Autonomia locale e scuole pubbliche.
Analisi
del modello statunitense. Di Chiara Nappi. Da Filirossi. Gennaio 2000.
Quest'articolo, che riceviamo da Sandra del newsgroup it.istruzione.scuola, è la versione estesa e aggiornata di un articolo apparso nel numero 1/99 di "Università e Scuola". Si tratta di una critica documentata per esperienza diretta al modello scolastico statunitense - basato su autonomia e localismo - che offre numerosi spunti di riflessione.
Nel crescente dibattito
pubblico sulla scuola che sta avendo luogo in Italia il modello educativo americano,
in maniera implicita o esplicita, gioca un ruolo importante. Ai fini di un dibattito
intelligente è quindi imperativo averne un'idea il più possibile
precisa e aggiornata e comprenderne sia le radici storiche sia le attuali tendenze
di rinnovamento.
Le caratteristiche principali del sistema europeo sono centralizzazione, omogeneità
di contenuti a livello nazionale, e un sistema nazionale di esami per gli studenti
e di selezione del corpo docente. Al contrario, l'aspetto fondamentale del sistema
scolastico americano è che l'educazione pubblica non è centralizzata,
ma gestita e sovvenzionata a livello delle singole municipalità. Non
ci sono programmi ministeriali, o contratti nazionali per gli insegnanti, o
esami nazionali per gli studenti. I programmi scolastici sono decisi a livello
locale, e gli insegnanti sono assunti direttamente dai presidi. Le scuole sono
governate da un Consiglio Direttivo, eletto dai votanti registrati residenti
nel dato distretto scolastico. Nella maggior parte degli Stati Uniti i fondi
per l'educazione, incluse le spese edilizie e gli stipendi degli insegnanti,
non sono forniti dallo Stato o dalla Regione, ma sono raccolti tramite le tasse
di proprietà a livello municipale. È questa indipendenza economica
che è la base dell'autonomia locale negli USA.
L'autonomia locale gli Americani di oggi non l'hanno scelta, bensì l'hanno
ereditata dalle modalità di insediamento dei coloni sul territorio americano.
A mano a mano che si stabilivano, i coloni fondavano le loro scuole, spesso
di una denominazione religiosa ben definita. Nel 1800 tutte le scuole erano
gestite dai cittadini stessi, che si organizzavano in comitati responsabili
per decidere il curriculum, scegliere i libri, assumere gli insegnanti, costruire
e mantenere in buone condizioni gli edifici scolastici. Col tempo, con l'evolversi
delle comunità rurali incentri cittadini, amministratori professionisti
furono assunti per occuparsi dell'amministrazione giornaliera delle scuole,
mentre i comitati cittadini, trasformatisi in Consigli Direttivi, assunsero
compiti direttivi e decisionali: approvare le assunzioni, il programma scolastico,
il bilancio.
Ma la struttura di base del sistema scolastico americano, basata sul finanziamento
e sull'autonomia locale, in molti Stati non ha subito cambiamenti sostanziali.
Oggi negli USA, 95.000 cittadini sono eletti a governare 15.000 Consigli Direttivi.
Quando mi trasferii negli Stati Uniti nel 1976 per lavorare in fisica all'Università
di Harvard, non mi sarei mai aspettata di prestare servizio nel Consiglio Direttivo
in un sistema scolastico che, come molti osservatori stranieri, trovavo strano
e irrazionale. All'inizio, mi interessai alla questione della sparuta rappresentanza
di donne nel mondo scientifico americano, a quei tempi molto inferiore alla
rappresentanza in Italia o in altri paesi industrializzati. La mia conclusione
fu che la bassa percentuale era direttamente collegabile alla mancanza di programmi
scolastici sistematici e rigorosi, in particolare nell'area della matematica
e della scienza.
Pertanto mi lasciai coinvolgere nel movimento di riforma finalizzato all'introduzione
di programmi scolastici a livello statale e nazionale.
All'inizio degli anni '90, varie organizzazioni professionali (scienziati, ingegneri,
matematici, ecc.) incominciarono a proporre traguardi educativi nella loro area
di specializzazione. Il vero problema però era come convincere i distretti
scolastici ad adottare questi programmi.
Quando i miei figli incominciarono a frequentare le scuole pubbliche a Princeton,
questi problemi mi toccarono più da vicino, e decisi di concentrarmi
a migliorare i programmi, anch'essi piuttosto insoddisfacenti, nelle scuole
locali.
Nel 1999 finii quindi col presentarmi come candidata al Consiglio Direttivo
e ebbi così l'opportunità di fare esperienza personale di questo
sistema che gli Americani considerano una roccaforte di democrazia.
Gli Americani hanno tradizionalmente difeso questo sistema sulla base dell'assunto
che, se i cittadini pagano di tasca propria le spese scolastiche ed eleggono
i propri rappresentanti ai Consigli Direttivi, essi hanno più voce in
capitolo di quanta ne avrebbero se le scuole fossero gestite dallo Stato e dal
Governo federale.
Essi sono convinti che questo sistema assicura ai genitori il controllo sull'educazione
dei figli e la possibilità di adattare le scuole alle esigenze degli
studenti. In realtà, è dubbio che oggigiorno questa assunto abbia
riscontro dei fatti.
La verità invece è che l'unico beneficiario dell'autonomia locale
è il sindacato insegnanti, che ne approfitta per esercitare un controllo
pressoché totale sull'educazione. Per di più l'autonomia locale,
che in teoria dovrebbe essere particolarmente idonea a permettere innovazioni
nel sistema, sembra essersi trasformata nella struttura ideale per il mantenimento
dello status quo.
L'autonomia locale è una delle ragioni principali per cui la scuola americana
non funziona, e invece viene meno a quello che dovrebbe essere il primo compito
di ogni sistema scolastico: fornire agli studenti le competenze necessarie per
l'inserimento nel mondo del lavoro e nello stesso tempo offrire opportunità
di mobilità sociale e economica senza confini di razza e di mezzi economici.
Negli ultimi decenni gli Americani hanno cominciato a rendersi conto di questi
problemi e, per superarli, sembra stiano muovendosi nella direzione di un maggior
controllo statale sull'educazione. Allo stesso tempo, sembra che l'epicentro
stesso dell'autonomia si stia trasferendo dal tradizionale distretto scolastico
alle scuole individuali, autonome nell'ambito dei parametri imposti dallo stato.
Le implicazioni politiche dell'autonomia locale
Uno dei problemi
fondamentali del sistema educativo americano è la politicizzazione dell'educazione.
Una persona che sia interessata a migliorare l'educazione pubblica deve essere
disposta a trasformarsi in un politico e affrontare una campagna elettorale,
un tipo di processo che non seleziona necessariamente le persone più
idonee, come dimostrano gli scandali e le polemiche che spesso circondano i
Consigli Direttivi. Per quanto i Consigli Direttivi siano decantati come esempi
di democrazia diretta, in realtà solo una percentuale minima di votanti
(17%) si prende il fastidio di recarsi alle urne durante le elezioni scolastiche.
Prima di tutto, anche durante le elezioni politiche la percentuale di cittadini
che votano negli USA (50%) è bassa se paragonata all'Italia. Durante
le elezioni scolastiche la percentuale dei votanti è ancora più
bassa perché la gente che non ha i figli nelle scuole pubbliche non è
abbastanza informata o interessata da prendersi il fastidio di andare a votare.
Pertanto non è difficile per un gruppo di cittadini con una specifica
agenda politica ed educativa eleggere i propri candidati al Consiglio Direttivo,
con la conseguenza che spesso i Consigli Direttivi si trasformano in un'arena
di scontri personali e politici nella difesa di interessi e ideologie contrastanti.
Un problema non meno grave è che le responsabilità che ricadono
sul Consiglio Direttivo sono numerose e pesanti: bilancio, costruzione e manutenzione
degli edifici, assunzioni, supervisione, ecc., cioè tutti i compiti che
in altri sistemi educativi sono divisi tra vari livelli di governo, dallo Stato
alla Regione e al Comune.
Prestare servizio nel Consiglio Direttivo è un compito difficile per
persone che devono anche mantenere un'attività lavorativa. Non è
sorprendente pertanto che non molti candidati si presentino alle elezioni scolastiche
e che molti membri dei Consigli Direttivi si dimettano prima della fine dell'incarico
perché trovano il compito troppo impegnativo o troppo spiacevole.
Uno degli aspetti più spiacevoli è l'interazione con il pubblico.
Ci sono molte decisioni che il Consiglio Direttivo deve prendere che creano
atteggiamenti di dissenso e di critica da parte di genitori e cittadini.
Il bilancio scolastico, direttamente legato alle tasse, è sempre al centro
di grosse polemiche. Cittadini inferociti che protestano sono uno spettacolo
comune quando i Consigli Direttivi sono costretti a spostare studenti da una
scuola all'altra. Le riunioni del Consiglio Direttivo sembrano esser l'arena
ideale per scontri ideologici di tutti i tipi.
Sulla carta, i Consigli Direttivi hanno potere decisionale su tutto quello che
succede nel distretto scolastico, ma in realtà l'unica autorità
che i Consigli Direttivi hanno è quella di provvedere al finanziamento
e al mantenimento delle scuole. Essi hanno poco controllo sulle cose veramente
importanti, per esempio su come migliorare i programmi scolastici e l'insegnamento.
In quest'area, la loro capacità di intervento è spesso limitata
da leggi precise a livello statale, promulgate con la buona intenzione di proteggere
il sistema scolastico dagli eccessi ideologici o dai capricci dei Consigli Direttivi
e assicurarne la funzionalità e la continuità. Alle leggi statali
si aggiungono le limitazioni contenute nel contratto lavorativo degli insegnanti
del distretto scolastico specifico.
Nel campo educativo vero e proprio, i Consigli Direttivi si devono accontentare
di approvare quello che raccomandano gli amministratori, i quali a loro volta
finiscono col raccomandare quello che vogliono gli insegnanti.
E gli insegnanti americani, come ammette lo stesso presidente del Sindacato
Nazionale Insegnanti (National Education Association), hanno spesso la tendenza
a "proteggere i loro interessi personali piuttosto che promuovere gli interessi
delle scuole". Basta leggere i giornali per rendersi conto che l'autonomia
locale è una continua lotta di potere tra queste due diverse componenti
del sistema educativo, i Consigli Direttivi e i sindacati degli insegnanti.
I sindacati degli insegnanti sono tra le organizzazioni più potenti negli
Stati Uniti. Gli insegnanti sono organizzati in sindacati nazionali, statali
e locali. I sindacati statali e nazionali intervengono a livello di Stato e
Governo federale, assicurandosi che le leggi promulgate nel campo educativo
siano di loro gradimento. Durante le elezioni, contribuiscono con grosse somme
alle campagne elettorali dei candidati che favoriscono.
Nell'ultima Convenzione del Partito Democratico nel 1996, 1'11% dei partecipanti
era costituito da rappresentanti dei sindacati insegnanti.
Ma il cardine dell'organizzazione sono i sindacati locali, ben noti per il loro
livello di militanza, il cui compito è quello di difendere gli interessi
degli insegnanti nei distretti scolastici.
È quindi praticamente impossibile introdurre qualunque cambiamento in
un distretto scolastico, a meno che esso sia di gradimento del corpo insegnante.
Mentre i membri del Consiglio Direttivo cambiano ogni anno, i sindacati rimangono.
Mentre i Consigli Direttivi sono spesso consumati da lotte intestine e ridotti
all'inefficienza, i sindacati insegnanti sono estremamente efficienti e persistenti
nel conseguimento dei loro interessi.
I membri del Consiglio Direttivo sono spesso genitori che hanno i figli nelle
scuole. Essi si sono candidati perché insoddisfatti del sistema scolastico,
ma scoprono subito che è molto difficile farne una critica seria e proporre
cambiamenti significativi senza entrare in aperto conflitto con il corpo insegnante.
Anche nell'ambito delle contrattazioni sindacali, l'autonomia locale è
una struttura molto vantaggiosa per i sindacati, dato che la contrattazione
avviene a livello locale piuttosto che a livello regionale o nazionale.
I membri del Consiglio Direttivo sono quelli che devono negoziare il contratto
lavorativo e gli stipendi degli insegnanti e degli amministratori nel loro distretto
scolastico. Al tavolo delle negoziazioni, si trovano faccia a faccia con gli
stessi insegnanti da cui dipende il futuro scolastico dei figli. Basta menzionare
che l'ammissione alle università, quasi tutte a numero chiuso, è
decisa in buona parte sulla base dei voti e delle lettere di raccomandazione
scritte dagli insegnanti del liceo di provenienza.
Se gli insegnanti non gradiscono il Consiglio Direttivo, hanno certamente il
potere di rovesciarlo. Infatti essi controllano una fetta significativa dell'elettorato
durante le elezioni scolastiche, sia perché gli insegnanti votano e sia
perché hanno un notevole potere nell'influenzare il voto dei genitori.
Per di più, se gli insegnanti non gradiscono un amministratore o il suo
programma di rinnovamento, è difficile che egli possa continuare a lavorare
nel distretto. Non a caso la durata di servizio degli amministratori negli USA
non supera in media i tre anni. Una strategia tipica per liberarsi di superiori
non graditi è di creare nel distretto una situazione di costante conflitto.
Se questo non basta a convincere il Consiglio Direttivo, i sindacati si danno
da fare per eleggere al Consiglio Direttivo candidati che siano disposti a licenziare
la persona non gradita.
Questo è esattamente ciò che successe a Princeton, quando nel
1994 il Consiglio Direttivo assunse un sovrintendente deciso ad introdurre programmi
più rigorosi e ad esercitare maggior controllo sulla loro attuazione.
Nel giro di quattro anni, il Consiglio Direttivo fu rovesciato e il sovrintendente
licenziato.
Le conseguenze dell'autonomia locale sulla didattica
Un'altra conseguenza
dell'autonomia locale è la mancanza di programmi scolastici a livello
nazionale o statale. Mentre in Italia o in Francia tutti gli studenti seguono
gli stessi programmi ministeriali, e praticamente studiano la stessa cosa nello
stesso periodo dell'anno, negli USA ogni piccolo distretto ha la sua agenda
educativa e i suoi programmi scolastici, senza nessuna relazione con gli altri
distretti. Ancora oggi negli USA questo sistema può dare adito a incredibili
episodi di provincialismo e miopia. Per esempio, nel 1995 in una cittadina industriale
del New Hampshire, a pochi chilometri da Boston, i fondamentalisti cristiani
insistettero che si insegnasse nella scuola la teoria della creazione a pari
merito con quella dell'evoluzione. Nel 1987 la Corte Suprema degli Stati Uniti
era intervenuta a cancellare una legge simile in Louisiana che impediva l'insegnamento
della teoria dell'evoluzione a meno che non si insegnasse anche la teoria della
creazione, ma lo stato del New Hampshire nel 1995 rifiutò di intervenire.
Senatori e deputati del New Hampshire proclamarono: "Se il Consiglio Direttivo
locale decide di insegnare la teoria della creazione, sono fatti suoi e dell'elettorato
locale. Ci sono cose peggiori che si insegnano nelle scuole, e ciò nonostante
noi siamo sostenitori del controllo locale sull'educazione".
Chi ha l'autorità di approvare i programmi scolastici è il Consiglio
Direttivo. Ma, eccezion fatta per soggetti scolastici connessi con le credenze
religiose, tipo l'insegnamento dell'evoluzione o dell'educazione sessuale, di
solito i Consigli Direttivi non hanno praticamente nessun ruolo nel disegnarli.
Come già detto, chi ha veramente il potere in un sistema del genere è
il corpo insegnante. Loro sono i professionisti che si dichiarano i soli investiti
dell'autorità di decidere i programmi.
Sfortunatamente, l'eccessiva autonomia didattica degli insegnanti e la mancanza
di precise direttive sui contenuti didattici da parte di una qualunque autorità
centrale si traducono a livello locale in programmi spesso poveri, insoddisfacenti,
e senza articolazione interna.
Anche quando i genitori tentano di intervenire e richiedono programmi più
ambiziosi e sistematici, in generale finiscono col soccombere alla voce unificata
del corpo docente, che non è molto interessato a cambiare le cose.
Visto che non c'è accordo su cosa gli studenti devono imparare nelle
scuole, non c'è nemmeno accordo su che cosa gli insegnanti devono sapere.
Non è mai esistito negli USA un controllo serio a livello nazionale o
statale sulla qualità del processo di formazione degli insegnanti, con
la conseguenza che il livello di preparazione degli insegnanti americani lascia
molto a desiderare. Dato che in Europa nella maggior parte dei casi le stesse
università preparano sia gli studenti che eventualmente si dedicheranno
all'insegnamento nelle scuole, sia quelli che eventualmente andranno nell'industria
o nella ricerca, non c'è un divario troppo profondo nella preparazione
professionale di questi gruppi.
Negli USA, invece, le scuole per educatori (teachers' colleges) e le scuole
per professionisti (le università vere e proprie) sono enti separati.
In molti Stati in USA, gli studenti che aspirano a insegnare fisica nelle scuole
non vanno all'università e studiano fisica. Invece vanno in un college
per insegnanti dove imparano come insegnare la fisica, ma di fisica vera e propria
spesso imparano poco o niente. Per esempio, qualche anno fa un sondaggio sugli
insegnamenti nei licei americani mise in evidenza che un terzo degli insegnanti
di scienze e metà degli insegnanti di storia non aveva mai seguito un
corso universitario nella materia che insegnava.
Ma non è solo la conoscenza delle materie di insegnamento che lascia
a desiderare, come dimostra l'esempio sconcertante di un distretto scolastico
nello Stato di New York che nel 1997 richiese ai candidati all'insegnamento
nelle sue scuole di sottoporsi allo stesso semplice esame di cultura generale
che gli studenti devono passare per diplomarsi (infinitamente più semplice
dei nostri esami di licenza liceale).
Eppure il 75% dei candidati all'insegnamento non superò l'esame. Per
di più le proteste dei sindacati locali furono tali che l'esame fu abolito.
Quello su cui le scuole di educazione insistono molto è la pedagogia
- favorendo spesso le ultimissime mode sulle teorie dell'insegnamento e dell'apprendimento.
Di conseguenza, le teorie educative più dubbie si insinuano senza difficoltà
dentro le scuole e senza che i genitori ne abbiano la minima idea. Liberarsene
diventa un'impresa insormontabile da parte dei genitori che al più ci
riescono solo a danno già avvenuto. Ogni volta che si pubblicano i risultati
di studi che provano che un certo approccio didattico non funziona, è
già troppo tardi per un'intera generazione di studenti che ne sta già
soffrendo le conseguenze. Per esempio, la teoria prevalente adesso è
che gli insegnanti non devono impartire conoscenze agli studenti, ma devono
funzionare come "facilitatori" nel processo di apprendimento. Gli
studenti devono diventare "critical thinkers", pensatori critici,
piuttosto che essere rimpinzati di fatti.
Mentre c'è certamente qualcosa di giusto in questa teoria, essa è
spesso spinta ai limiti estremi, al punto che i bambini non acquisiscono più
le conoscenze di base essenziali per potere accedere al livello superiore del
"critical thinking".
I prerequisiti per l'abilitazione all'insegnamento variano da Stato a Stato.
L'esame di abilitazione, non ancora richiesto in tutti gli Stati, è spesso
banale e si limita ad accertare un minimo di cultura generale piuttosto che
la competenza nel soggetto di insegnamento. Gli stessi educatori se ne lamentano,
e lo chiamano il "test del termometro": se il candidato ha una temperatura
corporea superiore ai 36 gradi, il che prova che è vivo, allora ha superato
l'esame. Nel 1998 lo Stato del Massachusetts impose per la prima volta un esame
un po' più serio per ottenere la certificazione statale all'insegnamento.
Il 60% dei candidati che si sottoposero all'esame furono bocciati.
Un'altra conseguenza della gestione a livello locale è che gli insegnanti
fanno domanda di insegnamento direttamente presso le scuole e sono assunti direttamente
dal preside, senza concorsi, e nemmeno chiari criteri di assunzione.
Non esiste una graduatoria d'inserimento basata sui meriti e sui titoli.
È possibilissimo che un insegnante sia preferito a un altro più
qualificato solo perché è anche disposto a fare l'allenatore della
squadra di calcio della scuola, o perché è riuscito più
simpatico al preside durante l'intervista. Il processo di entrata di ruolo è
un altro punto dolente.
Nella maggior parte degli Stati, per entrare di ruolo in una scuola basta insegnare
per tre anni di fila. Dopodiché si entra di ruolo automaticamente.
Una volta che un insegnante è diventato di ruolo, è praticamente
impossibile liberarsene, non importa quanto incapace egli sia.
Non è che le deficienze preparatorie degli insegnanti americani non siano
ben note. Di tanto in tanto si pubblicano i risultati di studi su questo tema
e spesso scoppiano scandali che attraggono l'attenzione pubblica per qualche
settimana. Ma, nonostante le frequenti critiche del livello di preparazione
degli insegnanti, non si assiste mai a nessun intervento concreto per migliorarla.
Il sistema è così frantumato a livello di responsabilità
che non è chiaro chi ha il potere di intervento. Non c'è l'equivalente
di un Ministero della Pubblica Istruzione che possa promulgare un decreto per
migliorare i programmi di preparazione per gli insegnanti. Di loro spontanea
iniziativa le scuole di educazione non sono interessate a farlo perché
hanno paura di perdere studenti che preferirebbero prendersi il diploma di insegnamento
con meno sforzo da qualche altra parte in un programma di preparazione meno
esigente.
Per fortuna, ci sono indicazioni che le cose volgono al cambiamento nel prossimo
futuro. Nel gennaio '99, nel suo discorso annuale alle Camere, il Presidente
Clinton ha risollevato il problema dell'inadeguata preparazione professionale
degli insegnanti americani, e ha proposto che gli insegnanti siano sottoposti
a un esame nazionale che accerti la loro preparazione professionale. Nel luglio
'99 il Congresso americano ha approvato un bilancio di due miliardi di dollari
da distribuire tra i 50 Stati per sovvenzionare programmi di preparazione, esami
e corsi di aggiornamento professionale per insegnanti.
Da parte loro alcuni Stati hanno incominciato a introdurre esami più
seri per rilasciare la licenza di insegnamento e hanno proposto che la licenza
debba essere rinnovata periodicamente.
Costi amministrativi e parità educativa
Nelle stesse elezioni
pubbliche annuali in cui sono eletti i membri del Consiglio Direttivo, si vota
anche sul bilancio scolastico. In media l'80% del bilancio scolastico è
a carico delle tasse municipali, di cui rappresenta almeno la metà. Non
a caso la preparazione del bilancio scolastico, soggetto ad intenso scrutinio
pubblico, è uno dei compiti più importanti del Consiglio Direttivo.
Ogni anno i sostenitori delle scuole pubbliche lanciano un'intensa campagna
politica perché il bilancio sia approvato alle urne e per evitare che
quelli che non vogliono aumenti di tasse abbiano il sopravvento. Non è
raro che il bilancio scolastico sia respinto. Quando questo succede, il Consiglio
Direttivo, in consulta col Consiglio Comunale, deve suggerire possibili riduzioni,
e la decisione finale è nelle mani dello Stato.
Visto che ciascuno di questi distretti autonomi ha bisogno di una struttura
amministrativa al completo, i costi amministrativi sono alti. Per esempio, se
un distretto deve assumere ogni insegnante, amministratore, bidello, e in più
deve negoziarne i contratti, occuparsi delle assicurazioni e delle pensioni,
etc., bisogna pure che abbia un direttore del personale, completo di un nugolo
di assistenti. Se deve occuparsi della costruzione e manutenzione degli edifici
scolastici, della preparazione di bilanci dettagliati mensili e annuali, ecc.,
ovviamente c'è anche bisogno di un direttore fiscale, e così via.
È ovvio che questo sistema di autonomia locale crea duplicazioni inutili
e sperperi enormi.
Per quanto la gente si lamenti continuamente delle grosse spese amministrative,
è impossibile evitarle se i distretti devono essere autonomi. Per esempio,
lo Stato del New Jersey, che ha circa 600 distretti scolastici, completamente
indipendenti l'uno dall'altro, occupa il primo posto negli Stati Uniti in termini
di spese scolastiche totali. Più piccoli sono i distretti, più
alta è la proporzione del bilancio che va nei costi amministrativi. Per
controllare i costi, l'amministrazione statale nel New Jersey ha suggerito che
i vari distretti scolastici si coagulino, si regionalizzino, una proposta che
finora non ha avuto molto successo.
L'appello al consolidamento non è visto di buon occhio dai residenti
delle municipalità più ricche, interessati a mantenere il controllo
decisionale sulle spese scolastiche e ad assicurare ai loro figli la scuola
migliore che si possono permettere.
Infatti, una delle ragioni principali dietro la difesa dell'autonomia locale
è che le comunità ricche non vogliono avere niente a che fare
con le comunità povere dei dintorni. Fondersi con comunità meno
abbienti significherebbe dover diluire l'introito su una popolazione più
larga e più bisognosa, e rinunciare a costosi servizi per i propri studenti.
Ovviamente, a queste considerazioni economiche si aggiungono spesso complicazioni
etniche e razziali.
Non è sorprendente che una conseguenza estremamente seria dell'autonomia
locale sia la disparità economica, e quindi educativa, tra un distretto
e l'altro. Ci sono sperequazioni enormi tra il costo scolastico per studente
in un comune ricco e quelle in un comune povero. Nel 1990, i comuni poveri nel
New Jersey, avevano un bilancio scolastico che era solo il 70% di quello dei
comuni ricchi. Nello Stato della Pennsylvania, le scuole nella città
di Filadelfia spendono in media per ogni studente tremila dollari in meno delle
scuole dei sobborghi.
Questo sistema è attualmente sotto accusa in vari Stati. Nel 1990 la
magistratura suprema del New Jersey decretò che il sistema di finanziamento
scolastico basato sulle tasse locali era ingiusto e contrario allo spirito della
costituzione americana, e che era responsabilità dello Stato di intervenire
a chiudere il divario finanziario tra distretti ricchi e poveri.
Con l'aiuto dei fondi statali, nel 1996 le spese per l'educazione nei distretti
poveri del New Jersey raggiunsero 1'84% delle spese nei distretti abbienti,
che invece ricevono meno finanziamento da parte dello Stato.
Nello Stato del Michigan, a partire dal 1993, c'è stato un profondo cambiamento
nelle modalità di finanziamento delle scuole pubbliche, anch'esso motivato
dalla necessità di obbedire all'ordine della Corte Suprema di equiparare
le spese scolastiche tra i distretti poveri e quelli ricchi. Adesso lo Stato
del Michigan è responsabile di più del 70% delle spese per l'educazione
pubblica. Anche nello Stato di New York ci sono proposte di leggi per cambiare
la formula di finanziamento scolastico e aumentare l'intervento finanziario
dello Stato. Ma se l'impulso verso l'equiparazione economica ed educativa continua
e tutte le scuole pubbliche in un dato Stato riescono veramente a offrire la
stessa qualità di programmi e di servizi, è chiaro che l'interesse
nei confronti dell'autonomia locale perderà la sua motivazione di fondo.
Programmi nazionali e statali
Il fenomeno più
interessante che si osserva oggi nell'educazione USA è l'interesse, a
livello nazionale e statale, a migliorare il sistema e ad adattarlo alle esigenze
tecniche e scientifiche della società moderna. I problemi di mercato,
che agli inizi degli anni '90 l'industria americana ha dovuto affrontare, l'hanno
risvegliata alla realtà della competizione internazionale. Ci si è
resi conto che una delle difficoltà principali dell'industria americana
è il fatto che gli studenti escono dalle scuole impreparati a affrontare
il mondo del lavoro. I giovani mancano della preparazione di base per funzionare
in una organizzazione. Le compagnie americane spendono 30 miliardi di dollari
l'anno su corsi di istruzione per i loro dipendenti, per insegnare loro concetti
di base che avrebbero dovuto acquisire nei banchi di scuola. Vari studi hanno
dimostrato che gli studenti americani escono dalle scuole molto più impreparati
degli studenti in Europa o Asia, in tutte le materie. Ma specialmente i risultati
nelle materie scientifiche e matematiche hanno allarmato il mondo industriale
e politico, che teme appunto per il futuro economico del paese. L'impressione
generale è che è venuto il momento di riorganizzare l'educazione
pubblica per essere al passo coi tempi moderni e con la competizione internazionale.
Quindi, a livello nazionale e statale, c'è stato negli ultimi anni un
fervore enorme di iniziative per migliorare l'educazione pubblica.
Il traguardo educativo proposto sia da Bush che da Clinton è che "Per
l'anno duemila gli studenti americani saranno i migliori del mondo in scienze
e matematica".
Si è riconosciuto che uno dei problemi principali è la natura
decentralizzata del sistema educativo. Mentre un sistema del genere poteva funzionare
il secolo scorso in una società rurale e pre-industrializzata, è
totalmente inadeguato nel mondo moderno. Non si può più lasciare
la responsabilità dell'educazione nazionale completamente nelle mani
dei distretti scolastici locali, ma è venuto il momento di imporre traguardi
educativi a livello nazionale.
Pertanto le varie organizzazioni professionali hanno proposto standards nazionali
nel loro campo: la lista delle conoscenze e delle competenze che gli studenti
devono acquisire durante la loro carriera scolastica. Ma il problema di fondo
è come introdurre questa riforma a livello locale.
Come convincere i distretti ad adeguarsi ai nuovi standards? L'impegno nazionale
si è tradotto negli ultimi anni, anche in periodi di magri bilanci, nel
finanziamento di una miriade di iniziative: offrendo corsi, pagando gli insegnanti
che si prestano, e sperando che la persuasione funzioni e l'emulazione faccia
la sua parte.
In quest'impresa, sono i vari Stati che stanno assumendo un ruolo molto attivo.
Quasi tutti gli Stati USA hanno promulgato i loro "state standards",
conformandosi più o meno alle direttive delle organizzazioni nazionali.
Ma per paura di interferire con l'autonomia locale, neanche gli Stati però
propongono veri e propri programmi scolastici, limitandosi piuttosto a suggerire
liste di traguardi che si vorrebbe che gli studenti raggiungessero. Quindi si
è ancora lontani dall'adozione di programmi scolastici uniformi all'interno
di ciascuno Stato, per quanto si stiano facendo molti progressi in quella direzione.
In generale, sembra che gli Stati siano disposti ad assumersi più responsabilità
che nel passato nella gestione dell'educazione pubblica.
Un'altra indicazione è che negli ultimi anni vari Stati negli USA sono
intervenuti nelle scuole "fallimentari", cioè scuole che non
riuscivano a funzionare nemmeno a livelli minimi, sciogliendone i Consigli Direttivi
e assumendone la gestione diretta. Per esempio, le scuole pubbliche di New Jersey
City sono state per anni sotto il controllo diretto dello Stato del New Jersey.
Nella città di New York, ci sono proposte di abolire completamente il
Consiglio Direttivo, che per anni è stato incapace di risolvere i problemi
delle scuole pubbliche, e affidare la gestione delle scuole al sindaco e allo
Stato, come è già successo a Chicago e Detroit.
Tentativi di riforma alternativi: scuole "charter"
Ma di pari passo
con la tendenza appena descritta verso una struttura più centralizzata,
si assiste a tentativi di riforma alternativi, fomentati dallo scontento dei
genitori di fronte all'inefficienza del sistema scolastico e agli abusi dei
sindacati insegnanti. Uno dei tentativi al centro delle polemiche più
feroci è quello dei vouchers. I genitori che sono scontenti delle scuole
pubbliche e non si possono permettere di mandarli a scuole private, vorrebbero
che il distretto scolastico promulgasse buoni scuola (vouchers), che i genitori
possano usare per mandare i figli alle scuole private di loro scelta. Vari programmi
sperimentali di questo tipo sono stati introdotti di recente (per esempio in
Milwaukee, nello Stato del Wisconsin), ma finora nessuno Stato ha votato una
legge introducendo ufficialmente i vouchers.
Negli Stati Uniti solo gli studenti che hanno la residenza nel distretto scolastico
hanno diritto di frequentare le scuole pubbliche in quel distretto. Questa è
una conseguenza necessaria del fatto che le scuole sono finanziate dalle tasse
di proprietà.
Un dato Comune non vuole pagare di tasca propria le spese per l'istruzione degli
studenti che vengono dal paese vicino. Ovviamente i distretti scolastici migliori
sono inondati da studenti "pirata" che fanno una dichiarazione falsa
di residenza per poter accedere alle scuole locali.
Questi distretti sono costretti ad assumere investigatori speciali il cui solo
compito è stabilire la residenza degli studenti sospetti. La legge prevede
pene severe per quelli scoperti in fallo, inclusa l'espulsione, il rimborso
spese, e persino il carcere. I vouchers permetterebbero di risolvere questo
problema, consentendo agli studenti di accedere alla scuola pubblica di loro
scelta. In effetti nessuno ha obiezioni all'uso dei vouchers per trasferirsi
da una scuola pubblica all'altra. Ne ce l'ha il presidente Clinton, che ha esplicitamente
appoggiato l'uso dei vouchers per le scuole pubbliche durante la sua ultima
campagna elettorale.
Negli USA il dibattito sui vouchers si colora di una tinta di egualitarismo.
Alcuni dei distretti scolastici nei grossi centri urbani sono totalmente segregati,
con una maggioranza enorme di gente di colore: la situazione più simile
all'apartheid riscontrabile nel mondo democratico. Ovviamente, molto spesso
le scuole dei ghetti urbani lasciano molto a desiderare dal punto di vista accademico
(per non accennare a problemi di droga, sicurezza fisica, ecc.). Molti sostenitori
dei vouchers affermano che è discriminatorio costringere questi studenti
a una sentenza a vita in questo tipo di scuole e non permettergli di accedere
ad altre scuole tramite l'uso dei vouchers.
Se approvati almeno per le scuole pubbliche, è ovvio pertanto che anche
i vouchers potrebbero contribuire a infrangere barriere tra i vari distretti.
I sindacati insegnanti si sono opposti con successo all'idea dei buoni-scuola
sulla base dell'argomento che, anche se approvati inizialmente solo per uso
nelle scuole pubbliche, eventualmente finiranno per essere estesi alle scuole
private e deviare fondi pubblici verso le scuole private.
In risposta a queste critiche, più di recente è emerso il movimento
delle scuole charter. Le scuole charter sono scuole pubbliche autonome che sono
gestite dai genitori e dagli insegnanti ma non sono soggette né al controllo
dei Consigli Direttivi né a quello dei sindacati. Ovviamente i sindacati
e i Consigli Direttivi non sono soddisfatti neanche di questa soluzione e infatti
al momento si sono alleati per combatterla.
Nonostante l'opposizione, negli ultimi anni molti Stati hanno passato leggi
permettendo l'istituzione di scuole charter ("charter" significa regolamento
speciale).
In un certo senso, la promulgazione di queste leggi rappresenta il riconoscimento
ufficiale che l'educazione pubblica americana non funziona e che è impossibile
cambiarla dall'interno; è il riconoscimento che il tipo di gestione scolastica
attuale delle scuole americane ha problemi endemici profondi e che è
importante proporre nuovi modelli di come le scuole potrebbero funzionare. Fondare
e gestire una scuola charter non è un'impresa da poco, vista l'opposizione
che queste scuole incontrano, sia da parte dei sindacati degli insegnanti che
da parte dei Consigli direttivi, nel loro tentativo di inficiare la struttura
di potere esistente. I genitori che si imbarcano in una tale impresa sono molto
spesso quelli che per anni hanno tentato con tutti i mezzi a loro disposizione
di cambiare il sistema dall'interno, ma alla fine hanno dovuto rinunciare, uscirne
e ricominciare daccapo con una nuova scuola.
A prima vista il movimento delle scuole charter può apparire come un
tentativo di riforma che non si allontana dalla tradizione americana di autonomia
locale e anzi la spinge a livelli ulteriori. Non a caso questo tipo di riforma
è in genere sostenuta dalla destra politica e contrastata dalla sinistra.
Ma le scuole charter rappresentano in effetti anche un nuovo tentativo dello
Stato di assumere un ruolo più attivo nell'educazione pubblica. Infatti
queste scuole, gestite dai genitori e dagli insegnanti senza la mediazione dei
Consigli Direttivi e dei sindacati, sono sotto il controllo diretto dello Stato
e devono seguire le leggi e i regolamenti promulgati dallo Stato.
In effetti, le scuole charter propongono una riforma radicale nel modello di
autonomia locale negli USA e rappresentano il superamento del tradizionale campanilismo
educativo. Sono aperte a tutti, non solo ai residenti di un dato distretto scolastico.
Sono autonome nel disegno e nell'attuazione delle proprie direttive educative,
ma funzionano all'interno delle leggi e dei regolamenti imposti dallo Stato.
Se il rendimento degli studenti non è soddisfacente, lo Stato è
libero di rifiutare il rinnovo del charter.
In ultima analisi, il potere decisionale è nelle mani dell'autorità
centrale.
In questo senso, l'autonomia delle scuole charter è molto diversa da
quella dei distretti scolastici, che storicamente hanno rifiutato ogni interferenza
statale sulla base che l'educazione è sovvenzionata a livello locale.
Conclusioni
L'analisi del sistema
educativo americano dimostra che l'indirizzo dell'autonomia è problematico
proprio là dove è stato creato e sperimentato.
Imitarlo oltre oceano rappresenterebbe una scelta artificiosa ed estranea alla
tradizione scolastica e culturale europea. È particolarmente strano farlo
quando gli Stati Uniti sono coinvolti in una critica profonda e in processo
di superamento delle strutture antiquate che sono alla base delle loro carenze
educative.
Nonostante i tentativi attuali di introdurre negli USA una struttura più
centralizzata possano sembrare timidi e parziali, è innegabile che il
sistema educativo americano si sta evolvendo verso un modello di tipo più
europeo in cui l'educazione dei cittadini è interpretata come una responsabilità
nazionale piuttosto che come una prerogativa locale. In realtà questo
processo è in primo luogo un processo di modernizzazione. È il
riconoscimento ufficiale che è venuto il momento di riconciliare l'autonomia
locale con i bisogni nazionali.
La recente introduzione di traguardi educativi a livello nazionale e statale
sarà presto seguita dall'introduzione di esami di stato alla fine delle
elementari, medie e liceo, già in atto in vari Stati. Gli Stati hanno
anche incominciato ad assumere una maggiore responsabilità nel controllo
della Qualità dei programmi universitari per insegnanti. E vari studi
sulla gestione attuale dell'educazione negli USA hanno suggerito che il sistema
potrebbe trarre beneficio dal fatto che i contratti lavorativi, le assunzioni
degli insegnanti e altri compiti di questo tipo fossero affidati allo Stato
o alla Regione, piuttosto che ai Consigli Direttivi. Se il movimento delle scuole
charter prende piede (al momento, ci sono solo 500 scuole charter negli USA),
è possibile che il concetto stesso di autonomia si evolva dalla idea
antiquata basata sui confini cittadini e le tasse di proprietà ad una
versione più moderna compatibile con un sistema di gestione più
centralizzata.
Molto probabilmente il sistema educativo negli USA non diventerà mai
esattamente un sistema di tipo europeo, ma sicuramente alla fine di questo processo
assomiglierà molto di più a un sistema europeo che all'immagine
di se stesso di qualche decennio fa. La speranza è che, piuttosto che
imitare gli aspetti negativi l'uno dell'altro, i sistemi educativi americano
ed europeo imitino gli aspetti positivi e convergano alla fine verso una struttura
compatibile e adeguata alle esigenze di una economia globale.