Il referendum
contro il buono scuola in Veneto. Un bilancio.
Intervista
a Giuliana Beltrame, insegnante, presentatrice ufficiale del
Referendum e rappresentante legale del Comitato, iscritta alla CGIL, candidata,
come indipendente, nella lista di Rifondazione alle ultime elezioni comunali
a Padova, tra le promotrici della Rete di scuole di Padova e presidente del
Coordinamento Genitori Democratici. Fa parte delle Donne in Nero. Novembre
2002.
Sei stata
tra le promotrici della campagna per l'abolizione del buono scuola nel Veneto.
Ci puoi dire cosa chiedavate esattamente? Come è organizzato il buono
scuola in Veneto e che conseguenze ha? La
Legge Regionale n°1/2001 che introduce il buono scuola in Veneto ha per
titolo "Interventi a favore delle famiglie degli alunni delle scuole
statali e paritarie", un titolo falso dato che esclude dallaccesso
al buono le/gli studenti delle scuole statali. Nel regolamento di attuazione
della legge (di competenza della giunta regionale) si pone un limite di 300.000
lire per spese di iscrizione o rette di frequenza, in altre parole chi spende
meno di questa cifra per iscriversi non può neppure presentare domanda!
In questo modo vengono, praticamente in modo automatico, esclusi tutte/i coloro
che frequentano scuole pubbliche. Quando poi si va a vedere gli alunni di
quali scuole private possono presentare domanda si scopre che sono comprese
proprio tutte: paritarie, legalmente riconosciute, autorizzate, ecc. compresi
i diplomifici. Le fasce di reddito arrivano a 80 milioni (sempre di vecchie
lire) netti, che grazie al meccanismo di esenzioni e maggiorazioni possono
arrivare fino a 140/150 milioni di reddito. Un ultimo dato Le/gli studenti
della scuola pubblica (elementare, media e superiore) in Veneto sono 490.000;
quelli delle scuole private 24.300: ai primi (frequentanti scuole con convitto
o educandati) sono andati 178 milioni, mentre ai secondi sono andati 17 miliardi
e 300 milioni. Di fronte a questa palese ingiustizia e alla saldatura di interessi
tra destra e gerarchie cattoliche, rappresentate dal voto favorevole della
Margherita, non cera altra strada che quella del referendum abrogativo.
Ci puoi
descrivere il percorso che vi ha portato a lanciare questa battaglia politica?
La
necessità di iniziare questa sfida è stata da subito chiara
ad alcune forze politiche (PRC, Comunisti Italiani, Verdi, SDI), Lavoro società/Cambiare
rotta CGIL, ed associazioni (Comitato scuola e Costituzione, Coordinamento
Genitori Democratici, Associazione per la scuola della Repubblica, Coordinamenti
studenteschi vari), più complesso il coinvolgimento di altre. Le resistenze
di parte dei DS e della CGIL regionale erano legate alla scarsa fiducia nella
possibilità di raccogliere le 30.000 firme necessarie, oltre che alle
difficoltà interne al centrosinistra, derivanti dalla posizioni assunte
dalla Margherita/lista Cacciari (favorevoli alla legge ma contrari al regolamento
di attuazione). Cè stato un dibattito che ha coinvolto anche
le Reti di scuole che si sono create nel Veneto contro le politiche scolastiche
del governo, i sindacati di base Cobas, RDB, CUB, Legambiente. La raccolta
di firme è iniziata ufficialmente nellagosto 2001 e, nei mesi
successivi, con centinaia di banchetti ne abbiamo raccolte più di 35.000
(dimostrando, nel periodo invernale, di possedere una salute di ferro!). Dove
possibile sono stati formati dei Comitati provinciali che hanno provveduto
alla raccolta sia delle firme che dei certificati elettorali, è stata
una lotta contro il tempo (una costante in questa impresa!), infatti le firme
dovevano essere depositate entro i primi giorni di febbraio 2002. Questa prima
rete di relazioni e contatti è stata importante anche nella seconda
frenetica fase della campagna elettorale vera e propria.
Quali forze politiche, sociali e sindacali hanno sostenuto
formalmente la campagna? E gli attivisti che concretamente l'hanno portata
avanti che estrazione avevano? Fondamentale
è stato, sin dal primo momento, il ruolo organizzativo e di raccordo
del PRC, a cui va il merito della maggior parte delle firme raccolte. Una
volta superati gli scogli del numero di firme valide (la commissione di controllo
ne ha annullate circa 4500) e del ricorso al TAR, che chiedeva di sospendere
leffettuazione del referendum,( la decisione ci è stata comunicata
il 7 settembre, cioè esattamente un mese prima della data fissata per
la consultazione, il 6 ottobre), si è messa in moto la campagna di
informazione e propaganda. Non è stato facile , dopo la pausa estiva
e a scuole appena riaperte, riannodare in così poco tempo la rete dei
contatti e avviare lintera macchina organizzativa. Siamo partiti in
poche/i ma quello che è interessante e bello è che mano a mano
che i giorni passavano sempre più persone chiedevano di aiutare a diffondere
il materiale, e anche le organizzazioni più strutturate hanno cominciato
a muoversi con sempre (seppur tardivo) maggior coinvolgimento, poi sono arrivati
anche gli studenti con le mobilitazioni nelle singole città e la grande
manifestazione di Venezia del 1 ottobre. La campagna era basata sulle scuole o sul territorio? In
quali province eravate piu' presenti? La
scelta della destra è stata il silenzio sul referendum, la chiesa cattolica,
per voce dei suoi vescovi e parroci, delle sue associazioni e dei suoi giornali
(finanziati dalla Regione) ha invitato a non andare a votare, quindi
è stato essenziale cercare di coinvolgere, e prima di tutto informare,
il maggior numero di persone possibile con volantinaggi nei mercati, porta
a porta, nei concerti, spettacoli o manifestazioni che si sono svolti nel
mese di settembre.Una maggior partecipazione e un maggior numero di iniziative
ci sono state a Venezia, Padova, Vicenza. Come si e' sviluppata la campagna? Che iniziative avete promosso?
Come ha reagito la gente? E i media? Il
Comitato promotore ha preparato dei materiali (volantini depliant illustrativi,
manifesti) che sono stati distribuiti in tutta la regione, ogni partito, associazione
o sindacato ha poi predisposto il proprio materiale di propaganda. Lattacchinaggio
dei manifesti ha visto il coinvolgimento di persone che magari erano anni
che non si sognavano di fare una cosa del genere; cè anche chi
ha girato per i paesi con il megafono sulla macchina. Abbiamo preparato gli
spot televisivi, anche qui dando fondo a creatività e volontariato,
partecipato a dibattiti , parlato con moltissime persone. Una reazione costante
era di accordo con il referendum, ma anche di delusione e sfiducia nelle possibilità
di modificare le cose. Colpiva lamarezza e la rabbia delle persone anziane.
I media locali non hanno certo brillato per correttezza e completezza dellinformazione,
ma Rai regionale ha superato tutti : i messaggi autogestiti, sono stati trasmessi
a partire dal 20 settembre e in ununica fascia orario (12.55), come
pure le tribune elettorali e la scheda informativa e a nulla sono servite
le proteste fatte pervenire anche alla Commissione di vigilanza Solo dopo
un presidio davanti alla sede regionale della Rai la scheda informativa è
stata trasmessa, negli ultimi 4 giorni di campagna elettorale, anche prima
del TGR serale. Perché si è perso? Il non raggiungimento del quorum sta sortendo
un contraccolpo negativo sugli attivisti della campagna? Il
non raggiungimento del quorum era nelle previsioni (anche se la speranza è
lultima a morire), lo sapevamo dallinizio che la vittoria sarebbe
stata difficilissima ma non per questo ritenevamo che non dovesse essere portata
avanti una impresa che ancora oggi consideriamo giusta. Cè un
dato che ritengo particolarmente interessante: i SI sono stati 750.000,
i partiti promotori del referendum (PRC, DS, C:I., Verdi, SDI) nelle elezioni
regionali del 2000 hanno totalizzato 457.000 voti Ci sono circa
300.000 persone che non appartengono a quellelettorato e che si sono
pronunciate con un voto che assume un significato che va oltre linteresse
specifico. Che interpretazione dare? Sono persone di sinistra che nelle ultime
consultazioni non avevano votato? Sono comunque persone raggiunte da una rete
di informazione spesso informale e che hanno deciso di non sottostare ai diktat
della chiesa, al silenzio della destra e alle contorsioni schizoidi della
Margherita. In ogni caso tutto questo fa ben sperare in Veneto.Un dato preoccupante
è la assoluta sottovalutazione di questo referendum (il primo
sui buoni scuola) ,sul piano nazionale, sia a livello politico che sul fronte
dellinformazione: nessun spazio significativo di informazione e commento
sui quotidiani nazionali, nessuna presa di posizione forte da parte dei leader
nazionali dei partiti promotori, lo stesso per quanto riguarda le forze sindacali.
Non si è capito che questo poteva essere un test significativo della
volontà di svuotare sempre più il voto di significato: il fatto
che non arrivino a casa i certificati elettorali (bella trovata dellineffabile
Bianco), in presenza della decisione della maggioranza di non informare i
cittadini sulla scadenza elettorale, incentiva un astensionismo che non è
scelta politica, è ignoranza. Altro dato, di cui far tesoro , è
la messa a nudo della subalternità del fronte ex(?)-democristiano ai
diktat delle gerarchie cattoliche, in barba a qualunque alleanza politica. Che lezioni possiamo trarre da questa battaglia?
Abbiamo
comunque perso, è un dato innegabile, e sullesito del referendum
pesa la fragilità (talvolta la quasi inesistenza) delle strutture organizzative
dei partiti, ed è un dato da cui bisogna partire quando si lanciano
delle campagne, mentre molte/i di noi hanno ancora in mente la diffusione
capillare di sedi, circoli ecc., cioè una moltitudine di donne e uomini
che parlavano con altre/i, che erano sempre presenti sul territorio, e comunque
riferimento nei luoghi di lavoro e nei quartieri. Tutto questo semplicemente
non cè più. Ci sono forme diverse di aggregazione, penso
anche ai centri sociali, al movimento degli studenti, che però si muovono
con forme e tempi autonomi, spesso autoreferenziali; penso alla miriade di
associazioni, comitati e al volontariato, intensamente presenti in Veneto,
ma troppo spesso parcellizzati allinterno della loro specificità.
La mobilitazione per il referendum ha evidenziato tutte queste difficoltà
e limiti, ma è anche riuscita a rimettere insieme forze politiche e
sindacali anche distanti e spesso conflittuali, associazioni, cittadine e
cittadini che hanno scoperto che vale ancora la pena di darsi da fare, pur
essendo minoranza, pur sapendo che la vittoria è difficilissima. Questa
esperienza di collaborazione è quanto di più prezioso abbiamo
sperimentato in questi mesi, lorgoglio di essere minoranza, opposizione,
rispetto alla deriva in cui siamo trascinati, è il patrimonio da cui
partire per cominciare a fare della politica una cosa di tutte e tutti. Risultati
Referendum 6 ottobre 2002 in Veneto Provincia
Affluenza
alle urne %
SI Belluno
16,80
30.753
92,5
2.491
7,5
Padova
23,40
157.390
94,0
9.975
6,0
Rovigo
21,00
40.857
93,0
3.068
7,0
Treviso
18,40
114.978
92,3
9.554
7,7
Venezia
24,50
162.809
94,6
9.335
5,4
Venezia
17,90
103.678
92,5
8.352
7,5
Vicenza
22,60
138.749
93,7
9.266
6,3
Regione
21,15
749.214
93,50
52.041
6,5
voti
%
voti
%