Le elezioni del 13 maggio.
Risoluzione di REDS. In questo comunicato
il collettivo redazionale offre una sintetica valutazione delle elezioni richiamandosi
ai commenti piu' analitici che integrano il presente dossier. Giugno 2001. REDS.
gli altri articoli di analisi sulle elezioni del 13 maggio 2001
Dopo il 13 maggio: le classi si dispongono per lo scontro dell'autunno
Cosa hanno votato i giovani e perché
Le elezioni del 13 maggio e il movimento gay-lesbico
Il declino della sinistra
Berlusconi ha vinto: colpa di Bertinotti?
1. La legislatura '96-'01 si chiude con una secca sconfitta del centro-sinistra. Sono andate in frantumi le ipotesi politiche sulle quali esso si era basato. La prima: che fosse possibile portare avanti un disegno di modernizzazione capitalista mantenendo il consenso di una base sociale che in parte è stata ed è vittima di quella stessa modernizzazione. La seconda: che solo da un'alleanza strategica tra centro e sinistra riformista sia possibile battere le destre. Le elezioni chiudono cinque anni che hanno visto il capitalismo italiano compiere passi da gigante nella lotta geopolitica tra imperialismi a livello mondiale. E' ciò che i commentatori chiamano "la credibilità internazionale del nostro Paese": capacità bellica e offensiva, capacità finanziaria e industriale. Sono stati cinque anni che allo stesso tempo hanno visto indebolirsi la forza strutturale della classe lavoratrice (esplosione del lavoro interinale, dei contratti a termine, del lavoro parasubordinato, ecc.) e la sua capacità di resistenza (crollo del numero delle ore di sciopero). Il governo di centrosinistra ha chiuso anche con una frattura pesante con l'intero mondo della scuola.
2. I DS mostrano di non aver capito in alcun modo le ragioni profonde della sconfitta. Essi credevano realmente che fosse possibile emanciparsi dalla propria base sociale senza pagare pegno. La base sociale reale (i lavoratori dipendenti) e potenziale (i giovani) non hanno aderito a questo disegno modernizzatore che li vedeva come vittime sacrificali ("è finita l'epoca del posto fisso" disse D'Alema, pochi mesi prima di perdere il posto di Primo Ministro). Si sono per questo rivolti all'astensione o, non vedendo affermati dei valori alternativi, si sono rivolti a coloro che con più convinzione affermavano quelli dominanti, fatti propri dallo stesso centro-sinistra (vedi Cosa hanno votato i giovani e perché). Una serie di personalità di questo partito (la sinistra interna, Salvi, pezzi di Emilia Romagna) mostrano di aver capito la ragione della sconfitta, ma continuano a perseverare nell'ipotesi politica di alleanze che le soggiace: quello tra centro e sinistra. Non si vede come sia possibile rispondere alle esigenze delle classi dominate e dei giovani insieme a chi rappresenta interessi opposti.
4. In un quadro di relativa stabilità rispetto al '96 il centro-sinistra vede una secca diminuzione della sua componente di sinistra (DS e Verdi). Trattiamo estesamente questo tema in un altro articolo (Il declino della sinistra). Se sommiamo a questi dati anche il semidimezzamento del PRC si vede come una politica di alleanza strategica con il centro faccia male alla sinistra. In nessun'altra maniera possono spiegarsi i disastrosi risultati della sinistra italiana rispetto a quella europea. Avendo educato il proprio elettorato e l'elettorato in generale che non si può prescindere dall'alleanza con il centro si è finito per indurre il sospetto della inessenzialità della sinistra, mentre in sempre più ampi spazi si diffonde l'incomprensione delle discriminanti che dividono, o dovrebbero dividere, la sinistra dal centro e dalla destra. I DS hanno condotto una campagna elettorale in cui propagandavano i risultati ottenuti "dall'Italia", quando in realtà la sua base sociale avrebbe voluto sentire e vivere ben altri risultati. Il centro invece si è mostrato molto più aggressivo verso il centrodestra, mentre i dirigenti diessini nell'eterno sforzo di apparire "responsabili" prendevano sberle senza reagire. Molti voti il centro se li è guadagnati perché appariva più antiberlusconiano dei DS, e anche il voto a Di Pietro va visto in quest'ottica, almeno in parte. I DS hanno per anni cercato di favorire la nascita di una rappresentanza borghese che accettasse l'alleanza con la sinistra in chiave modernizzatrice (ricordiamoci il patetico tentativo di pompare Alleanza Democratica nel '94). Ora questa rappresentanza c'è, è la Margherita, e farà di tutto per fare a meno degli stessi DS. Il disegno Ulivista era quello all'origine di scioglire i DS in un partito borghese come i Democratici USA, senza legami organici coi sindacati. Ora questo disegno è superato, la Margherita si candiderà ad essere la vera alternativa al centro-destra. La Margherita non sarebbe mai esistita senza il soccorso della sinistra che ha sempre creduto nell'inevitabilità dell'alleanza con il centro. Ora la Margherita si appresta a divorare chi l'ha creata e regalato spazio.
5. Come si vede dalla tabella lo schieramento di centro-sinistra (escludendo il PRC) mantiene le posizioni e quello di centro-destra (escludendo la Lega) aumenta di un milione di voti. Se pero' si sommano a questi due schieramenti rispettivamente Lega e PRC allora vi è una complessiva diminuzione dei due schieramenti. Notiamo inoltre una forte affermazione di partiti centristi al di fuori dei due poli: il fatto che la Lista Di Pietro e Democrazia Europea non abbiano raggiunto il quorum non ci deve far dimenticare che insieme hanno preso più del 7%. Dai governi di centrosinistra si esce dunque con un generale indebolimento dello schieramento che era partito nel '96 (Ulivo +PRC) ed un rafforzamento dello schieramento avversario (centro-destra +Lega). Questo calcolo avviene operando un confronto con il '96 che aveva già visto il centro-destra vincente sul piano dei numeri, ma perdente perché la Lega si era presentata da sola (vedi il nostro La "vittoria" del 21 aprile: c'è poco da ridere). Inoltre, anche operando tutte le somme o sottrazioni che vogliamo, il centro-destra ha 4 milioni in più di voti rispetto al centro-sinistra. Possiamo dunque trarre una piccola conclusione. Nel '96 si era giustificato l'accordo Ulivo-PRC con il pericolo incombente della destra. La destra in realtà non solo ha resistito, ma si è rafforzata, insieme alla destra si rafforza anche il centro sia dentro che fuori il centrosinistra. E in più si è solo rimandato il momento in cui il centro-destra avrebbe preso il potere. Gli artifici elettorali non servono.
Camera 1996 (proporzionale)
Camera 2001 (proporzionale)
valori assoluti in migliaia
% sui voti validi
valori assoluti in migliaia
% sui voti validi centrosinistra + PRC 16.261 43,4 14.745 40,0 centrodestra + Lega
(senza Radicali)19.558 52,2 18.300 49,4 altri 2,5 10,6 centrosinistra senza PRC 13.055 34,8 12.885 35,0 centrodestra senza Lega
(senza Radicali)15.781 42,1 16.844 45,5
6. Il centro-sinistra si consola immaginando che se ci fossero stati Di Pietro e Bertinotti il centro-sinistra avrebbe comunque vinto, affidandosi di nuovo alle alchimie elettorali invece di preoccuparsi di cominciare a battere la destra nella società. Aggiungiamo rispetto all'altro articolo in cui trattiamo estesamente questa argomentazione (Berlusconi ha vinto: colpa di Bertinotti?) quanto segue. I voti non sono sommabili. Se il PRC si fosse presentato in un unico cartello avremmo assistito ad un ancor più cospicuo aumento dell'astensionismo. Inoltre con la stessa faciloneria con cui si ricostruisce la storia con i se, il centro-destra a buon titolo potrebbe immaginare un risultato maggioritario "se non ci fosse stato D'Antoni", oppure "se ci fossero stati radicali" (come peraltro era accaduto nel '96). Sommando infatti i voti di DE e Lista Bonino a quelli già di gran lunga superiori del centro-destra, la vittoria di quest'ultimo sarebbe stata schiacciante. In realtà il fatto che queste formazioni non siano dentro i due poli, è parte del problema. I governi di centro-sinistra e la natura di questo centro-destra hanno prodotto questa frantumazione.
7. Sino all'ultimo il centro-sinistra ha svolto una campagna completamente disancorata dagli interessi delle classi popolari, dei giovani, delle donne. Tutta centrata sul conflitto di interessi o sulle realizzazioni degli ultimi tre governi, non ha mostrato alcuna traccia non solo di sinistra, ma semplicemente populista. I Democratici USA impostano le loro campagne elettorali in termini più classisti del nostro centro-sinistra, parlando esplicitamente di ricchi e lavoratori. Ma il nostro centro-sinistra era così intento a compiacere i borghesi mostrandosi "moderato" e "responsabile" che non si è accorto di aver perso la propria base elettorale potenziale e reale senza neppure riuscire a convincere le classi dominanti, che hanno in massa sostenuto il centrodestra (vedi il nostro Dopo il 13 maggio).
8. La borghesia ha puntato massicciamente sul centro-destra. Nonostante gli ampi favori che i governi del centro-sinistra le hanno fatto, la borghesia ha accresciuto i propri appetiti, per soddisfare i quali il legame organico tra CGIL e DS era divenuto un ostacolo, così come, in generale, la politica di concertazione. Le classi dominanti sentono di essersi rafforzate parecchio in questi ultimi anni, e dunque possono fare a meno degli utili idioti dei dirigenti della sinistra che gliel'hanno permesso. Possono fare un salto: osare lo scontro frontale con la classe lavoratrice, la parte essenziale della quale oggi si riconosce nella CGIL. La CGIL è diventata l'"ultimo nemico della Confindustria" (vedi il nostro Dopo il 13 maggio) come si esprimono i commentatori di parte borghese.
9. La sinistra anticapitalista si trova spiazzata di fronte a questo scenario. Il nodo della sua incomprensione di fondo sta nel non compredere la natura sociale dei DS, che sono un partito socialdemocratico nonostante i desiderata dei suoi dirigenti. Gran parte della sinistra più radicale li ha definiti invece liberal, al di fuori della sinistra, e il governo del centro-sinistra come il governo organico del grande capitale (mentre il centro-destra veniva visto come espressione di settori arretrati) e la CGIL come il sindacato di quel regime. I chiari pronunciamenti del grande capitale, e la sua voglia di disfarsi sia dei DS che della CGIL (vedi di nuovo Dopo il 13 maggio) dimostrano la totale infondatezza di questa ipotesi. La borghesia ha usato il centro-sinistra, così come ha usato socialdemocrazie e partiti comunisti. Ma usare uno strumento non significa considerarlo il proprio strumento. La borghesia ha usato la sinistra (DS e PRC) per entrare in Europa durante il governo Prodi, poi, finito il compito, li ha scaricati. Come ha fatto con il PS nel primo dopoguerra, con il PCI nell'immediato secondo dopoguerra e durante i governi di unità nazionale. Ma c'è di più. Abbiamo letto ad esempio sul Manifesto e su Liberazione, analisi estremiste sulla natura liberal dei DS, che in realtà servivano a giustificare l'alleanza organica con il centro. Se infatti la premessa è che tra DS e centro non vi è differenza, non si fanno tante storie nell'allearsi anche con Dini e Mastella. Un'altra parte invece (la minoranza interna al PRC, parte del sindacalismo di base e le organizzazioni esterne alla sinistra del PRC) difendeva la stessa analisi semplicemente per giustificare la scelta di denunciare qualsiasi tattica tesa a separare i DS dal centro, e in generale qualsisi politica di alleanze.
10. E' un fatto positivo che il PRC abbia mantenuto una presenza elettorale visibile e sostanzialmente autonoma nonostante la desistenza, se non l'avesse fatto oggi sarebbe ridotto al livello della Lega Nord. Salutiamo positivamente inoltre la coerenza che il partito ha mantenuto nell'appoggio pieno che ha dato alle candidature del movimento gay-lesbico (vedi Le elezioni del 13 maggio e il movimento gay-lesbico). Dopodiché deve essere chiaro, analizzando i risultati elettorali di questo decennio (Il declino della sinistra), che il partito non è riuscito ad intercettare in alcun modo il calo dei consensi ai DS. La radice sta nella sostanziale sudditanza alla strategia diessina di alleanza con il centro. Il PRC è sceso e risalito da questa alleanza in forme, modi, tempi che appiaono totalmente incomprensibili ai più. Ad esempio cosa debbono pensare quegli elettori che hanno visto Liberazione e i dirigenti fare salti di gioia alla vittoria di Jervolino e Veltroni, quando fino a 15 giorni prima affermavano per difendere la scelta di presentazione autonoma che tra centro-destra e centro-sinistra non c'era poi una così grande differenza? Questa politica confusa ed ondeggiante ci aliena la parte di elettorato più antisistema senza farci guadagnare quello che sta tra noi e i DS: i primi pensano che alla fine siamo sempre lì attaccati al centro-sinistra, e i secondi che siamo capricciosi e inaffidabili. Si educa la militanza del PRC e il nostro elettorato che non vi è comunque alternativa di fondo all'alleanza con il centro-sinistra e ciò rende più difficoltosi gli strappi con quell'alleanza.
11. Per questo il PRC deve portare avanti una politica di alleanze coerente nel tempo. Si è detto giustamente che il problema è quello della rottura del centro-sinistra, dunque della separazione dei DS e dei verdi dalla Margherita, così noi interpretiamo la proposta della "sinistra plurale" del nostro segretario (altrimenti non capiamo cos'altro potrebbe significare). Che c'entra allora il sostegno alla Jervolino? Se vogliamo essere conseguenti ed influire nella crisi dei DS dobbiamo essere capaci di prospettare un'alternativa strategica a quella dell'alleanza tra centro e sinistra, e praticarla in prima persona. Dobbiamo dire che la nostra prospettiva strategica è quella dell'unità della sinistra, e che da subito ci rifiutiamo di integrare qualsiasi alleanza con il centro, anche locale. Dobbiamo dire chiaramente: siamo disponibili all'alleanza con DS e Verdi, ma non con il centro. Non ci state? Bene, allora ci presentiamo da soli o con chi ci sta, ma siamo pronti in qualsiasi momento ad integrare una alleanza con voi.
12. Il clima di smobilitazione di questi anni ha fatto sì che si drammatizzasse a non finire la possibile vittoria di Berlusconi. Eppure non si vede perché attribuire a questa vittoria una importanza maggiore di quella che le attribuiscono i borghesi e lo stesso centro-destra. Come costoro non si stancano mai di ripetere, il centro-destra ha vinto le elezioni, ma non ha vinto nella società. E con molta inquietudine ricordano quanto è avvento nell'autunno del '94 (vedi la cronistoria nel Bilancio della lotta contro la finanziaria). Berlusconi ha già governato, ma non ha combinato nulla. Deve ancora batterci nelle scuole, nelle fabbriche, nella società. Cruciale diverrà il prossimo congresso della CGIL: sarebbe un grave errore delegare a Cofferati la gestione dello scontro con la destra, notiamo troppe tentazioni anche nel nostro partito di addormentare la lotta antiburocratica interna a quel sindacato. Eppure solo una CGIL rifondata può trasformarsi da carrozzone burocratico in strumento di lotta. Infine: non aspettiamoci nulla dalle alchimie elettorali, non pensiamo di uscire da questa situazione piazzandoci davanti al televisore a tifare per un qualche intrigo di palazzo che renda meno acre la sconfitta, rimbocchiamoci le maniche per organizzare la resistenza a partire dal territorio e dai posti di lavoro.