Le riforme e il tempo pieno.
Il
tempo pieno non è più nominato in alcun documento ministeriale.
Una cosa che non viene nominata, semplicemente non esiste più! Redazione
di Filirossi. Marzo 2001.
"Di fronte alle richieste delle OO. SS. presenti, l'on. Mancini nella riunione del 7 marzo ha chiarito che l'incremento di 330 ore di curricolo annuale scolastico per soddisfare specifiche esigenze delle famiglie, socioculturali e didattiche è aggiuntivo al monte ore orario di 200. Il Ministero si è impegnato a introdurre il chiarimento necessario all'interno del regolamento. Sono così salvaguardati gli spazi orari per il proseguimento delle esperienze a Tempo Pieno" (8 Marzo 2001).
Dalla lettera del
Ministro che accompagna lo schema di Decreto attuativo della Riforma dei cicli:
"[...] Non è dunque da stupirsi se come si rileverà facilmente,
la Commissione non ha tanto innovato quanto piuttosto riorganizzato e portato
a norma,perché si generalizzi al meglio il ricco patrimonio di esperienze
didattiche e di innovazioni istituzionali sedimentato negli anni anzi talora
nei decenni [...]".
Il laconico comunicato
sindacale e le parole del Ministro si trovano evidentemente in stridente contraddizione.
Salvaguardare gli spazi orari (si badi, gli orari!) non significa necessariamente
valorizzare le esperienze fate fino ad ora.
Che cosa significa normalizzare? Vuol dire forse appiattire? Livellare modelli,
procedure e risultati?
Perché non dire apertamente che per il tempo pieno non c'è più
spazio nella scuola della riforma? Il linguaggio, le parole, si sa, non sono
orpelli ma nominano, definiscono, rimandano ad un'intenzionalità, descrivono,
ecc. MA il tempo pieno non è più nominato in alcun documento ministeriale
e quindi una cosa di cui non si dice, semplicemente non esiste più, è
cancellata.
Spesso lo si fa con i ricordi o con le persone magari quelle un po' scomode.
Ed è proprio questa l'operazione razionale che con ostinazione per anni
il Ministero ha portato avanti.
Il tempo pieno, la sua storia, i vissuti e le storie delle persone che hanno
creduto in questa esperienza non hanno più voce, né nome. Tutto
è stato riorganizzato e portato a norma; perché non esplicitare
che "il ricco patrimonio di esperienze" è soprattutto la storia
della scuola a tempo pieno? Si fa tesoro dei fondamenti di una scuola ricca,
piena, una scuola dove al primo posto c'era lo stare bene, il vivere la dimensione
di gruppo e il rapporto con l'istituzione in modo più sereno per riorganizzare,per
sistematizzare, quasi che quel tipo di esperienza si possa ora trasferire ad
altri contesti e con altri tempi attuativi.
Ma la verità è che il tempo pieno non ha più la possibilità
di essere realizzato, si salvaguardano "gli spazi orari" si dice nella
nota sindacale; ma dove, in quale il documento il Ministero si impegna?
Nello schema del Decreto è scritto che la quota oraria può essere
incrementata, quel verbo "potere", sappiamo, leggendo tra le righe
dei documenti ministeriali, non è né impegnativo né garantisce
la realizzazione di quanto detto.
Ce lo insegnano la storia del movimento per la difesa del tempo pieno e gli
articoli della legge 148/90 verso i quali tante battaglie sono state fatte.
Il movimento,con
convinzione e tenacia e prefigurandosi questo tipo di esito nei piani del Ministero,
per anni ha affermato l'importanza di difendere quanto era detto nei progetti
di tempo pieno; di salvaguardare una modalità di fare la scuola; non
è stata solo una scelta rispondente a specifiche esigenze delle famiglie
come non lo sarebbe oggi.
Pur nelle mutate condizioni di lavoro e soprattutto del lavoro femminile, il
tempo pieno mantiene la sua dignità, la sua autonomia che trova rispecchiamento
in una didattica.
E' stato ed è un elemento strutturale del nostro sistema scolastico,
lo è stato nel suo intento pedagogico, filosofico e politico.
Una scelta precisa che riafferma i principi di una scuola di base per tutti,
un modello di scuola pubblica integrante il processo formativo e di crescita
dei bambini e delle bambine ben lontana dalla criptica e precoce selettività
presente nel modello organizzativo proposto dalla riforma e prospettato nei
curricoli.
E' evidente che i tempi di attuazione di questi e la prevista frammentarietà
degli insegnamenti, non lasciano spazi ad una didattica che si espande, si arricchisce,
riprende, favorisce relazioni.
Con la cancellazione del tempo pieno non sparisce solo un modello di scuola
ma anche un tessuto di relazioni, un contenitore psicologicamente rassicurante
per i bambini e le bambine, per le famiglie e anche per gli/le insegnanti anche
si è cercato di mistificarne l'importanza spacciandolo, almeno negli
ultimi anni, in un modello di scuola statico, chiuso nella fissità della
relazione a due. Non stupisce l'incredulità delle colleghe e colleghi
che di fronte all'ipotesi di annullamento del tempo pieno sono senza parole.
In realtà, la ricchezza di quell'ambiente costruito sulle relazioni,
prioritariamente,sarà soppiantata dall'eccessivo disciplinarismo dei
curricoli e da rigide regolamentazioni di tempi e contatti.
Forse occorre ribadire al più presto che quella scuola lì ci piace
ancora e che siamo pronti e pronte a difenderne i presupposti e a difenderne
l'autonomia.