La riforma Moratti.
Scheda di analisi della proposta di riforma dei cicli presentata dalla Moratti al Consiglio dei Ministri a metà gennaio. Di Danilo Molinari. Febbraio 2002.


Alla luce delle critiche incontrate in consiglio dei ministri, la ministra dell'Istruzione ha rivisto e adattato la proposta, che intende sottoporre ai colleghi venerdì 1 febbraio. Il nuovo testo sarà probabilmente un articolato ancora più snello. Per chiarire i passaggi e gli impegni finanziari verrà utilizzato lo strumento tecnico della delega.
La stampa informa che le novità più salienti, non previste in questa scheda, riguardano tre aspetti:

  • i bienni (1-2-2 per le elementari, 2-1 per le medie, 2-2-1 per le superiori) - "Il primo anno delle elementari sarebbe teso all'accoglienza dei bambini di età inferiore ai 6 anni e il biennio delle medie sarebbe seguito da un anno, destinato in particolare all'orientamento dei ragazzi";
  • "una separazione ancora più accentuata tra la scuola elementare e media";
  • il quinto anno dei licei "destinato «prioritariamente» al completamento del percorso disciplinare", con "una parte del programma di studi [...] uguale per tutti gli studenti [...], mentre per un'altra, ancora da definire, i contenuti dovranno essere decisi dalle regioni: una decisione frutto di un compromesso tra Alleanza nazionale e Lega".
  • (citazioni da Corriere della Sera, 30 gennaio 2002).


    Sulla base dei lavori condotti dalla Commissione Bertagna, "discussi" durante gli Stati generali dell'istruzione, Letizia Moratti ha presentato al Consiglio dei Ministri la sua proposta di legge ("Norme generali sull'istruzione e livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale"), ma nel Consiglio dei Ministri sono sorte obiezioni da parte di Tremonti (timoroso che i risparmi non siano abbastanza), della Lega (che non si accontenta dell'attribuzione dell'istruzione professionale alle Regioni), di Giovanardi e Buttiglione (che non vogliono l'anticipazione dell'iscrizione alle elementari perché ciò danneggerebbe le private e i vantaggi che hanno nel gestire le "primine"). Dunque le obiezioni interne alla compagine governativa non sono il portato delle mobilitazioni, soprattutto studentesche, degli ultimi due mesi, ma frutto di posizioni che vogliono spostare ancora più "a destra" l'asse della "riforma".

    I due canali
    Il "cuore" della riforma delineata dalla Commissione Bertagna era costituito dal sistema duale licei/professionali nella secondaria. Nella proposta di legge Moratti è ovviamente presente questa suddivisione, in una versione ancora peggiore. L'art.1 comma 2 recita: "Il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola [per le superiori] in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei e il sistema dell'istruzione e della formazione professionale". Rispetto al documento Bertagna le differenze sono le seguenti:
    a) viene aggiunto un anno ai licei
    b) i licei "artistico, economico e tecnologico si articolano in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi"
    c) i "percorsi del sistema dell'istruzione e della formazione professionale" hanno una durata "almeno quadriennale" e "consentono di sostenere l'esame di Stato, utile anche ai fini dell'accesso di cui al comma 4 previa frequenza di apposito corso annuale, realizzato d'intesa con le università".

    Chi ha letto la prolissa documentazione della commissione Bertagna avrà notato quanto spazio venisse riservato a controbattere eventuali contestazioni sul carattere classista della riforma: si difendeva, come novità assoluta della riforma, la "pari dignità" assegnata all'istruzione professionale. Per dimostrarlo si sottolineava che entrambi i corsi di studi avevano la stessa durata e pari possibilità di accesso all'università. La sottile maschera cade con la proposta Moratti: i licei dispongono di 5 anni, i professionali di "almeno" 4.
    Il comma 7 dell'art.4 "garantisce" la possibilità "di passare dal sistema dei licei al sistema dell'istruzione e della formazione professionale". Sorge spontaneo chiedersi come ciò sarà possibile nei fatti, dato che il percorso professionale potrà essere anche svolto in apprendistato, tenendo inoltre conto del fatto che i due ordini di scuola differiranno in tutto: l'articolato dà per scontato il passaggio dei professionali alle regioni (art.4, comma 5): "Ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e istruzione professionale, i percorsi del sistema dell'istruzione e della formazione professionale realizzano profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione di cui all'articolo 1 comma 32, (norme cioè che "non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni" - Cost. art.117). Con l'articolazione dei licei artistici, economici e tecnologici probabilmente si punta ad assorbire parte degli attuali diversificati istituti tecnici, e forse qualche professionale, e di ghettizzare pesantemente il rimanente (professsionali e parte dei tecnici).

    Biennalizzazione
    L'art.3 comma 1 recita: "Il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della durata di 5 anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di 3 anni. Esso è organizzato in periodi didattici biennali, il terzo dei quali assicura il raccordo educativo e didattico tra la scuola primaria e quella secondaria di primo grado". Rispetto al documento Bertagna non viene fatto cenno alle modalità di utilizzo degli insegnanti nelle elementari (dove, come si ricorderà, veniva proposta la figura unica nel primo biennio). Questa omissione probabilmente fa parte di una strategia per depotenziare le possibili rimostranze di questo settore di lavoratori e lavoratrici. Nulla impedisce alla ministra, una volta approvata la "cornice" di "precisare" anche questo punto.
    Come si è appreso da recenti dichiarazioni a mezzo stampa e come era chiaro anche nel documento Bertagna, la biennalizzazione si propone anche una maggiore selezione scolastica ("l'asta viene posta un po' più in alto" ha detto Bertagna) attraverso momenti valutativi che "non perdonino" i debiti formativi, da recuperare rigidamente entro il secondo anno di ogni biennio per poter accedere al successivo. Anche con le verifiche biennali, in un'ottica individualistica e "nipponica", si mirerà a indirizzare sempre più precocemente gli alunni fin dalla più tenera età verso quello che dovrà essere il loro destino scolastico e sociale: l'istruzione o la formazione professionale, e quindi il lavoro o l'università.

    Precocità della scelta
    L'aspetto della riforma che maggiormente preoccupava i centristi della compagine governativa ha trovato alla fine un compromesso: potranno andare a scuola i bambini di cinque anni e dieci mesi, ovvero coloro che compiono i sei anni entro il 28 febbraio dell'anno scolastico di riferimento.
    Tenendo dunque conto che molti ragazzini inizieranno a frequentare la prima a cinque anni, essi sceglieranno tra due sistemi scolastici completamente diversi a 13 anni. Inoltre l'art.3 comma 3 della proposta Moratti suona come una differenziazione interna alle medie, che potrebbe voler dire retrocedere ulteriormente l'età della scelta (contrariamente al documento Bertagna non si parla di "unicità della scuola media"): "La scuola secondaria di primo grado [...] è caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell'allievo".

    Al lavoro!
    Nella proposta Moratti (art. 4) si dice tra l'altro: "Dal quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso l'apprendistato". Non è specificato cosa si intenda per alternanza scuola-lavoro: non gli attuali "stages" attivati in numerosi tecnici e professionali e limitati nel tempo, e nemmeno l'apprendistato, che è un contratto di lavoro. In una situazione di deregulation che tanto piace ai nostri governanti, ciò può dar vita a situazioni in cui i ragazzi si trovano a lavorare per diversi mesi senza diritti e/o garanzie.

    Conclusione
    Attenzione! La tattica usata dal governo è insidiosissima: ha sfilato dal documento Bertagna la faccenda delle 25 ore obbligatorie (per gli studenti), che avrebbe contribuito fortemente a mobilitare la categoria per le sue implicazioni didattiche e le ricadute sui posti di lavoro. Ma questo "pezzo" non è sparito. La ministra Moratti l'ha ribadito nell'incontro coi sindacati: esso riapparirà per "decreto" dopo l'approvazione della proposta di legge sui cicli. È una tattica che può fortemente depotenziare la nostra mobilitazione; non possiamo negarci che il doppio canale istruzione-formazione ha un certo consenso anche nella nostra categoria. Per questo è importante focalizzare la nostra protesta sulla politica scolastica del governo nel suo insieme, e non sui singoli segmenti.