Scuola pubblica e Finanziaria 2007.
La finanziaria si regge in larga parte, ancora una volta, sui tagli all'istruzione. Questo governo sta tagliando sulla scuola quanto il precedente. Il popolo della scuola deve farsi sentire.
Reds - Ottobre 2006.


Il testo della finanziaria in discussione in parlamento non lascia spazi a dubbi su come questo governo intenda intervenire nelle questioni legate all'istruzione.
Le ricette non sembrano cambiare: aumento degli alunni per classe con riduzione del numero di insegnati, inasprimento della selezione, più soldi alle scuole private.

A proposito dell'innalzamento del numero di allievi per classe citiamo testualmente la "relazione tecnica" contenuta nella legge finanziaria:
"la revisione dei criteri e dei parametri deve comunque garantire l’obiettivo di portare la media nazionale del rapporto alunni/classi dall’attuale valore di 20,6 al valore di 21,0, a decorrere dall’anno scolastico 2007/2008. [...] per la scuola materna un incremento medio di 0,1 per la primaria di 0,4, per la secondaria di primo grado di 0,4 e per la secondaria di secondo grado di 0,6. La modifica dei parametri per la formazione delle classi, come sopra illustrato, determina il seguente contenimento del personale docente ed A.T.A"
Segue una tabella che riporta il numero delle classi "risparmiate" (dice proprio così) che saranno 7.682, con i relativi docenti "risparmiati" che saranno 19.032.
Un numero di classi così non le aveva "risparmiate" nemmeno la Moratti.
Tutti quelli che nella scuola ci vivono sanno cosa significa avere più alunni in classe. Ma qui vorremmo spostare l'attenzione sulla considerazione in cui sono stati tenuti gli interessi degli studenti, e anche dei genitori, se ci tengono alla salute psichica dei propri figli. Infatti gli insegnanti infatti hanno dei mezzi molto semplici per sopravvivere fisicamente ad una classe stracolma di studenti urlanti: le bocciature (o il "riorientamento"), il terrore, l’abbandono della fetta di allievi che non si ha più il tempo o l’energia di seguire ...
Ma se è vero che la scuola è innanzitutto un sistema di relazioni, non vi può essere "relazione" se un insegnante deve rapportarsi con un numero "ingestibile" di persone.
Tecnicamente è possibile, certo. Sotto il fascismo la media era di 60 allievi per classe, ma è noto che l'ordine veniva tenuto con bacchettate sulle dita e noci sotto le ginocchia.
60 allievi per classe è lo stesso record detenuto dal Giappone, insieme, però, a quello dei suicidi scolastici.
Tutte le migliori teorie pedagogiche si infrangono su questo semplice rapporto numerico: alunni-fratto-classe. Meno classi significa più cattiva didattica, e meno felicità.

Si prevede l'innalzamento dell'obbligo a 16 anni. Bene, era ora. L'Italia stava per divenire l'unico Paese al mondo con l'obbligo ancorato ai 14. Ma l'articolo di legge che se ne occupa, e più ancora varie interviste che l'hanno illustrato, hanno freddato ogni entusiasmo.
L'obbligo non è affatto "scolastico", ma può essere assolto anche nella “formazione professionale”: certo, con controlli, progetti, ecc. ecc. ma non nella scuola.
Le lotte fatte dai settori più coscienti degli studenti e degli insegnati negli scorsi decenni si basavano sul principio fondamentale che l'età dell'obbligo scolstico dovesse inalzarsi all'interno delle mura scolastiche. Si voleva in buona sostanza evitare che si potesse scrivere sul giudizio di terza media: "si consiglia un breve corso di formazione professionale". Come dire: ovunque, ma non nella scuola. Si voleva evitare che chiunque nei primi anni delle superiori potesse dire: "qui non vai bene, meglio se ti 'riorienti'".
In poche parole riteniamo profondamente sbaglaito che la gloriosa bandiera di cittadinanza come quella dell'innalzamento dell'obbligo sia macchiata dalla creazione di un "secondo canale" mascherato dove infilare tutti quelli in difficoltà.
Occorre invece promuovere una politica che vada a rafforzare la scuola nella sua lotta per tenerli dentro, e non scaricarli fuori. Nessuno riuscirà mai a dimostrare che un ragazzo in difficoltà "di vita" (perché straniero, perché con una famiglia sfasciata alle spalle, perché...) tragga giovamento dalla frequentazione di un corso .... professionale.
Tra il problema e la soluzione non vi è alcuna relazione.
Se un adulto sta male gli si consiglia uno psicologo, un gruppo di sostegno, il mare o la montagna, un nuovo amore, un bel film, un assistente sociale, una birra, ma: NON un corso di formazione professionale!
E perché per un adolescente dovrebbe essere diverso?
Pensiamo che la formazione professionale abbia un grande ruolo nell'aggiornamento delle competenze dei lavoratori, nella qualificazione postobbligo, ecc. Ma non si capisce perché dovrebbe avere voce in capitolo nell'integrare ragazzi con qualche problema in più, e molte potenzialità da scoprire.

L'aumento degli alunni per classe e l'inalzamento dell'età dell'obbligo scolastico sono collegati . Infatti per come è stato pensato, l
'innalzamento dell'obbligo porterà gente alla formazione professionale, ma altra nella scuola pubblica (nella quale si annoverano anche gli istituti professionali).
Sospettiamo che sia questa la ragione che ha spinto i sostenitori della finanziaria a dichiarare che l'innalzamento dell'obbligo sarebbe a "costo zero": i neo-obbligati andrebbero semplicemente ad aumentare il numero degli allievi nelle classi che ci sono.
Non a caso il più consistente aumento del numero di allievi per classe è previsto nelle scuole superiori. Il costo per le casse dello stato sarà senz'altro zero, ma non per gli studenti.
Ci saranno classi prime ancora più affollate, e con ragazzi che avrebbero bisogno di essere seguiti di più e invece lo saranno di meno. Ma la soluzione il ministero ce l'ha. La finanziaria prevede che il numero di bocciati alle superiori debba diminuire per legge. Naturalmente non per il bene dei ragazzi, ma per attuare un "risparmio". La trovata di questi ragionieri della pedagogia è la seguente: se un ragazzo ripete un anno, la sua eccessiva "permanenza" nella scuola ("permanenza" = spesa) diventa un costo in più per lo stato. Per cui la "permanenza media" degli studenti italiani nella scuola deve diminuire.
Citiamo: "al fine della stima del risparmio, è stata considerata una riduzione del 10% del numero di ripetenti dei primi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado" dal che se ne ricava un "risparmio" di 644 classi e di 1.455 docenti.

Il quadro complessivo potrebbe esser così descritto: aumentano gli allievi per classe, arrivano anche i neobbligati, diminuiscono classi e docenti, si scoraggiano le bocciature.

Ma andiamo a vedere gli studenti che andranno negli istituti professionali.
Per “combattere la dispersione”, cioé le bocciature, la finanziaria impone la riduzione delle ore nei professionali da 40 a 36. La totalità degli studiosi del mondo della scuola sa già da tempo, sulla scorta di dati statistici inoppugnabili, quali sono le ragioni che portano ad un maggior numero di bocciature nei professionali rispetto ai licei: la scelta della scuola dipende in ultima analisi e in maniera preponderante dalla classe sociale e dal livello di scolarizzazione dei genitori dello studente. Ed è questa estrazione a rendere più difficoltoso il percorso scolastico.
Dunque non vi è nessun nesso tra il numero di ore che questi ragazzi passano a scuola con l’alto tasso di selezione di cui sono vittime.
Quei ragazzi hanno invece bisogno di più scuola, non di meno scuola.
Certo, ci vorrebbe una scuola che tenesse in maggior conto le loro esigenze e dunque con MENO alunni per classe, con PIU' risorse per seguirli meglio e con maggiore competenza.
Quindi l'opposto di quel che si vuol fare.

L’aspetto grottesco infatti è che la finanziaria si preoccupa di tagliare ore di scuola per “salvare” studenti che… getta in classi strapiene e con meno insegnanti!
Ma è del tutto inutile cercare una qualche coerenza pedagogica in una logica da banchieri.

La relazione tecnica ci illumina sulla ragione ultima di tanta preoccuazione per gli studenti dei professionali: "la rideterminazione in diminuzione dei carichi orari settimanali delle lezioni, da 40 a 36 ore per le prime due classi, permetterà di diminuire il numero di docenti necessari a coprire le esigenze di insegnamento negli istituti professionali. Per conseguenza, si determinerà una minore spesa pari a euro 27,6 milioni nel 2007 e euro 82,8 milioni a decorrere dal 2008" e il "risparmio" di 2.654 docenti.

Nella finanziaria salta il vincolo numerico (1/138) nella determinazione del numero di insegnanti di sostegno all'handicap. E' scritto che ci si baserà sui "bisogni effettivi".
Forse non ancora il coraggio di affermare che sarebbe più efficiente e meno costoso se si facesse come in altri Paesi: i disabili in classi separate, ad esempio. Oppure il sostegno nelle mani di cooperative. O ... che si arrangino.

Infine ci si impegna in un piano di assunzioni di docenti ed ata.
La precarietà dei docenti ed ata non è negli interessi dei bambini e degli adolescenti. Hanno bisogno di figure stabili di riferimento, di continuità didattica, di un corpo docenti che cresce in una scuola accumulando saperi ed esperienze. La progressiva precarizzazione degli insegnanti sta depauperando le scuole di un sapere pedagogico dal basso che solo un collettivo stabilizzato può costruire nel tempo.
Ma le assunzioni saranno in realtà inferiori alla somma delle uscite per pensionamento e alle presenze precarie, gravemente danneggiate queste ultime, anche dalla prevista abolizione delle graduatorie permanenti entro il 1 settembre 2010.

Vi è un'evidenza: questa finanziaria si regge sui pesanti tagli alla scuola pubblica (con annesso aumento degli stanziamenti per le private) e questo è esattamente l'opposto di quel che dicevano in campagna elettorale.
Qualcuno a questo punto deve assumersi delle responsabilità.
Il documento del direttivo scuola della Cgil, pur all'interno della logica del "questo è buono e questo no", assume un giudizio assai duro verso la finanziaria. Bene. Verrebbe da dire però: quindi? Che fa? Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero dell'università e della ricerca per il 17 novembre, nonostante qesti settori siano colpiti molto meno della scuola.
E la scuola? Sembrerebbe che i dirigenti Cgil si siano posti nell'ottica di "aiutare" Fioroni a rimediare qualche soldino in più da Padoa Schioppa.
Però l'andamento della discussione sulla finanziaria l'ha dimostrato chiaramente: ottengono qualcosa solo quelle entità sociali che sono in grado di mettere in campo la propria forza contrattuale, con grinta e determinazione.
Ci sono poi i partiti dell'Unione. Tutti hanno assicurato che una volta al governo avrebbero riversato fiumi di risorse nella scuola pubblica. Sappiamo che molti di questi politici si stanno battendo ora nelle commissioni per far passare emendamenti o altro. Ciò che non si capisce è il perchè le informazioni non girano. Liberazione, Il Manifesto e L'Unità sono come minimo reticenti; e anche da parte dei gruppi politici, che sappiamo sinceramente critici verso la finanziaria, non arrivano notizie sui loro movimenti.
Sono tutti lì a cercare di dimostrare che si tratta di una finanziaria che fa la lotta di classe contro i ricchi! Ma andiamo! Come si fa a non capire che la famosa ala radicale dell'Unione non conta un nulla se nelle piazze non si sviluppa una pressione contraria a quella esercitata da Confindustria e banchieri? E certo questa dinamica non potrà essere favorita da partiti intenti a dimostrare di avere già ottenuto il massimo, e che se si contesta poi torna Berlusconi o vengono cacciati dal governo a vantaggio di una grande coalizione: lo saranno di sicuro se ci si accorgerà che non riescono ad essere la voce di alcuna forma di protesta dal basso.
Il prossimo appuntamento è il 17 novembre, sciopero dell'Università e della ricerca indetto da Cil, Cisl e Uil e, per la scuola, indetto dai sindacati di base.
Se i sindacati confederali non offriranno alternative di lotta, quella è la giornata da costruire per far sentire la voce della scuola, indipendentemente dalla tessera che si ha in tasca.