La selezione nella scuola.
Di
Danilo Molinari. Giugno 2000.
Nel corso dell'anno abbiamo dedicato ampio spazio, solidarizzando con la lotta degli insegnanti contro l'art. 29 del contratto di lavoro e contro gli aspetti più deleteri della controriforma scolastica promossa da Berlinguer e proseguita, in sordina, da De Mauro. Più in generale ci siamo occupati spesso di questioni scolastiche, della necessità di migliorare la scuola sia dal punto di vista dei lavoratori che degli studenti. Infatti consideriamo entrambe le figure, componenti di categorie più ampie (i lavoratori tutti e i giovani), strategiche nel progetto di alleanza degli oppressi che abbiamo delineato nei nostri documenti fondativi. Nel caso specifico di insegnanti e studenti tale alleanza incontra un serio ostacolo in primo luogo in quel meccanismo obsoleto e autoritario previsto nel sistema scolastico che si perpetua ogni anno e che pone fortemente i destini degli uni nelle mani degli altri. Ora siamo al termine dell'anno scolastico e l'annoso problema della selezione si ripropone quasi invariato agli anni precedenti, soprattutto per i figli delle classi inferiori.
Un paio di settimane fa è circolata in rete la lettera aperta del genitore proletario di una ragazzina bocciata in prima media. Nella lettera Luciano Milani (questo il nome del padre) lanciava la sua accusa veemente a insegnanti e preside della scuola media "Dante Alighieri" di Legnano, ma il discorso si può estendere a moltissimi insegnanti e presidi di moltissime scuole italiane; ne riportiamo ampi stralci (il testo integrale si può trovare sul sito del Coordinamento Scuole in lotta http://members.xoom.it/coord/): "Ho provato forti sentimenti di rabbia e di pena e grande preoccupazione per mia figlia e per tutti gli adolescenti che vengono bocciati nella scuola dell'obbligo, la scuola pubblica. Li state marchiando di incapaci. Gli chiudete ogni canale di comunicazione, odieranno la scuola per il resto della loro vita [...] I giovani che si affacciano alla vita e che hanno dentro di loro il nuovo, che vorrebbe emergere proprio per questo sono i primi ad essere vittime. Danno fastidio, sono i più indifesi i più fragili. Voi non solo non siete capaci di ascoltare il loro disagio, ma li buttate in strada o nelle istituzioni segreganti" [...] E' una cultura da aguzzino, di coloro che i problemi li sanno affrontare solo con la repressione, con la forza. Siete i primi voi a non amare la Scuola, i giovani e quindi non siete capaci non siete in grado, di far amare la scuola e trasmettere il gusto del sapere. Non solo ma sembra che tutto quello che oggi sta avvenendo nella società (scontro fra scuola pubblica e privata) non esista [...] Voi siete complici della distruzione della scuola pubblica nata dalla costituzione patto sociale nato dalla resistenza contro il nazifascismo. Avete bocciato undici adolescenti. A cosa servirà? Ad aumentare l'insicurezza la paura per la mancanza di futuro e quindi, cosa più grave, abbasserà la loro autostima indispensabile per la loro crescita. I primi ad essere bocciati dovreste essere voi...".
Un documento di Alternativa sindacale scuola di Milano di un anno prima, da noi riportato nella sezione scuola (Vedi La nostra idea di scuola), giungeva ad analoghe conclusioni: "moltissimi operatori scolastici (insegnanti, presidi, ecc.) rifiutano ancora idea e realtà della scolarizzazione di massa, incoraggiati e coadiuvati nel loro atteggiamento dalle scelte di politica scolastica che da più di quarant'anni governano il sistema. Sistema che si fonda sulla standardizzazione di parametri formativi [...] ai quali gli studenti si devono conformare, pena [...], specie nelle superiori, la selezione, la bocciatura".
La bocciatura nelle medie è un caso abbastanza circoscritto, ma dieci bocciati in prima in una scuola media sono veramente tanti. Lo conferma un'analisi del Provveditorato degli Studi di Bergamo di ormai 5 anni fa che stimava al "2,07% l'incidenza dei respinti sul totale dei frequentanti la scuola media statale" della provincia orobica e concludeva: "La modesta quantità di ripetenze (e soprattutto il fatto che pochi alunni vengono bocciati più di una volta) ha reso marginale anche nelle scuole medie bergamasche il fenomeno degli abbandoni prima del conseguimento della licenza. Gli alunni che non portano a termine il corso degli studi nella fascia dell'obbligo appartengono per lo più a famiglie disagiate (immigrati, extracomunitari, famiglie con gravi problemi ecc.) e sono concentrati prevalentemente nelle scuole dei centri maggiori o dell'immediata periferia della città, dove è minore l'integrazione nel tessuto sociale" (Indagine statistica del dicembre 1995, dal sito http://www.provveditorato.bergamo.it/index.html). Azzardiamo la generalizzazione di questa analisi nelle sue caratteristiche di fondo, confortati (si fa per dire) anche da rilevamenti successivi in realtà diverse che mostrano sì cambiamenti e delle differenze, ma anche la permanenza diremmo strutturale di una penalizzazione culturale dei più disagiati, in barba al dettato costituzionale. Sempre il Provveditorato bergamasco sosteneva: "La scuola superiore è il segmento dell'istruzione nel quale si manifestano in forma più evidente le patologie del sistema di cui ritiri (con conseguente abbandono in molti casi) e bocciature non sono che la spia più evidente". Il sociologo Giancarlo Gasparoni nel suo "Diplomati e istruiti" (Il Mulino 1996), svolgeva un'indagine su scala nazionale dalla quale si desume che solo il 71% degli studenti conclude le scuole superiori (quindi quasi il 30% vengono bocciati o abbandonano), ma di questi soltanto il 55% degli iscritti a istituti professionali (contro l'83% dei liceali), le scuole superiori cioè frequentate in prevalenza da figli di operai, immigrati, disoccupati, ecc. Uno studio ISTAT dello stesso 1996 confermava questo dato rilevando il rapporto tra origine sociale e conseguimento di un titolo di studio di istruzione superiore: in media il 78% di figli di dirigenti, quadri, imprenditori e liberi professionisti, contro il 68% dei figli di impiegati e il 45% dei figli di operai.
Questi dati sulla
selezione, confermati anche da una più recente indagine ISTAT del 1999
secondo cui solo il 74,7% arriva al diploma ma solo il 59,6% senza perdere almeno
un anno, e sulla selezione classista, sono a nostro avviso l'urgenza più
scottante del sistema scolastico pubblico italiano. Anche se la vera e propria
selezione avviene alle superiori, tuttavia siamo contrari a sottovalutare il
dato "marginale" delle bocciature alle medie o alle elementari (come
fa il Provveditorato di Bergamo, che dice: "Tra coloro che non concludono
positivamente il primo ciclo dell'obbligo, da qualche anno, vi sono anche alcuni
studenti extracomunitari che frequentano i "corsi di alfabetizzazione"
e non superano l'esame o non portano a termine la frequenza. Le ripetenze, e
ancor di più gli abbandoni, non sono quindi un problema strutturale per
la scuola elementare bergamasca..."). Tanto più che l'inserimento
di un sempre maggior numero di bambini e ragazzi immigrati o figli di immigrati
nelle strutture educative italiane, è un'altra delle urgenze e delle
priorità della scuola odierna. Come ricorda Repubblica del 29 giugno
"sono raddoppiati in quattro anni i piccoli immigrati negli istituti milanesi".
Nel dettaglio sono il 18,8% alle materne (contro il 9,7% del 1996), il 16,9%
ai nidi comunali e in totale il 3,52% (12.881 su 366.401) degli iscritti nelle
scuole della provincia di Milano.
Per tutti questi motivi ci sembrano fuorvianti (oltre che in ritardo di fronte
ai rapidi cambiamenti sociali) le parole del ministro De Mauro secondo cui "il
successo scolastico non è più connesso con il reddito", come
era negli anni '50, ma è dovuto alla "buona strutturazione culturale
della famiglia" (Si veda "La competenza alfabetica in Italia"
Una ricerca sulla cultura della popolazione", 16 maggio 2000, dal sito
del MPI: ), che non vogliono riconoscere la realtà della selezione classista,
e cozzano sia con le analisi ISTAT, sia con i dati sulle bocciature di quest'anno
nella provincia di Milano.
E
veniamo così all'ultimo capitolo di questo articolo. Il Provveditorato
agli Studi di Milano ha compiuto una rilevazione sull'esito degli scrutini nelle
superiori (campione di 60 scuole superiori su 162 di tutta la provincia). Dalle
statistiche diffuse il 22 giugno emerge che nelle classi dalla prima alla quarta,
rispetto al precedente anno scolastico 1998/99, c'è un miglioramento
in ogni tipo di scuola, tranne che nei professionali, dove in prima è
bocciato uno studente su tre. Il giudizio condiviso dagli organi di informazione
è che questo sia l'effetto dell'innalzamento dell'obbligo, che ha comportato
un incremento delle iscrizioni alle superiori. Lo stesso Provveditorato, "segnalando
come aumentino i respinti solo ed esclusivamente nei professionali, ricorda
che da settembre è scattato l'obbligo a 15 anni" (Repubblica, 23
giugno). Lo stesso quotidiano, il 17 giugno sosteneva: "La stima dice che
almeno 4mila ragazzi in più, a Milano e provincia, si sono iscritti alle
superiori solo per adempiere al dovere. E la maggioranza sarebbe andata ai professionali",
ma non fa alcun cenno al nesso "sociologico" tra origine di classe
e frequenza scolastica.
Riportiamo la tabella del Provveditorato sull'andamento delle bocciature tra
l'anno scorso e il presente suddivise per tipologia di istituto. I dati si commentano
da sé:
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LICEI
CLASSICI IV ginnasio tutte le classi |
9,8% 5,5% |
11,4% 7% |
LICEI
SCIENTIFICI classi prime tutte le classi |
9,1% |
2,3% |
MAGISTRALI
classi prime tutte le classi |
14,3% |
17,9% |
TECNICI
classi prime tutte le classi |
18,3% |
20,1% |
PROFESSIONALI
classi prime tutte le classi |
33% |
28,5% |
Infatti non solo è vero quanto hanno rilevato la stampa e lo stesso Ufficio scolastico milanese, e cioè che nelle classi prime dei professionali (il tipo di scuola notoriamente "più ambito" dai figli dei proletari) la selezione è in aumento rispetto all'anno scorso, mentre negli altri istituti è in calo. Nei professionali è in aumento anche il numero complessivo delle bocciature (23,8% contro 21,9%); e sia quest'anno che l'anno scorso (e anche nei precedenti) il numero dei bocciati dei professionali è molto più alto di quello di ciascun altro istituto, addirittura il quadruplo dei licei classici.
La conclusione dell'excursus di questa triste realtà non può che ribadire che le riforme messe in atto nella scuola non mirano a risolvere i problemi di questo tipo, che riguardano cioè le calssi più deboli. Riforme che per di più sono condite di analisi e linguaggi mistificatori, che tendono a dare un'immagine distorta delle cose, anche se è inevitabile che mettano il dito su certe piaghe. La lotta degli insegnanti contro le riforme è quindi giusta e da sostenere, ma da sola non è sufficiente. I docenti per primi dovrebbero rivedere il loro sistema di relazione con gli studenti e con l'insegnamento stesso, così come i criteri di valutazione profondamente meritocratica che mettono in atto. Sicuramente la frustrazione dei docenti, che non vedono adeguatamente riconosciuto e apprezzato il loro lavoro, concorre a determinare i meccanismi che producono la selezione. Essa però va a sommarsi ad elementi strutturali più importanti, tra cui il mai superato autoritarismo su cui è troppo spesso impostata la relazione didattica (come più in generale il rapporto giovani-adulti) che ha al suo culmine l' atto conclusivo di un giudizio sanzionatorio. Se poi aggiungiamo la concentrazione di un elevato numero di studenti in un'aula, la disgregazione dell'ambiente sociale e familiare, la mercificazione dei linguaggi e delle culture, ecc. ecco che diventano più drammaticamente comprensibili le cause della selezione scolastica!