzi e delle fonti non sono protetti nella regione dell'Ituri (nord-est).
- I 2 milioni di rifugiati dal Ruanda e Burundi, dopo il genocidio del 1994, hanno contribuito alla deforestazione e distruzione della fauna dei parchi naturali dell'est della RDC, la parte naturalisticamente più interessante del paese.
- Donne: solo il 10% donne può disporre della proprietà del reddito familiare. E' il marito che ha la facoltà di disporre del reddito familiare, la donna non ha voce in capitolo. La violenza domestica è molto diffusa. Stupri di massa sono stati subiti dalla popolazione femminile durante il conflitto (e continuano ancora oggi). Il tasso di iscrizione scolastica era il 61% (contro 67% uomini) nel 1995, è sceso al 32,3% contro il 49,7% degli uomini nel 1998. Tasso di anafalbetismo femminile: 45,9%, contro il 17,5% uomini (1995)
- Incidenza HIV/AIDS: 5,07% (2000). Uso preservativo: 2,3%. L'AIDS provoca 300.000 morti all'anno solo in RDC (80% tra i 15-45 anni). 1999: 8% donne incinte si ammalano di AIDS. AIDS: a Matadi si è passati dal 5,1% al 10% dal 1997 al 1999. AIDS: a Lubumbashi: 4,8% nel 1997,  8,6% nel 1999 (ad oggi non si sa, ma se il trend è questo c'è poco da stare allegri). Il 90% delle persone sieropositive non hanno la consapevolezza di esserlo; il test è poco affidabile, costoso (dai 5 ai 10$) e non viene effettuato anche per questioni culturali.
- La malaria costituisce il 92,3% dei casi medici registrati. Il 52,4% dei decessi in RDC è causato da malaria (la maggior parte sono bambini sotto i 5 anni). All'anno: 120 milioni di casi di malaria acuta, 500.000 morti. 3 su 10 letti di ospedale sono occupati da pazienti in cura per malaria. 2001: solo il 6,3% bambini usa insetticidi o zanzariere. La tubercolosi è molto elevata: costituisce la prima causa di morte tra gli adulti, ed è spesso contratto con l'AIDS.
- Guerra: Il conflitto iniziato nell'agosto 1998 e tuttora in corso ha dilaniato tutte le regioni orientali del paese. Violenze, massacri, saccheggi, stupri di massa, commessi da soldati irregolari, spesso non pagati, hanno messo in ginocchio la popolazione. Si stima che tra il 1998 ed il 2000 siano stati circa 3 milioni le vittime della guerra, di cui 350.000 vittime dirette, il resto causate da malattie e malnutrizione provocate dal conflitto. Il tasso di mortalità si è elevato del 246% rispetto a quello, già elevato, del periodo anteriore al 1998: 5,2 x 1000 / mese. La mortalità infantile est Congo ha raggiunto cifre altissime: da 2,6 a 11,4 x 1000 abitanti a seconda della località. Mortalità bambini sotto 1 anno di età: 23,2%. Mortalità materna per parto: molto alta (905 x 100.000 nell'Ituri, 3.000 x 100.000 nel Kivu). Il Ministero della salute stima che il 10% della popolazione delle zone di guerra sia affetta da AIDS. Come se non bastasse, a Goma (est Kivu, Congo orientale, al confine con il Ruanda) l'eruzione del vulcano Niyaragongo ha distrutto una buona metà della città, il 18 gennaio 2002. La colata lavica tagliò in due la città e provocò 45 morti e 300.000 sfollati (Goma ha 400.000 abitanti).

Fonti:
I.P.R.P. INTERIM POVERTY REDUCTION PAPER, a cura del Fondo Monetario Internazionale, Kinshasa, marzo 2002
UNDP Human and Income Poverty - Developing Countries

Lubumbashi, 29 aprile 2003
PRIGIONIERI DEL CONGO

Lo sport ha regalato ancora una volta qualche ora di felicità e di festa a questa gente. Sabato scorso il miracolo si è avverato: nei 32imi di finale della Champions League Africana, il FC Lupopo (une delle due principali squadre di Lubumbashi, campione della RDC), ha ribaltato il risultato dell'andata, andando a vincere a Libreville, in Gabon, per 3-0 contro lo US Nyiamzi e qualificandosi per il turno successivo. La città ha festeggiato fino a notte fonda. Meno fortunata è stata la seconda squadra di Lubumbashi impegnata nelle Coppe Europee africane, lo US Kenia, che dopo avere vinto all'andata 2-1, è volato a Kigali, in Ruanda, nella tana degli acerrimi nemici, ed ha perso 8-0 contro l'APR (Armée Patriotique Ruandaise), la squadra dell'esercito dei nemici della RDC. Una sconfitta vergognosa per la squadra sponsorizzata dagli Psarommatis, la famiglia di obesi ateniesi, padrona delle catene di supermercati della città.
Ed in questa febbre da derby che in Italia è già scoppiata, e che ci raggiungerà anche qui in Africa, ho avuto oggi notizia che riuscirò ad assistere all'evento calcistico dell'anno qui a Lubumbashi: il gran derby tra FC Lupopo e Tout Puissant Mazembe! Domenica 11 maggio allo stadio del quartiere Kenia.

Per il resto, questo posto continua a regalarmi emozioni e sorprese continue, che variano tra la gamma del terribile e quella dell'indimenticabile. Ogni viaggio in brousse mi riserva qualche cosa di nuovo; la settimana scorsa mi è capitato di fare un giro al mercato di Sambwa, un villaggio a 20 km da Lubumbashi. Per descriverlo vi racconto soltanto una scena: al banchetto della venditrice di arachidi, con la ragazza che per servirmi stacca dal seno il bimbo che stava allattando, il quale finisce per terra e si mette a piangere, mentre i 5 fratellini che sembravano facessero il campionato interstellare di sporcizia se la ridevano allegramente. Magari così non vi dice niente, ma vi assicuro che essere lì è diverso... 

Del Congo puoi davvero diventare prigioniero... Abbiamo conosciuto alcuni membri della piccola comunità di italiani che vive da parecchi anni qui a Lubumbashi, tra cui un sardo che si trasferì qui venti anni fa in cerca di fortuna al tempo di Mobutu, mise su un'azienda edile, che ora è quasi in fallimento. É qui con la famiglia, ma non può tornare in Italia: non ha abbastanza soldi da parte per campare, e poi a 50 anni, con un diploma di geometra e con competenze tecniche che sono ferme a 30 anni fa (che vanno benissimo per la RDC) in Italia non riuscirebbe a trovare un lavoro. Non gli rimane che vendere l'attività, se mai riuscirà a trovare un acquirente congolese. La sua sorte è la stessa che è capitata a parecchi occidentali, tra cui molti italiani, che negli anni '80 gestivano il settore delle centrali elettriche. Chi può oggi scappa via da qui; ogni mese sono decine le attività che belgi ed europei cedono a congolesi, prima di tornare in patria. Solo i greci ed i libanesi stanno facendo il cammino inverso, ed hanno in mano le attività commerciali più remunerative, insieme a qualche belga e neozelandese, che sfrutta i pochi giacimenti minerari ancora produttivi, oltre ad alcuni imprenditori provenienti dallo Zimbabwe di Mugabe, il principale alleato di Kabila.

Cambiando argomento, oggi per poco il capo delle nostre guardie non rimane fulminato da una scarica elettrica di 380 volts. Ero in ufficio ed ho sentito un urlo disperato; il povero Félix stava aprendo la barriera di ferro della nostra parcelle, sotto la quale aveva infilato il cavo del tagliaerbe, che era scoperto proprio in quel punto; ha fatto da conduttore tra i due lati del cancello e la scarica elettrica lo ha trafitto in pieno. Quando lo abbiamo visto disteso per terra sono stati momenti di angoscia, ma per fortuna dopo poche ore in ospedale si è ripreso e la cosa non dovrebbe lasciare segni permanenti. In quel momento al posto suo poteva esserci chiunque ad aprire quel maledetto cancello...

Domani partiamo per lo Zambia e le cascate Vittoria, sono entusiasta e spero che sarà un viaggio da ricordare. Buon Primo Maggio!

Lubumbashi, 5 maggio 2003
LA FRONTIERA E IL VIAGGIO IN ZAMBIA 

Questa volta vi parlo del viaggio in Zambia, che ha rispettato le grandi aspettative della vigilia...

La prima tappa significativa è la frontiera tra RDC e Zambia, un luogo da incubo, che non ci potremo dimenticare in fretta: Kasumbalesa. Ogni genere di individuo ci chiede dei soldi; veniamo accerchiati da bambini di strada in stato veramente pietoso, ma con sempre il sorriso sulle labbra, in cerca di qualche spicciolo per mangiare. Alcuni di loro sono dei rifugiati di guerra, provenienti dalle aree nord-est della RDC: hanno le mani amputate. Altri sniffano benzina o gasolio, per ridurre i morsi della fame. Per l'ingresso in Congo è necessario un cartellino giallo in cui si certifica che ci si è sottoposti alla vaccinazione contro la febbre gialla. Io ho fatto l'errore di lasciarlo a Lubumbashi ed i predatori avevano l'acquolina in bocca... Ci imbattiamo in un dottore-funzionario-pubblico ufficiale-doganiere (non si capisce quale sia la sua carica precisa) che sostiene che sui cartellini dei miei compagni di viaggio manca un altro timbro necessario, quello della antitifica. In realtà tale timbro non è indispensabile, ma l'occasione cade a pennello: a me chiedono 30 dollari, agli altri tre 20. Il tentativo di estorsione è grottesco, dato che stiamo comunque uscendo dal paese! Semmai dovrebbero essere gli zambiani a porci questi problemi. Comunque, la situazione comincia a surriscaldarsi: anche il nostro autista congolese ha lasciato la sua carta gialla a casa. Si cerca di contrattare, i funzionari cercano di convincerci sostenendo che è stato emanato un regolamento dal Ministero che prevede l'obbligatorietà della antitifica, aggiungendo argomenti sulla sicurezza sanitaria, nostra e del paese. Chiediamo che ci mostrino la legge in oggetto, al posto della quale con grande disinvoltura ci fanno leggere una circolare nella quale sono enunciati i costi della "vendita" dei vaccini e dei cartellini gialli. Dopo avere saputo che il dottore in questione ha un figlio in una delle scuole convenzionate con la nostra organizzazione, il capo progetto perde le staffe e davanti a tutti gli dà dello scroccone e gli chiede se non si vergogni a comportarsi così. Nonostante i miei tentativi di intervento diplomatico, la situazione ormai è molto surriscaldata. In mezzo ad una grande confusione, telefoniamo al nostro Presidente a Lubumbashi, che è il console italiano onorario, e così solo io e Jean siamo stati costretti a pagare: 30 dollari io, 10 Jean che è nero; non è razzismo al contrario? 

Mica è finita: per uscire dal paese occorre una "carta di uscita", firmata dal Dipartimento per l'Immigrazione di Lubumbashi. Su tale documento il congolese di turno si era sbagliato, scrivendo una data diversa da quella prevista ed ha deciso poi, per pigrizia, di correggere a penna. Altra esca subito raccolta dai doganieri, che ci accusano di avere falsificato il documento. In realtà, dice il nostro addetto al protocollo, il buon Polyd'or, sapevano perfettamente che quel giorno saremmo passati da Kasumbalesa. Altro giro di telefonate, e riusciamo a passare, dopo due ore e mezzo di attesa tra bimbi di strada e scrocconi di ogni genere. Dopo la terra di nessuno la frontiera zambiana; qui le cose vanno meglio.

Entriamo in Zambia e proseguiamo per Kitwe, una grossa città nel nord del paese, dove passiamo la notte. Il giorno dopo ci aspetta il grande viaggio, 900 km, per arrivare a Livingstone, al confine con lo Zimbabwe. Attraversare lo Zambia in macchina ti può dare un'idea delle condizioni del paese. La strada è asfaltata ed in buono stato, tanto che ci ha permesso anche di prendere la puntuale multa per eccesso di velocità: il poliziotto ci minaccia di farci restare tutta la notte a Kitwe e di dovere andare in commissariato a pagare la multa la mattina dopo, poi si accontenta dei 20 dollari che gli abbiamo messo in tasca. I controlli zambiani sono numerosi, ma solitamente corretti e discreti, senza tentativi di estorsione. Considerate poi che in una giornata siamo arrivati a Livingtone, mentre in RDC per percorrere la stessa distanza, se non hai un buon fuoristrada, ci puoi mettere anche 3 giorni, se esiste una strada e se questa strada è percorribile nella stagione secca (in quella delle piogge i congolesi non si possono quasi muovere). Non che in Zambia si stia bene, ma i servizi fondamentali funzionano: ospedali pubblici e cliniche private, la manutenzione delle strade (perlomeno quella principale, che è quella che abbiamo percorso noi), le scuole statali. Al lati della strada si incontra la stessa umanità che avevamo lasciato oltre la frontiera: villaggi di fango e paglia, venditori di carbone, uomini e donne che camminano per chilometri con pesantissimi carichi, carretti e veicoli "artigianali" di ogni tipo, gente che ti chiede un passaggio; la novità rispetto alla RDC sono i venditori di pesce, che si mettono quasi in mezzo alla strada sventolandoti la loro preda, e quelli di topi e di talpe, che qui si mangiano: se soltanto li saluti con un cenno impazziscono di felicità, uno si è messo a ballare in mezzo alla strada per la gioia con il suo pesce in mano. Questa dei grandi sorrisi in risposta al semplice saluto è una caratteristica comune a RDC e Zambia e, deduco, prerogativa di buona parte di questo folle continente. Sono cambiate le scritte sui negozi e sui cartelloni pubblicitari, lo Zambia è un'ex colonia inglese. Il paesaggio è simile a quello lasciato in Congo, con la Copperbelt ("cintura di rame"), la zona mineraria del paese, fatta di colline di scorie di rame, sorelle minori della montagna nera che domina Lubumbashi; poi savana a perdita d'occhio. A sera riusciamo ad arrivare a Livingstone, città che deve il suo nome al grande esploratore britannico, che nell'800 fu il primo bianco a penetrare in queste aree remote dell'Africa australe.  

La mattina dopo eccoci infatti alla meta del nostro lungo viaggio: le cascate Vittoria. Sono una di quelle cose impossibili da descrivere con aggettivi e parole, comunque uno spettacolo indimenticabile. In quel punto il fiume Zambesi, il quinto fiume africano, lungo 2600 chilometri, a circa metà del tratto che segna il confine tra Zambia e Zimbabwe, compie una brusca virata verso sud, precipitando dal suo ampio letto in una stretta gola, profondamente incisa nell'altipiano. Le Cascate Vittoria, chiamate così da Livingstone in onore della sua regina, sono alte dai 100 ai 110 metri, larghe 1700 metri ed hanno una portata d'acqua che in questo periodo, alla fine della stagione delle piogge, può raggiungere i 5 milioni di metri cubi di acqua al minuto.

La gola rocciosa nella quale si getta lo Zambesi dopo il grande salto è attraversata da un ponte che ha fatto storia, costruito ad inizio '900 da Cecil Rhodes, colui che creò e governò lo stato della Rhodesia (l'ex nome dell'attuale Zimbabwe) con pugno di ferro e commise crimini ai danni dei neri che hanno pochi eguali nella storia africana. Il ponte fu concepito e costruito ad una distanza dalle cascate tale che i treni che lo attraversavano dovevano essere necessariamente bagnati dall'acqua (siamo a quasi un chilometro di distanza). In effetti è così e lo constatiamo facendo un salto fino al posto di frontiera, al di là del ponte. Qualche pazzo si getta dal ponte nella gola sottostante, fino a pochi metri dalle grandi rapide, con il bunji jumping; non avevano invece la corda legata intorno al corpo le decine di schiavi neri che precipitarono nel vuoto durante i lavori forzati di costruzione del ponte...

Lo Zambia, a differenza del Congo, riesce a sfruttare turisticamente le proprie bellezze naturali, altro sintomo del suo stato di salute migliore rispetto al suo vicino del nord. In RDC esistono dei Parchi Nazionali, ma il più vicino a Lubumbashi, il Sakania Elephant Park, non si può raggiungere per le pessime condizioni della strada e non ha alcuna attrezzatura di accoglienza. Quando dico vicino parlo di 300 km, proprio all'estremità della lingua di terra che la RDC insinua nel cuore dello Zambia. Il Congo si prende la sua rivincita soltanto in campo musicale: in ogni locale dello Zambia impazzano i musicisti di Kinshasa e Lubumbashi, che cantano nella lingua locale le lodi del Presidente dello Zambia, Mr. Levy Chiluba.  

La città di Livingstone appare accogliente, ma anche qui il fenomeno dei bambini di strada è molto diffuso e preoccupante: questi sono più evoluti di quelli congolesi, sniffano colla, e ci riportano alla dimensione quotidiana dell'Africa. I predatori esistono anche in Zambia e sono molto diffusi, ma sembrano più abituati alla presenza dell'uomo bianco, quindi meno insistenti nell'offrirti qualunque tipo di oggetto, utile od inutile che sia.

Il viaggio di ritorno fa tappa a Lusaka, la capitale, città dal centro costruito su modello europeo, con grandi palazzi sedi di banche. Alloggiamo al Cha Cha Cha Backpackers, una specie di ostello-campeggio gestito da un australiano figlio dei fiori. Cha Cha Cha indica la denominazione data dai neri locali al periodo della lotta per l'indipendenza dello Zambia dal Regno Unito, ottenuta nel 1964. 

Il viaggio di ritorno ci riporta al temuto passaggio obbligato della frontiera di Kasumbalesa. Rieccoci nel regno dei predators congolesi, che ci riaccolgono a braccia aperte nella RDC. I bambini di strada sono gli stessi di quattro giorni prima e sono eccitatissimi. Alcuni di questi bimbi vengono da Lubumbashi, dove sono stati assistiti in passato da una delle strutture gestite dai salesiani. Lo scopo ultimo dei centri per bambini di strada è quello di cercare il reinserimento nella famiglia di origine o comunque presso dei parenti che si possano prendere cura dei bambini. Alcuni sono stati reinseriti in famiglia a Kasumbalesa (a 90 chilometri da Lubumbashi), ma sono tornati sulla strada dopo poche settimane. Per loro, accusati di stregoneria o rifiutati irrimediabilmente dai genitori, non c'è nessuna speranza in un futuro migliore. La cappa pesante che ci avvolge alla frontiera ci riporta prontamente alla realtà quotidiana del Congo. Ritroviamo lo stesso doganiere-fenomeno dell'andata, che ci porta al servizio quarantena, dicendo che a causa della SARS dobbiamo fare la disinfestazione della macchina; costo 50 dollari (da notare che per ora in Africa c'è un solo caso rilevato, in Sudafrica, e noi venivamo dallo Zambia). Dopo un'apologia della politica sanitaria del Presidente Kabila e della sua attenzione in materia di prevenzione della malattia, ci fa leggere un nuovo avviso appeso al muro, un chiarissimo collage, senza neanche la firma di alcun funzionario, con il quale si cerca di estorcere denaro ai viaggiatori, specie se muzungu e con la macchina. Mascherine e disinfestazione dunque? Macchè, sono bastati 10 dollari e tutto lo zelo sanitario del funzionario è andato a farsi fottere. Alla fine faceva l'indifferente, con in bocca un frutto tropicale.

Lubumbashi, 13 maggio 03
LUCI ED OMBRE

Il giorno della partenza si avvicina e questo paese folle mi sta entrando sotto la pelle, con tutte le sue luci e le sue ombre. Questa volta preferisco cominciare con le ombre, non si possono rimuovere dalla memoria le tragedie che questo popolo sta soffrendo. La guerra prima di tutto. Stasera per la prima volta il telegiornale ha fatto vedere immagini degli ospedali delle zone del fronte. Ciò che ho visto mi ha fatto scorrere brividi dietro la schiena: donne e bambini piccolissimi con arti amputati dai machete dei gruppi di guerriglieri. In epoca coloniale i luogotenenti della Force Publique (la milizia messa in piedi dal Regno del Belgio per fare rispettare l'ordine e le "leggi" dello Stato Indipendente del Congo, concessione privata di re Leopoldo II) utilizzavano pratiche come il taglio delle mani ai locali che osavano ribellarsi od opporsi alla raccolta forzata della gomma, o a coloro che si rifiutavano di dare viveri e cibo ai conquistatori; tutta la famiglia veniva punita in questo modo. Esisteva persino una contabilità delle mani, che venivano raggruppate in cesti che dovevano essere presentati ai superiori per dimostrare che le pallottole date in dotazione non erano state sprecate. Se volete approfondire queste tematiche e conoscere il lato oscuro del colonialismo belga nel paese, vi consiglio il buon saggio di Adam Hochschild, "Gli spettri del Congo. Re Leopoldo II del Belgio e l’olocausto dimenticato", Rizzoli 2001. Il Congo divenne tristemente famoso per questa orribile pratica, purtroppo in uso ancora oggi per terrorizzare la popolazione accusata di dare alloggio o cibo al gruppo militare a cui ci si oppone.

Mentre a Kinshasa si sta cercando faticosamente di formare il nuovo governo e di nominare i 4 vicepresidenti (siamo a quota 2 per ora), accontentando i maggiori gruppi politici e militari, governativi, dell'opposizione e filo-ruandesi, nell'est e nel nord della RDC si combatte ed i massacri sono all'ordine del giorno. Dal bollettino dell'OCHA (Office of Coordination of Humanitarian Affairs, ONU) si leggono cifre e dati che lasciano inorriditi. Nel nord gli scontri tra il RCD-Goma (filo-ruandese) e il RCD Kisangani - ML (filogovernativo) hanno provocato migliaia di profughi interni; interi villaggi sono stati bruciati, saccheggiati; assassini e stupri perpetrati ai danni della popolazione. Nella provincia dell'Ituri (sempre al nord) le truppe ugandesi si sono ritirate il 24 aprile, ma hanno lasciato un vuoto e nella zona hanno cominciato ad affrontarsi altri gruppi delle milizie dell'APC e dell'UPC. In sud Kivu, all'est, il RCD-Goma continua ad affrontarsi con i Mayi Mayi del gruppo Mundundu 40; questa volta pare che i Mayi Mayi, nonostante i loro presunti poteri soprannaturali, abbiano subito numerose perdite...

Nella città di Goma anche il pieno centro è teatro di assassini e stupri da parte di uomini in uniforme, e la città vive anche giorni drammatici per l'allarme segnalato per la possibile eruzione dei vulcani Nyamulagira e Nyiaragongo, che sovrastano la città. Nell'Equateur migliaia di civili si sono rifugiati nella foresta e non hanno alcuna assistenza alimentare o sanitaria. Anche il personale locale di alcune ONG internazionali, tra cui il CESVI, ha avuto seri problemi, ci sono stati alcuni arresti.

Nel Katanga meridionale, la zona di Lubumbashi, non ci sono scontri armati, il governo ha un saldo controllo su questa parte del paese, che come vi ho detto è il "feudo" di Kabila. L'epidemia di colera in città è quasi terminata; l'inizio della stagione secca contribuisce alla diminuzione dei nuovi casi. E' così facile morire in questo paese...pensate a quello che è successo al volo militare Kinshasa-Lubumbashi, di cui hanno parlato, mi hanno detto, anche i media in Europa. Oggi si è sfiorata un'altra tragedia a Bunia, dove un aereo che trasportava membri della commissione per la Pacificazione dell’Ituri è atterrato con un motore in fiamme.

Ci è capitato di accompagnare la sera tardi un nostro dipendente a casa sua, al famigerato quartiere Kenya, che di giorno è affollato dall'umanità più disparata e dove i bianchi non scendono, di solito, dalla macchina. E' stato incredibile passare in quelle stesse strade completamente deserte, senza una luce (di notte alla Kenya non c'è elettricità), con cani randagi e militari ubriachi e pronti a derubarti in un agguato. È andata bene, anche se ci siamo inevitabilmente persi prima di trovare la via del centro città.

Per terminare con le "ombre", vi parlo del presidente del Tout Puissant Mazembe, una delle due principali squadre di calcio di Lubumbashi, campione della RDC in due delle ultime tre stagioni. M. Moise è uno degli uomini più ricchi della nazione e la sua ricchezza è dovuta principalmente ai traffici di armi che gestisce con il fratello: il suo principale cliente era Jonas Savimbi, il capo dell'UNITA, i ribelli angolani che si opponevano al governo filo-sovietico dell'Angola, foraggiati chiaramente anche da amministrazioni occidentali d'oltreoceano (tanto per non fare nomi...). Kabila ha sempre avuto simpatia per i socialisti e l'Angola è sempre stato un paese amico. Da quando Savimbi è stato ucciso l'anno scorso, Moise ha perso il suo principale cliente, e chissà a chi ora vende le sue armi... Beh, qui in città tutti i tifosi del Mazembe (circa la metà della popolazione) considerano M. Moise un grande uomo, per i fasti a cui ha portato la sua squadra di calcio, semifinalista di Coppa d'Africa l'anno scorso. Il traffico di armi? Un dettaglio... 

Può bastare, passiamo a ciò che io percepisco come quelle cose che di Lubumbashi e di questa gente mi porterò sempre dentro. La visita al quartiere Congo, ad esempio, che ho effettuato nell'ambito di un progetto che sto elaborando. Il quartiere si trova a La Ruashi, il comune in cui stiamo effettuando l'analisi di scenario, che comporta un gran lavoro di interviste sul campo con la popolazione, per individuare le loro problematiche e le loro esigenze in rapporto all'approvvigionamento di acqua. Sapete cosa succede quando un muzungu con il suo fuoristrada si avventura in strade (per modo di dire) di uno dei quartieri più poveri della città, scende dalla macchina e si mette a parlare con il capofamiglia o con la donna chiedendogli informazioni sul pozzo a cui vanno a rifornirsi di acqua? Nulla di male, tranne che sono tutti lì intorno a te, bambini, donne che allattano altri bambini, uomini, e tutti ti guardano fisso negli occhi con uno sguardo che ti penetra e ti trafigge, in cui si coglie curiosità, stupore, diffidenza, benevolenza, speranza, apprensione, paura, contentezza, complicità, in un vortice che ti stordisce. Per loro è l'evento della settimana, forse del mese, e sono comunque grati e molto disponibili per l'interesse che mostro di avere nei confronti dei loro problemi quotidiani. Come al solito, basta un tuo cenno con la mano o un sorriso abbozzato e loro ti ricambiano con saluti e sorrisi infinitamente più grandi. I bambini congolesi sono un vero spettacolo, non mi stancherò mai di dirvelo, a costo di diventare noioso. Sembra che inizino a camminare appena vengono messi al mondo dalle loro madri, che sono sempre incinte ed intente ad allattarne un altro! In ogni piccolo cortile ne trovi a manciate e sono loro ad urlarti "allo!" piuttosto che "muzungu!" o "bonjour" ridendo e rischiando di sfracellarsi per avvicinarsi alla macchina e salutarti.

E che dire di una chiacchierata fatta in un locale carino dietro casa nostra, con 3 nostri dipendenti, che ci hanno raccontato la loro storia? Mentre la radio a tutto volume trasmetteva imitazioni di Mobutu e di altri uomini politici congolesi ormai caduti in disgrazia, la discussione ha preso una piega come al solito folle ed affascinante allo stesso tempo. Si parlava del rapporto tra uomo e donna qui in RDC, dei rapporti famigliari, delle relazioni extraconiugali, dei tanti aborti e del perché i bambini di strada sono così numerosi... e noi ci siamo messi ad ascoltare.

Lubumbashi, 20 maggio 2003
L’ASPETTO SOCIALE: MATRIMONI, CALCIO E TELENOVELAS

Ricominciamo dalla chiacchierata con i nostri dipendenti al locale a due passi dalla nostra base. Come potete immaginare, la famiglia è di solito patriarcale; i rapporti sono regolati dal maschio, padrone del focolare e gestore delle risorse finanziarie; questo avviene nella maggior parte delle tribù bantu. Esistono alcune eccezioni, alcune tribù nelle quali è la donna ad avere il completo controllo: quella dei Bemba ad esempio (che non c'entra con il famigerato Jean Pierre...). Toto, una delle nostre guardie, è originario del Kasai, ma si trasferì a Lubumbashi anni fa per iscriversi all'università. Il racconto del suo fidanzamento con una donna Bemba è stato veramente surreale...La ragazza voleva avere assolutamente un figlio dal povero Toto, il quale, per il suo rifiuto, dovette sottostare ai riti maligni della stregoneria. La donna si appellò al potere di alcune sostanze, che se diluite nella bevanda del maschio assicurano la fertilità alla donna con cui lui ha rapporti. Niente... Al culmine della disperazione, la donna voleva costringere Toto a seguire un rito particolare, consistente nel camminare tutta la notte nella foresta con una statuetta nera sulle spalle, raffigurante una donna. Toto si rifiutò con la seguente motivazione: "No, se lo faccio al posto di un bambino poi nasce una statuetta!" E lo diceva seriamente. Alla fine Toto capì che sarebbe stato meglio fidanzarsi con una katanghese, che seguisse i costumi tradizionali e così fece. Sempre durante quella serata, ci è stato descritto un quadro desolante  riguardo all'abbandono dei neonati e dei bambini da parte di ragazze madri o prostitute di cui è piena la città e che frequentano gli innumerevoli locali notturni di Lubumbashi. Il fenomeno delle ragazze madri è diffusissimo: la cristianizzazione del paese non è riuscita ad intaccare la tradizionale usanza di "testare" la donna, facendole fare dei figli, per essere sicuri che possa procreare e per metterla alla prova nel focolare domestico. E' spesso solo dopo parecchi figli che la coppia si decide a celebrare il matrimonio religioso. Quando le cose non vanno per il verso giusto, la donna si ritrova con delle bocche da sfamare, perché spesso il padre non se ne prende più cura; questa è una delle cause che provoca il fenomeno degli abbandoni e dei bambini di strada.

Dicevo dei matrimoni: esiste quello tradizionale, quello civile e quello religioso. Il matrimonio tradizionale si celebra al momento del fidanzamento ufficiale; prevede la consegna della pre-dote da parte del marito, poi di solito è la famiglia della sposa a chiedere cosa ricevere come dote; dipende dalle possibilità economiche del marito. Una volta consisteva unicamente in cibo, vestiti per la sposa e sua madre; in città ora la dote è richiesta in denaro.

Patrick è un professore, buon difensore centrale della nostra squadra di calcio; ci ha invitato alla cerimonia del suo matrimonio religioso con Linda. La coppia ha già sette figli... In chiesa la divisione dei posti è rigorosa: nella fila di panche di sinistra le donne, in mezzo i bambini, a destra gli uomini. Bè, io e il mio collega ci siamo seduti in mezzo a bambini piccolissimi, ignari delle regole locali. Il coro formato da ragazzi e ragazze, con alcuni strumenti a percussione, ha iniziato a cantare ben prima dell'inizio della cerimonia e non si fermerà più... L'ingresso degli sposi è stato indimenticabile: preceduti dal prete e dai chierichetti che ballavano, sulle note della canzone in swahili del coro, gli sposi erano composti e seri, ma camminavano a ritmo della musica, una sorta di passo di danza. A posteriori abbiamo pensato che il posto giusto per noi bianchi in chiesa fosse proprio lì dove c'erano i bambini, troppo piccoli ancora per conoscere le regole ed i riti della messa. Eravamo infatti come dei bambini, gli unici a non sapere cosa si dovesse fare in quel particolare momento... tutta la chiesa ballava e ritmava i canti del coro, tranne la nostra fila.

Dopo la cerimonia si è organizzata una festa all'interno della scuola di Bakanja; gli amministratori ed i direttori si sono lasciati andare a gran bevute e mangiate ed a balli congolesi, mentre Linda non se l'è presa molto per il fatto che il nostro regalo alla coppia sia stato... un pallone da calcio di cuoio!

E per rimanere in tema calcistico, eccoci arrivati al gran giorno del derby di Lubumbashi, FC Lupopo-Tout Puissant Mazembe, una rivalità davvero molto sentita. Per esorcizzare i fantasmi del derby milanese vi racconto quello di Lubumbashi. Qualche giorno prima del match ho conosciuto per caso il braccio destro del presidente del Lupopo, un certo M. Leopold, a cui ho raccontato che sono anche giornalista sportivo. E' bastato questo perché mi desse in mano i soldi per quattro biglietti di tribuna da dare ai nostri dipendenti con cui mi ero già accordato di andare (loro sono tifosi del Mazembe), mentre per me è stato riservato un programma davvero speciale. La domenica dopo pranzo mi è venuto a prendere con la sua Mercedes, tutto occhialato e vestito di giallo fosforescente e blu (i colori del Lupopo) e mi ha portato al luogo in cui i giocatori erano in ritiro pre-partita: un bel monastero fuori città. Lì ho conosciuto il Presidente, gran ciccione, anche lui vestito come Leopold con anello d'oro al dito modello rapper-gangster, ed i giocatori, che per caricarsi cantavano canzoni religiose. Molti si erano tinti i capelli di giallo! Nell'attesa di partire per la città, ad un certo punto uno dei furgoni dello staff, con dentro l'autista, è partito in discesa con la marcia in folle ed è finito contro un albero! Un bell'inizio... Un paio di giocatori del Lupopo mi hanno chiaramente proposto il loro ingaggio in squadre italiane e io ho fatto il Moggi della situazione dicendo loro: "Cominciate a giocare bene oggi, poi vediamo...". Il FC Lupopo è la squadra della ferrovia, la SNCC (Societé Nationale Chemins de Fer du Congo) e dei suoi lavoratori; è campione della RDC in carica ed attualmente partecipa, come vi ho detto, alla Champions League africana, dove è arrivata agli ottavi di finale. A proposito, domenica scorsa hanno giocato l'andata contro il Canun Yaoundé a Kishasa, terminata 0-0, sarà molto dura la partita di ritorno in Camerun...Il Tout Puissant Mazembe è l'altra grande squadra della città di Lubumbashi, campione della Repubblica due e tre anni fa (Lubumbashi è la capitale calcistica incontrastata) e semifinalista della Champions League africana l'anno scorso. Entrambe le squadre hanno i loro bastioni ed i loro quartieri per quanto riguarda i supporters. Eccomi quindi in macchina dietro al pullman del Lupopo, a fare il nostro ingresso in città; senza alcuna scorta, la attraversiamo tutta, con i ragazzi che cantano e ballano sul pullman ed i dirigenti che suonano il clacson per annunciare il passaggio dei campioni del Congo. Immaginate cosa possa essere stato il passaggio nei quartieri del Mazembe! Io non capisco lo swahili ma non era difficile comprendere quello che ci stavano dicendo. Tutti, dico tutti gli abitanti di Lubumbashi reagiscono in qualche modo al nostro passaggio, comprese le donne. I supporters del Lupopo si trasformano in attori e si inginocchiano al passaggio dei loro eroi; chi è del Mazembe emette un suono stridulo ed assordante, il corrispettivo dei nostri fischi. Lo stadio di trova nel quartiere Kenya, feudo del Mazembe, e Leopold a quel punto alza il finestrino...

Non succede nulla per fortuna e in mezzo ad un delirio biblico riusciamo ad entrare nello stadio. La gente mi vede in compagnia del presidente e di Leopold vestiti di giallo e blu e sono già bollato come tifoso del Lupopo. Lo stadio sembra esplodere nel brulicare di gente; ci sono migliaia di spettatori in più rispetto alla capienza dello stadio, circa 25.000 persone. In tribuna centrale si sta bene (il biglietto è a  4,7 Euro), costa troppo per gli scalmanati, che si accalcano nel settore popolare, dove un biglietto costa l'equivalente di 11 centesimi di Euro. E' un inferno: una moltitudine di gente pressata una all'altra sotto un sole rovente, che ondeggia paurosamente… Non si contano i "portoghesi", chi scavalca o entra in qualche modo senza biglietto; i bambini sono arrampicati fino a metà dei riflettori, a 25 metri di altezza, per vedere la partita. Gli alberi più alti che circondano lo stadio sono presi d'assalto da decine di ragazzi che rimangono sospesi nel vuoto. Lo scenario è incredibile, con lo stadio esattamente diviso a metà ed i tifosi del Mazembe e quelli del Lupopo paurosamente a contatto nel settore dei popolari. All'ingresso in campo delle squadre il Lupopo esegue uno strano rito propiziatorio, poi il via. Fuochi d'artificio con spettacolari rovesciate e gran dribbling ed il pubblico si infiamma ed incita a gran voce i propri beniamini. Ad un certo punto sull'anello che circonda il terreno di gioco hanno fatto il loro ingresso tre camionette della polizia, che hanno fatto due giri a tutta velocità: era l'arrivo del sindaco di Lubumbashi allo stadio. Cappellaccio grigio in testa, ha il suo momento di gloria e si piazza in tribuna d'onore, a fianco del presidente dell'Entente de Football di Lubumbashi (il campionato della provincia). Non sto a spiegarvi i meccanismi complicati, ma qui esistono tre campionati che si svolgono in pratica quasi nello stesso periodo: il campionato provinciale, l'Entente du Katanga (quello della regione del Katanga) e la Linafoot, la lega nazionale.

La gara è molto tesa, le due squadre si equivalgono: fisicamente sono eccezionali, la tecnica regala numeri brasiliani, ma la leziosità del loro gioco, la ricerca a tutti i costi del numero, della prodezza va a scapito della concretezza e della lucidità in zona-gol. Su un rapido contropiede il Lupopo va in vantaggio dopo che il palo aveva respinto la conclusione dell'attaccante. Grandi feste e metà dello stadio in silenzio, i tifosi del Lupopo cantano tutti gli inni del Mazembe per prenderli in giro. L'intervallo vede l'invasione di campo di alcuni pazzi, che corrono a gettare sulla linea di porta della propria squadra dell'acqua che dovrebbe avere poteri particolari, insomma riti propiziatori, un pò come il sale che Costantino Rozzi (ex presidente dell'Ascoli) versava sulla porta della propria squadra, qui in Italia, fino a pochi anni fa... La polizia oggi era presente in forze (per fortuna mi tocca dire...), tutta bardata modello G8. Per fortuna sono stati clementi con i pazzoidi-stregoni e con i bambini che scavalcavano solo per avere la gioia di correre sul terreno di gioco: si sono presi le botte ma poi li hanno lasciati andare. Nella ripresa dopo rocambolesche vicende, il Mazembe riesce a pareggiare su rigore, ed il gran finale riserva parecchie emozioni: una traversa del Lupopo a portiere battuto, un tiro a fil di palo da 30 metri del Mazembe ed all'ultimo minuto un rigore negato al Lupopo, che poteva scatenare veramente il delirio se concesso...

Finisce in pareggio, tutti hanno da recriminare, per tutti è colpa dell'arbitro e dei guardialinee se la propria squadra non è riuscita a vincere. Un altro parallelismo con l'Italia, che dite? Siamo noi i congolesi!! Per uscire dallo stadio ci vuole una grande dose di pazienza, con i bambini attaccati ai finestrini che ti chiedono soldi, soldi, soldi... Per fortuna non è successo nulla, niente incidenti né tafferugli, e questo è un grande successo, visti i precedenti recenti. Ora la Lega Calcio africana potrebbe concedere l'agibilità del campo al Lupopo per la Champions League.

La sera si festeggia lo stesso, ed i locali della città sono pieni. Ho deciso di lanciarmi ed in compagnia di Bébert e Cadet, che ci abitano e con cui sono sicuro, mi addentro nel quartiere Kenya. Entriamo in una casa di un'amica di Bébert, dove assaggio finalmente il famoso lutuku, la bevanda alcoolica più in voga qui in Congo. Il procedimento per ottenere il lutuku è il seguente: acqua, buccia di manioca tritata, mais germogliato tritato. Una settimana per la fermentazione di mais e buccia di manioca, poi il procedimento di distillazione, per ottenere il lutuku ordinaire, detto anche Kapita Mbele. L'ulteriore procedimento di distillazione del lutuku ordinaire permette di ottenere il lutuku special, chiamato lutuku 500.

A quel punto non si poteva non fare un giro per i locali notturni della Kenya, dove come bianco sei accolto alla grande, se non altro perché consumi qualche birra (e qui i bianchi non si fanno mai vedere, è un quartiere popolare abitato solo da neri). Abbiamo anche incontrato l'arbitro della partita, che se la stava spassando con degli amici! Gli abbiamo fatto comunque i complimenti, l'impresa non era facile, bisogna riconoscerlo.

A casa di un’amica c’era la televisione accesa, ma senza audio, che non funzionava. Si potevano vedere solo le videocassette; dopo la solita manfrina di Koffi, il cantante-idolo che pare abbia messo incinte decine di coriste e di ballerine che lavorano per lui, abbiamo scovato nel cassetto un video della serie televisiva più conosciuta ed apprezzata da queste parti. La "Karashika", una produzione nigeriana. E' una saga a puntate, una cosa veramente incredibile. Più o meno la storia è la seguente: riunione di capi stregoni, vestiti di rosso, che devono risolvere il problema di un iniziato alla setta, che ha un gran bisogno di denaro. Per farlo il tipo deve sacrificare un bambino; si aggira per le strade della città, trova dei bambini che giocano a pallone in un vicolo. Uno di loro va a raccogliere il pallone, il tipo lo prende e lo trasforma in un pollo, poi lo mette nella borsa e se ne va. Riporta il pollo alla riunione dei capi-stregoni, che scoprono con orrore che il bambino è proprio il figlio di quello che aveva iniziato l'uomo alla stregoneria! Ormai la scelta è fatta, non si può più tornare indietro. Attorno al pollo si cosparge un cerchio di sangue per terra, ed il pollo ritorna bambino, ma handicappato mentale per tutto il resto della sua vita. In compenso la stanza in cui si trova è riempita di banconote! Nessuno tranne il beneficiario, colui che ha scelto il bambino e lo ha sacrificato, può entrarci, pena la morte immediata. La cosa incredibile è che questa roba qui spopola, tutti la conoscono e sono incollati al televisore! 

Lubumbashi, 21 maggio 03
ANCORA GUERRA, ANCORA BAMBINI DI STRADA

Ricominciamo dalla guerra, tanto per fare una riflessione ulteriore sul fatto che tutto quello che sto vivendo qui e che vi sto raccontando non è niente in confronto a quello che sta succedendo in altre parti di questo immenso paese... Almeno dieci persone sono state uccise e un centinaio ferite qualche giorno fa in violenti combattimenti tra gruppi armati rivali a Bunia, nel Congo Nord-orientale. Lo hanno riferito fonti dell'Onu. Mentre infuriano i combattimenti si sta ancora lavorando per tentare una soluzione pacifica. A scontrarsi sono i lendu, etnia maggioritaria nel distretto, e i ribelli dell' UPC, Unione dei patrioti congolesi, per lo piu' di etnia hema, che controllano Bunia dopo avere scacciato le forze regolari ugandesi e i gli stessi lendu.

Torniamo al "tranquillo" (si fa per dire.. ) Katanga. Ho visitato insieme a delle ragazze italiane che ci lavorano il centro di "passaggio" per bambini e ragazzi di strada di Bakanja Ville. E' un esperimento inusuale, tentato dai salesiani, che lo gestiscono, e che ha dato fino ad ora buoni risultati. E' costituito da tre stanzoni vuoti, che costituiscono un rifugio sicuro per coloro che di solito dormono sulla strada. Quasi ogni sera un gruppo di operatori gira per la città, nei luoghi in cui si ritrovano i bambini di strada, per informarli della possibilità di raggiungere per la notte Bakanja Ville. Ormai tutti i bambini ed i ragazzi di strada conoscono il luogo, che accoglie circa 200-250 ragazzi ogni notte. Esiste un servizio medico a loro disposizione, ma non gli si dà da mangiare. Lo scopo non è soltanto quello di dare un rifugio sicuro per la notte, ma anche quello di cercare di prendere informazioni su di loro, la loro famiglia di origine e la loro storia. Per ciascuno viene compilata una scheda informativa con fotografia, dalla quale si parte per cercare di identificare la famiglia di provenienza, oppure gli ultimi parenti presso i quali il bambino ha vissuto. L'obiettivo ultimo infatti è quello di rimettere in contatto i bambini con gli adulti che li hanno abbandonati, in vista di un futuro reinserimento familiare. Il compito, come potete immaginare, è immane. Infatti il lavoro da fare, a livello psicologico e di formazione, è da fare non soltanto con i ragazzi, ma anche e soprattutto con i genitori o comunque con coloro che hanno cacciato il bambino, oppure che lo hanno messo nelle condizioni di scappare di casa e di preferire la vita sulla strada.

Anche il lavoro ed il dialogo con le famiglie è effettuato dagli operatori salesiani, che sono riusciti a raggiungere buoni risultati, anche se a volte i reinserimenti in famiglia durano solo qualche settimana e poi il bambino ritorna sulla strada. Bakanja Ville è il primo centro di accoglienza aperto a tutti i bambini di strada. Alcuni di loro sono poi inquadrati nei veri e propri centri, che provvedono alla loro scolarizzazione e formazione professionale (per i più grandi), rendendoli in questo modo più appetibili per le famiglie di provenienza. Insomma, è fondamentale evitare l'approccio assistenzialista, altrimenti i bambini mangiano, bevono, ringraziano e se ne tornano in strada. Per questo un'altra regola di base è: non dare mai denaro ai bambini di strada, che sono poi quelli che te lo chiedono in continuazione, perché sanno che su 10 bianchi ne troveranno almeno due o tre che, impietositi, gli allungheranno qualche franco. In questo modo però gli si dà, involontariamente, un incentivo a restare sulla strada, dove riescono a sopravvivere grazie all'elemosina e a piccoli furti. Qui a Lubumbashi sono già diffuse tra i ragazzi di strada le droghe; la benzina ed il gasolio vengono sniffati, mentre le ragazze "streghe" cacciate di casa si dedicano alla prostituzione.

Intermezzo: storia "vera" di sorciellerie.

In Kasai una bambina di 2 anni si brucia una mano; la madre la porta all'ospedale spiegando che la bimba è una strega. Quando le hanno chiesto il motivo la risposta è stata la seguente: "E' una strega perché quando lei è fuori di casa il bukari (la palla di farina di mais, il cibo tradizionale) mi viene più grande, mentre quando è in casa, a parità di ingredienti, mi esce molto più piccolo". In questi casi la bambina viene spesso cacciata di casa o abbandonata.  

Toto, la guardia di cui vi ho parlato, ha avuto un altro bambino da sua moglie. E' uno dei dipendenti con cui ho legato di più. Toto ha chiamato suo figlio con il mio nome! A me ha fatto un grande piacere, chiaramente, e non importa se qui vige la tradizione secondo la quale se qualcuno chiama suo figlio con il tuo nome in tuo onore, tu che sei il "padrino" devi fare un dono alla famiglia allargata. Mi è stata organizzata una festa a casa sua, che si trova in uno dei quartieri più degradati della città. A Bongonga ci arrivi passando attraverso il Camp Militaire, il quartiere costruito per le famiglie dei militari, un posto pericoloso perché pieno di armi. Dopo due posti di blocco che ci tengono fermi parecchio e in cui Toto si fa valere per evitare grosse scroccherie, arriviamo alla Bongonga; è sera ed è completamente al buio, l'elettricità manca da 6 mesi. La festa è a lume di candela: consegno il mio regalo, che secondo la tradizione congolese consiste in una cassa di birra e un pollo, e conosco la madre e tutta la famiglia allargata di Toto, vale a dire cugini e parenti vari, tra cui innumerevoli bambini. Il piccolo Andrea Mwepu Bila dormiva tranquillo e non si è messo a piangere neanche dopo che è stato svegliato dai ripetuti flash della macchina fotografica. Nella parcelle mi sono dovuto lanciare in passi di danza kasaienne (dal Kasai, la regione di origine di Toto e di sua madre; il padre non l'ho visto e non ho chiesto nulla per non fare brutte figure...), con i bambini che mi mostravano come ancheggiare. Toto era molto emozionato e in stato leggermente confusionale. La sua casa è veramente misera, due loculi: un salone di due metri per due, in cui dormono i bambini, e la stanza da letto, grande giusto quanto il letto matrimoniale. Non hanno le zanzariere, che qui costano troppo in rapporto al reddito medio (2500 FC, circa 6 Euro); infatti Toto ogni due mesi si prende la malaria. Per il piccolo Andrea non sarà facile; sarà già un successo se riuscirà a superare il primo anno di vita.

Lubumbashi, 23 maggio 03
LE OLIMPIADI

Lo scorso weekend si sono svolte le mini-Olimpiadi degli alunni delle scuole convenzionate con noi. Le ho organizzate insieme ad un dipendente locale e non è stata un'impresa facile...
Venerdì è stato dedicato completamente all'atletica leggera. La pista non era certo in tartan, ma per lo meno il prete belga che gestisce l'impianto dell'Istituto Tecnico Salama aveva tracciato le corsie con la calce fornitagli e ci ha messo a disposizione il materiale necessario: pesi, testimoni, contagiri ecc...
Ogni scuola ha presentato 4 partecipanti per ogni competizione: un bambino e una bambina delle elementari, un ragazzo e una ragazza delle superiori.

La partecipazione del pubblico è stata molto rumorosa, con i compagni di scuola che hanno fatto un tifo sfrenato. Non sono mancate le congolate... Si è iniziato in ritardo di un'ora a causa del casino in pista, con atleti che non si trovavano, iscrizioni cambiate all'ultimo minuto, una scuola che non è riuscita ad arrivare perché l'autista con il quale si erano accordati non si è presentato. Durante il salto in lungo, ogni volta che partiva una gara di corsa, il giudice rimaneva solo con i due addetti alla misurazione; infatti tutti correvano a bordo pista a fare il tifo per i compagni di scuola, compresi gli atleti che stavano saltando e per raggrupparli ci voleva un quarto d'ora ogni volta. Gli incaricati dello sport se ne fregavano e il povero Paolo era costretto a vagare per la pista in cerca degli amichetti della stessa scuola, grazie ai quali riusciva a radunare gli atleti sulla pedana. Quest'anno abbiamo giustamente accantonato il salto in alto, dopo le scene da Buster Keaton accadute l'anno scorso, con gente che andava a sbattere con la testa contro i pali di sostegno o direttamente sull'asticella. Ad un certo punto un taxi-bus è entrato, ha fatto 300metri a tutta velocità per fare scena, poi si è fermato e ne è uscita fuori una squadra di calcio! Il responsabile, facendo il tonto, ha detto che erano stati invitati a giocare a quell'ora su quel terreno! Gli ho mandato addosso la polizia armata di frusta di caucciù, però l'hanno lasciato andare... ma solo perché aveva già una certa età; mi hanno detto che se fosse stato un giovane non avrebbe avuto la stessa fortuna. Dopo un pò la seconda invasione: due classi che scendono sul campo allegramente con il loro professore di educazione fisica, che dice di non sapere niente delle Olimpiadi di ALBA. Si alza un vento pazzesco e con il vento la polvere, il momento è critico ma viene superato.    

I ragazzi hanno avuto una certa difficoltà a capire il concetto di corsia; d'altronde non hanno in pratica mai la possibilità di allenarsi su un terreno di atletica durante l'anno. Vi lascio immaginare cosa è successo ai 400m... La staffetta 4x100 si è rivelata così un'utopia, considerato anche che bisognava spiegare ai ragazzi cosa fossero le zone di cambio; all'ultimo momento l'abbiamo trasformata in una più semplice 4x200m, almeno gli atleti sapevano dove piazzarsi ad aspettare il compagno di squadra per il passaggio del testimone. Le scuole della brousse hanno dominato tutte le competizioni di corsa; era prevedibile, i piccoli si fanno chilometri ogni giorno a piedi nudi o in bicicletta per andare a scuola oppure al mercato in città per vendere i prodotti coltivati e raccolti in brousse piuttosto che il legname. Le scuole della città hanno avuto la meglio nelle discipline tecniche: i salti, i lanci e le staffette.

Il sabato ci siamo trasferiti in una delle scuole per i tornei di pallavolo maschile (scuole elementari) e calcio femminile (scuole superiori). Arriviamo e scopriamo che dentro i pali di una delle porte del campo di calcio si è formato un nido di api immenso; i responsabili della scuola non se ne erano accorti prima... La solita scuola della brousse è arrivata con due ore di ritardo sempre per il problema del trasporto, quindi tutto il programma è slittato di due ore.

C'era un sacco di gente che non c'entrava niente, tra cui alcuni piccolissimi venditori di ghiaccio e bigné. Ad un certo punto alcuni ragazzi del quartiere hanno rubato i soldi ad un bambino venditore di bigné, che avrà avuto 5 anni; il nostro autista è intervenuto e si è preso una bastonata sotto l'occhio. I ragazzi sono riusciti a scappare, ma considerando che Dévis abita alla Kenya ed è un tipo piuttosto losco, non li invidio il giorno in cui lui li scoverà (me lo ha giurato, ci riuscirà...). Il torneo di pallavolo è stato vinto da una delle scuole della brousse, tanto per cambiare, ma la vera attrazione è stato il calcio femminile. Le ragazze hanno dai 16 ai 20 anni, giocano a piedi nudi su un terreno di terra con grandi buche in maniera davvero maschia... Gran contrasti, botte e tiri potentissimi, non tirano certo indietro il piede; un paio di sono massacrate ricevendo pallonate in parti delicate... Mi sono messo ad arbitrare la finale, un match molto sentito tra le due scuole dello stesso quartiere. Non è stato facile, c'era un gran pubblico che pretendeva di arbitrare al posto mio. Ogni tocco di mano veniva sottolineato con il classico urlo collettivo: "Touche!!!". Ad ogni rete scattava poi l'invasione di campo di decine di bambini e ragazzini, scacciati con gran fendenti di bandierina da Toto, guardialinee per l’occasione, che non faceva certo complimenti. Ho ammonito tre ragazze, una di queste quando le ho mostrato il cartellino giallo mi ha detto: "Merci!". Incredibile...

Lubumbashi, 25 maggio 03
"VILLES GÉ.CA.MINES" E FUNERALI

Domenica per la prima volta sono uscito dal territorio di Lubumbashi, per una gita a Kipushi. La città mineraria di Kipushi è chiamata anche "Ville Gé.ca.mines", è un piccolo centro costruito essenzialmente per lo sfruttamento della miniera di rame. Qui, ancora più che a Lubumbashi, si percepisce a che livello sia giunta la crisi economica di questi ultimi 15 anni. A Kipushi tutto fu costruito per gli impiegati della miniera: quartieri popolari e ospedale pubblico per gli operai, quartieri residenziali e clinica privata per i quadri e i dirigenti. Tutto ha il marchio Gé.ca.mines, anche i piatti su cui abbiamo mangiato al ristorante del lago. Ora tutto è in condizione di degrado, con la grande crisi che ha costretto l'azienda a bloccare la produzione e a lasciare a casa migliaia di lavoratori, senza salario né sussidio. La miniera a cielo aperto ora è presa d'assalto da gente che vi si avventura per caricare di ghiaia i propri camion; numerosi sono gli incidenti mortali, con gente che viene sepolta dai detriti. Il circolo del tennis è ridotto ad un bar deserto, con i campi in terra battuta che sono diventati degli orti; la decadenza regna sovrana. Tutto ciò è iniziato quando sono partiti i bianchi, che gestivano la miniera ed i locali della città. 

Al ritorno da Kipushi si stava guidando tranquilli con il nostro Ducato verso Lubumbashi, su una strada completamente buia, in piena brousse. Ad un certo punto i fari hanno illuminato una cosa che occupava tutta la carreggiata: era un serpente che stava attraversando la strada! Verde e bianco, una cosa impressionante. Lungo almeno 3 metri, non ho potuto evitarlo e ci sono passato sopra. Mi fermo immediatamente, voglio infatti tornare indietro a vedere cosa è rimasto della bestia. E' stato lì che Bébert ha iniziato ad inquietarsi, dicendo di stare attento e di chiudere i finestrini. Al mio stupore risponde che i grandi serpenti, quando li ferisci ma non li uccidi, sono capaci di cose fuori dal normale e diventano molto pericolosi, a causa di forze occulte e di poteri speciali in loro possesso. Siamo tornati indietro ma il serpente non era più sulla carreggiata! Con questo episodio posso dire di avere completato il safari delle cascate Vittoria nel migliore dei modi, mi dispiace solo di avere ferito il cucciolo, ma magari se la cava e si mangerà altri bimbi neri a colazione...

Chiudo raccontandovi una delle cose che mi ha colpito di più, riguardo alle tradizioni e le credenze di questo paese: quello che succede ai funerali. Oggi per fortuna che ho preso l'autista per recarmi in una delle scuole ALBA. Per poco non finiamo in mezzo ad un "fugio": con questo termine si indica non solo il corteo funebre, ma anche il comportamento dei partecipanti. Dipende tutto dal tipo di morte e dall'età del defunto. Oggi si celebrava il fugio di un giovane ragazzo di strada; i suoi compagni erano completamente ubriachi e in preda a droghe, dalla moltitudine si alzavano canti ossessivi e ritmi tribali. Tutti ballano, cantano e corrono...In questi casi è meglio allontanarsi, perché il corteo funebre usa chiedere soldi ai passanti, per aiutare la famiglia e i parenti del morto, e le richieste si trasformano in pretese... Il mio autista ha avuto la prontezza di riflessi di infilarsi in un vicolo, ma al ritorno abbiamo dovuto superare la massa in delirio, che per fortuna si è limitata a dare dei gran pugni alla nostra macchina.

Mi hanno raccontato che il culmine si raggiunge al momento della "Ondolà", un rito che ora non è più diffuso come una volta ma che è ancora praticato, soprattutto nei villaggi della brousse. Ve la racconto come me l'hanno raccontata i congolesi: quando si tratta di una morte non naturale, dovuta ad omicidio o comunque imputabile a qualche feticcio o maledizione lanciata da un altra persona, bisogna stare attenti, perché è il momento della ondolà. I portatori della bara, che sono di solito i parenti del morto, ad un certo punto si fermano e poi ripartono, guidati dalla bara stessa e dal morto, che li conduce fino alla casa del colpevole, il quale di solito, davanti a questo fenomeno soprannaturale, riconosce le sue colpe. Nella migliore delle ipotesi viene imprigionato e poi espulso dal villaggio natale per sempre; tuttavia a volte la sua casa viene bruciata e lui stesso viene ucciso. L'anno scorso il vecchio direttore di una delle nostre scuole, quella di Cawama in brousse, è stato ridotto in fin di vita da un'ondolà. In città è successo l'ultima volta a La Ruashi, sempre più o meno un anno fa. Le autorità hanno vietato questa pratica di giustizia sommaria, che chiaramente viene utilizzata strumentalmente da chi ha conti in sospeso con qualcuno, con le forze dell'ordine che sono intervenute con la solita delicatezza. É una tradizione comunque profondamente radicata nella cultura bantu, in tutta la RDC. La cosa che mi sconvolge di più, ancora una volta, è il sentire parlare i nostri dipendenti, quelli più istruiti, quando mi spiegano che l'ondolà è un fenomeno reale, da prendere molto sul serio.

Come qualcuno di voi mi aveva detto, ricordando le parole di un congolese, d'altra parte è forse più facile per un contadino della brousse credere che Gesù Cristo, dopo essere stato 3 giorni sotto terra, sia risorto e salito in cielo? Rifletteteci...

Lubumbashi, 8 giugno 2003
SI RIPARTE DA ZERO

Mentre nell’Ituri a Bunia i massacri continuano, con decine di migliaia di profughi fuggiti all’interno del paese o in Uganda, a Kinshasa questo maledetto nuovo Governo non ha ancora prestato giuramento. Una serie di conflitti su cariche importanti in seno alle forze armate ed alle poltrone di ministri ha bloccato ancora una volta la messa in pratica della nuova costituzione, approvata ad inizio aprile. Non si riesce a venirne fuori, il paese continua ad essere decapitato ad oggi... Se rimaniamo limitati alla situazione a Lubumbashi, qui in Katanga, ne sono successe comunque parecchie. Il colera è tornato a fare vittime in città; l’epidemia è riesplosa, dopo che a fatica si era riusciti a contenere quella dei mesi scorsi. Ha ucciso anche in una delle nostre scuole, dove una bambina non ce l’ha fatta e la sorellina se l’è vista brutta ma ora sta meglio. Ciò è dovuto soprattutto alla mancanza di acqua in quartieri in condizioni igieniche già degradanti. Il servizio pubblico di fornitura idrica, la REGIDESO, non funziona, a causa degli impianti idraulici che risalgono ancora all’epoca coloniale e della inesistente manutenzione. Inoltre le frequenti interruzioni di corrente fanno sì che le pompe idrauliche non siano azionate; interi quartieri sono senza acqua e senza luce da mesi. I trasformatori sono danneggiati e non vengono riparati, quelli ancora in piedi sono spesso trasferiti in quartieri industriali, lasciando migliaia di civili al buio. La gente non paga le bollette, gli viene interrotta la fornitura pubblica, i poveracci si attaccano illegalmente ai pali della luce, provocando sbalzi di tensione e sovraccarichi di corrente che alla fine provocano ulteriori danni agli impianti ancora in piedi. Insomma è una specie di inferno, in cui ciascuno cerca ogni mezzo per arrangiarsi. Forse il colera colpisce di più l’immaginario collettivo, ma il vero flagello di questo paese rimane la malaria, che rimane la prima causa di morte, soprattutto tra i bambini fino a 5 anni. Il mio amico e collega si è beccato una forma molto forte di malaria ed ho visto con i miei occhi quanto ha sofferto. In ospedale per una settimana, senza mangiare né bere nulla, con quaranta di febbre, ancora oggi non si è ripreso del tutto. La prima volta che noi europei ce la prendiamo è così, ti lascia senza forze per settimane anche dopo che se ne è andata. La maledetta zanzara che lo ha punto potrebbe avere beccato anche me, ho quaranta giorni di tempo per essere sicuro di averla scampata. In realtà, proprio per il periodo di incubazione della malattia, che dura 5 settimane, potrebbero averlo punto dovunque, non solo in casa nostra. Ad un certo punto si pensava che avesse preso anche il tifo, ma alla fine per fortuna i risultati degli esami sono stati negativi.

Sto elaborando, come vi ho detto, un progetto di foratura di pozzi e di riabilitazione di punti di approvvigionamento pubblico di acqua nel Comune di La Ruashi.
Si tratta di uno dei 7 comuni della municipalità di L’shi, a circa 7km ad est del centro città. Il comune conta circa 150.000 abitanti, di cui la metà insediatasi negli ultimi 30 anni, a causa della grande spinta demografica e della conseguente occupazione di spazi, tolti alla brousse che circonda il comune. La Ruashi Vecchia fu costruita all’inizio del ‘900, per sfruttare le vicine Mines de L’Étoile; conobbe il suo grande sviluppo negli anni ’50 con i belgi, che costruirono la rete idrica, concepita per la popolazione di allora, e che dal momento dell’indipendenza, nel 1960, non è stata mai ampliata. Ora tutta La Ruashi Nuova rimane esclusa dalla fornitura idrica, la gente è costretta a scavare pozzi, che rimangono secchi per 5 mesi all’anno e danno acqua non potabile. Le condizioni della rete idrica sono pessime, vista l’assoluta mancanza di manutenzione da parte dell’azienda pubblica. L’accesso a fonti di acqua pulita costituisce veramente la priorità per la popolazione. Le donne ed i bambini sono costretti a compiere a volte chilometri per andare ad approvvigionarsi di acqua alle fonti.

Le ultime giornate sono state sicuramente movimentate... Oltre alla visita del Presidente proprio in corrispondenza con la convalescenza di Paolo, c’è da segnalare la brutta avventura capitata a Kabeya, l’amministratore, che appena trasferito nella nuova casa in affitto, si è visto bruciare la stanza del figlio diciottenne, che ha riportato, sembra, gravi ustioni. Per darvi un’idea, l’amministratore si presenta al lavoro con una macchina sgarruppata con i vetri rotti da sassate, la targa illeggibile e una voce elettronica di donna che esclama "Attention! Attention! Marche arrière!" ogni volta che mette la retromarcia! Kabeya è il numero 2 ed è il capo del personale...

Le ultime settimane mi hanno regalato ancora tante cose, folli e affascinanti. Il mio ultimo viaggio in brousse è stato bello quanto gli altri, arricchito dalla carica emotiva degli addii e da una splendida aquila che volava tranquilla ed elegante sopra la scuola, disegnando ampie traiettorie. Ora con la stagione secca è iniziato il periodo nel quale gran parte della sterpaglia della brousse viene bruciata, per facilitare la caccia all’antilope, che gli abitanti dei villaggi compiono con l’ausilio di semplici lance e dei cani.

La mia forzata permanenza qui a Lubumbashi mi ha permesso di apprezzare altre cose che altrimenti mi sarei perso. Sabato sono ritornato al monastero fuori città, ad assistere ad un torneo di calcio di bimbi congolesi, in un campo attorniato da termitai giganti. Al termine delle gare un regalo inaspettato: al villaggio di Kawama, un gruppo di abitanti si è esibito in uno spettacolo di danze tribali. E’ stato molto bello: un anziano al tamburo e con in bocca un fischietto, dava inizio a ritmi ossessivi, con bambine di 3 o 4 anni che ballavano scatenate, di una bravura da lasciarti a bocca aperta. Le danze hanno fatto omaggio ai vari gruppi tribali presenti nel villaggio, che è misto; il ritmo e la danza cambiava a seconda della tribù di appartenenza. La danza rund aveva influenze quasi sudamericane; si parla sempre di razza bantù comunque. Le bimbe che sanno danzare, già in tenera età vengono scelte da uomini del villaggio, che danno la dote con dieci anni di anticipo alla famiglia della bimba, per assicurarsi la piccola, quando avrà raggiunto la pubertà.

Alla sera ho avuto l’occasione di assistere ad uno spettacolo teatrale di una compagnia locale, che includeva anche alcuni bambini di strada. Sono stati veramente bravi; i congolesi sono particolarmente portati per l’improvvisazione e comunque per il teatro in generale. In questo caso si trattava di piccoli sketch, interpretati da bambini dai 10 ai 15 anni. Uno sull’AIDS, uno sui bambini soldato e un altro che non si è capito molto cosa rappresentasse, dato che si recitava in swahili. I bambini di strada non sembrava neanche che recitassero, tale era la naturalezza che esprimevano i loro gesti (li chiamo gesti anche se in realtà simulavano di picchiarsi).

Il rituale dei saluti mi ha permesso di apprezzare ancora di più alcune persone, a cui mi sono più legato, le quali hanno lasciato al momento dell’addio una frase od un gesto da ricordare. Léon, un professore e giocatore della nostra squadra di calcio, addetto allo sport, con il quale ho lavorato molto in occasione delle Olimpiadi, ha fatto cantare ai suoi alunni una canzone di addio in swahili. Al piccolo Andrea Mwepu Bila ho regalato una zanzariera impregnata, con la speranza che i genitori ne facciano un uso corretto e che il piccolo riesca a crescere sano. Ha avuto grossi problemi digestivi, ora sembra che si sia ripreso, grazie alle cure del nostro infermiere.

Oppure l’addio a Cadet nel cuore del quartiere Kenya, al buio più totale e al silenzio della notte, rotto dai cori e dai canti religiosi provenienti da una casa, che andrà avanti così tutta la notte per festeggiare chissà quale evento.

Per chi di voi si era appassionato, vi annuncio che purtroppo il Lupopo FC è stato eliminato negli ottavi di finale dalla Champions League africana, 3-1 in Camerun contro il Canoun Yaoundé, dopo che era passato in vantaggio e dopo due rigori concessi ai locali negli ultimi dieci minuti di gioco. E così la capitale calcistica della RDC si ritrova quest’anno già fuori dalle competizioni continentali.

Del Congo mi rimangono grandi emozioni e sensazioni fortissime, oltre a mille immagini e volti. Grandi esplosioni di massa, urli e processioni di gente eccitata e pronta ad esplodere, stazioni di taxibus dove regna il caos più assoluto, danze e canti dappertutto, ad ogni occasione, i sorrisi e i saluti dei bambini, la montagna nera di scorie di rame che sovrasta la città… ragazzini schiacciati sotto il peso di ottanta chili di carbone, trasportati in bicicletta tutti i giorni, dalla brousse alla città, per guadagnare i soldi per mangiare…ma anche l’affanno di camminare con l’ansia di sapere che sarai avvicinato da decine di disperati che ti chiederanno soldi, soldi, soldi... soltanto perché hai la pelle bianca. L’apice è stato raggiunto l’altra sera: stavo guidando con il finestrino abbassato, ad un certo punto mi sono ritrovato aggrappato al finestrino della macchina un ragazzo che, incosciente del rischio di venire scaraventato a terra, ha rischiato la pelle per chiedermi i soliti 100 franchi!

Ma esiste il grande lato oscuro di tutto ciò e ripenso all’episodio di Mbuji Mayi, che ha fatto scoppiare l’epidemia di colera. Il Congo è un paese che sta ricominciando da zero, un paese nel quale le forze di polizia e l’esercito, non pagate, si rifanno sulla popolazione, assaltando, derubando e terrorizzando. L’altro giorno un tassista è stato assassinato; ieri gli abitanti di un quartiere di La Ruashi li aspettavano e i militari hanno avuto la peggio negli scontri, con la popolazione che ha sfogato tutta la propria frustrazione.

Passare tre mesi qui a Lubumbashi è stata un’esperienza unica, un vortice di emozioni che ti consuma. Lo definirei come un viaggio senza ritorno in un altro pianeta, un luogo al di là di ogni immaginazione, che mi lascerà dentro un’inquietudine permanente, perché so già che mi assalirà il desiderio di ritornare ad essere inghiottito da questo mondo, che a noi sembra così folle, ma che per questa gente è terribilmente normale e quotidiano. Tornare alla vita milanese non sarà facile.

Appendice

Aggiornamenti sulla situazione politica ad oggi, fine agosto 03

A Kinshasa, dopo altri due mesi di trattative, si è instaurato il nuovo Governo di Transizione, i cui ministri hanno prestato giuramento davanti al Presidente, Joseph Kabila. I quattro vicepresidenti sono stati alla fine nominati. Sono:
- Jean Pierre Bemba, Presidente del Mouvement de Libération du Congo (MLC);
- Azarias Ruberwa, Presidente del Rassemblement Congolais pour la Démocratie (RCD-Goma), la milizia filo-ruandese ;
- Abdoulaye Yerodia Ndombasi, in rappresentanza del Governo precedente; fu un ex compagno d’armi ed ex ministro degli esteri di Laurent Désiré Kabila;
- Arthur Z’ahidi Ngoma, in rappresentanza dell’opposizione civile non armata.
Il Governo Transitorio non prevede la figura di Primo Ministro, le cui veci sono fatte dal Presidente della Repubblica. Secondo la Nuova Costituzione Provvisoria, i 36 ministri ed i 25 vice-ministri sono ripartiti equamente tra la compagine governativa e i due ex principali gruppi di guerriglia, il MLC e il RCD-Goma (7 Ministri e 4 Viceministri per ognuno dei due principali gruppi armati), mentre anche gli altri gruppi dell’opposizione politica e civile e dell’opposizione armata hanno ottenuto portafogli importanti.

Il primo luglio scorso Joseph Kabila ha nominato i membri del Governo di Transizione. I ministeri principali sono stati divisi tra gli esponenti del vecchio governo e quelli dell’opposizione armata.
I kabilisti hanno ottenuto tra gli altri gli Interni, la Decentralizzazione e la Sicurezza, la Finanza, l’Energia e l’Industria. Al RCD-Goma sono andati la Difesa, la Smobilitazione e i Veterani di Guerra, l’Economia, i Parastatali e le Telecomunicazioni. Il MLC di Bemba si è aggiudicato gli Esteri, la Cooperazione Internazionale, il Budget, e la Pianificazione.
Tra i gruppi che sono stati inclusi nel Governo ci sono anche i guerrieri Mayi Mayi (vicini a Kabila), che hanno ricevuto due ministeri, quello dell’Ambiente e quello dell’Agricoltura.

Una delle dispute maggiori ha riguardato la nomina dei generali e dei comandanti del Nuovo Esercito Nazionale, che è formato dai componenti del vecchio governo e dai maggiori gruppi dell’opposizione armata. Al termine di estenuanti trattative, ex-governo, MLC e RDC si sono spartiti il comando delle varie armi. Capo di stato maggiore è stato nominato un Generale appartenente all’ex governo di Kinshasa; le forze di terra sono sotto il comando di un’esponente del RDC-Goma; le forze navali sono guidate da un uomo del MLC; l’aviazione è controllata da un generale kabilista.
Quanto alle regioni militari in cui è stato diviso l’immenso paese, generali dell’ex governo sono stati nominati a capo di 3, esponenti del MLC e del RCD-Goma ne dirigono 2 a testa, una a testa sono andate a RCD/Kisangani ML (Mouvement de Liberation), RCD-National e alle milizie Mayi Mayi.

La prima riunione del Parlamento di Transizione, a cui partecipano membri di tutti i partiti partecipanti al Dialogo Intercongolese, dell’ex governo di Kinshasa, dell’opposizione politica disarmata, della società civile e dei principali gruppi guerriglieri di ribelli all’ex governo, si è tenuta il 25 agosto scorso. Il Parlamento è composto dall’Assemblea Nazionale (500 membri, presieduta da un esponente del MLC) e dal Senato (120 membri, presieduto da un esponente della società civile). Tra le primissime leggi che saranno varate dal Nuovo Parlamento, pare che ci sia in cantiere un’amnistia generale per quanto riguarda gli immani crimini commessi nel corso della guerra durata 5 anni, che farebbe comodo a tutte le parti in causa…

Le prime elezioni libere dal 1960 dovrebbero essere tenute tra due anni ed eleggeranno il nuovo Parlamento Nazionale ed il Nuovo Governo.

La comunità internazionale monitora ed incoraggia i passi del traballante nuovo governo, tramite la CIAT (Comité International d’Appui à la Transition) ed il supporto logistico delle Nazioni Unite, presente nel paese attraverso la MONUC (Mission des Nations Unies au Congo). Il governo olandese ha donato 1 milione di dollari alle nuove Istituzioni, quello belga 500 mila Euro.
Nonostante gli accordi di pace e l’instaurazione del nuovo Governo di Transizione, la guerra non è cessata. Nel Kivu (la regione ad est del paese) si susseguono scontri sanguinosi tra i guerriglieri Mayi Mayi e le milizie del RCD-Goma, che coinvolgono la popolazione civile.
In Ituri la situazione è di stallo. I cinque gruppi armati che si sono scontrati nella regione negli ultimi anni, provocando 50.000 morti e mezzo milione di sfollati, si sono recentemente impegnati a Kinshasa, davanti al nuovo Governo, ad un cessate il fuoco completo, a collaborare con il nuovo Governo ed hanno accettato il principio dell’integrità della Repubblica, su sui si fondano i presupposti del Dialogo Intercongolese, che nel dicembre 2002 ha portato alla elaborazione della Nuova Costituzione. In cambio chiedono che i loro rappresentanti vengano in qualche modo coinvolti nell’Amministrazione della Provincia e che i membri dei vari gruppi armati siano cooptati all’interno del Nuovo Esercito Nazionale, in corso di formazione.

La situazione a Bunia, il capoluogo dell’Ituri, è molto tesa. Le truppe inviate dall’UE (la "Missione Artemis", 1500 uomini) su richiesta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in seguito ai massacri scoppiati dopo il 7 maggio, data del ritiro delle truppe ugandesi dal territorio dell’Ituri, a comando francese (a cui hanno partecipato contingenti belgi, britannici, portoghesi e svedesi) ha portato a termine il suo mandato (3 mesi, da giugno a fine agosto). Hanno fatto spazio ai soldati della nuova missione delle Nazioni Unite, la MONUC II, operativa dal 1° settembre.

Tale missione prevede l’invio e la permanenza a Bunia di 4.700 uomini dei contingenti di Bangladesh (che fornirà il contingente più numeroso), Uruguay, Nepal, Pakistan e Indonesia, che avranno anche l’appoggio di elicotteri da combattimento indiani, nell’ambito di una missione di Peace-Enforcement; è la "Brigata Ituri" della MONUC. Ciò significa che, a differenza dei loro predecessori della MONUC I (e della Missione Artemis) essi potranno utilizzare la forza non soltanto per legittima difesa ma anche per prevenire violazioni di diritti umani e del diritto umanitario internazionale nei confronti della popolazione civile. Già i primi episodi di scontri armati tra pattuglie della MONUC e gruppi armati locali provengono dal Kivu. Le forze della MONUC II hanno inoltre il mandato di estendere la loro presenza anche nei dintorni di Bunia, la foresta in cui i più gravi massacri sono stati perpetrati ai danni della popolazione civile negli ultimi mesi e dove i contingenti internazionali non avevano il mandato per agire.

In Ituri c’è molta preoccupazione per la partenza delle esperte truppe francesi, che tra l’altro potevano comunicare con la grande maggioranza della popolazione (il paese è francofono) e per l’arrivo di uomini provenienti da paesi molto lontani culturalmente.
Nonostante le continue assicurazioni del capo della Monuc, il diplomatico americano William Swing, si teme che a settembre, con la partenza dei francesi, le bande armate torneranno a dominare il territorio (come hanno già dichiarato alcuni capi guerriglieri in clandestinità).
Una recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza ha prorogato la MONUC fino al 30 luglio 2004, rafforzandone sia il contingente (10.800), sia il mandato. La MONUC è dislocata, oltre che in Ituri, anche in Nord e Sud Kivu, la zona al confine con il Ruanda dove si è combattuto aspramente negli ultimi 5 anni.
Per approfondimenti sulla situazione in RDC e in particolar modo nella Provincia dell’Ituri (che si trova nel nord-est del paese, confinante con Uganda e Sudan), si può consultare il sito dell’IRIN (United Nations Integrated Regional Information Network):
www.irinnews.org
e quello di Relief Web:
http://www.reliefweb.int/w/rwb.nsf/vCD/Congo+(Democratic+Republic+of+the)?OpenDocument&StartKey=Congo+(Democratic+Republic+of+the)&ExpandView
Per il testo completo della Costituzione Provvisoria della Repubblica Democratica del Congo:
www.dfa.gov.za

Per approfondimenti sugli avvenimenti politici degli ultimi cinque anni in RDC, consigliamo l’ottimo saggio di Colette Braeckman, giornalista belga: "Les nouveaux prédateurs. Politique des puissances en Afrique centrale", Fayard, gennaio 2003.

A cura di Andrea Speranza

Per contatti: andrea_speranza@libero.it