Appunti per una storia dell'art.29.
Di Pino Patroncini. Febbraio 2000.


C'era una volta il merito distinto.
Non è la prima volta che nella storia della scuola italiana esistono differenziazioni salariali fondate su meccanismi di carriera. Fino agli anni settanta, quando la scuola era meritocratica - direbbe qualcuno -, esisteva il cosiddetto "concorso per merito distinto", concorso per esami e titoli che dava diritto all'anticipazione dell'ultimo scatto stipendiale (all'epoca la progressione ordinaria era basata su 8 scatti automatici biennali ). La parte per titoli del concorso consisteva nella presentazione di alcuni titoli culturali e professionali: i titoli di studio, eventuali servizi come vicario, e le note di qualifica ( all'epoca i capi di istituto davano a fine anno note di qualifica sul rendimento degli insegnanti e naturalmente, per partecipare, occorreva avere "ottimo" almeno negli ultimi tre anni). La prova scritta consisteva invece nella trattazione dell'argomento di una lezione ed era seguita da un colloquio.
Come si vede, se si toglie la prova strutturata e la ridondanza del curriculum, allora ridotto a pochi titoli, e se si aggiunge che oggi i soldi in palio sono almeno tre volte quelli di allora ( anche se allora, in tempi di baby-pensioni, la cosa aveva un grande ruolo per aumentare la base pre-pensionabile), le cose non sono poi tanto cambiate!
Verso la fine degli anni settanta le battaglie sindacali condotte soprattutto dalla CGIL Scuola, allora da poco nata e frequentata soprattutto da giovani insegnanti, portarono alla morte delle note di qualifica e, con non pochi crucci da parte di SNALS e Sinascel CISL, sindacati "più anziani", del concorso per merito distinto.

Egualitaristi e differenziazionisti.
Non è fuori luogo dire che l'egualitarismo degli anni settanta era stata la tomba del merito distinto e che quindi era difficilmente proponibile allora non solo un altro meccanismo analogo, ma persino una qualsiasi differenziazione salariale che non fosse quella derivante dalla progressione automatica fondata sugli scatti di anzianità. Tuttavia restava aperto il problema di come retribuire le diversità di carico di lavoro o di orario che pure esistevano tra scuola e scuola o dentro una medesima scuola, in relazione alle diverse modalità di organizzazione della didattica spesso coesistenti. In parte a questi problemi si era risposto con il raddoppio dell'organico (scuola elementare e materna) o con riduzioni di orario frontale ( secondaria di primo e di secondo grado). Restavano tuttavia aperti molti problemi per le diverse intensità di lavoro e per il riconoscimento delle attività di programmazione, soprattutto laddove si sperimentava. Per non parlare poi delle più classiche differenziazioni lavorative: correzione dei compiti, diverso numero di classi, alunni e consigli ecc.
L'istituzione non aveva abbandonato del tutto comunque l'idea di una valutazione del lavoro docente , anche se non più affidata al preside: i Decreti delegati del 1974 prevedevano un comitato di valutazione eletto dai docenti, la cui attività però rimase limitata alla valutazione dell'anno di prova per i neo-immessi in ruolo (opera per altro non da poco allora, se si pensa che tra il 1974 e il 1984 furono immessi in ruolo almeno 600.000 lavoratori della scuola).
Sul fronte sindacale si fronteggiavano due schieramenti: coloro che, per diversi motivi - a volte anche opposti - erano a favore di un sistema rigidamente egualitario e coloro che ritenevano andasse introdotto un meccanismo di riconoscimento delle diversità del lavoro. Del primo schieramento facevano parte buona parte dell'estrema sinistra, allora molto presente in CGIL e nel Sism-CISL, ma anche coloro che si opponevano alle innovazioni (lo SNALS e una parte del Sinascel CISL), del secondo faceva parte la maggioranza della CGIL Scuola e una parte del Sinascel CISL.

I limiti della risposta taylorista.
In particolare dentro la CGIL Scuola la discussione sulla differenziazione prese come riferimento il meccanismo dell'orario ipotizzando la possibilità di prevedere per l'insegnante un orario onnicomprensivo full-time (Congresso di Copanello, 1981), magari introducendo una fase o un sistema a doppio regime. Ma il contratto nazionale del 1982 non approdò a nulla in merito e questa ipotesi risultò battuta in una consultazione nazionale sull'orario di lavoro tenutasi nel 1984. Questa specie di referendum, forse la consultazione sindacale più ampia che si sia mai tenuta nella scuola italiana, diede solo il 15% all'ipotesi full-time, il 35% all'ipotesi conservatrice di lasciare le cose come stavano. Al contrario circa il 50% dei consultati si dichiarò favorevole ad un'ipotesi che riconoscesse orari e attività fatti in aggiunta all'orario normale.
Dall'esito di questa consultazione prese il via l'ipotesi di istituire un fondo per queste attività: quello che sarà poi il fondo d'incentivazione e successivamente il fondo d'istituto. Un tentativo di reintrodurre una specie di orario onnicomprensivo in nuce verrà fatto nel contratto del 1989, ma senza fortuna, dato che le funzioni del cosiddetto "tempo potenziato" rimarranno schiacciate tra le esigenze dell'Amministrazione (supplenze e classi collaterali) e quelle del sindacato (attività sperimentali, extracurricolari, integrative ecc.)
In questi anni, alla fine degli ottanta, segnati anche dalla nascita dei Cobas e poi della Gilda, emergono i limiti della risposta taylorista per la definizione della professionalità docente, una professionalità creativa e non esecutiva, quindi difficilmente inquadrabile negli orari o nelle quantità di lavoro. Questa difficoltà si registra anche nelle spinte contestative che vanno dall'ipertayloristica proposta di correggere i compiti a cottimo alla antitayloristica ineffabilità del lavoro "artigiano" del docente. Una coesistenza impossibile che separerà rapidamente l'area individualistico-aristocraticista del movimento di contestazione sindacale, che darà vita alla Gilda, da quella collettivista-egualitarista, che a sua volta si scinderà in Cobas e Unicobas.

Dal taylorismo al "toyotismo".
E' in questi anni che fa di nuovo capolino l'ipotesi di una valutazione del lavoro docente: parallelamente alla messa in discussione del modello taylorista nelle industrie, dei suoi ruoli rigidi, delle sue inquadrature sistematiche e parallelamente alla sua sostituzione con le teorie dell'organizzazione più recenti fondate sugli obiettivi della qualità totale, anche nella scuola riprende piede l'ipotesi di un lavoro di valutazione a più livelli. Si parte dall'ipotesi di una valutazione di sistema, che però presto precipita sulla valutazione del lavoro docente: così mentre la prima è ancora tutta da costruire, l'urgenza sembra essere quella di arrivare alla seconda.
In testa all'operazione sono paesi come gli Stati Uniti o l'Inghilterra, i quali, oltre a vedere la prevalenza sfrenata dei modelli liberisti, hanno storicamente un sistema scolastico talmente disarticolato in autonomie locali da prevedere già di per sé servizi di valutazione nazionali che tengano sottocchio l'omogeneità del sistema. Lì le politiche liberiste fanno il resto nello spostare dal sistema al singolo la valutazione.
In Italia le nuove concezioni, meno rigidamente legate ad orario ed organizzazione del lavoro sembrano adattarsi meglio ad un lavoro difficilmente incasellabile come quello dell'insegnante, tanto più che i costi eccessivi di un'operazione full-time su larga scala e l'indisponibilità della categoria sconsigliano di continuare con simili parametri. A ciò si aggiunga il fatto che nel 1993 il decreto ministeriale 29 aveva tolto la progressione economica automatica per anzianità e quindi si rendeva urgente trovare un meccanismo non più fondato su automatismi. In seguito a ciò va registrata un passaggio di attenzione dal sistema al singolo: il contratto nazionale del 1995, il primo in nuovo regime di contrattazione, quello che deve applicare il blocco degli automatismi previsti dal decreto 29, modifica in durata e valore gli scatti portandoli da 2-3 anni a 3-6-7 anni, individua per la progressione ordinaria il meccanismo degli aggiornamenti (100 ore di aggiornamento requisito per poter godere dello scatto nel periodo previsto) e introduce il principio dell'accelerazione di carriera, in ragione della valutazione della professionalità. Quest'ultima però rimane lettera morta e le risorse saranno redistribuite a pioggia. Non è chiaro infatti su cosa debba basarsi la valutazione: per titoli, o in ragione di funzioni coperte, oppure, eventualmente, per orari.

Excursus sui modelli stranieri.
Come abbiamo visto il rivolgersi a pratiche di valutazione della professionalità e l'individuazione di differenziazioni stipendiali nel corpo docente sono fenomeni in questi anni presenti in vari paesi europei ed extraeropei. I due fenomeni tuttavia non vanno confusi: il secondo in molti casi era già presente a prescindere dall'attuale spinta alla valutazione della professionalità, mentre in alcuni casi, come vedremo, quest'ultima si è sovrapposta ad altre valutazioni o differenziazioni già esistenti.
La Gran Bretagna è stato il primo paese europeo che ha introdotto la valutazione, in epoca thatcheriana ed in coerenza col programma neoliberista dei conservatori: in realtà in Gran Bretagna la valutazione esisteva già come valutazione di sistema, necessario, come si diceva prima, a dare omogeneità ad un sistema scolastico frantumato in numerose autonomie. Ciò che la Thatcher ha fatto è stato trasferire queste valutazioni ad un servizio esterno, applicare criteri più rigidi e precipitare, in vario modo, il tutto sulla valutazione degli insegnanti. Il tutto con l'opposizione, per quanto vana, dei sindacati degli insegnanti i quali oggi, caduta la Thatcher, stanno spingendo per passare ad un sistema di autovalutazione. Nello stesso tempo tuttavia il governo Blair ha introdotto un'ulteriore selezione consistente nella individuazione di un corpo ristrettissimo di super-docenti molto ben pagati ma di cui non sono chiare le performances, motivo per cui il provvedimento ha l'ostilità aperta del sindacato.
La Francia ha "da sempre" un sistema di differenziazione salariale molto radicale in quanto il suo corpo docente, caratterizzato da una selva di relazioni contrattuali differenti (elementari, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado, insegnanti tecnici, insegnanti dei licei professionali agrari, insegnanti di educazione fisica, distaccati ecc.) a cui corrispondono sindacati scuola struttura federativa, è diviso in due tronconi retributivi principali i "certifiès" e gli "agregès" questi ultimi costituiscono "da sempre" una "casta" superiore per retribuzione e per considerazione, a metà tra il docente di scuola e quello universitario. Agregès si diventa con un concorso nazionale selettivo e si viene redistribuiti sulle varie scuole come un ruolo a parte. Tuttavia questa valutazione ha poco a che fare con le recenti teorie sulla valutazione e corrisponde piuttosto ad un carattere se non aristocratico, aristocraticista delle scuole francesi, ornamento e vanto della "Republique".
Alle più recenti teorie corrisponde invece un'altra valutazione a cui si possono sottoporre tutti e che dà luogo ad un'accelerazione di carriera accorciando a uno o due anni lo scatto di anzianità che in Francia è triennale. La verifica è esercitata dal corpo degli ispettori, che in Francia è più nutrito che in Italia, anche a causa di una diversa amministrazione complessiva del sistema. In genere chi beneficia di questa accelerazione è circa il 70% del personale ed i problemi sorgono a causa della diversa quantità di ispettori per le diverse discipline che rende diversa l'opportunità da disciplina a disciplina.
In Spagna esiste una progressione di carriera basata sulla formazione, più o meno come quella che avevamo noi fino al contratto e non vi sono valutazioni.
In Portogallo, dove esisteva un sistema simile a quello spagnolo, è stato da pochi mesi siglato un accordo sulla valutazione degli insegnanti. Questa si basa su un rapporto individuale dell'insegnante ed è sanzionato da un comitato di esperti :un rappresentante del ministero, un rappresentante dell'istituto designato dal consigliere pedagogico (una sorta di coordinatore della didattica) , un insegnante scelto dal candidato. Un voto negativo produce un arresto della progressione di carriera. Un secondo voto negativo produce una riconversione di carriera. Al contrario lo sviluppo della carriera produce un investimento nella formazione continua.
In Germania la differenziazione fondamentale passa tra funzionari e contrattisti. I primi hanno stiipendi più alti, ma anche doveri maggiori nonché regole più rigide per ciò che riguarda ad esempio i diritti sindacali e persino politici (tra queste il famigerato Berufverbot, introdotto negli "anni di piombo" col pretesto della lotta al terrorismo, che esclude chi è ritenuto un pericolo per lo Stato, compresi i comunisti, e che ha portato all'epurazione di circa 20.000 docenti della ex DDR).
In Norvegia esistono funzioni di supporto ai docenti (simili alle nostre attuali funzioni obiettivo, ma più professionalizzate) che sono remunerate con un beneficio economico e alcune ore di esonero. Per il resto la progressione è automatica.
Come si vede quindi non ovunque la valutazione è il mezzo fondamentale con cui si introducono differenze economiche e, soprattutto, quasi ovunque è stata osteggiata dai sindacati, anche se non sempre con molta fortuna.

L'ultimo contratto (1999). Fase 1.
Tornando alle vicende italiane, come abbiamo visto le accelerazioni di carriera del contratto del 1995 erano rimaste inapplicate. Ma con la scadenza di questo era evidente che queste si sarebbero ripresentate. Ed infatti puntualmente alla stesura delle bozze di piattaforma ecco ripresentarsi il problema della differenziazione nella triplice veste di orari, impegni e professionalità. La tripartizione mirava ad evitare la sovrapposizione di queste tre "culture" che era stato uno degli elementi irrisolti che aveva portato all'affondamento delle accelerazioni di carriera nel contratto precedente. Al riconoscimento di questi tre aspetti avrebbero dovuto corrispondere tre strumenti diversi: retribuzioni aggiuntive , indennità di funzione, carriere.
Nel dicembre 1998 la messa a disposizione di una parte consistente delle risorse derivante dai tagli nella scuola e dai mancati rinnovi contrattuali degli anni precedenti rendeva possibile questa triplice operazione. Se il recupero di questi risparmi era sicuramente positivo restava però il problema dei costi che questi avevano comportato ed in quell'occasione Alternativa Sindacale denunciò: " Si vogliono dare a pochi i soldi di tutti".
In questa fase il problema era evitare che i soldi andassero tutti in operazioni di differenziazione, ma che una parte almeno servisse a compensare tutti i lavoratori investiti dai carichi delle trasformazioni scolastiche. L'esito di questa battaglia è stato il cosiddetto Compenso Integrativo Accessorio che ha permesso grosso modo di raddoppiare l'aumento previsto sulla base dei soli parametri di aumento del costo della vita. Un altro problema era evitare che l'operazione servisse a consolidare un modello aziendalista di scuola e un modello manageriale di gestione in cui tutte le decisioni di natura didattica ed organizzativa e tutte le risorse economiche fossero in mano al capo di istituto e servissero ad alimentare uno staff composto di figure gerarchiche da quest'ultimo direttamente scelte, seppure con la compensazione di una contrattazione scuola per scuola di cui sarebbero state soggetto le RSU.
Per la parte relativa alle carriere le bozze restavano pericolosamente sul generico.

L'ultimo contratto. Fase II.
La pericolosità di questo genericismo fu subito evidente ai primi di febbraio del 1999 quando il confronto tra Aran e OO.SS., superate le questioni circa il diritto di sedersi al tavolo delle trattattive delle forze sindacli minori e le manfrine preliminari, cominciò ad entare nel vivo. Citiamo da Italia Oggi del 5 febbraio 1999:
"Confederali e Snals hanno bocciato la proposta Aran sulla ripartizione dei premi. Ai sindacati non piace che gli aumenti siano legati in larga misura ai meriti. L'Aran, secondo l'atto di indirizzo del governo, ha prospettato un contratto che crea una forte selezione e qualificazione degli insegnanti e del personale in genere, abbandonando l'idea di aumenti generalizzati. La proposta, che piace a Gilda, è stata fortemente contrastata da Cgil, Cisl e Uil, (....) Il nuovo contratto nella bozza dell'Aran prevede invece concorsi per gli insegnanti che vogliono fare carriera, la possibilità di incarichi differenziati e di spostarsi in altre sedi." La proposta Aran infatti affrontava la questione delle funzioni e delle carriere prospettando due coordinatori, organizzativo e didattico, designati dal capo di istituto e un premio di 12 milioni per il 5% della categoria.
Se sul fronte delle funzioni la resistenza alle ipotesi aziendaliste ha in qualche modo dato frutti, consentendo un numero più alto di funzioni-obiettivo rispetto alla gerarchia prevista e soprattutto vincolandole ad una decisione del collegio docenti, sul terreno delle carriere, pur con modifiche quantitative dell'originaria proposta Aran, ne è uscito confermato il profilo aristocratico-neogentiliano del "bravo insegnante" e il metodo selettivo e meritocratico della valutazione tramite concorso per esami, contenuto nell'articolo 29 che tutti conosciamo e che tanta indignazione ha suscitato in questi giorni.
La scelta di accettare nella sostanza questa impostazione non è stata indolore: all'interno delle strutture sindacali si sono registrati notevoli dissensi, anche se solo all'interno del Direttivo della CGIL Scuola, questo dissenso si è espresso in una votazione finale in cui circa un terzo dei componenti non hanno votato a favore della firma del contratto, mentre a livello di base una consultazione generalmente fatta male e superficialmente, per non dire manipolata, ha annacquato gli stessi dissensi su questo argomento espressi non solo dai pur numerosi voti contrari al contratto ma anche dagli ancor più numerosi emendamenti votati in merito, per altro talvolta presentati al solo scopo di estorcere un'approvazione a scatola chiusa del contratto stesso.

L'ultimo contratto. Fase III.
Se, ironia della sorte, chi, come la Gilda, all'inizio si era dimostrato entusiasta delle proposte meritocratiche dell'Aran, ha finito per non siglare il contratto accampando il pretesto aristocratico dei soldi troppo pochi e dati a troppi, chi si era opposto alla prima proposta dell'Aran ha finito per accettarne pienamente la logica, fino a farla propria. Ciò ha sprecato anche la possibilità di utilizzare la contrattazione integrativa per migliorare l'istituto puntando a quello che propagandisticamente si proclamava esserne l'obiettivo: premiare chi si impegna di più.
Evidentemente l'attribuzione dei sei milioni al 20% dei docenti è sembrato un gestibile compromesso tra resistenze egualitaristiche e spinte alla differenziazione, tra aziendalisti e nostalgici del merito distinto, tra tempopienisti e meritocratici.
Da questo compromesso è uscita l'ipotesi delle tre valutazioni (curriculum, prova strutturata, lezione o simulazione di questa) vendute come atte ad esaminare i tre aspetti fondamentali della professionalità docente (impegno, competenze, abilità), ma più credibilmente afferenti a diversi profili docenti (il docente attivo, il docente colto, il docente abile) a loro volta privilegiati come target dai diversi soggetti sindacali
La fretta e l'approssimazione con cui sono state definite poi le prove e la formazione delle commissioni hanno prodotto ancora di più l'immagine di un concorso-lotteria di cui non erano chiare le regole e dove quindi poteva regnare l'arbitrio.
Il resto è cronaca di questi giorni.

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