A un mese dallo sciopero del 17 febbraio.
Il Ministero riorganizza la sua offensiva, ma il movimento non è intenzionato a cedere. Marzo 2000.


Dopo l'imponente sciopero e relative manifestazioni del 17 febbraio scorso che hanno portato alla cancellazione del concorsone per determinare una ristretta quota di insegnanti (il 20%) cui attribuire un consistente aumento di stipendio (6 milioni), si assiste a un periodo di relativa calma. Il ministro in questo mese si è posto "in ascolto" e ha avviato un giro di consultazioni con i sindacati di categoria. Le istanze avanzate dagli extraconfederali che hanno dato il là alle proteste non hanno trovato però grande ascolto e il canale privilegiato resta quello con i confederali, CGIL in testa, che più di ogni altra organizzazione sindacale ha difeso l'istituto contrattuale che ha mandato letteralmente in bestia la categoria. Anch'essa però ha ha avviato una fase di ascolto della categoria (in verità, per il momento, dei soli iscritti), organizzando per le prossime settimane una serie di attivi provinciali e di zona. Tra tutte le questioni da affrontare quella più stringente è la distribuzione delle risorse previste per l'art. 29 (1480 milardi, pari a 2 milioni annui ciascuno se distribuiti egualitariamente a tutti gli insegnanti), ora che il concorsone è saltato.
Nel documento della segreteria, che costituisce il punto di partenza di questi attivi, benché si esordisca affermando che di fronte "al forte dissenso e alla diffusa richiesta di revisione che sono stati espressi dagli insegnanti" sia necessaria "una fase di riflessione e di dibattito sull'intera questione" (in altre parole un "confronto a tutto campo" sul nuovo contratto), non c'è però traccia di rimessa in discussione del principio della differenziazione di funzioni e di salari nella categoria.
Si legge infatti nella parte centrale del documento: "Ci pare che la discussione approfondisca se la quantificazione percentuale del personale a cui assegnare i benefici economici debba collocarsi a livello di singola istituzione scolastica o, se, invece, debba avvenire a livello territoriale". E poco dopo: "un'ipotesi su cui lavorare potrebbe prevedere ad esempio: l'utilizzo dei docenti, cui è attribuito il riconoscimento retributivo, per le attività di ricerca, produzione, documentazione di materiali didattici e per la predisposizione di strumenti per il monitoraggio e la valutazione; la messa a disposizione della scuola di materiali ed esperienze prodotte; lo svolgimento di compiti inerenti il tutoraggio dei docenti neo-assunti e dei tirocinanti; il coordinamento di aree e dipartimenti disciplinari".
Come si vede tutti compiti e mansioni o di gestione o "didattiche" sì, ma che avvengono fuori della classe! Il piano della mediazione didattica, del lavoro in classe, della cosiddetta "trincea", sempre più infuocata per il numero sempre più consistente di alunni "detenuti" in un'aula è assolutamente assente da qualsiasi discorso di "valorizzazione". In altre parole, la differenziazione non solo è data come un fatto non in discussione se non nelle modalità, ma si insiste sulla valorizzazione di una équipe specializzata, con funzioni di progettazione didattica da consegnare per l'esecuzione in classe alla manovalanza degli insegnanti comuni.
Anche il Ministero, che in un primo momento ha fatto un balzo indietro, si sta riprendendo e riproponendo la solita filosofia aziendalista. Berlinguer stesso ha rilasciato importanti dichiarazioni in proposito. Sul Corriere della Sera del 23 marzo si legge: "Dopo aver rivoluzionato i cicli scolastici, il ministro vuol rivoluzionare gli insegnanti. Farli uscire da quello che chiama 'l'appiattimento impiegatizio'. Creare tre fasce diverse di carriera - come in Francia- e quindi di reddito. Ma per fare questo occorre tempo. Gli incentivi, quei 1480 miliardi da distribuire a un 20% di insegnanti, possono essere un primo strumento per creare due fasce di insegnanti, in attesa della riforma a regime, che non arriverà prima dei due anni. Ma Berlinguer non ha fretta. Ci sono voluti 75 anni per fare una riforma scolastica, se ne possono aspettare altri due per portarla a termine".
Il disegno è assolutamente chiaro: assicurare, con una qualche formula tesa ad abbindolare una parte consistente di docenti, la distribuzione ineguale dei 1480 miliardi, come primo passo per la divisione permanente degli insegnanti, condizione essenziale per avere una categoria strutturalmente divisa e dunque frammentata, docile e passivizzata.
Diventa dunque necessario che dagli insegnanti emerga la risposta giusta da dare a questo problema. L'offensiva di Berlinguer ripartirà, subito dopo le regionali, da lì, da quei 1480 miliardi. In tal senso l'assemblea dei militanti di Alternativa sindacale scuola di Milano si è mossa nella direzione giusta, approvando una mozione da proporre e far votare negli attivi dei delegati e degli iscritti, che riportiamo nel sito (linkare).
Nel frattempo altri segnali positivi vanno senz'altro registrati. Si è costituita una rete di resistenza all'offensiva ministeriale sulla scuola, pilastro dello stato sociale; offensiva che prende forma sia di attacco all'unità della categoria dei lavoratori della scuola sia di ristrutturazione e riforma dell'intero sistema (autonomia, riordino dei cicli, parità, ecc.). Questa rete di resistenza è costituita dai coordinamenti di inseganti e scuole, presenti in numerose città e regioni italiane, che continuano a riunirsi, a discutere, a produrre riflessioni e iniziative. Nel coordinamento delle scuole in lotta di Milano e regione la resistenza si organizza secondo modalità nuove, di ampio respiro, fondate sul lungo periodo, ed è tesa alla coscientizzazione della categoria. Significativo in questo senso, poiché riflette una situazione comune al mondo della scuola e propone un percorso di analisi e di elaborazione collettiva è il documento (scaricabile dal sito del coordinamento linkare alla pagina) predisposto per l'assemblea nazionale dei coordinamento, tenutasi a Milano il 25 marzo scorso. Da questa riunione, ristretta ma partecipata (130 persone circa), sono emerse importanti indicazioni e la volontà di condurre a oltranza la lotta contro le iniziative ministeriali di smantellamento della scuola pubblica. Gli insegnanti hanno ribadito di non essere più disposti a rimanere inascoltati, di non essere più disposti a subire passivamente provvedimenti fortemente penalizzanti calati dall'alto. Appuntamento fondamentale è quello del 6 maggio a Parma, per la presentazione di una piattaforma dal basso di rilancio della scuola pubblica. In questo mese che resta si deve perciò lavorare assiduamente per riempire di contenuti quell'importante scadenza. (Per maggiori informazioni sullo stato delle iniziative e dell dibattito vedi sito Coordinamento).

 

DISTRIBUZIONE EGUALITARIA DEI 1480 MLD STANZIATI PER L'ART. 29

MOZIONE DI ALTERNATIVA SINDACALE SCUOLA DI MILANO PER GLI ATTIVI DI DELEGATI E ISCRITTI CGIL DELL 4-5-6-10-11 APRILE

Alternativa sindacale di Milano
Area programmatica della CGIL

Si è aperta una fase della vicenda legata all'art.29 in cui il Ministero si sta riorganizzando, dopo il grande sciopero e le manifestazioni del 17 febbraio, per far passare comunque le logiche aziendaliste che presiedono all'intero impianto contrattuale e agli artt. 29 e 38 in particolare.
L'obiettivo dichiarato di Berlinguer (vedi Corriere della Sera di giovedì 23 marzo) è quello di dividere la categoria in due-tre fasce nette e cristallizzate, come è avvenuto in passato in Francia (più volte presa a modello).
Il ministro intende pertanto, e lo ha ribadito più volte, distribuire in maniera ineguale le risorse stanziate per l'art. 29 (1480 miliardi) come primo passo per la concretizzazione della "filosofia" dell'art.29.

Dopo aver riaffermato con decisione, attraverso lo sciopero del 17 febbraio, l'unità della categoria, sarebbe un gravissimo errore dividersi ora sulla destinazione di queste risorse, che ha un fortissimo significato simbolico e politico e solo secondariamente economico.
Siamo consapevoli che esistono nella categoria posizioni differenti sulla questione salariale, da quella egualitarista a quella differenziatrice. Ma in questo momento la questione è altra.
Si tratta di fermare il disegno ministeriale volto a creare fasce distinte e cristallizzate di insegnanti.

Ai nostri colleghi dobbiamo dire che aldilà delle diverse posizioni ORA abbiamo un obiettivo comune; difendere l'unità della categoria. Sulla differenziazione o meno delle retribuzioni e sui criteri il dibattito resta aperto. ORA si tratta di rivendicare la distribuzione egualitaria delle risorse dell'art. 29 come misura tattica per bloccare il disegno di cui sopra e come prima forma di riconoscimento del valore della funzione docente e ricompensa per i carichi di lavoro in questi anni aumentati. Riteniamo che questa soluzione debba considerarsi quale primo passo verso la riapertura della questione salariale della categoria e l'adeguata riqualificazione degli stipendi di tutti i lavoratori della scuola, ATA compresi.

Alternativa sindacale scuola di Milano chiede dunque la distribuzione egualitaria a tutti gli insegnanti, precari compresi, dei 1480 miliardi stanziati per l'art. 29.

Chiede inoltre che questa posizione come altre emerse dal dibattito possano essere oggetto di verifica di tutta la categoria e che il dibattito non sia limitato, nelle sua fasi conclusive e decisive, agli ambiti ristretti di apparato. Chiede perciò che il direttivo di sintesi del 13 aprile sia allargato a tutti i delegati CGIL e che la posizione così emersa sia portata alle istanze nazionali.