La brutta intesa.
Analisi
dell'intesa governo-sindacati del 15 dicembre. REDS. Gennaio 2001.
Il 15 dicembre governo e sindacati confederali
della scuola hanno sottoscritto un'intesa politica sulle "politiche di
sostegno allo sviluppo dell'istruzione e formazione" e sulla "valorizzazione
del personale". Questa intesa è stata propagandata dai mass media
e recepita dall'opinione pubblica come un accordo definitivo che porterà
nelle tasche dei lavoratori della scuola in media 300.000 £. lorde al
mese a partire da gennaio 2001. La realtà è molto diversa e vedremo
quindi di analizzare e valutare in questo articolo i contenuti di questa intesa.
Essa si articola su 4 punti: 1) formazione, 2) sostegno ai processi di riforma,
3) politiche contrattuali, 4) sostegno alla professione. Di questi centrale
è il punto 3, che riguarda gli stanziamenti in finanziaria per gli aumenti
salariali del personale scolastico. È su questo punto che concentreremo
la nostra analisi.
Marginalizzazione del personale ATA
Il primo limite è che l'intesa e gli ambiti di contrattazione che ne
derivano si incentrano totalmente sul personale docente, lasciando praticamente
fuori ogni altra figura a partire dagli ATA, che risultano penalizzati in ogni
senso. Per gli ATA vengono stanziate risorse aggiuntive irrisorie, che complessivamente
ammontano a 85 miliardi: 50 miliardi già stanziati in un primo tempo
dalla Finanziaria, più 35 miliardi recuperati dagli stanziamenti che
fino al '99 andavano agli enti locali da cui proviene una parte consistente
di questo personale (circa 95.000 unità). Questi soldi non andranno però
tutti a tutti, perché comprendono anche i fondi per le "funzioni
aggiuntive" (aumenti differenziati per un 10% circa di personale); Se andassero
a tutti in maniera equanime si avrebbero aumenti di circa 35.000 £ lorde
mensili, oltre al recupero dell'inflazione.
È una scelta ingiusta e pericolosa, perché mancando una rivalutazione
stipendiale tabellare contestuale per tutti, rischia di aprire la strada a un
modo di intendere e affrontare la questione salariale che anziché partire
dal mondo del lavoro e dalla sua unità, discrimina in base ai profili
professionali all'interno di una stessa categoria. È inaccettabile in
altre parole che sindacati confederali, che intendono rappresentare e tutelare
gli interessi di tutti i lavoratori, sottoscrivano un accordo teso a rivalutare
le retribuzioni di una sola componente all'interno di uno stesso comparto, lasciando
all'altra le briciole e la precarietà dei diritti.
Anche questa comunque, seppur di segno fortemente negativo, è la prova
che tale intesa porta in sé quei frutti determinati dal movimento degli
insegnanti, e che ribadiamo sono contraddittori e insufficienti. Personale scolastico
che non fosse quello insegnante è stato poco coinvolto in battaglie che
coniugavano aspetti salariali e discorsi "professionali" sulla qualità
della scuola. La questione salariale si è imposta non da sé, ma
al traino di quei discorsi mantenendo una forte impronta caratterizzante in
tal senso. I settori di personale ATA che hanno comunque partecipato agli scioperi
e alle varie fasi della vertenza sono risultati minoritari e soprattutto scarsamente
visibili; e ciò si riflette sui contenuti dell'intesa. Non va dimenticato
però che uno sciopero nella primavera scorsa ha coinvolto esclusivamente
il personale ATA, con una discreta partecipazione. Il personale ATA è
stato inoltre penalizzato da una linea sindacale che ha premuto innanzitutto
sulla copertura finanziaria delle cosiddette "funzioni aggiuntive",
l'equivalente delle "funzioni obiettivo" istituite per i docenti.
I soldi ottenuti avrebbero dovuto avere una diversa collocazione, a copertura
delle 35 ore in tutte le scuole, oltre che alla copertura di un aumento più
che legittimo sul tabellare.
Da tutto ciò però si può trarre un insegnamento utile:
la lotta fatta in prima persona e non delegata ad altri paga; i sindacati hanno
dovuto riorientare la loro linea subendo la pressione della base. Spetta agli
ATA ora trarne le conseguenze e ai militanti almeno della sinistra sindacale
tenere ben presente questa situazione.
Per quanto riguarda i dirigenti sono ormai considerati alla stregua di un corpo
separato dal resto dei lavoratori, in linea con l'attuazione dei processi di
riforma (autonomia, dirigenza, ecc.). Per essi sono stanziati in finanziaria,
al di fuori della presente intesa, 200 miliardi, che si traducono in aumenti
di 1.700.000 £. mensili lorde. Per i direttori amministrativi non si quantificano
gli stanziamenti, reperiti dalle "economie conseguite a seguito del processo
di accorpamento delle istituzioni scolastiche", ma pare portino ad aumenti
di circa 500.000 £. mensili. A fronte dei miseri aumenti riservati al
personale ATA ci paiono aumenti scandalosi.
I docenti, unico vero oggetto dell'intesa
Le cifre messe a disposizione in finanziaria
per la rivalutazione delle retribuzioni degli insegnanti sono le seguenti (cifre
in miliardi):
2001 | 2002 | 2003 | |
risorse aggiuntive per gli insegnanti inserite nella finanziaria 2001-2003 | 850 | 1250 | 1450 |
importi già previsti per il concorsone (6 milioni annui per il 20% degli insegnanti) | 1260 | 1260 | 1260 |
quota relativa ai docenti delle risorse stanziate dalla finanziaria per i contratti del pubblico impiego | 1650 | 1650 | 1650 |
TOTALE | 3760 | 4160 | 4360 |
Conclusioni
Il tavolo della contrattazione si apre dunque all'insegna dell'ambiguità.
I rischi ci sono e di fronte ad essi la categoria deve essere pronta a mobilitarsi
ancora una volta.
La risorse da cui deriveranno concretamente gli aumenti sono senza dubbio insufficienti
per molti versi. Anzitutto, lo ribadiamo, discriminano il personale ATA. Inoltre
sono inferiori alle attese di molti, soprattutto di coloro che auspicavano un
allineamento più rapido ai parametri europei. E sono inadeguate soprattutto
rispetto alle potenzialità manifestate dalla categoria che in massa ha
sostenuto una vertenza lunga, dimostrando forze e capacità di mobilitazione
inusitate e inaspettate.
Non ci sfugge comunque che gli aumenti sono comunque nel loro complesso al di
sopra del tasso di inflazione, hanno cioé sfondato i parametri delle
compatibilità che da anni imbrigliano i contratti. Basti operare un confronto
con il contratto dei ministeriali recentemente chiuso con aumenti non superiori
alla metà di quelli strappati dalla scuola. Ciò è frutto
della mobilitazione della categoria, che in questi anni di centrosinistra è
stata l'unica a muoversi con determinazione (e non certo della linea politica
moderata delle burocrazie sindacali che hanno dovuto subire l'iniziativa di
massa). L'intesa cioé, pur negativa, porta comunque "il segno"
in termini ancora molto vaghi, ambigui, contraddittori e insufficienti delle
istanze prodotte dal grande movimento degli insegnanti a partire dallo sciopero
contro il concorsone del 17 febbraio. Ad esso sono seguiti nel corso del 2000
altri 5 scioperi, 3 dei quali di indiscutibile insuccesso e uno, quello del
7 dicembre, addirittura unitario, con la partecipazione cioè, seppur
con piattaforme rivendicative e parole d'ordine differenziate, di tutti i sindacati
di categoria. Comunque vada se non ci fosse stato il movimento delle scuole
non solo non ci sarebbero gli 850 miliardi aggiuntivi, ma nemmeno i 1260, che
sarebbero andati ai pochi "insegnanti bravi". L'intesa dunque non
prefigura un "contratto bidone", ma insufficiente e ambiguo, dunque
da respingere. La distinzione può sembrare di lana caprina, ma noi pensiamo
che le lavoratrici e i lavoratori della scuola debbano sapere che non hanno
scioperato invano. Hanno ottenuto dei risultati, anche se reputiamo questi risultati
al di sotto delle potenzialità del movimento.
Dobbiamo comprendere che non è stato firmato un contratto ma un'intesa
sulle risorse disponibili. Il movimento può e deve influire sulla loro
distribuzione e anche, se troverà le energie necessarie, per aumentarne
la consistenza, operazione non impossibile in una fase di estrema debolezza
del governo. Con l'elezione delle RSU la categoria ha in mano uno strumento
che può giocare un ruolo importante in questa fase, sollecitando ancora
una volta e in forme nuove il protagonismo dei lavoratori. I delegati devono
cercare di influire sul contratto che ancora deve essere firmato e pretendere
e gestire un referendum di carattere vincolante che faccia pronunciare i lavoratori
sugli accordi firmati.