Stati Uniti: l'impresa privata all'assalto della scuola pubblica.
Tratto
dal periodico "Classe Struggle" (n. 26, gennaio-febbraio 2000), edito
negli Stati Uniti.
Nel 1994, il Congresso
degli Stati Uniti adottò una "Legge per il miglioramento delle scuole
americane", dal titolo piuttosto ironico quando si sa che la principale
innovazione di questa legge è consistita nell'incoraggiare gli Stati
della Federazione a creare ciò che essa chiama "charter school",
cioè scuole "sotto contratto", finanziate con fondi pubblici
ma che non sono né dirette né controllate dalle autorità
che le sovvenzionano e neppure dallo Stato che le autorizza. Non ha importanza
che tali scuole siano create da organizzazioni no-profit, da associazioni di
quartiere, da genitori, insegnanti, passando dalle imprese apertamente commerciali
e senza dimenticare le Chiese che talvolta si nascondono dietro l'uno o l'altro
di questi nomi!
Le scuole private sono evidentemente sempre esistite. Ma, dirette da interessi
privati, esse erano anche finanziate con fondi privati.
Al contrario, grazie a questa nuova formula che si è sviluppata per così
dire dolcemente, le "nuove" scuole private possono negoziare con lo
Stato o con le autorità scolastiche una "carta", che è
essenzialmente un contratto finanziario, con il quale lo Stato o le autorità
scolastiche locali si impegnano a sovvenzionarle. In generale, i creatori di
una scuola descrivono nella loro "carta" gli obiettivi che si prefiggono,
ma, nella maggior parte degli Stati nulla è stato fatto per verificare
che gli obiettivi in questione raggiunti. Infatti, la maggior parte delle scuole
sotto contratto sfugge a ogni controllo da parte dello Stato, salvo che in materia
di sicurezza, sanità e rispetto delle leggi contro la discriminazione.
La gestione delle scuole, i curricoli, l'arruolamento degli insegnanti e i criteri
di ammissione degli studenti sono lasciati interamente alla discrezione dei
proprietari delle scuole sotto contratto.
Nel 1997, il Congresso ha assestato all'impulso già dato dalla legge
del 1994 una nuova spinta giuridica sotto la forma di una "Legge per lo
sviluppo delle scuole sotto contratto" che favorisce il finanziamento di
queste scuole, per esempio attribuendo crediti aggiuntivi a quegli Stati che
accordano loro maggiore autonomia.
Il movimento delle "charter school" si era costituito nel 1991. È
dunque anteriore all'adozione delle due leggi federali. Ma modificando la legislazione
in suo favore, il governo gli ha dato il suo sostegno ufficiale e il suo credito.
Al momento dell'apertura dell'anno scolastico 1996-1997, 23 Stati avevano già
ufficializzato la creazione di scuole sotto contratto e 250 di esse iniziavano
già quell'anno la loro attività. Due anni più tardi il
movimento si estendeva a 29 Stati come pure al distretto di Columbia (dove si
trova la capitale, Washington) e a Portorico, con più di 700 scuole.
Un anno dopo, più di 1000 scuole in 34 Stati accoglievano 250.000 studenti.
E numerosi altri Stati si apprestavano ad autorizzare la creazione di scuole
sotto contratto.
Queste cifre sono minime se le si comparano ai circa 50 milioni di studenti
della scuola pubblica. Ma riflettono una tendenza molto netta a rimettere in
causa ciò che alcuni chiamano il "monopolio" della scuola pubblica.
Togliere alla scuola pubblica per dare alla chiesa
Nell'ammasso del
movimento delle scuole sotto contratto, alcuni hanno reclamato la creazione
di un sistema di "cheques-education" [i nostri "buoni-scuola"
N. d. R.] o riduzioni d'imposta per le famiglie che pagano l'educazione dei
loro figli in una scuola privata.
L'idea dei "cheques-education" non data da ieri. Già nel 1955,
Milton Friedman, professore di economia all'Università di Chicago e più
tardi consigliere dei presidenti Nixon e Reagan, affermava che le scuole saranno
più efficienti se saranno sottoposte alle leggi del mercato capitalistico
e, come tutte le aziende, entreranno in concorrenza le une con le altre per
attirare i loro clienti: gli studenti. A questo scopo, proponeva un sistema
di assegni [o "buoni" N. d. R.] emessi all'ordine dei genitori di
un figlio in età scolare, che questi avrebbero potuto girare alla scuola
di loro scelta, compresa una scuola privata o confessionale.
L'idea non è dunque nuova, ma è nel corso dell'ultimo decennio
che è stata ripresa e difesa apertamente. Tra il 1993 e il 1997 la richiesta
di creazione di un sistema di "cheques-education" è stata avanzata
in 30 Stati e sottoposta al voto parlamentare in numerosi altri. Solo tre Stati,
Wisconsin, Ohio e Florida, hanno per il momento autorizzato la realizzazione
di un tale sistema. Ma la questione rimane aperta nella maggior parte degli
Stati dove è stata sollevata, e presto dovrà essere messa ai voti
nel Michigan.
Nel corso del solo anno 1998, una proposta volta ad accordare riduzioni d'imposta
ai genitori che pagano la scolarizzazione dei loro figli è stata avanzata
in 23 Stati e adottata da uno di essi, l'Illinois. La questione degli "sgravi
fiscali per spese scolastiche" è così stata evocata al Congresso.
Sul piano giuridico, i problemi posti a loro volta dai "cheques-education"
e dagli sgravi fiscali restano da chiarire. Alcune corti federali hanno rigettato
delle leggi e delle disposizioni adottate localmente, per violazione dell'articolo
della Costituzione che sancisce la separazione tra Chiesa e Stato. (Bisogna
dire che quasi tutti gli "cheques-education" sono versati a scuole
private, la stragrande maggioranza delle quali confessionali). Ma almeno una
corte federale, con sede nel Wisconsin, ha giudicato gli "cheques-education"
compatibili con la Costituzione, compresi quelli versati a scuole confessionali.
Per aumentare la confusione, la Corte suprema ha rifiutato di esaminare il caso
del Wisconsin, senza altri commenti. Così, se essa non ha invalidato
la decisione dei giudici della Corte suprema del 1973, che interdiva il rimborso
delle spese scolastiche di genitori newyorkesi che avevano mandato i loro figli
in scuole religiose, non si è neppure appoggiata su questa sentenza (che
fa giurisprudenza sulla questione) per risolvere il caso del Wisconsin. I giudici
della Corte suprema, pare, non sono disturbati dal fatto di essersene lavate
gesuiticamente le mani. In ogni caso, alcuni degli interventi della Corte suprema
non lasciano intendere che abbia un'obiezione qualunque riguardo al fatto che
la scuola pubblica sia consegnata ai capitali privati, sorretti dalla ricerca
del profitto.
La religione del profitto
Con l'adozione
della legge sugli "cheques-education", alcuni uomini d'affari di Cleveland
(Ohio) e di Milwaukee (Wisconsin), in agguato della buona occasione, hanno creato
delle scuole private per poter approfittare della manna. È evidente che
se il sistema degli "cheques-education" dovesse svilupparsi, nuove
scuole sorgeranno un po' dappertutto. Oggi, le scuole private accolgono meno
del 15% degli studenti e, anche ingrandendosi, non potranno ospitare tutti i
percettori degli "cheques-education". Allora, chi creerà tali
scuole? Senza dubbio un certo numero di Chiese che non hanno oggi i mezzi per
farlo, ma soprattutto speculatori alla ricerca dell'affare giusto, qualunque
sia il nome che si danno.
Un certo numero di aziende a scopo dichiaratamente di lucro si sono lanciate
sul mercato e controllano già il 10% circa delle scuole sotto contratto.
La più nota è la società "Edison School", fondata
da Chris Whittle, che s'era già arricchito a spese della scuola pubblica
creando la catena educativa Channel One negli anni Ottanta (prima di rivenderla
a Primedia). Oggi Channel One fornisce quotidianamente venti minuti di programmi
a circa la metà delle classi dell'insegnamento secondario in tutto il
paese. L'idea di Whittle era semplice: Channel One fornisce alla scuola l'equipaggiamento
audiovisivo di cui ha bisogno e in cambio la scuola s'impegna a fare in modo
che ogni alunno guardi Channel One, la cui programmazione quotidiana di venti
minuti comprende informazione, reportage, sport, meteo, pubblicità per
Channel One e due minuti di spot commerciali. Questo tipo di audience è
molto ricercato da diverse agenzie ed ogni spot pubblicitario di 30 secondi
è venduto da Channel One a 200.000 dollari. Come si vede il business
educativo può essere molto redditizio. Ciò che Lamar Alexander
ha potuto scoprire poco prima di diventare ministro dell'Educazione dell'amministrazione
Bush! Nel 1988 egli ha pagato 10.000 dollari quattro azioni della Whittle Communications,
che ha rivenduto quattro mesi più tardi a 330.000 dollari. Potrà
Whittle fare di Edison School un affare altrettanto lucroso di Channel One?
È quel che resta da vedere. In ogni caso, nell'autunno del 1999, Edison
School gestiva già 79 scuole per conto di varie autorità della
pubblica istruzione.
Come si vede, in certi casi, la scuola pubblica non è smantellata dalla
creazione di scuole sotto contratto. Essa semplicemente affida a delle imprese
la gestione di istituti già esistenti. Altre autorità scolastiche
pubbliche hanno sovvenzionato grandi imprese che hanno creato sui luoghi di
lavoro delle scuole per i figli dei loro impiegati, come la Honeywell, la compagnia
di assicurazioni American Bankers e la Walt Disney.
I primi "imprenditori nell'educazione" erano spesso dei ciarlatani,
senza formazione né esperienza nei settori educativi. Nei sei anni che
hanno seguito la loro creazione, quattro scuole sotto contratto di Milwaukee
hanno dovuto chiudere e i loro alunni si sono ritrovati per strada. A Cleveland,
cinque scuole funzionanti sulla base degli "cheques-education" non
avevano né autorizzazione né contratto con lo Stato. Una di esse
contava addirittura tra i suoi addetti un ricercato dalla giustizia, condannato
per omicidio, arruolato senza dubbio per fare regnare la disciplina! Ma dietro
i piccoli ciarlatani si trovano i grossi affaristi che sostengono questa campagna
volta a rimettere la scuola pubblica nelle mani del settore privato. Per esempio:
Richard DeVos, che deve la sua fortuna ad Amway; Richard Mellon Scaife, membro
della ricchissima famiglia Mellon; John Walton, erede della società Wal-Mart;
J. Patrick Rooney, della compagnia di assicurazioni Golden Rule; David Kearns,
ex-dirigente della Xerox; Paul Allen, co-fondatore della Microsoft; il celebre
Michael Milken; vecchi uomini politici come Lamar Alexander o William Held,
ex-governatore del Massachusetts; e ancora società di investimento di
Wall Street, come Dillon Read & Co., Montgomery Securities, Merrill Lynch
e Lehman Brothers.
Wall Street propone di "riformare" la scuola
Nel 1996, la società
Lehman Brothers organizzò la prima conferenza sulle possibilità
di investimento nel settore educativo. Poco prima, essa aveva pubblicato un
rapporto in cui affermava che "l'industria dell'educazione è forse
chiamata a rimpiazzare la sanità in qualità di settore prioritario
per gli investimenti".
Evidentemente, le somme stanziate ogni anno per l'educazione non potevano sfuggire
alla cupidigia di Wall Street. Con più di 700 miliardi di dollari l'anno,
il bilancio dell'educazione rappresenta il 10% del PNL. Il posto principale
è detenuto dalla scuola pubblica, che necessita di 320 miliardi di dollari
per l'insieme delle sue classi, dalla materna alla secondaria (Per una comparazione,
l'insieme delle scuole private gestisce un budget di soli 28 miliardi).
Nell'agosto 1997, una seconda conferenza fu organizzata a Nashville, Tennessee.
Intitolata "EDVentures 97" (con un triplo gioco di parole su educazione,
avventura e capitale-rischio: "venture" in inglese), questa conferenza
ha riunito i rappresentanti di un certo numero di imprese impegnate nella gestione
di scuole, come la Edison School o la SABIS, società di intermediazione
di Wall Street, gruppi finanziari specializzati in investimenti "a rischio",
la direzione dell'educazione dello Stato dell'Arizona, così come docenti
universitari provenienti da atenei rinomati e "gruppi di riflessione"
marcatamente di destra, per dare al tutto una veste di competenza nel settore
dell'educazione.
Una cosa è sicura: i partecipanti alla conferenza non erano là
per trovare soluzioni ai problemi che si pongono alla scuola pubblica. Secondo
gli organizzatori stessi, l'obiettivo della riunione era di passare in rassegna
i mezzi più efficaci per trasformare l'educazione pubblica americana
in una grande industria lucrativa.
Secondo Mary Tanner, una dei dirigenti della Lehman Brothers, le scuole pubbliche
americane sono "mature per l'intervento delle società private".
Ella ha proseguito affermando che "Wall Street s'interessa a tutti i grandi
settori dell'economia, e a tutte le industrie che evolvono". Tanner, che
si è già fatta notare con l'investimento di fondi nell'Hospital
Corporation of America (una delle aziende che hanno investito nel settore medico
nel corso degli ultimi due decenni), ha spiegato che numerosi investitori che
hanno fatto enormi profitti nella sanità sono pronti oggi a investire
nella scuola. Quanto alle riserve, tutte teoriche, che altri investitori potranno
avere all'idea di ricercare profitti nel settore dell'educazione, ella ha ricordato
le riserve espresse all'epoca in cui proponeva di investire negli ospedali:
"Molti tra loro esitavano ad arricchirsi sulle spalle dei malati e dei
moribondi". Con tutta evidenza, hanno ben superato le loro riserve!
Per Joe Murphy, professore di scienze dell'educazione all'Università
Vanderbilt, il problema del profitto nel sistema educativo è un falso
problema. Secondo lui, la scuola pubblica è già un sistema fondato
sulla ricerca del profitto: "Gli insegnanti guadagnano molto vendendo i
loro servizi". (E quanto guadagna questo professore di "scienze dell'educazione"
a vendere questi suoi "servizi"?).
È vero, c'è gente che fa molti soldi sulle spalle della scuola.
Ma non sono certo gli insegnanti. La scuola pubblica acquista già forniture
e servizi sul mercato, dove le aziende si battono per ottenere contratti vantaggiosi.
Oggi, il 25% delle spese della scuola pubblica vanno a incrementare il settore
privato. Molte delle controversie che animano le autorità scolastiche
si riducono a determinare chi distribuirà i soldi delle scuole e a chi.
Non si tratta soltanto di determinare a quale piccola impresa affidare il contratto
di pulizia o di trasporto degli alunni, o di scegliere il manuale di questo
o quell'altro grande editore. Si tratta anche di trasformare le scuole stesse
in mercato, come ha fatto Channel One. La recente guerra tra Pepsi e Coca Cola
decidere a chi spetta l'esclusiva di installare i suoi distributori nelle scuole
delle più grandi città non è che un esempio tra gli altri
della cupidigia delle grandi imprese nei confronti di scuole e alunni.
Secondo i partecipanti alla conferenza di Nashville, il principale ostacolo
all'ingresso dell'impresa privata sulla scuola è rappresentato dai sindacati
degli insegnanti. Ma Murphy ha rassicurato: "Il vento politico dominante
è favorevole". Secondo lui, le pressioni esercitate dal mercato
interno e l'economia mondiale intendono ridurre considerabilmente i vantaggi
acquisiti dai sindacati e rendere gli insegnanti più malleabili.
I partecipanti alla conferenza non erano tutti d'accordo sull'utilità
degli "cheque-education" come mezzo per privatizzare la scuola. Lisa
Graham Keegan, direttrice dell'educazione statale dell'Arizona e oratrice di
primo piano della conferenza, ha dichiarato che la privatizzazione non sarà
possibile che il giorno in cui gli "cheque-education" saranno dati
a tutti i genitori perché li rimettano alla scuola di loro scelta. Ma
da parte loro, alcuni investitori si sono inquietati per il timore del fallimento
politico del sistema dei "buoni", poiché tutti i sondaggi effettuati
fino a oggi mostrano la maggior parte dei genitori è contraria. Ogni
tentativo di farli adottare organizzando una votazione fino ad oggi non ha dato
esiti.
Ma tutti i partecipanti erano d'accordo sulle misure suscettibili di rendere
la "industria" scolastica redditizia: ridurre il numero di insegnanti
(cioè aumentare il numero di alunni per classe); ridurre la massa salariale
degli insegnanti arruolando un maggior numero di giovani e di professori non
abilitati; ridurre o sopprimere gli organismi che rilasciano i diplomi di insegnamento
e affidare la valutazione delle competenze degli insegnanti ai "manager"
delle scuole (parola che essi preferiscono a "direttore").
E se alcuni di queste "EDVentures" si dimostreranno poco remunerative?
Ecco la risposta di Doyle: "Intraprendere è prendersi dei rischi.
E chi dice rischio dice fallimento possibile. Ma altri conosceranno il successo
e queste si svilupperanno". Parlando di successo, egli non parla evidentemente
degli studenti: questi ultimi saranno sacrificati perché le "EDVentures"
capitaliste siano dei successi finanziari.
Crisi della scuola? Sì, ma perché?
Certamente, quando
gli esponenti di Wall Street parlano di "crisi" della scuola non hanno
tutti i torti. Ma la "crisi" colpisce certi studenti più di
altri, e taluni sfuggono completamente. Tutti gli strumenti di rilevazione lo
dimostrano: le scuole pubbliche che ospitano i figli di ricchi compiono un eccellente
lavoro. C'è sicuramente un piccolo numero di scuole private d'alto livello
in cui si iscrivono i figli della borghesia, ma moltissime famiglie borghesi
mandano i loro figli alla scuola pubblica, come pure le fasce più alte
della piccola borghesia. Le scuole pubbliche dei quartieri borghesi sono di
un livello elevato e non mancano di alunni.
Al contrario, le scuole pubbliche dei quartieri operai o di quelli poveri non
arrivano parimenti a fornire ai loro studenti le competenze che permetterebbero
loro di arrivare almeno al XIX secolo, per non dire al XX o al XXI!
In queste scuole, i bambini cominciano ad accumulare un ritardo fin dalle prime
classi. Anche dopo tre o quattro anni di scuola, il livello di conoscenze di
base, in lettura, in aritmetica, è molto spesso deplorevole.
Coloro che terminano gli studi secondari si ritrovano perlopiù senza
una reale preparazione né a un mestiere, né alla prosecuzione
degli studi. Nelle città, meno di un quarto degli studenti con licenza
superiore raggiungono un livello sufficiente per andare all'università.
Ma i dati medi mascherano la realtà, soprattutto delle grandi città.
Nel suo libro intitolato "Savage Inequalities" (Disuguaglianza selvaggia),
Jonathan Kozol fornisce le seguenti cifre per la città di Detroit nel
1991. Su 20.000 studenti ammessi alle superiori, 7.000 hanno ottenuto il diploma
e solo 500 di essi possiedono un livello di conoscenze sufficiente per proseguire
gli studi universitari, lauree brevi comprese.
Nelle grandi città, la maggior parte dei diplomati delle superiori che
proseguono i loro studi si iscrivono a corsi biennali, e tra questi la maggior
parte abbandona prima di conseguire il titolo. In un rapporto pubblicato agli
inizi degli anni Novanta a Chicago, i responsabili di questi brevi corsi parauniversitari
o post-diploma indicavano che il 97% degli studenti che vi si iscrivono abbandonano
prima della fine dei due anni.
Ci sono poi tutti quelli che vengono bocciati ancora prima. Si stima intorno
al 10% il numero dei giovani delle città che non arrivano neppure alla
scuola secondaria. E tra quelli che intraprendono gli studi secondari, più
della metà non riescono a terminare il primo ciclo senza mai ripetere.
In molte scuole, il tasso di insuccesso è ancora peggiore. Secondo Kozol,
nelle scuole dei quartieri più poveri di Chicago, solo il 15-20% degli
alunni che hanno iniziato a frequentare la scuola agli inizi degli anni Novanta
può sperare di arrivare al diploma superiore. Spesso gli alunni smettono
semplicemente di andare a scuola. Nel 1996-97 l'assenteismo in classe nelle
secondarie era in media di sei settimane l'anno. Il futuro che attende questi
alunni non è evidentemente una formazione universitaria o un impiego
altamente qualificato, ma piuttosto la prigione.
Per fare una buona scuola sono necessari tanti buoni insegnanti
Il segreto di una
educazione riuscita è semplice: innanzitutto ci vogliono buoni insegnanti;
poi, un numero di insegnanti sufficiente perché ogni allievo riceva l'attenzione
di cui ha bisogno; infine strumenti necessari (manuali recenti, materiali vari)
per mettere gli alunni in contatto con la scienza e la cultura. Ciò è
quello che si trova nelle migliori scuole e che notoriamente è assente
nelle cattive scuole.
Ciò che più manca nelle scuole sono gli insegnanti. Da 40 anni
c'è una carenza cronica di insegnanti preparati all'insegnamento della
loro materia. Molti di essi insegnano oggi una disciplina per la quale non sono
stati assolutamente formati. Circa il 20% dei professori di matematica e il
15% di quelli di inglese non hanno mai studiato queste materie all'università.
Un terzo delle scuole secondarie americane non offrono corsi di fisica perché
non hanno professori capaci di insegnare questa materia. Molti insegnanti non
sono abilitati. Secondo uno studio del Centro nazionale di statistica dell'educazione,
il 12% degli insegnanti con meno di quattro anni di esperienza non hanno titoli.
Si tratta anche in questo caso di una media nazionale e i dati sono sicuramente
peggiori nelle scuole dei quartieri poveri.
Ma anche quando i professori sono titolati e sono stati formati nella materia
che insegnano, hanno classi talmente sovraffollate che non possono dare ai loro
allievi l'attenzione necessaria. Nel 1985, lo Stato del Tennessee decise di
analizzare il rapporto tra la composizione delle classi e il successo scolastico.
Questo rapporto può sembrare così evidente che non ci sarebbe
bisogno di uno studio per stabilirlo. Ciò nonostante, i deputati che
votano il bilancio per l'educazione e criticano la scuola pubblica (legame recentemente
evidenziato da organi di informazione come The Economist o Fortune), lo mettono
in dubbio. Lo studio in questione riguardava piccole classi della scuola primaria
(dalla materna alle elementari), scelte tra i 42 distretti scolastici dello
Stato. Ognuna di esse doveva ripartire i suoi alunni, ad ogni livello, in tre
tipi di classi: "piccole" (da 13 a 17 alunni), "normali"
(da 22 a 26), o "normali" con un aiuto-educatore a tempo pieno. La
ricerca ha dimostrato che a tutti i livelli, gli alunni delle classi "piccole"
riuscivano meglio di quelli delle classi più numerose, con o senza il
co-educatore. I progressi più notevoli erano compiuti dagli alunni delle
"piccole" classi dei quartieri poveri delle grandi città. E
non solo gli allievi riuscivano meglio negli anni in cui erano in classi "piccole",
ma anche in seguito nel complesso del loro percorso scolastico.
La borghesia e le fasce agiate della piccola borghesia non ignorano il vantaggio
rappresentato da effettivi limitati e da insegnanti competenti. Le classi delle
loro scuole, siano pubbliche o private, contano meno alunni che le classi "normali".
I loro insegnanti sono più competenti, conoscono la materia che insegnano
e dispongono dei manuali e degli equipaggiamenti moderni di cui hanno bisogno.
Cosa ci vuole perché sia così dappertutto? In una parola: soldi.
20.000 distretti scolastici, 20.000 finanziamenti differenti
Se questo paese
vuole veramente assicurare a tutti pari opportunità, deve fare uno sforzo
particolare per l'educazione dei bambini e dei ragazzi più svantaggiati,
per aiutarli a superare i loro handicap. Ciò vuol dire mettere a disposizione
i finanziamenti necessari. Ma questo non viene fatto; peggio, le somme destinate
all'educazione non sono neppure distribuite equamente.
Oggi ci sono 20.000 distretti scolastici differenti nel paese, che raggruppano
la popolazione di una città, di un comune, di un distretto rurale o,
talvolta, di una contea o di un settore di una grande città. Questi 20.000
distretti scolastici sono in gran parte responsabili del finanziamento delle
loro scuole. È un sistema molto diverso da quello prevalente negli altri
paesi industrializzati, dove l'educazione e il suo finanziamento sono nelle
mani dello Stato centrale. Oggi, negli Stati Uniti, le autorità scolastiche
locali raccolgono appena la metà dei finanziamenti di cui necessitano
per assicurare il funzionamento delle loro scuole. Le imposte locali, sulla
proprietà individuale e sugli impianti commerciali e industriali, sono
la loro principale fonte di finanziamento. Evidentemente, quando ci sono degli
abbattimenti fiscali (ad esempio per spingere un'azienda a rimanere installata
sul territorio) le entrate diminuiscono di conseguenza e diventa difficile reperire
altri fondi per la scuola.
A questi fondi si devono aggiungere le sovvenzioni provenienti dai differenti
Stati e dallo Stato federale. In media ogni Stato fornisce un finanziamento
uguale o superiore a quello delle autorità locali, ma la situazione è
molto variabile da uno Stato all'altro. Alcuni Stati fanno uno sforzo in direzione
delle circoscrizioni scolastiche più disagiate, ma nella maggior parte
dei casi, le sovvenzioni sono proporzionali alle somme raccolte dalle autorità
locali; ciò non fa che approfondire il divario tra le circoscrizioni
più ricche e quelle più povere.
A questo proposito, si fa spesso riferimento al programma federale creato per
venire finanziariamente in aiuto degli alunni provenienti dai quartieri più
disagiati delle grandi città. Gli avversari della scuola pubblica affermano
che, nel quadro di questo programma, svariati miliardi di dollari vengono gettati
dalla finestra. Infatti, le somme stanziate (meno di 8 miliardi di dollari quest'anno)
non sono che una goccia d'acqua nel mare e non cambiano praticamente nulla nella
stridente disuguaglianza dei finanziamenti delle scuole. Il governo federale,
che stanzia il minimo delle sue entrate fiscali, si preoccupa pochissimo dell'educazione
pubblica nel paese: il suo contributo rappresenta appena il 6% del bilancio
complessivo della scuola.
D'altra parte le somme stanziate per ogni alunno variano moltissimo da uno Stato
all'altro, così come all'interno di ogni Stato. Per l'anno scolastico
1998-99, per esempio, lo Utah ha stanziato 3.362 dollari per studente, il Mississippi
4.291 e il New Jersey 9.577. All'interno di ogni Stato le disparità sono
ancor più stridenti. Nel New Jersey, per esempio, si passa dai 5.900
dollari per alunno di Camden, una delle città più povere del paese,
agli 11.950 dollari di Princeton. Per l'anno 1996-97 le scuole di Chicago hanno
speso in media 4.563 dollari per allievo, quelle della vicina contea di Cook
6.957 dollari, e i distretti più ricchi dello Stato 15.368 dollari.
Il sistema scolastico del paese è dunque in realtà diviso in 20.000
piccoli ritagli; ciò non significa che sia effettivamente "controllato
dalla popolazione", come talvolta si pretende. Senza un finanziamento adeguato,
non ci può essere un reale controllo. In realtà, nelle circoscrizioni
scolastiche di questi quartieri, la popolazione paga in proporzione più
imposte che nei quartieri agiati. Ma in una società dove l'1% più
ricco possiede tanto quanto il 95% dei meno ricchi ciò non è sufficiente
a recuperare il ritardo.
Educazione: è tutto da reinventare?
Questo sistema
iper-decentralizzato pone un altro problema: quello dell'assenza di criteri
coerenti di valutazione tra uno Stato e l'altro o addirittura all'interno di
uno stesso Stato. Ci sono Stati che fanno sostenere degli esami prima di concedere
il diploma superiore; altri no. All'interno dello stesso Stato, alcune autorità
scolastiche organizzano degli esami, altre no. Non esiste un sistema unificato
di certificazione dei professori, ad eccezione di un tentativo recente in questo
senso voluto da qualche sindacato degli insegnanti.
Ciò pone un problema ancora più grande. Se la maggior parte degli
Stati impongono che certe materie debbano necessariamente essere presenti nei
curricoli perché sia concesso il diploma finale, questo non vale per
tutti. Non c'è dunque un corso standard, né manuali standard.
La recente decisione dell'Assemblea del Kansas, che permette che studenti in
scienze non sentano mai parlare di evoluzione, di tettonica delle placche o
delle attuali teorie sull'origine dell'universo, è scioccante, e ancor
più scioccante è che la stima di queste teorie sull'origine dell'universo,
del sistema solare o della vita sia lasciata alla discrezionalità di
qualsiasi autorità scolastica locale. In queste condizioni, le idee e
le attitudini più reazionarie giungono ad imporsi tanto facilmente nelle
scuole pubbliche quanto negli istituti religiosi.
La conoscenza scientifica è una conquista dell'umanità. Ci sono
voluti secoli per imporsi e svilupparsi. Non è un self-service dove ciascuno
può scegliere le scoperte, le idee e la cultura che più gli piace.
L'evoluzione, la tettonica delle placche e l'origine dell'universo disturbano
le convinzioni religiose di autorità scolastiche retrogradi? In Kansas
e in svariati altri Stati esse non compaiono nei programmi scolastici! Non si
può più parlare di educazione. Si tratta, né più
né meno, di riportare gli alunni al Medio Evo!
Oggi, i "riformatori" della scuola non si propongono di risolvere
i problemi posti da un sistema scolastico ripartito che non può che produrre
disuguaglianze, né si propongono di rimettere in causa il sapere. Le
iniziative dei "riformatori" di Wall Street non possono che accentuare
la divisione del sistema, che permette loro di penetrare più facilmente
nella scuola... e di fare man bassa della cassa.
E' evidente che le proposte che oggi vengono avanzate (buono-scuola, scuole
sotto contratto) sono una follia, anche dal lato pratico. Si ricomincerà
a far correre la gente da una scuola a un'altra, da una scuola pubblica a una
scuola privata, con il buono-scuola in una mano e i soldi nell'altra per pagare
il costo della scolarizzazione. Si vedranno scuole che non ammetteranno che
gli studenti che a loro convengono. E le altre scuole, private dei finanziamenti,
saranno in estrema difficoltà.
Una follia, sì, che intende riportare l'educazione indietro di secoli.
La scuola pubblica: un diritto elementare
Lo sviluppo della
scuola pubblica, vale a dire di un insegnamento svincolato dall'influenza religiosa,
finanziato dallo Stato e obbligatorio, è stata l'opera delle classi popolari,
sin dai primi tempi della società americana.
C'erano delle scuole nelle colonie dell'America del Nord prima della rivoluzione.
Esse erano pressoché tutte quante nelle mani di congregazioni religiose.
Ma poco dopo la rivoluzione borghese del 1775-1778, sorse un movimento per ma
creazione di scuole laiche. I rappresentanti più illustri della borghesia
americana, come Jefferson o Franklin, furono tra i promotori di questo movimento.
Tuttavia, le nuove scuole, benché laiche, non costituivano un sistema
pubblico dell'educazione, nonostante le "società democratiche"
(che Jefferson utilizzò per darsi un programma e poi un partito) divulgassero
la rivendicazione di scuola aperte a tutti e finanziate dallo Stato. Perché
questa rivendicazione diventasse realtà, ci volle un movimento, o meglio
una serie di movimenti, delle classi lavoratrici. L'inizio del XIX secolo vide
la creazione graduale di "scuole comuni" per i bambini, ma spesso,
i figli delle famiglie povere non potevano accedervi a meno che i genitori non
fossero riconosciuti come "indigenti".
La prima scuola sovvenzionata con fondi pubblici fu creata nel 1821 a Boston,
per i figli di "commercianti e operatori delle macchine". Nel 1827,
lo Stato del Massachusetts ordinò che ogni città di una certa
importanza fornisse ai bambini una educazione elementare il cui numero e varietà
delle materie studiate erano determinate dalla grandezza della città.
Nel 1825, il primo istituto di istruzione secondaria situato fuori del New England
fu inaugurato a New York, presto seguito da uno analogo a Cincinnati nell'Ohio.
Queste scuole secondarie non erano tuttavia obbligatorie, e neppure aperte a
tutti.
Le cose cambieranno con lo sviluppo di partiti operai in varie città
dove gli "operatori delle macchine" e le altre categorie di operai
giocarono un ruolo importante. Il primo di questi partiti vide la luce a Filadelfia
nel 1828. Altri partiti furono presto creati, prima nelle vicinanze di Filadelfia,
nelle altre città della Pennsylvania, poi verso ovest, nell'Ohio, verso
sud nel Delaware e verso nord, a New York, Boston e in tutto il New England.
In sei anni, questi partiti erano sorti in più di 60 città, a
cui si aggiungono le "società di operatori delle macchine"
in un numero di città ancora più grande. Essi rivendicavano un'educazione
per tutti finanziata con fondi pubblici. Era la parola d'ordine che tutti i
partiti senza eccezione mettevano in testa. La maggior parte di essi ci aggiungevano
l'obbligo scolastico fino a una certa età e la fine del lavoro minorile,
così come altre rivendicazioni quali la soppressione della carcerazione
per debiti, della tassazione ineguale o dei lavori forzati. Questi partiti sarebbero
presto scomparsi, ma è grazie a loro che la scuola pubblica quale noi
la intendiamo oggi è stata creata.
La campagna per costringere le città e gli Stati a sovvenzionare l'educazione
si diffuse a macchia d'olio nella prima metà del XIX secolo e assunse
diverse forme. Essa attaccò per esempio lo statuto di "indigenza"
o le congregazioni religiose che avevano, in certe località, il controllo
della scuola. Essa divulgò l'idea di una scuola non solo aperta a tutti
ma obbligatoria per tutti. Nel 1837 fu creato nel Massachusetts un ministero
dell'Educazione, e un sistema scolastico finanziato e amministrato dallo Stato
sorse nel Michigan, sotto il controllo dell'università dello Stato.
Il governo federale non giocò alcun ruolo in tutto questo periodo. Quanto
agli Stati, essi si limitavano a seguire il movimento che aveva il suo impulso
nelle città dove le organizzazioni operaie avevano già instaurato
la scuola pubblica. E man mano i pionieri avanzavano verso l'Ovest, si videro
spesso sorgere delle scuole e dei sistemi scolastici ancor prima che nascesse
uno Stato ufficialmente riconosciuto.
La situazione era evidentemente molto diversa nel Sud, dove non c'era per così
dire un sistema educativo se non per i figli delle famiglie proprietarie di
schiavi, situazione che perdurò fino alla guerra di Secessione. Era vietato
insegnare a leggere a uno schiavo; quanto ai bianchi poveri, se non c'erano
leggi che impedivano l'educazione dei loro bambini, non c'erano tuttavia scuole
per essi. Ma la guerra di Secessione, questa seconda rivoluzione borghese, e
il periodo detto della Ricostruzione che la seguì, riuscirono a creare
un sistema scolastico pubblico anche nel Sud. Uno dei primi compiti intrapresi
dai governi del periodo della Ricostruzione, su pressione dei neri o in certi
Stati dei bianchi poveri, fu di creare delle scuole pubbliche aperte a tutti,
finanziate direttamente dagli Stati, con l'aiuto del governo federale (in ogni
caso durante il periodo della Ricostruzione). L'educazione di larghi settori
della popolazione era una necessità per lo sviluppo della società
borghese. Si doveva educare non solo i figli delle famiglie borghesi o degli
strati sociali più vicini alla borghesia, ma l'insieme della popolazione.
L'industria e la tecnologia moderne avevano bisogno per svilupparsi di operai
che possedessero i rudimenti dell'istruzione: essi dovevano saper leggere, scrivere,
fare operazioni matematiche semplici, ecc.
Pertanto, non è la borghesia che ha instaurato il sistema di scuole pubbliche
che noi conosciamo: il sistema laico, finanziato con fondi pubblici, aperto
a tutti e obbligatorio. Non è neppure lo Stato borghese che ha dato impulso
alla creazione di scuole pubbliche. Ma lo Stato borghese, spinto dai lavoratori
che esigevano l'accesso all'istruzione per i loro figli, rispose, nel senso
degli interessi stessi della borghesia, e organizzò la scuola pubblica.
Nella fase d'ascesa in cui si trovava, la borghesia, o almeno i suoi rappresentanti
nella direzione dello Stato (che dovevano spesso imporre misure in favore dell'interesse
generale della loro classe contro gli interessi particolari di capitalisti che
non pensavano che ai propri profitti individuali) intrapresero dunque la creazione
del sistema scolastico rivendicato dalle classi lavoratrici.
Una generazione irrimediabilmente perduta
La situazione di
iper-decentramento del sistema scolastico attuale è l'eredità
ad un tempo delle diversità dei movimenti che hanno gettato le basi della
scuola pubblica e della creazione di scuole locali man mano che procedeva la
conquista dell'Ovest. Ma se questa situazione è stata all'epoca la conseguenza
inevitabile della storia degli Stati Uniti, ora dopo tutto questo tempo non
è più una necessità. Anzi è diventata un serio handicap
in una società moderna dove i mezzi di comunicazione e le tecnologie
più performanti non mancano. Ma la borghesia è incapace di riformare
la scuola pubblica liberandola degli intralci che le impediscono di svilupparsi.
Al contrario, essa considera la scuola solamente un'occasione in più
per fare profitti. E i profitti che la borghesia intende ricavare dallo sfruttamento
della scuola a detrimento dei ragazzi delle classi popolari non può che
accentuare la degenerazione del sistema educativo e, con essa, la degenerazione
della società borghese.
La borghesia americana lascerà che gli speculatori intervenuti all'EDVentures
mettano le mani sulla scuola pubblica e perseguano le loro logiche fino in fondo?
Forse no. Può essere che lo Stato borghese sia contrario a mettersi da
parte perché, ben prima che il sistema scolastico pubblico sia smantellato,
gli effetti di questa politica diverranno un potente freno al funzionamento
stesso del sistema capitalistico.
Ma oggi, la possibilità di accedere a una vera educazione diventa sempre
più problematica per una gran parte della popolazione. Da questo punto
di vista, gli Stati Uniti assomigliano sempre più a un paese sottosviluppato,
incapace di soddisfare i bisogni fondamentali del suo popolo, preda della rapacità
dei suoi "imprenditori", e vittima della criminalità, grande
o piccola, che questa situazione produce. Situazione che non è dovuta
a mancanza di mezzi, ma al fatto che i finanziamenti sono destinati a fini che
non servono agli interessi dell'insieme della società.
Ogni anno, la parte di ricchezza nazionale che è messa a disposizione
della società nel suo insieme diminuisce. Oggi, la sete di profitti del
capitale tocca le scuole e le priva dei mezzi per estendere l'educazione a tutte
le fasce di questa generazione e della seguente. Già, una parte non indifferente
di giovani non riceve l'istruzione che dovrebbe ricevere; istruzione di cui
anche i loro genitori sono stati privati. Fare profitti a spese della scuola
significa che un numero ancora più grande di giovani arriveranno all'età
adulta senza un'educazione adeguata. Privare in questo modo una generazione
di istruzione crea una situazione irreversibile. Si traduce nella condanna di
questa generazione e, insieme ad essa, della società intera. E' un crimine
innominabile!
Viviamo in una società in cui ci sono non solo i mezzi tecnici, ma anche
quelli economici per fare in modo che ogni bambino e ogni giovane riceva una
vera educazione, cioè l'acquisizione delle basilari conoscenze di matematica,
scienza, lettura e scrittura, così come del sapere accumulato dall'umanità
nel corso della sua storia. E' possibile trasmettere questo sapere a tutti i
membri della società. Ma la trasmissione di questa eredità, che
è una condizione dello sviluppo senza ostacoli di tutta l'umanità,
si scontra oggi con un capitalismo retrogrado che non sa vedere in ogni cosa
(comprese la vita e la morte, come dice la dirigente della Lehman Brothers)
altro che una fonte potenziale di profitti.