Super insegnanti e scuola di serie B.
Il
concorsone premia con 6 milioni di aumento gli insegnanti "più capaci"
ma non migliora affatto la scuola italiana.
REDS. Gennaio 2000.
Il 23 dicembre
1999 il ministro Berlinguer, ha firmato i decreti per l'attuazione delle prove
selettive che in base all'art. 29 del contratto collettivo della scuola e all'art.
38 dell'integrativo individuano 150.000 docenti, dalle materne alle superiori,
ai quali vengono riconosciute competenze e professionalità superiori
e che quindi percepiranno sei milioni lordi in più all'anno rispetto
agli altri, a partire dal 1 gennaio 2001. Possono partecipare alle prove "i
docenti delle scuole di ogni ordine e grado e gli educatori dei convitti e degli
educandati con contratto a tempo indeterminato che abbiano maturato almeno 10
anni di effettivo servizio di insegnamento dalla nomina in ruolo". Si calcola
che il numero degli aventi diritto sia di circa 530.000 unità, inferiore
a quello di tutti gli insegnanti di ruolo e non di ruolo (o meglio: a tempo
indeterminato e a tempo determinato) della scuola statale italiana, sia su territorio
nazionale che estero. Ma di gran lunga superiore a quelli che saranno certificati
come "i più bravi e meritevoli": solo il 28% degli aventi diritto,
tra il 15 e il 20% dell'intero corpo docente!
La procedura del concorso si articola in tre fasi, al termine delle quali i
candidati possono ottenere un massimo di 100 punti: 25 punti per la prima fase,
ossia valutazione del curriculum personale (titoli di studio, abilitazioni,
pubblicazioni, corsi di aggiornamento, attività di sperimentazione, progetti
con enti esterni all'istituto, ecc.); 25 punti per la seconda, "prova strutturata
nazionale" a quiz, che si terrà il 4 aprile 2000; 50 punti per la
terza, "verifica in situazione alla presenza in aula degli alunni e della
commissione giudicatrice" o in alternativa "trattazione di una unità
didattica destinata agli alunni senza la presenza dei medesimi". Tale prova
non si svolgerà in un'unica soluzione ma sarà scaglionata nel
tempo, in due o più tappe successive, a seconda del numero dei candidati
in ogni provincia.
A detta del governo si tratta di una novità sostanziale che si inscrive
a pieno titolo nei processi di miglioramento del sistema educativo nazionale.
I sindacati confederali che hanno sostenuto questa novità e che appoggiano
i piani di ristrutturazione governativa sono ovviamente soddisfatti. Il segretario
nazionale della CGIL-scuola, Panini, afferma: "Dopo la firma degli atti
amministrativi trova applicazione l'istituto più innovativo ed atteso
del recente contratto scuola. Le competenze acquisite con il lavoro in classe
saranno oggetto di valutazione e, per la prima volta nel nostro Paese, non solo
il passare del tempo servirà ad incrementare i salari degli insegnanti.
La prima applicazione di un nuovo istituto contrattuale presenta sempre problemi
più complessi ma le soluzioni adottate sono positive e sono già
oggetto di attento esame da parte degli altri sindacati europei".
Qualcuno dei problemi complessi lo analizzeremo più avanti. Sulla positività
dell'istituto "più atteso" (da chi?), oltre a registrare la
posizione sempre critica anche se piuttosto impacciata sul piano dell'azione
di Alternativa Sindacale, troviamo i pronunciamenti contrari agli articoli del
contratto in questione da parte di consistenti gruppi di docenti delle singole
scuole, ad esempio il "Gentileschi" di Milano, e i ricorsi di sindacati
quali la Gilda e i Cobas. Condividiamo il giudizio di Bernocchi, portavoce dei
Cobas della scuola: "Giudico negativi molti punti dell'ultimo contratto
nazionale e dell'integrativo, ma la vicenda dei 6 milioni è certamente
la più ignobile e distruttiva. Nell'albo della scuola verranno comunicati
a studenti e famiglie i 'bravi' e i 'mediocri e somarelli', da quel momento
nulla potrà mettere in discussione questa gerarchia. Non solo, questo
bollino blu, potrebbe indurre i più 'bravi' a lavorare meno e peggio
di prima. L'elemento fondamentale dell'insegnamento è il meccanismo collegiale.
In base a tale motivo irrinunciabile vanno incentivati tutti i docenti che fanno
il loro dovere e non messi in concorrenza artificiosa e dannosa tra loro".
I Cobas pertanto annunciano battaglia e "faranno di tutto per bloccare
questa selezione" e intanto presentano ricorso contro l'illegalità
dell'ammissione alla prova solo di chi ha più di dieci anni di anzianità.
In effetti ci sembra alquanto contraddittorio cercare di tenere insieme, in
nome di una presunta qualità, anzianità e merito professionale.
Inoltre, una difficoltà tecnica che non può non pregiudicare il
corretto svolgimento dell'intera procedura sta nell'impossibilità, dichiarata
dal ministero stesso, di reperire il numero di commissari necessario alla costituzione
delle commissioni giudicatrici (2 docenti per la scuola materna, elementare
e media; 4 docenti per la secondaria superiore). Questo sia per la novità
della cosa, sia per l'affastellarsi nel corso dell'anno 2000 di numerose prove
concorsuali (corsi di formazione per i capi d'istituto, concorsi ordinari, concorsi
riservati). I docenti in pensione che abbiano i requisiti (e la voglia) non
sono sufficienti. Si prevedono quindi due tipi di soluzioni che porteranno inevitabilmente,
come sostiene la CGIL che pure ha voluto tale situazione, "uno svolgimento
della selezione fortemente differenziato fra province o fra ordini di scuola",
a scapito ovviamente della correttezza e dell'oggettività. La prima consiste
nel nominare i commissari fra i docenti che hanno già superato la selezione
e che abbiano fatto domanda entro 10 giorni dalla conclusione delle prove dello
scaglione di appartenenza; la seconda nell'utilizzare come commissari anche
capi d'istituto o ispettori non utilizzati come presidenti di commissione. Ma
avverso i candidati che hanno superato la selezione e si sono assicurati la
maggiorazione retributiva è sempre possibile il ricorso, che ha a sua
volta i suoi tempi tecnici. Si potrebbe verificare il caso di candidati/commissari
esclusi dalla maggiorazione in seguito a ricorso che avranno magari nel frattempo
giudicato loro colleghi.
L'incertezza regna sovrana, e in questo clima si andrà a determinare
un rivolgimento senza precedenti nella scuola italiana!
Che dire poi della divisione che si crea tra i docenti che un tempo (solo pochi
mesi addietro o addirittura giorni) erano pari grado? Non solo ci saranno quelli
più bravi e quelli meno bravi selezionati in base a criteri non ancora
del tutto definiti, come si deduce dai decreti emanati nei giorni scorsi. Saranno
infatti oggetto di provvedimenti successivi la definizione del numero di insegnanti
per ogni provincia che percepiranno i sei milioni, le modalità della
prova a quiz; le commissioni verranno composte e istruite dopo l'effettuazione
delle prove; i curricoli saranno valutati da commissioni appena insediate e
formate per l'occasione senza che siano espliciti fin da ora i criteri, saranno
previste forme di coordinamento delle commissioni, ma non si sa né quando
né come. Ma prima ancora di tutto ciò ci saranno docenti che aspirano
a essere riconosciuti come bravi che saranno giudicati da colleghi che in partenza
erano come loro e che da poco saranno stati patentati come bravi (sui quali
potrebbe sempre pendere un ricorso). Costoro si troveranno nei panni dell'esaminatore
e non dell'esaminato semplicemente per caso, per sorteggio dell'ordine cronologico
delle procedure. Ad appianare tutte queste contraddizioni vi è "certamente"
la garanzia che i commissari saranno formati, cioè istruiti a dovere,
benché in fretta e furia, perché tutto il personale giudicante
nominato, prima dell'insediamento della commissione, deve frequentare il corso
di formazione previsto dall'art.38 del CCNL "finalizzato a far loro prendere
cognizione dell'istituto contrattuale della maggiorazione retributiva accessoria
[...] e a dare omogeneità al lavoro loro assegnato". Tenuto conto
che la prima prova si svolgerà il 4 aprile 2000 e che la maggiorazione
stipendiale scatta a partire dal 1 gennaio 2001, ci sembra proprio che i tempi
siano adeguati sì... per una farsa!
Le vere ragioni della nostra opposizione a questo provvedimento vanno però
ben aldilà di questioni meramente tecniche. Con questo provvedimento
si divide la categoria docente in insegnanti di serie A e di serie B, con tutte
le nefaste conseguenze nei rapporti con genitori e studenti, e tra colleghi
(o meglio ex-colleghi) stessi: sarcasmi, illazioni, recriminazioni, invidie,
ingiurie, divisioni... Nessuna ricaduta didattica! I docenti verranno ancor
più divisi, deresponsabilizzati e demotivati! Qual è il genitore
che si accontenterà di avere un docente non "bravo" per suo
figlio? Ovviamente è la credibilità dell'intero sistema scolastico
pubblico che viene messa in gioco. E a ragion veduta, da parte del governo confindustriale,
se le nostre analisi sulla politica scolastica del centro sinistra non sono
campate per aria!
D'altro canto lo sappiamo tutti benissimo che non è con una procedura
concorsuale selettiva per prove e titoli (esami che tra l'altro non finiscono
mai!) che si verificano - se mai ciò fosse possibile - le professionalità
acquisite, cioè la qualità dell'insegnamento. Essa si determina
in primo luogo, oltre che sulle competenze disciplinari e pedagogiche, sul piano
dei rapporti umani e sociali, sul piano della mediazione didattica. E su questi
piani ciò che primariamente incide è il rapporto numerico tra
docenti e alunni. Altre sono quindi le strade da percorrere per conseguire il
miglioramento della qualità della scuola. Le risorse del contratto dovevano
servire a compensare il lavoro in più, senza dimenticare quello già
svolto da tutti i lavoratori della scuola in tutti questi anni.
In attesa del ricorso dei Cobas è auspicabile che si apra subito un fronte
di mobilitazione a cui partecipi tutto il movimento sindacale alternativo, che
sappia rappresentare e convogliare il risentimento della categoria verso questo
istituto contrattuale. Tale avversione si era già registrata in occasione
della consultazione farsa che i confederali avevano sostenuto tra i lavoratori
all'atto della stipula del contratto (primavera '98). Una consultazione condotta
senza regole chiare e condivise (perdonate il refrain!), con modalità
differenti da luogo a luogo (voto per alzata di mano, voto su scheda, nessuna
votazione, scrutinio differito, proposta di emendamenti, ecc.), che aveva visto
una scarsa partecipazione della categoria (il 15% a livello nazionale), e che
nella zona di Milano, dove il voto è stato più certo che altrove,
il SÌ era prevalso di poco (48%), ma con una buona percentuale di contrari
all'art. 29 (12%). Dato tale risultato, Alternativa Sindacale di Milano affermava
che "le assemblee dei lavoratori, sia con il no sia con sì condizionati,
hanno in sostanza espresso un mandato alla revisione profonda soprattutto dell'art.
29 come condizione necessaria per la firma del contratto" giudicando che
"quel che ha indotto molti di coloro che hanno votato SÌ a farlo
è stato il timore di una vacanza contrattuale prolungata o addirittura
della perdita, già sperimentata dalla categoria, di un rinnovo contrattuale"
e concludeva, facendosi carico dell'impegno, che "è necessario quindi
rilanciare una battaglia ferma, decisa e coerente, a partire dai posti di lavoro
perché nel contratto integrativo sia reso inapplicabile soprattutto l'art.
29, e si cerchi di recuperare almeno parzialmente ciò che questo contratto
non ha portato alla categoria, in termini di avanzamento contrattuale unitario
e omogeneo per tutti i lavoratori". Ora si deve mantenere quell'impegno,
anche e soprattutto a livello nazionale.
Il trattamento economico connesso allo sviluppo della professione docente subordinato
al superamento di prove selettive è ancora più ingiusto e odioso
se rapportato all'art. 4 del collegato alla Finanziaria 2000, che riguarda i
capi di istituto. Essi, "assolto l'obbligo di formazione mediante la frequenza
degli appositi moduli previsti dalla stessa disposizione, sono inquadrati nei
ruoli regionali dei dirigenti scolastici e assumono la qualifica dirigenziale
alla data del 1 settembre 2000, con attribuzione nominale della sede a tutti
gli effetti giuridici ed economici". La maggiorazione di qualifica e di
stipendio dei dirigenti scolastici non avviene cioè per selezione, ma
per cooptazione, previo un giusto indottrinamento svolto presso aziende di formazione
molto vicine, se non diretta emanazione, di Confindustria. È questa un'ulteriore
prova del carattere antipopolare del tanto decantato processo di riforma promosso
da Berlinguer, di cui il contratto della scuola è l'ennesimo tassello.
Antipopolare perché crea ex-novo pochi insegnanti di serie A e contemporaneamente
aumenta poteri e stipendi di dirigenti e "quadri". Antipopolare perché
mira a dividere i lavoratori con ripercussioni nefaste sull'intera comunità
scolastica, alunni e genitori compresi.
Nella scuola dell'autonomia, della concorrenza cioè dei diversi istituti
tra loro, si prospetta una convergenza di interessi e quindi un'alleanza tra
i "privilegiati": dirigenti, collaboratori e insegnanti "bravi".
Questi ultimi infatti divengono appetibili per il lustro che danno all'istituto,
e potranno perciò far valere tutto il peso contrattuale delle loro competenze
riconosciute rifiutando carichi di lavoro aggiuntivi, che ricadranno inevitabilmente
sulla massa dei diseredati. I quali non solo non avranno alcun adeguamento economico,
ma dovranno solo ringraziare di poter ancora lavorare. Si realizza in tal modo
nella scuola il modello dell'azienda, con la ricattabilità della categoria
e la divisione non solo tra insegnanti di serie A e di serie B, ma addirittura
tra scuole di serie A e B.
Che i carichi di lavoro aumenteranno lo si desume anche dal già
citato collegato alla Finanziaria, col quale si provvede alla riduzione delle
supplenze temporanee. L'art. 2 recita infatti: "Per la sostituzione dei
docenti temporaneamente assenti nella scuola secondaria, il dirigente scolastico
si avvale delle risorse di personale assegnato all'istituzione scolastica"
- cioè il ridotto organico di istituto - "ed utilizza gli strumenti
di flessibilità organizzativa previsti dal decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, salvaguardando il piano dell'offerta formativa
dell'istituzione scolastica". Egli è indotto cioè a fare
ricorso allo sfruttamento dei lavoratori, chiamati a soddisfare gli "obblighi
di lavoro" disciplinati dal contratto o, ancora una volta, dall'adeguamento
delle norme dopo trattativa da avviare entro giugno 2000 tra le parti sociali
(art. 24 del CCNL). "In via subordinata e per il tempo strettamente necessario,
il dirigente scolastico è autorizzato a ricorrere alle supplenze".
Perché ci sia un progetto educativo di istituto che possa prevedere l'intercambiabilità
dei docenti nelle supplenze è necessaria una cooperazione collegiale
avviata e affiatata. Tutti i provvedimenti di riforma vanno invece nella direzione
opposta della competizione individualistica. In questa situazione, la riduzione
delle supplenze, oltre che colpire i precari, non fa altro che svelare i veri
intenti e gli obiettivi della politica scolastica del governo, che continua
a considerare la scuola non un sistema educativo, ma un'area di parcheggio da
rendere solo più efficiente ed efficace in vista del contenimento della
spesa e delle esigenze dell'impresa.