Edilizia scolastica.
Una
questione che unisce la sicurezza e la salute di studenti e lavoratori al
diritto allo studio e a una scuola di qualità per tutti. Di Emiliano
Zaniboni, CGIL scuola Lombardia, e Danilo Molinari, CGIL scuola Milano. Dicembre
2002.
Le catastrofi ambientali degli ultimi mesi hanno portato alla ribalta uno dei mali cronici della scuola italiana, quello della salute, dell'igiene e della sicurezza degli edifici scolastici. Una ribalta che secondo molti non si può dire inaspettata, perché numerosi studi e indagini più o meno recenti (1), nonché letture e giudizi sui risultati di queste analisi (2) descrivono una situazione della rete dell'edilizia scolastica italiana ancora in gran parte fragile e precaria, nonostante i diversi interventi imposti dalla legislazione vigente, a partire dalla 626. Lo Stato da parte sua ha profuso un certo impegno, specie nel periodo 1996-2001, con lo stanziamento di circa 3.150 miliardi di lire per gli adeguamenti delledilizia scolastica. Ma queste misure non sono ancora sufficienti. Per il 2002 lattuale governo non ha stanziato nulla, nonostante le proteste delle associazioni dei principali proprietari di immobili ad uso scolastico, Province e Comuni (UPI e ANCI). L'ANCI ad esempio lo scorso anno stimava necessario, per completare le ristrutturazioni delle sole scuole dellobbligo, una cifra di almeno 8.500 miliardi di lire. La finanziaria in discussione in Parlamento per il 2003 prevede solo un intervento straordinario a sostegno delle zone terremotate del Molise, sull'onda dell'emergenza e dell'emotività. Unitamente al taglio delle risorse a favore degli enti locali, questi mancati finanziamenti gettano un'ombra di grande preoccupazione.
La normativa sulla sicurezza
Di mezzo c'è la sicurezza di più di nove milioni di persone che quotidianamente lavorano e studiano nelle scuole italiane. Sicurezza a rischio quotidianamente, come testimonia il gran numero di studenti infortunati (circa 56.000 l'anno secondo l'INAIL, di cui 18.000 per le condizioni ambientali), decisamente in crescita rispetto al passato (3). I diritti alla sicurezza e alla salute di lavoratori e studenti sono sanciti da una lunga serie di norme e leggi, che vanno dalla Costituzione, ai codici civile e penale, ad altre più specifiche. La principale e più articolata di queste norme è la famosa 626, ovvero il decreto legislativo n. 626 del 1994, che recepisce alcune direttive europee e introduce nell'ordinamento italiano il principio della partecipazione attiva dei lavoratori, in collaborazione con altri soggetti, per la prevenzione dei rischi in materia di salute, igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La 626 si fonda sul principio che i destinatari della sicurezza sono i lavoratori. In qualità di principali soggetti interessati hanno diritto ad avere un loro rappresentante in materia, e per questo eleggono il "Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza" (RLS), che ha poteri e funzioni di controllo, di proposta e di contrattazione. Per questo motivo è scelto in seno alla RSU; il RLS è quindi una figura sindacale e per questo specifico mandato ha diritto a 40 ore di permessi retribuiti, aggiuntivi a quelli previsti per la RSU. Inoltre ha diritto a una corso di formazione di base di almeno 32 ore in orario di lavoro.
Gli obblighi relativi alla sicurezza invece ricadono sul datore di lavoro, che può avvalersi di un "Responsabile del servizio di prevenzione e protezione" (RSPP), di sua nomina e di altre figure cosiddette sensibili, quali il responsabile del primo soccorso e il responsabile delle misure di prevenzione e protezione dagli incendi.
Le leggi sulla sicurezza e la scuola
Nello specifico della scuola i destinatari della sicurezza sono i lavoratori, docenti e ATA, e i "soggetti equiparati" (4). Essi sono in primo luogo gli studenti, ma anche tutti coloro che, pur non dipendendo dall'amministrazione scolastica, nelle scuole lavorano (personale di ditte appaltatrici di vari servizi: mensa, bar, giardinaggio, riparazioni, manutenzione, pulizie, ecc.) e tutti quei soggetti che hanno periodici e costanti rapporti con la scuola (genitori, rappresentanti, gruppi sportivi, ecc.).
Si configura invece come "datore di lavoro" il Dirigente scolastico, che è quindi sottoposto agli obblighi relativi alla sicurezza di tutte le persone suddette e ne risponde penalmente e civilmente. I Dirigenti scolastici in base alla legge debbono aver ormai completato i loro adempimenti, fissati per il 31 dicembre 2000 (vedi il DM 382/98 e le CM 119/99 e 223/00), i principali dei quali sono: l'individuazione e la valutazione dei rischi (stesura di un documento che contenga una dettagliata analisi delle strutture, degli impianti, dei laboratori, dei pavimenti, dei passaggi, delle finestre, ecc.), l'informazione ai lavoratori e ai soggetti equiparati sui rischi e le misure di prevenzione, la designazione e la formazione delle "figure sensibili", la consultazione periodica del RLS, la predisposizione di un piano di evacuazione dell'edificio, i rapporti con gli organi territoriali competenti in materia di igiene sanitaria e ambientalà, pronto soccorso, emergenza antincendi (ASL, Croce rossa, Protezione civile, Vigili del fuoco, ecc.).
Per assicurare una formazione continua, visto anche il turn-over e la mobilità dei lavoratori, sono stati stanziati 40 miliardi di lire per il 2001 ed altrettanti (pari a 20.658.276 euro) per il 2002, ripartiti a livello regionale. Nella scuola, infatti, la formazione è a carico delle Direzioni scolastiche regionali, che devono predisporre i corsi coinvolgendo gli organismi territoriali competenti.
Individuati i rischi e gli interventi di manutenzione degli edifici scolastici da eseguire per garantire la sicurezza, la palla passa ai proprietari degli immobili, a cui compete la realizzazione delle opere di messa a norma. L'art.15 della legge 265/99 ha prorogato le scadenze degli adempimenti fissati da disposizioni precedenti per i proprietari degli edifici scolastici, i quali ne devono completare la messa a norma entro il 31 dicembre 2004, sulla base di un programma di intervento articolato su piani attuativi annuali. In pratica, piani quadriennali di interventi edilizi sull'intera rete scolastica nazionale e di certificazioni, che devono essere predisposti e realizzati dai vari enti locali, che tuttavia sono ancora in grave ritardo.
Va ricordato però che le eventuali inadempienze degli enti locali circa l'effettuazione dei lavori di manutenzione e messa a norma di strutture e impianti non dispensano i dirigenti scolastici dalle loro responsabilità sulla sicurezza. Essi hanno il compito di prevenire incidenti e infortuni, ricorrendo addirittura alla chiusura della scuola in presenza di rischi per chi opera all'interno, come ha stabilito anche una sentenza della magistratura. Ci auguriamo che il senso di responsabilità e la mentalità dei dirigenti scolastici siano più maturi di quelli del presidente dell'ANP (Associazione nazionale presidi), il quale tende a minimizzare l'efficacia delle misure di prevenzione e di fatto deresponsabilizza la sua categoria dagli obblighi che le competono, scaricandoli su enti locali e classe politica (i quali, a loro volta, fanno altrettanto). In un articolo su Italia Oggi del 12 novembre, Giorgio Rembado, presidente dell'ANP, riferendosi alla tragedia di San Giuliano di Puglia, sostiene che "le esercitazioni e gli adempimenti di natura formale [...], in presenza di catastrofi, non servono a nulla". L'affermazione è talmente ovvia che non ha senso farla, a meno che non ci si voglia esimire dalle proprie responsabilità. Infatti, poco più avanti scrive: "I dirigenti scolastici non possono e non devono essere gli unici chiamati a rispondere per la mancanza di una firma o di un documento, in un contesto in cui la legge consente che gli edifici staticamente non sicuri continuino a essere utilizzati fino a quando non ci saranno i fondi per risanarli sul piano strutturale" (5). Come si vede anche da quanto riportato in nota il rimpallo delle responsabilità tra i soggetti obbligati dalla legge a garantire la sicurezza è un'altra, e forse la peggiore, delle note dolenti dell'intera faccenda.
Dopo aver visto cosa la normativa dispone, vediamo sinteticamente il quadro generale della situazione dell'edilizia scolastica nazionale, così come lo descrivono in modo chiaro e documentato le ricerche effettuate da più soggetti, utilizzando sia le fonti dirette che le sintesi e le analisi fatte da Codacons, sindacati, ANP, ecc.
I risultati dell'indagine ministeriale
Il ministero dell'istruzione (MIUR) a partire dal maggio 2001 ha condotto un'indagine sullo stato della sicurezza nelle scuole e dell'applicazione della 626, i cui risultati sono stati resi pubblici all'inizio del 2002. Ecco la sintesi dei dati tratta dal sito del Codacons:
Alla rilevazione hanno risposto 9.728 scuole, a fronte delle 10.824 esistenti (pari all89,9%), per un totale di 37.083 edifici (pari all89,7%) [...]. Dalla lettura dei dati emerge, che una buona percentuale di scuole ha effettuato la valutazione del rischio (variazioni regionali dall87% al 97%), la redazione del documento di rischio (tra l81,4% e 95,5%) e la designazione del responsabile del servizio di protezione e prevenzione (in media tra l83% ed il 94%, con una sola punta minima del 74%).
Più eterogenea appare, invece, la situazione relativa alle altre informazioni richieste. Così, a titolo esemplificativo, si può rilevare che la consultazione del RLS ha presentato punte variabili tra un minimo del 60% ed un massimo del 92%, mentre la predisposizione del piano di evacuazione oscilla tra il 73% ed il 98%. Altrettanto per la formazione del rappresentante dei lavoratori, con estremi regionali variabili tra il 33% e l80% e per la designazione, ove necessaria, del medico competente, con punte tra il 3,3% ed il 47,8%.
Maggiore omogeneità presenta, invece, la situazione relativa alla costituzione del servizio di prevenzione e protezione ed alla designazione degli addetti al servizio di prevenzione incendi e degli addetti al primo soccorso, mentre, invece, abbastanza variegata risulta quella inerente alla loro formazione (con punte variabili dal 39% al 91%).
Inoltre - se il livello di completamento dellinformazione e della formazione di studenti e lavoratori tocca punte minime, rispettivamente, del 45% del 34,5%, nonostante la diffusione, da parte del Ministero, di un apposito supporto multimediale di autoformazione - riguardo alla certificazione in possesso delle scuole, la situazione può sintetizzarsi nella presenza del certificato di agibilità statica oscillante tra il 15,5% ed il 79,9%, di quello di agibilità igienico sanitaria, tra il 18,4% ed il 77,3%, e di quello di prevenzione incendi tra il 13,3% ed il 46,1% [...] la conformità a norma degli impianti elettrici in alcune regioni risulta al di sotto del 50%, lesistenza di barriere architettoniche è più omogeneamente diffusa sul territorio.
I dati più preoccupanti che emergono da questa analisi sintetica riguardano soprattutto l'informazione e la formazione di lavoratori e studenti e la certificazione delle condizioni di sicurezza (o si dovrebbe dire piuttosto di insicurezza) delle scuole.
Per il primo aspetto le responsabilità maggiori sono da dividersi equamente tra dirigenti scolastici e amministrazione (ministero, direzioni regionali, ecc.), ai quali competono l'informazione e la formazione dei lavoratori e dei "soggetti equiparati".
Molto spesso i dirigenti scolastici oltre a non consultare e a non informare il RLS (come invece dovrebbero in base alla legge e al contratto di lavoro) non rendono neppure noti a lavoratori e studenti le situazione di rischio e pericolo presenti nella scuola, talvolta anche nei casi in cui ne hanno predisposto la valutazione e magari stilato l'apposito documento. In questo modo non è possibile controllare la corrispondenza tra realtà e valutazione fatta; il dubbio che potrebbe nascere è che non sia così precisa e circostanziata come dovrebbe. Come spiegare altrimenti la contraddizione tra l'alto numero di documenti sui rischi redatti (tra l83% ed il 94% in media) e le numerosissime segnalazioni di grave disagio già raccolte (non ancora in via definitiva) nel "Libro bianco degli studenti sull'edilizia scolastica"? In esso si descrivono esperienze vissute e scenari di degrado apocalittico: "Soffitti e muri pericolanti, mancanza di aule, doppi turni, termosifoni fuori uso, mancanza di porte alle classi, bagni insufficienti, condizioni igieniche pessime, niente scale antincendio e misure di sicurezza, lavori di ristrutturazione attesi da anni e poi...". Potrebbero sembrare malevole insinuazioni o eccessive esagerazioni, ma poi succede che in pochi giorni la cronaca ci informa che in una scuola media di Centocelle crolla un soffitto, o che in un istituto superiore di Abbiategrasso scoppia l'allarme meningite e allora tutto ciò non appare più così inverosimile e addirittura diventa quasi normale che "in inverno i caloriferi non vanno, in classe fa un freddo cane, quando piove forte in alcune classi piove dentro" o che la scuola sia "invasa da scarafaggi pipistrelli ragni etc." e che tutta sia impregnata di "puzza di fogna" (citazioni dal "Libro bianco").
Alla formazione dei lavoratori sulla sicurezza debbono provvedere le amministrazioni scolastiche periferiche. I corsi formativi devono essere istituiti dalle Direzioni regionali dell'istruzione in concorso con le aziende sanitarie e altri enti e dovrebbero garantire anche una parte prettamente sindacale. Nella maggior parte dei casi questo purtroppo non avviene, e il "supporto multimediale di autoformazione" di cui parla la nota del Codacons è assolutamente insufficiente.
Ai proprietari degli immobili, cioè gli enti locali, competono invece le certificazioni che dovrebbero attestare che le scuole sono sicure: agibiltà statica (certificato di stabilità delle strutture portanti e murarie, particolarmente importante per le scuole situate in zone sismiche), agibilità igienico-sanitaria, prevenzione degli incendi, sicurezza impianto elettrico, ecc. Il grave deficit di certificazioni (che oscillano tra il 15% e l'80% con una media nazionale del 43%) testimonia delle lungaggini se non delle inadempienze colpose in merito alla sicurezza delle scuole, soprattutto alla luce dei drammatici eventi che hanno sconvolto e sconvolgono il paese in questi ultimi mesi: eruzioni, terremoti, inondazioni. Alla base c'è una sottovalutazione dei problemi e una mancanza generalizzata della cultura della sicurezza, così come dell'educazione ambientale: la devastazione selvaggia del territorio, che moltiplica gli effetti degli eventi naturali, è stata finora accompagnata da una totale carenza di dispositivi di controllo adeguati e di consapevolezza dei pericoli. Testimone di ciò è un'inchiesta di Legambiente da cui risulta che "solo il 2,3% di scuole [sarebbe situato] in aree a rischio idrogeologico e addirittura nessuna scuola in area a rischio vulcanico" (6). I dati sono del tutto inattendibili ma significativi di una certa mentalità, ed è quindi abbastanza ovvio che ci siano poche certificazioni, ad esempio, di agibilità statica.
Il Dossier di Legambiente
Legambiente ha pubblicato "Ecosistema scuola 2002", un "dossier sullo stato di salute degli edifici scolastici" (consultabile sul sito di Legambiente) compilato mediante le risposte a un questionario dettagliato rivolto alle amministrazioni comunali di 103 capoluoghi di provincia. L'indagine a cui hanno risposto 81 Comuni ha valutato lo stato delle strutture scolastiche, la qualità dei servizi (scuolabus, mense, ecc.) e le situazioni di rischio (fonti di inquinamento interno ed esterno) di 6.110 edifici scolastici, che rappresentano circa il 15% del totale degli edifici presenti sul territorio nazionale. Il dossier consente di integrare le informazioni ricavabili dall'inchiesta del MIUR sia sulle condizioni strutturali che igienico-sanitarie delle scuole italiane.
Per quanto riguarda la manutenzione Legambiente stima che poco più del 26% del campione degli edifici monitorati necessita di interventi urgenti. Sommando questo dato agli interventi di manutenzione straordinaria effettuati nell'ultimo quinquennio, che hanno riguardato più del 44% degli immobili, si deduce che "cinque anni fa ben il 70,75% degli edifici aveva bisogno di manutenzione urgente. Un dato che chiama in causa la qualità delle costruzioni più recenti, dato che più del 55% degli edifici ha meno di quaranta anni". Il boom delle scuole prefabbricate soprattutto degli anni '70 sconta ora un grave deficit di sicurezza e di vivibilità. Edificate in fretta e furia per far fronte alla grande ondata dell'istruzione di massa, avrebbero dovuto rappresentare una soluzione transitoria in vista di una prossima progettazione più solida e consona alle esigenze di studio e ricerca. Nulla di tutto ciò invece è avvenuto, e gli edifici si sono col tempo sempre più degradati (per la precarietà dei materiali di costruzione, gli spazi male attrezzati, ecc.) tanto da rappresentare il paradigma concreto dell'idea di qualità della scuola pubblica che le nostre classi dirigenti hanno avuto e praticato in tutti questi anni. Del tutto inadeguati sono anche quel 5,4% di edifici scolastici presi in affitto dai comuni, che sono stati pensati e costruiti quindi per una destinazione d'uso diversa e che richiedono i maggiori adeguamenti alla 626 (7).
Il dato che però "emerge con più forza", a detta di Legambiente è che in quasi il 15% degli edifici monitorati "sono presenti fonti di amianto fuori e dentro le scuole", che impone all'associazione ambientalista di "denunciare questa situazione di gravissima inadempienza da parte delle amministrazioni comunali che dovrebbero essere obbligate ad effettuare delle azioni di bonifica totale".
Risulta poi che vi sono il 7,12% degli edifici scolastici nelle immediate vicinanze (meno di un chilometro) di un'area industriale, il 9,68% nei pressi di fonti di inquinamento elettromagnetico e il 6,75% di inquinamento acustico (autostrade, aeroporti, aree industriali, ecc.). A questo proposito il dossier cita uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) "che dimostra l'esistenza di un rapporto tra capacità di apprendimento e qualità dell'ambiente in cui si studia", e che rileva che i bimbi esposti "cronicamente a forti rumori, per esempio in prossimità degli aeroporti, possono mostrare difficoltà nell'apprendimento, nell'imparare a leggere e nell'acquisire la capacità di risolvere problemi". Per questo l'OMS raccomanda che "scuole ed asili siano collocati lontano da aeroporti, autostrade e siti industriali".
Tutto ciò dimostra che la qualità dell'ambiente di studio e di lavoro, cioè dell'aspetto "fisico" e materiale delle scuole, non è solo una questione di sicurezza ma anche di diritto allo studio e garanzia di successo formativo per tutti, senza discriminazioni sociali. Di questo sono ben consapevoli gli studenti, più che non i docenti o i responsabili tecnici e politici dell'istruzione. Basta leggere alcune delle lettere del citato libro bianco sull'edilizia scolastica per rendersene conto. Ci limitiamo a riportare il grido di allarme di uno studente o studentessa del Liceo Classico "Omero" di Milano:
frequento il liceo classico omero, situato a bruzzano - periferia nord di milano -, accorpato a un altro classico, il tito livio e a uno scientifico, il russel. la provincia, che da poco ha preso in gestione il nostro liceo, vuole chiudere la sede dell'omero perchè ritiene troppo costosa la messa a norma delle strutture e vuole trasferirci in un altro edificio. vi rendete conto???! qui non si tratta "solo" di muri di cartongesso, bagni allagati e tutti gli altri problemi che la nostra scuola ha, ma GRAZIE ai tagli di finanziamenti alla scuola pubblica, la mia scuola sta per:
opzione 1 essere trasferita in un altro edificio - cazzo, ma i licei classici devono per forza stare in centro??? per la gente che arriva a scuola dall'interland milanese sarebbe infattibile e scomodo spostarsi così tanto
opzione2 potremmo essere inglobati da un altro liceo classico più grande -a quanto pare, il manzoni-.
noi omerini stiamo organizzando una serie di manifestazioni di protesta contro la provincia, l'ultima sarà il 23 novembre. otterremo qualcosa?
A proposito di qualità, oltre a delineare un quadro generale della situazione degli edifici scolastici, Legambiente, pur con dei limiti derivanti dalla scarsa attendibilità di alcuni dati, ha stilato una classifica sul grado di attenzione riservata dai Comuni alla qualità della scuola (8).
Che fare?
Di fronte al preoccupante stato di degrado fin qui descritto, è necessario che i diversi soggetti sociali, direttamente interessati alla qualità della scuola pubblica italiana, in special modo i sindacati territoriali, le RSU di scuola, i comitati di studenti e di genitori, mettano in campo iniziative efficaci di mobilitazione contro tali criminose latitanze. è indispensabile che ciascuno si assuma pubblicamente le proprie responsabilità, e ciò è possibile solo con una denuncia circostanziata delle varie situazioni. Innanzitutto bisogna pretendere che le sedi istituzionali locali (Direzioni scolastiche regionali, CSA, ecc.) forniscano tutti i dati che hanno concorso alla elaborazione delle inchieste (quella del Miur anzitutto) disaggregati per territorio e ordine di scuola, perché si possa definire la mappa esatta degli interventi più urgenti per l'adeguamento alla 626 e verificare con puntualità la realizzazione dei piani operativi di messa a norme delle scuole e delle attrezzature scolastiche pericolose. Si potrà quindi stimare a quanto ammontano le necessità finanziarie per assolvere gli adempimenti non ancora realizzati. A partire dalle singole realtà locali si potrà quantificare l'entità degli interventi straordinari per l'edilizia scolastica richiesti al governo da studenti e sindacati (10.000 miliardi chiedeva la CGIL già nel 1999, l'inserimento della messa a norma delle scuole nel piano delle grandi opere pubbliche deciso dal governo chiede oggi la UIL). Inoltre, poiché la sicurezza e la salute dei lavoratori, dei giovani e dei bambini che trascorrono nelle scuole la gran parte delle loro giornate è la cosa più importante che va salvaguardata, e poiché è il diritto stesso allo studio che è messo in pericolo, le risorse vanno reperite anche additando a Comuni, Province, e Regioni le priorità su cui convogliare i finanziamenti di loro competenza. Priorità che non possono certo essere né il finanziamento alle scuole private, né il buono-scuola a sostegno della "libertà di scelta" delle famiglie più abbienti!
note
(1) Le principali di queste inchieste sono:
"La cultura della sicurezza nella scuola. Il punto sullo stato di applicazione della Legge 626/94", monitoraggio del ministero dell'istruzione (MIUR) effettuato ai sensi della C.M. n. 85 del 8 maggio 2001 (vedi www.istruzione.it).
"Ecosistema scuola 2002. Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici" (consultabile sul sito www.legambiente.it)
"Progetto SI.PRE. Regioni - Banca nazionale dei profili di rischio di comparto. Comparto edifici scolastici", indagine svolta nel 1999 dall'ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) sui rischi presenti nelle scuole dell'obbligo (materne, elementari e medie, divise per macroregioni) e la loro conformità ai requisiti di sicurezza necessari sia per tutte le attività di studio e di lavoro che si svolgono nelle scuole, che per la situazione degli immobili, degli arredi, degli impianti e dei sistemi di sicurezza (http://www.ispesl.it/profili_di_rischio/_edificiscolastici/index.htm).
(2) Di particolare interesse le seguenti analisi:
"La Sicurezza nelle scuole - 4° rapporto annuale sull'edilizia scolastica della UIL Scuola", scaricabile dal sito http://www.uil.it/uilscuola/web/notizie/ricerche_uilscuola/edilizia. La stessa UIL ha prodotto una sintesi-commento dei risultati dell'inchiesta, reperibile allo stesso indirizzo web.
"Edilizia scolastica: è emergenza ...e non da oggi", monografico n.7 del 13 novembre 2002, a cura della CGIL-scuola nazionale (www.cgilscuola.it).
"Libro bianco degli studenti sull'edilizia scolastica", raccolta in progress, organizzata per regione, delle segnalazioni di studenti sulle precarie condizioni degli ambienti scolastici che frequentano (www.studenti.it/superiori/librobianco).
Il Codacons ha aperto uno sportello web sul tema "scuola sicura" (www.codacons.it), che contiene numerosi materiali e rimanda a svariate fonti.
(3) Vedi "Edilizia scolastica: è emergenza ...e non da oggi", cit.
(4) L'art.1 comma 1 del D.M. n. 382 del 29 settembre 1998 dice che le disposizioni del D.Lgs. 626/94 e successive modifiche ed integrazioni si applicano "a tutte le istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado, relativamente al personale ed agli utenti delle medesime istituzioni, tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio dalle stesse espletato", e il comma 2 che "sono equiparati ai lavoratori, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 626, gli allievi delle istituzioni scolastiche ed educative nelle quali i programmi e le attivita' di insegnamento prevedano espressamente la frequenza e l'uso di laboratori appositamente attrezzati, con possibile esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici, l'uso di macchine, apparecchi e strumenti di lavoro in genere ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali. L'equiparazione opera nei periodi in cui gli allievi siano effettivamente applicati alle strumentazioni o ai laboratori in questione. I predetti allievi non sono comunque computati, ai sensi del decreto legislativo n. 626, ai fini della determinazione del numero dei lavoratori dal quale il medesimo decreto fa discendere particolari obblighi".
(5) Vedi "La sicurezza assoluta non esiste", Italia Oggi, 12 novembre 2002, p.48.
Questo atteggiamento dei presidi trova puntualmente analogo riscontro in quello di molti comuni e province, come si può evincere dalla lettera che il coordinamento dei dirigenti scolastici di Cgil-Cisl-Uil di Milano hanno indirizzato il 7 novembre 2002 agli amministratori della città: "Non abbiamo mai pensato che le innumerevoli richieste di intervento e di adeguamento avanzate dalle scuole potessero essere effettuate dal Comune da un giorno all'altro. Ricordiamo però che è dal 1995-96 che inviamo segnalazioni al Comune, spesso senza risposta. E negli ultimi anni le segnalazioni sono diventate sempre più precise, sulla base dei Documenti di valutazione rischi inviati. Quello che si chiedeva in particolare (e che non ha avuto risposta alcuna) era di sapere se e quando il Comune intende effettuare gli interventi di adeguamento richiesti". E ancora: " Per quanto riguarda la richiesta all'Ente locale di "contribuire" alla stesura dei Documenti di valutazione rischi, questa non è affatto estemporanea o peregrina. E' previsto dalla C.M. n.119 del 29 aprile 1999 che il dirigente scolastico "può ricorrere anche alla collaborazione del personale tecnico degli Enti locali (Comuni o Province) tenuti alla fornitura delle relative strutture immobiliari ed agli obblighi relativi agli interventi strutturali di manutenzione secondo quanto previsto dall'art.4 comma 12 del d.l.vo 626 ( ). Collaborazione subordinata alla disponibilità dei citati enti, non costituendo per essi un obbligo di legge"( ). In buona sostanza quel che si chiedeva era: visto che è l'Ente locale che poi deve farsi carico degli interventi di adeguamento, perché non collabora anche, attraverso le proprie strutture tecniche, all'individuazione/valutazione dei rischi..?".
La lettera si conclude con queste richieste dei dirigenti scolastici al Comune:
"a) che si eviti, da parte dei vari Settori (Zone, Decentramento, Milano Ristorazione) di continuare ad inviare ai dirigenti scolastici richieste improprie e irricevibili, vedi certificazioni di idoneità di locali (palestre, aule refettorio, ecc.) che sono di competenza dell'Ente locale medesimo e non dei dirigenti scolastici
b) che l'Ente locale si faccia carico di un programma serio ed organico di verifiche degli edifici e contribuisca allelaborazione del Documento di rilevazione rischi (visto che è sua competenza provvedere poi agli interventi tecnici necessari). In ogni caso che dia una risposta alle scuole in ordine ai Documenti di valutazione rischi ed alle richieste di intervento già inviate
c) che il Comune metta a punto un piano complessivo di interventi di adeguamento, una "programmazione" degli stessi a partire dalle situazioni scolastiche più critiche, dagli edifici più "insicuri", con la gradualità necessaria (tenendo conto della scadenza del 2004 prevista dalle norme di legge) e lo comunichi a tutte le scuole
d) che sia garantita la necessaria e continua manutenzione ordinaria di edifici e strutture, per evitare il loro progressivo deterioramento
e) che si comunichino a tutte le scuole recapiti precisi di riferimento per i vari interventi, mettendo fine all'attuale rimpallo di responsabilità e competenze che spesso si registra tra i vari settori (Edilizia scolastica/Educazione, Edilizia scolastica/Lavori pubblici, ecc.)".
(6) Vedi "Ecosistema scuola 2002. Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici", (www.legambiente.it).
(7) Vi sono però secondo Legambiente anche note positive rispetto al passato: rispetto ai dati di un'analoga ricerca di un anno fa, aumentano gli edifici che dispongono di aree verdi fruibili (dal 47% al 72%) e diminuiscono quelli che non dispongono di strutture sportive (dal 19% al 16%); aumenta il biologico nelle mense (dal 9% al 28%) e la pratica della raccolta differenziata di carta, plastica, vetro e organico. Vedi "Ecosistema scuola 2002. Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici", p. 5 (www.legambiente.it).
(8) I limiti a cui si accenna nel testo dipendono dalla scarsa o nulla attendibilità di alcune risposte e dati comunicati dai comuni, come quelli relativi all'esiguo numero di scuole in zone a rischio ambientale dichiarato ("solo il 2,3% di scuole in aree a rischio idrogeologico e addirittura nessuna scuola in area a rischio vulcanico"). La sottostima di queste realtà dimostra che "mancano delle mappature complete del rischio, indice di una totale sottovalutazione del pericolo cui possono essere soggette le scuole che sorgono in tali aree". Tra l'altro, la tragedia di San Giuliano ha rivelato come zone ad alto grado sismico non siano ufficialmente ritenute tali, poiché manca la dichiarazione in tal senso degli organismi competenti.
Comunque, aldilà di questi limiti, nella graduatoria generale degli 81 comuni che hanno fornito risposte al questionario, ai primi cinque posti compaiono Brescia (punti 70,73), Ferrara (p.69,27), Asti (p. 68082), Modena (p. 67,29) e Siena (p. 65,68). Agli ultimi posti Terni (p. 4,51), Foggia (p. 9,17) e Bari (p. 9,79). Milano è al 59° posto (p. 25,57), Roma al 64° (p. 23,47), Torino al 71° (p. 17,26). I criteri per stilare la guaduatoria hanno tenuto conto di 52 parametri (vedi p.17 del dossier).