Più scuola per tutti.
La petizione dei coordinamenti di scuole sorti a gennaio contro la riforma Moratti. Aprile 2002.


La Rete di resistenza a difesa della scuola pubblica (Milano), il Forum per la scuola pubblica di Bari, il Coordinamento Docenti Romani, il Coordinamento RSU di Torino, il Coordinamento Docentinapoli, il Coordinamento docenti diecigennaio (Palermo), il Coordinamento sudpontino per la difesa della scuola pubblica e collettivi docenti di Firenze e Rimini sono organismi autoconvocati, nati a partire da gennaio e che promuovono questa raccolta di firme sul territorio nazionale.
Ad essa hanno ritenuto opportuno aderire i genitori di diverse scuole di Milano, convinti che la riforma metta in discussione non solo l'assetto organizzativo di un settore della società, ma il principio stesso del diritto di tutti all'istruzione, e invitando i genitori di altre scuole e altre città a firmare la petizione insieme ai loro figli.

Al Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca

Noi insegnanti, personale ausiliario, tecnico e amministrativo, genitori e studenti della scuola pubblica statale italiana:

Protestiamo contro la scelta dello strumento della legge delega per riformare il sistema scolastico. Tale modalità fa sì che il Parlamento si limiti a votare poco più di una bozza, delegando il governo ad articolarne i contenuti senza ulteriori passaggi parlamentari. Chiediamo che ad una materia di tale rilevanza siano garantiti tempi e modi che consentano il pieno coinvolgimento della società, del Parlamento, di chi nella scuola vive e lavora ogni giorno.

Contestiamo la rigida separazione tra due ordini di scuole, i licei e la formazione/istruzione professionale. A tredici anni, necessariamente condizionati dalla situazione sociale ed economica di appartenenza, si sarebbe costretti ad una opzione precoce tra un ordine di scuola in cui si "studia" ed un altro in cui si "impara il mestiere"; la possibilità di passaggio da un sistema all'altro sarebbe puramente teorica e la scelta effettuata indirizzerebbe l'intera vita dell'individuo. Invece di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana (art.3 della Costituzione) si sancisce a priori la disuguaglianza fra cittadini. Chiediamo che, proprio al fine di superare i condizionamenti imposti a ciascun allievo dal retroterra socio-economico di provenienza, vada migliorata la qualità dell'offerta formativa con misure appropriate come la diminuzione del numero di allievi per classe, la diffusione di un sostegno finalizzato al superamento delle difficoltà di apprendimento, investimenti massicci nelle aree considerate "a rischio".

Contestiamo il superamento del concetto di obbligo scolastico che lascia alla famiglia la decisione di esercitare il diritto-dovere aumentando le discriminazioni derivanti dalla diversa possibilità di accesso ai mezzi economici e culturali. Pensiamo al contrario che l'obbligo scolastico sia un segno di civiltà e che debba come minimo essere confermato l'attuale obbligo a 15 anni.

Contestiamo la riduzione del tempo-scuola a 25 ore settimanali di base, che rende materie facoltative discipline di forte valenza culturale quali le lingue straniere, l'educazione artistica, musicale e fisica. Contestiamo l'accorpamento delle classi, anche quelle finali, che abbiano meno di 25 alunni. Sono misure tese solo a tagliare pesantemente gli organici nel prossimo triennio e a dequalificare la scuola pubblica. Chiediamo che le discipline in oggetto siano comprese nei curricula delle scuole di ogni ordine e grado anche là dove oggi non sono presenti. Chiediamo altresì che venga rispettato il principio basilare della continuità didattica e che non si abbassi la qualità della scuola danneggiando l'utenza in nome del risparmio.

Contestiamo l'eliminazione, anche parziale, del tempo pieno. Si tratta di una modalità peculiare di fare scuola, oltre che di una conquista delle donne lavoratrici e di un servizio prezioso per le famiglie; dovrebbe invece essere ulteriormente valorizzata, nel momento in cui cresce l'allarme sociale nei confronti dell'eccesso di consumo televisivo da parte delle bambine e dei bambini. Chiediamo che l'offerta del tempo pieno venga progressivamente ampliata, assecondando in ciò la domanda che viene dalle famiglie.

Contestiamo le nuove modalità previste per lo svolgimento degli esami di stato: la commissione esclusivamente interna presenta evidenti rischi di autoreferenzialità, il che porterà ad un conseguente abbassamento dei livelli dei contenuti appresi; inoltre, non vi sarà più controllo e garanzia di qualità per quanto riguarda istituzioni di tipo privato. E' mortificante che modifiche che investono l'essenza stessa della didattica, cioè la verifica finale del lavoro svolto, siano approvate con un articolo della legge finanziaria.

Contestiamo l'anticipazione dell'iscrizione a due anni e mezzo per il primo anno della scuola d'infanzia e a cinque anni e mezzo per il primo anno della scuola elementare perché non risponde a nessuna ragione di tipo pedagogico, ma solo ad esigenze politiche. È una scelta che porterebbe nelle classi della scuola d'infanzia e della scuola elementare bambine e bambini con una distanza di età di venti mesi. Chiediamo che venga reso obbligatorio e gratuito l'ultimo anno della scuola d'infanzia e che lo stato copra con proprie strutture le carenze dell'offerta.

Ci opponiamo ad una riforma degli organi collegiali che invece di rendere effettiva la partecipazione assegnando poteri reali alle componenti della scuola, ne riduce il peso (ed elimina la rappresentanza ATA). assegnando un potere eccessivo ai dirigenti.

Ci opponiamo all'ulteriore affidamento di essenziali servizi scolastici, oggi svolti dal personale ATA, a ditte esterne o a prestatori d'opera perché ciò contribuirebbe a destrutturare la comunità scolastica e a compromettere la qualità della scuola pubblica statale.

L'istruzione non è un bene cui accedere in maniera proporzionale alle risorse economiche di cui si dispone, e la sua natura e qualità non può variare da regione a regione. Non vogliamo una scuola piegata alla ragione economica, ma una scuola che sia luogo di crescita personale civile e democratica, di opportunità per tutti, di educazione alla cittadinanza universale. Anche per questo riteniamo importante ribadirne la laicità.

Ci battiamo per innalzare la qualità del servizio scolastico offerto ai bambini, alle bambine, alle giovani e ai giovani, per valorizzare ed estendere le esperienze positive di sperimentazione compiute in questi anni da migliaia di docenti.

Chiediamo il ritiro della legge delega di riforma del sistema scolastico; un piano di investimenti che attivi risorse aggiuntive a favore della scuola pubblica statale; la cancellazione dei previsti tagli agli organici.

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Cognome e Nome Scuola Firma

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