I genitori contro la Moratti.
Intervista
a Marco Donati, genitore del Liceo Scientifico "Cremona" di Milano.
Giugno 2002.
Come è
nata l'idea di costituire un coordinamento di genitori contro la riforma e Moratti,
e di aderire alle iniziative messe in campo dagli insegnanti?
Nel
nostro istituto, il Liceo Cremona di Milano, c'è un gruppo di genitori,
mamme e papà, che ha una storia comune di amicizia nata nelle stesse
scuole elementari e medie nelle quali organizzavamo feste e iniziative. "Amici
e amiche" che crescevano assieme ai loro figli e alle loro figlie. Con
loro era iniziato da tempo un percorso di riflessione insieme ad alcuni insegnanti
che voleva porre le basi per costruire luoghi di incontro in cui tutte le componenti,
studenti compresi, potessero confrontarsi senza portare con sé la propria
specificità di componente.
Eravamo e siamo convinti che essendo la scuola "incontro tra generazioni
e generi" debba essere anche un luogo di produzione culturale oltre che
di formazione e trasmissione di competenze.
L'obiettivo non era trovare il modo di discutere "di scuola" ma incontrarsi
a scuola per discutere, ascoltare, pensare, confrontarsi insieme. La "riforma"
Moratti ha accelerato questo processo. I suoi contenuti culturali, prima ancora
che organizzativi, la prefigurazione del modello di società che veniva
disegnata dalla "riforma" ci ha imposto di prendere posizione non
solo come genitori ma come cittadini.
Come sta procedendo
la costruzione della rete e quali rapporti avete stretto con analoghe realtà
o con singoli cittadini in giro per l'Italia?
La Rete non è un sogetto politico né lo vuole diventare. Le
relazioni con altri genitori sono costruite grazie al rapporto personale o al
contatto via e-mail con coloro che condividono le nostre stesse preoccupazioni.
Sono relazioni, queste, che si costruiscono lentamente, con i tempi delle persone
e non con i tempi della politica. Ma proprio per questo non sono superficiali
e non si perderanno nel prossimo futuro. Ci aspetta una ripresa intensa a ottobre
e l'obiettivo principale è ancora quello dell'informazione (o, meglio,
della controinformazione).
Per quanto riguarda il piano nazionale il primo giugno ci incontreremo a Roma,
al Liceo Tasso per la prima assemblea nazionale della rete. Ci saranno genitori
e insegnanti di Napoli, Palermo, Bologna, Rovigo, Padova, dal Piemonte, dalle
Marche. Spero sia una riunione non formale, sicuramente non ci saranno "esperti"
e questo è un bene.
Fino ad allora posso solo dire che qui a Milano le cose vanno bene. Si è
formato un piccolo gruppo "militante", i contatti sono molti (abbiamo
raccolto 16.000 firme in due mesi)
Quali sono gli strumenti che utilizzate per radicarvi e ampliare i consensi:
sito web, mailing list, assemblee territoriali, o che altro?
Siamo molto poco tecnologici, Sono in tanti quelli che "subiscono"
l'e-mail. Noi siamo quelli e quelle dei "vassoi volanti" (vassoi con
manici tenuti al collo con una corda come quelli delle sigaraie) con i quali
abbiamo "battuto" in lungo e in largo cortei, manifestazioni di partito.
Ci siamo fermati a chiacchierare con tanta gente alla quale chiedevamo di firmare
per avere "più scuola per tutti". In sostanza non abbiamo inventato
nulla di diverso da ciò che è utile per incontrarsi a riflettere
insieme. In questi mesi abbiamo fatto moltissime assemblee nelle scuole, abbiamo
dato materiali per rendere ciascuno autonomo nel lavoro di contrinformazione.
Per la ripresa di ottobre vorremmo modificare il sito, costruito per raccogliere
le firme, in uno strumento di lavoro più efficace: pagine per raccogliere
e sedimentare il dibattito che attualmente si sviluppa nella mailing list, una
grande agenda condivisa, un luogo dove depositare i materiali che ogni singola
scuola produce, per raccogliere l'intelligenza e l'esperienza di tutti.
Quali prospettive avete nella vostra battaglia e quali scadenze vi siete dati
a breve, medio e lungo termine?
Innanzitutto, come ho già detto, l'informazione. Poi riteniamo importante
che i Consigli di Circolo e di Istituto si esprimano nel merito delle proposte
della signora Brichetto (in Moratti). A tal fine abbiamo messo a disposizione
sul sito una bozza di mozione che è sintesi di quelle già approvate
dagli istituti milanesi. Sempre a breve (e nel caso il Governo approvi la modifica
degli Organi Collegiali) stiamo predisponendo la stesura delle norme che consentono
di mantenere nei regolamenti di istituto le rappresentanze di genitori e studenti
che altrimenti verrebbero abolite. Ci sembra fondamentale che tutte le scuole
del paese diano una risposta unitaria al problema della partecipazione. Soprattutto
ci sembra fondamentale salvaguardare gli studenti nella possibilità di
avere garantite le assemblee di classe e di istituto. Loro, in questo momento,
ci sembrano quelli maggiormente a rischio nell'esercizio dei diritti fondamentali.
È a loro che è rivolta la nostra attenzione nel prossimo futuro.
È indispensabile saldare tutte le componenti, salvaguardandone la specificità,
per dare una risposta forte. Ora ci stiamo attrezzando a "resistere",
nella speranza che i danni arrecati non diventino irreversibili. Poi però
dobbiamo uscire dalle trincee, dobbiamo incontrare chi è uscito da quelle
dell'articolo 18 e da quelle della giustizia, da quelle della sanità
e da quelle della libertà di informazione, da quelle dell'immigrazione
e da quelle della difesa dell'ambiente; potremmo condividere sapere e esperienza,
ricucire insieme conoscenze, elaborare un progetto che superi la contingenza
di ciascuno e che sia in grado di disegnare in modo condiviso il nostro modello
di società. In questo la responsabilità dei soggetti politici
è grande. A loro chiediamo innanzitutto di ascoltare per poi dare forma
e organizzazione ad un progetto condiviso in cui tutti possano fare parte, sia
chi è in parlamento che coloro che vivono nella scuola e nella società.
Entriamo nel
merito delle questioni: cos'è che soprattutto preoccupa un genitore della
riforma Moratti?
Siamo preoccupati innanzitutto dal disegno complessivo messo in campo dal
Governo. Un modello fatto a immagine e somiglianza del Capo, una società
dove la furbizia vince sull'ugualianza, dove la ricchezza sancisce posizioni
di privilegio, dove chi più ha più comanda, dove la democrazia
e il confronto vengono vissuti come inutili perdite di tempo. Una società
arrogante in cui i diritti di cittadinanza vengono sostituiti dalla carità
pelosa verso i meno abbienti, dove chi è in difficoltà deve essere
aiutato "compatibilmente alle esigenze di bilancio", che fa carta
straccia degli impegni presi precedentemente dalla collettività nei confronti
dei minori (vedi Carta di impegni per promuovere i diritti dell'infanzia sottoscritta
nel '98 da Governo, Sindacati, organismi rappresentativi del mondo imprenditoriale
con agenzie e organismi delle Nazioni Unite) una società in cui il Capo
ha, ovviamente, sempre ragione.
In questi mesi ho capito che il problema non è la riproposizione della
solita polemica tra scuola pubblica statale e scuola cattolica. Il privato che
ha in mente la Moratti è ben diverso da quello rappresentato dai Salesiani
e dalle suore di SS. Maria Consolatrice. Il modello competitivo portato dentro
le classi e fra i giovani non ha nulla a che spartire con la dottrina sociale
della Chiesa e dovrebbe seriamente far riflettere anche i cattolici.
Ci preoccupa la scomparsa del tempo pieno nelle elementari e del tempo prolungato
nelle medie. Ci preoccupano i tagli delle cattedre che avranno come conseguenza
l'affollamento delle classi e l'accorpamento di classi e Istituti. Ci preoccupa
la scomparsa dei progetti di qualità portati avanti da molti docenti
e che hanno qualificato la scuola frquentata dai nostri figli. Ci indigna l'espulsione
nei fatti (per il taglio al sostegno) dei bambini con difficoltà e il
taglio ai progetti per i ragazzi stranieri. Ci preoccupa il disimpegno dello
Stato nei confronti delle giovani generazioni sancito con la scomparsa dell'obbligo
scolastico. Ci preoccupa, e molto, l'impoverimento della formazione culturale.
Stanno disegnando una scuola immobile dal punto di vista sociale in cui il compito
dell'intervento pubblico è di contenere in un ghetto le situazioni di
disagio giovanile lasciando al privato il compito della formazione pregiata.
Una politica che non sa educare sa invece reprimere: infatti per far fronte
alle inevitabili conseguenze della ghettizzazione il ministero dell'interno
ha già predisposto l'inasprimento delle pene per i minori colpevoli di
reati, equiparandole a quelle degli adulti, con buona pace del Beccaria e di
Don Milani, assurdamente, e a sproposito, citato nella relazione della Commissione
Bertagna.
Ci preoccupa la riforma dell'Esame di Stato che affida agli stessi insegnanti
che hanno preparato i nostri ragazzi la valutazione finale. Ciò è
ancora più grave nelle scuole parificate, dove gli studenti sono "clienti"
dei propri docenti. È questa, una forma per "neutralizzare"
il valore del titolo di studio, un modo per rendere ancora più deboli,
sul piano dei diritti, i nostri ragazzi quando affronteranno il mondo del lavoro.
La scuola che ora difendiamo tuttavia, nell'immaginario di ciascuno di noi,
non è sicuramente la nostra scuola ideale. È utile, appoggiandoci
alla disponibilità manifestata in queste settimane da giovani, docenti,
personale ATA e genitori, intraprendere un cammino che identifichi i modelli
di riferimento per la scuola che non c'è ma che vorremmo. E questo è
un compito che riguarda ciascuno di noi, nessuno escluso. Se riusciremo a trovare
i modi affinché la scuola non offra solo pari opportunità ma riesca
a trovare strategie per rimuovere gli ostacoli economici e culturali al raggiungimento
della piena affermazione di tutti i nostri ragazzi, se riusciremo a trovare
le vie per trasformare il "diritto allo studio per tutti" in "diritto
al successo scolastico", se la politica prenderà su di sé
il compito di trasformare in realtà i nostri desideri (se riusciremo
a salvarci dalla Moratti) avremo sicuramente una scuola migliore, dalla quale
usciranno giovani con competenze e conoscenze, curiosi e consapevoli, sicuramente
buoni cittadini del mondo, capaci di progettare una società in cui sarà
bello vivere.