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From Vittorio Bertola <vb@bertola.eu.org>
Date Wed, 25 Aug 2004 23:14:39 +0200
Subject Re: [hackmeeting] Riflessioni sul MOCA

On Wed, 25 Aug 2004 17:48:48 +0200, you wrote:

>ma se ti leggi il libro di Levy, "Hacker", Shake edizioni, o quello di 
>Pekka Himanen, "L'etica hacker", Feltrinelli,

(quest'ultimo ce l'ho, ma sono sempre fermo a pagina venti :-/ )

>vedi che l'etica hacker, 
>per l'appunto, è nata come "cultura altra" rispetto a quella 
>socio-economica dominante. si potrebbe dire, senza grossi problemi, che 
>è nata come cultura "antagonista", rispetto a quella dominante.

Vero, ma, proprio perchè è nata in America - il paese dove alle elezioni un
partito di destra si scontra con uno di estrema destra - è nata comunque su
basi ideologiche totalmente diverse da quelle che ha la nostra cultura
antagonista. Se vuoi, Internet è il trionfo del libero mercato: la rete è
agnostica rispetto ai servizi e ai contenuti, ognuno si fa i suoi e poi
quello che è più bravo a conquistarsi gli utenti vince. E' l'esatto e
inconciliabile opposto di un sistema a pianificazione centrale, tanto per
dirne una. E' un sistema ipercapitalista, dove però il capitale non è più
economico, ma fatto di persone e di informazioni. (Uè non copiatemi sta
frase, che prima o poi ci devo scrivere un saggio e metterlo sotto copyright
:-PP)

E' poi sicuramente vero che il principio del software libero può essere
interpretato come una sorta di proprietà collettiva del sapere, che è ormai
diventato il principale mezzo di produzione. Eppure, da quel poco che ho
letto del libro di Himanen, lui mette bene in chiaro che il fine tipico
dell'hacker non è innanzi tutto il bene della collettività, ma piuttosto la
realizzazione personale e individuale, la soddisfazione, il divertimento, la
fama: ricompense personali (non collettive), solo non monetarie. Se poi
arriva anche la ricompensa monetaria, tanto meglio - e questo spiega la
quantità di ragazzi del computer che, in America, hanno fondato dot com e
fatto i soldi senza nessuna remora.

Tutto sommato, l'etica hacker delle origini mi sembra più antagonista alla
riproposizione del taylorismo nella società della produzione informativa,
piuttosto che al sistema capitalista in sè; e mi sembra che al primo posto,
anche qui in stile molto americano, metta assolutamente la libertà
dell'individuo, mentre dell'uguaglianza fotte sega a nessuno.
 
La comunione tra hacking e cultura antagonista europea è, appunto, un
fenomeno tutto europeo, ma è venuta dopo.

>> Anzi, l'associare gli hacker con l'intenzione di violare
>> sistematicamente la legge e di rovesciare il nostro sistema politico
>> è proprio l'espediente che viene utilizzato dagli oppositori del
>> software libero per screditare il movimento...
>
>no, a mio avviso è semplicemente un mix di ignoranza e necessità di 
>trovare un termine immediato che permetta lo show e faccia presa sui 
>media.

In parte. In parte, ieri ho visto una presentazione di Mike Nelson (che è,
se non ricordo male il titolo, il VP Policy di ISOC, e incidentalmente anche
un ex dirigente IBM) in vista della costituzione del gruppo di lavoro delle
Nazioni Unite che si occuperà di ridefinire tutta la governance globale di
Internet (da ICANN allo spam, e forse anche al copyright). Ovviamente era
mirata ai governi, e ovviamente "combattere gli hacker" era indicata come
una delle priorità principali. Non voglio qui tediarvi con i legami d'affari
di ISOC-centro e la sua diatriba filosofica con molti di noi delle sezioni
nazionali, ma mi sembra indicativo di come assecondare questo tipo di
concetto possa fare danni MOLTO gravi là dove, alla fin fine, si deciderà il
futuro della rete.
-- 
vb.               [Vittorio Bertola - v.bertola [a] bertola.eu.org]<------
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