La partita degli organici.
Non
una difesa corporativa ma una fondamentale lotta a salvaguardia della qualità
della scuola pubblica. Di Danilo Molinari. Settembre 2002.
La questione
degli organici, cioè dei posti di lavoro di docenti e ATA della scuola
pubblica, parte da molto lontano. Anche il precedente governo dell'Ulivo e
i ministri Berlinguer-De Mauro hanno operato in una logica di contenimento
della spesa, motivandola con le necessità di razionalizzazione e controllo
dei conti pubblici. Il governo ora in carica e la ministra Moratti si sono
inseriti in questa corrente, e ricorrendo anch'essi alla giustificazione delle
esigenze di bilancio, hanno spinto molto più a fondo la lama del bisturi.
L'esordio è stato il taglio di 20.000 posti ATA nel settembre 2001,
che ha dato esecuzione a un provvedimento predisposto dal precedente governo. I tagli
futuri? Uno scambio
epistolare tra Moratti e Tremonti dell'estate-autunno 2001, traccia le linee
programmatiche di intervento del MIUR (Ministero dell'istruzione, dell'università
e della ricerca) sul piano dei tagli e dei risparmi, ed è illuminante
di alcune importanti e gravi iniziative assunte quest'estate dal ministero
dell'istruzione in vista del nuovo anno scolastico (1).
Il carteggio testimonia come Moratti si sia allora impegnata con il ministro
dell'Economia Tremonti a ridurre la spesa corrente del MIUR intervenendo direttamente
sugli organici con una serie di provvedimenti articolati in otto punti (2). Tra i provvedimenti
programmati ma non ancora adottati vi è la messa in mobilità
di circa 8.000 esuberi di insegnanti tecnico-pratici (ITP), di educazione
fisica e di educazione tecnica. Ancor più
grave è la volontà di ridurre del 15% gli organici di ogni scuola
a favore di contratti d'opera. In questo modo, sotto la parvenza della "libera
professione" si sancirebbe la precarizzazione definitiva di un buon numero
di docenti, non più coperti dal contratto nazionale ma lasciati in
balìa della concorrenza e della discrezionalità dei dirigenti
scolastici. I quali avrebbero finalmente anche se solo parzialmente (per ora)
la possibilità di scegliersi il personale docente. Chissà poi
che le famiglie stesse non siano chiamate a contribuire al finanziamento di
questi contratti d'opera! Aldilà di queste considerazioni l'effetto
immediato per il Tesoro sarebbe un risparmio del 15% sul costo del personale
scolastico, che a detta della Moratti costituisce il 90% del bilancio del
MIUR. Tra i provvedimenti
indicati nel carteggio Moratti-Tremonti per contenere la spesa vi è
anche una nuova definizione dei criteri riguardanti la dimensione delle istituzioni
scolastiche, che si ripercuoterà sulla contrazione dei posti. A un
anno di distanza è questo uno degli argomenti che sono entrati nella
polemica sulla scuola di questa estate, anche se i suoi frutti il governo
li potrà cogliere solo a partire dall'a.s. 2003-2004. La rete scolastica
nazionale è stata ridisegnata nel 1998-1999 dall'allora ministro Berlinguer
di concerto con le Regioni, secondo logiche di risparmio che prevedevano una
popolazione studentesca consolidata compresa tra le 500 e le 900 unità.
Ciò ha comportato l'accorpamento spesso ardito di numerose scuole che
non raggiungevano quelle dimensioni. Oggi la ministra Moratti prevede nuovi
criteri secondo una logica di maggiore risparmio. La sottosegretaria Valentina
Aprea, in un'intervista al Mattino di Napoli del 4 agosto 2002, annuncia
l'intenzione di sanare "gli sprechi e gli automatismi", per reperire tra l'altro
le risorse da destinare al finanziamento della mini-sperimentazione della
riforma (vedi A che
punto è la riforma della scuola?). La stessa Aprea ci informa
che il MIUR ha recentemente monitorato "le scuole per evitare uninutile
dispersione di risorse", scoprendo che "ci sono realtà scolastiche
dove il rapporto alunni-docente è ben al di sotto dei parametri", stabiliti
dal ministero in "un docente ogni 9,2 alunni". E aggiunge: "Il monitoraggio
è indispensabile per la definizione degli organici per il prossimo
anno. Se il numero superiore di docenti non è giustificato, si interverrà".
L'applicazione rigida di questi criteri potrebbe portare alla sparizione o
all'accorpamento di oltre 2000 scuole, secondo una lista stilata dallo stesso
ministero, che include in prevalenza istituti tecnici e professionali, scuole
cioè con un numero maggiore di materie (e quindi di insegnanti) rispetto
ad esempio a un liceo. Con una nota del 1 agosto il MIUR ha smentito tale
iniziativa (3). L'intervista dell'Aprea
smentisce la smentita! Aggiungiamo
a tutto ciò gli effetti che deriverebbero dall'applicazione della proposta
Bertagna di ridurre il tempo scuola a 25 ore settimanali, a partire dal tempo
pieno alle elementari (oggi di 40 ore settimanali), e dal tempo prolungato
alle medie (in parte come vedremo già tagliati), qualora venisse approvata
la legge-delega Moratti che affida al governo il compito di regolamentare
questa materia. Il pericolo è tanto più grave se si pensa che
tale scelta è già stata compiuta in via sperimentale dalla provincia
di Trento, in accordo col governo. I tagli
presenti Se questo
è ciò che aspetta la scuola pubblica italiana nel prossimo futuro,
il presente non è meno problematico e carico di tensioni. Quello che
auspichiamo è un atteggiamento da parte dei sindacati scuola radicalmente
diverso da quello piuttosto blando e incoerente finora tenuto, CGIL in primis. Con la finanziaria
2002, è stato approvato un piano triennale di riduzione di 34.000 posti
di insegnamento in ogni ordine e grado di scuole, di cui 8.500 a partire dall'a.s.
2002-2003, quello che si va ad aprire. Di questi tagli, 2500 riguardano la
scuola elementare, 2000 la media e 4000 la superiore. I tagli non comportano
licenziamenti, ma l'adozione di una serie di meccanismi e la riduzione di
certe attività (4) che, per la carenza
degli organici di diritto (di personale cioè di ruolo, o per meglio
dire a tempo indeterminato), è possibile effettuare solo con il massiccio
ricorso a insegnanti precari. La questione dei precari, come vedremo, è
assolutamente centrale nella vicenda degli organici, tanto più che
la loro cronica carenza è stimata in circa 100mila posti, a fronte
di un precariato spesso decennale. Sempre in
Finanziaria 2002, mediante lintroduzione della cosiddetta "esternalizzazione"
dei servizi ATA (affidamento in appalto a cooperative o società esterne
ad esempio dei servizi di pulizia, manutenzione, ecc.), si prevede un ulteriore
taglio la cui entità dipenderà da diversi fattori, ma che i
sindacati stimano "in alcune decine di migliaia di posti in breve tempo". Queste prospettive,
coniugate con i progetti di controriforma scolastica, hanno dato ulteriore
alimento nella primavera scorsa alla mobilitazione di lavoratori della scuola,
genitori, studenti. In molte città, da Roma a Napoli, da Palermo a
Bari, ecc. si sono formate o si sono allargate e rafforzate reti e coordinamenti
di insegnanti, e di insegnanti e genitori. Per la capacità di mobilitazione
e l'intervento capillare nelle scuole, nei quartieri e nell'hinterland, si
è segnalata la Rete di resistenza a difesa della scuola pubblica
di Milano, che oltre a una mailing list gestisce pagine web all'indirizzo
http://www.fondfranceschi.it. Queste iniziative
di lotta non hanno trovato però una valido e deciso sostegno da parte
delle organizzazioni sindacali. Contro i tagli sono stati indetti anche degli
scioperi unitari, ma solo a livello locale: particolarmente riuscito quello
del 18 marzo in Lombardia, che ha visto una grande adesione di insegnanti
e ATA. Ma queste lotte sono state condotte a livello regionale e non nazionale,
come le circostanze avrebbero richiesto, dando così segnali contraddittori
sia ai lavoratori che alla controparte governativa, che li ha interpretati
come segnali di debolezza ed ha quindi mantenuto le sue posizioni di chiusura.
La scelta
dei sindacati di tenere una condotta blanda, quasi arrendevole, preferendo
alla lotta senza quartiere la trattativa in vecchio stile concertativo aveva
poche possibilità di successo. E così è stato: il tavolo
di confronto sugli organici col ministero, aperto sulla base dello sciagurato
protocollo d'intesa del 4 febbraio 2002, si è chiuso praticamente con
un nulla di fatto. La CGIL, nel verbale conclusivo (4 luglio 2002), "dichiara
la propria insoddisfazione per le decisioni prese dal governo in merito agli
organici del personale docente e ATA ed esprime un giudizio negativo in merito
ad una conclusione che in molte realtà conferma tagli che colpiscono
il diritto allo studio e la qualità dell'offerta formativa" (5).
Laddove ci sono stati dei risultati parziali essi sono il frutto "delle numerose
mobilitazioni". In realtà, con il tavolo tecnico di confronto sugli
organici si è solo perso del tempo prezioso e svilito le energie profuse
dai lavoratori della scuola, dagli studenti, dai genitori, che in molte città
si erano mobilitati in gran parte autonomamente. Fallita la trattativa il
nuovo anno scolastico si apre all'insegna della lotta. In Lombardia le lezioni
riprendono il 10 settembre, e si comincia con uno sciopero unitario CGIL-CISL-UIL
che interessa circa 1300 scuole, 100mila insegnanti, 25mila ATA, un milione
di studenti. Sciopero che prevede l'astensione dal lavoro la prima ora di
lezione per gli insegnanti e la prima ora di servizio per gli ATA. In tutta
Italia i movimenti sorti dal basso e autorganizzati devono premere sui sindacati
perché manifestino quella determinazione che finora è mancata
e giungano finalmente alla proclamazione dello sciopero generale, più
volte annunciato e mai indetto, contro l'intera politica scolastica del governo,
in difesa della scuola pubblica. La situazione
dei tagli è se si vuole ancor più grave di quella finora descritta.
I tagli agli organici della Finanziaria 2002 probabilmente non hanno dato
i frutti sperati: meno insegnanti del previsto si sarebbero lasciati allettare
dall'idea di sfondare il proprio orario di cattedra oltre le 18 ore per guadagnare
quattro soldi in più (vedi nota 4) e siccome alla presenza degli insegnanti
in classe non è possibile rinunciare, alla fine il governo ha pensato
bene di concentrare ulteriori tagli sul tempo pieno, sui nuovi posti della
scuola dell'infanzia (altrimenti detta scuola materna) a fronte di un aumento
delle iscrizioni, e sui progetti contro la dispersione scolastica e per favorire
l'accoglienza e il successo scolastico di alunni stranieri. Così, durante
i mesi estivi, su tutto il territorio nazionale, si è verificata un'operazione
di tagli in quelle direzioni. Con tutti
i limiti quantitativi e qualitativi della scuola pubblica, finora è
stato garantito lo stanziamento, pur esiguo, di risorse per finanziare distacchi
su progetti. Alcuni insegnanti cioè, nelle diverse scuole di ogni ordine
e grado, anziché svolgere il lavoro "tradizionale" in aula vengono
"distaccati" dalla classe (liberando così un posto per un altro insegnante,
spesso precario) e svolgono attività di carattere socio-educativo:
facilitare l'apprendimento linguistico degli alunni stranieri, prevenire l'insuccesso
formativo, l'abbandono scolastico, ecc. Ora tutto ciò non è
più possibile o è fortemente ridimensionato, con grave danno
per la qualità dell'insegnamento, con l'abbandono a se stessi di bambini
e giovani con difficoltà socio-ambientali, con la drastica riduzione
di posti che colpiscono quei lavoratori che coprivano i distacchi. In Lombardia,
regione fortemente urbanizzata e interessata da flussi immigratori, questi
tagli rendono particolarmente grave la situazione scolastica: a fronte di
un aumento di 12.000 unità della popolazione studentesca lombarda,
ai circa 1200 posti tagliati con la finanziaria, se ne aggiungono altri 800
che colpiscono i progetti. La questione
dei precari Accanto alla
contrazione dei posti che, come abbiamo visto, oltre a penalizzare la qualità
della scuola pubblica tocca sul piano professionale anzitutto gli insegnanti
precari, quest'estate il MIUR, di concerto con il Tesoro, ha proceduto a bloccare
sempre per esigenze di bilancio l'assunzione in ruolo di migliaia di precari
vincitori di concorso. Era già chiaro in primavera che le 30.000 nuove
immissioni in ruolo previste dalle finanziarie degli anni passati e sulle
quali esisteva un impegno formale del precedente governo si sarebbero ridotte
a 8-9000, nonostante le rassicuranti dichiarazioni stampa sia della Moratti
che della sottosegretaria Aprea, che in febbraio garantivano almeno 20.000
assunzioni. Dopo un tira e molla di mesi, fatto di reticenze, dichiarazioni
e smentite, si è giunti a fine luglio senza che il governo avesse emanato
il decreto autorizzativo delle assunzioni in ruolo, passando direttamente
alla fase della nomina delle supplenze (6). Il sindacato
si è attivato per chiedere l'effettuazione delle nomine in ruolo in
deroga al termine fissato dal ministero stesso per il 31 luglio e comunque
per ottenere a favore del personale interessato la garanzia di tutti benefici
giuridici ed economici, e ha promosso al contempo iniziative legali a tutela
dei diritti e degli interessi dei lavoratori, a partire da un atto di diffida
al governo. Questa vicenda
indecorosa si intreccia con quella dei ricorsi al Tar del Lazio, che a detta
di sindacati, dirigenti scolastici e funzionari locali, organi di stampa,
ecc. mette seriamente a rischio il regolare avvio dell'anno scolastico in
tutta Italia. Il ministero, aldilà dell'oggettività dei fatti,
continua a dirsi tranquillo e sicuro di fronte a una situazione che giudica
gestibile e ristretta a poche centinaia di casi. E' un fatto però che
se in Lombardia si comincia con uno sciopero, in Campania e Sicilia si paventa
il rinvio dell'inizio delle lezioni. In Sicilia addirittura si è prodotta
una mini-crisi nella maggioranza del governo regionale tra FI e AN dopo che
l'assessore all'istruzione Granata (AN) aveva deciso lo slittamento dell'apertura
delle scuole al 30 settembre anziché il 17. L'intervento mediatore
del presidente Cuffaro (FI) affida ai singoli istituti scolastici la decisione
sulla data di riapertura. E' un fatto inoltre che tutti i giornali hanno dedicato
ampio risalto alla vicenda, soprattutto nei giorni 22-23 agosto, tanto che
c'è chi definisce il 23 "una giornata particolare per la scuola". Ma
vediamo per gradi cosa ha determinato e fatto esplodere alla fine dell'estate
"il caso scuola". Tutto ha
inizio il 14 giugno scorso, quando il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso
di alcuni precari, blocca la circolare ministeriale che permette ai corsisti
delle scuole di specializzazione universitaria (i cosiddetti "sissini", dall'acronimo
delle scuole di specializzazione in questione) di cumulare ai 30 punti previsti
per legge anche i periodi di supplenza effettuati come tirocinio. In questo
modo, molti precari con svariati anni di servizio alle spalle si vedevano
superati dai corsisti nella formazione delle graduatorie provinciali delle
supplenze. Il MIUR rimette mano alle graduatorie, ma senza rispettare appieno
il dettato della sentenza del Tar, specie per quel che riguarda il cumulo
del punteggio. A questo punto parte un numero più consistente di ricorsi
a opera dei precari storici. Il 20 agosto una seconda sentenza del Tar ribadisce
l'obbligo della revisione delle graduatorie, in cui si trovano i corsisti.
Operazione che a fronte di qualche centinaia di "sissini" interessa circa
40mila precari. E' chiaro a questo punto l'allarmismo che si produce a 10
giorni dalla riapertura delle scuole! (espressione impropria, perché
che le lezioni riprendano il 10 o il 17, gli insegnanti ricominciano il 1
settembre, mentre le scuole non chiudono mai e gli ATA, a turno, sono sempre
al lavoro). Allarmismo aggravato dalla decisione del ministero di non rivedere
le graduatorie e di appellarsi al Consiglio di Stato. Ma secondo Natale Finocchiaro,
preside in un istituto commerciale di Roma, "il consiglio di Stato, bene che
vada, non si esprimerà prima di un paio di mesi. Andrà a finire
che verranno confermati i supplenti ma in via provvisoria, in attesa della
sentenza. Poi si vedrà. Il modo peggiore di cominciare" (vedi Repubblica,
24 agosto 2002). Rincara la dose Ignazio Sarlo, preside di una scuola media
della cintura di Torino, che afferma "Non siamo ancora in grado di valutare
l'impatto dell'azzeramento delle nomine". Responsabile della confusione è
"l'insipienza del ministero che poteva intervenire in tempo per sanare e correggere
le graduatorie, perché la prima sentenza del Tar del Lazio risale a
giugno [...] Adesso ci sono persone scavalcate da altre che non avevano diritto,
le quali sono già state nominate per la supplenza annuale. Un vero
rebus che si somma ai tagli di cattedre già fatti dalla Moratti. S'avvicinano
giorni incandescenti". (Repubblica, 24 agosto 2002). La bacchettata
forse più forte alla Moratti viene nientedimeno che dal sindacato Gilda,
vicino agli ambienti del ministero e particolarmente alla sottosegretaria
Aprea, per bocca del coordinatore nazionale Alessandro Ameli, che afferma:
"Anche in presenza del ricorso al Consiglio di Stato, il ministero dell'Istruzione
deve provvedere immediatamente all'aggiornamento delle graduatorie dei docenti
in attesa di assegnazione dell'incarico", e giudica "incomprensibile l'ostinazione
a non voler modificare le graduatorie permanenti" (7). Tra i molteplici
risvolti di questa faccenda ci sembra interessante quello colto da Giunio
Luzzatto, ex direttore dei corsi di abilitazione all'insegnamento dell'Università
di Genova, che sostiene: "E' difficile comprendere se le azioni ministeriali
siano state determinate da insipienza o da deliberata volontà di nuocere,
da colpa o da dolo. E' certo che qualcuno vuol far apparire ingestibile il
sistema delle graduatorie, in linea con le posizioni di chi vorrebbe puntare
ad una discrezionalità dei Presidi nel chiamare, per le supplenze,
personale a propria scelta" (Vedi Repubblica, 23 agosto 2002). Come si vede
una guerra tra poveri, sulla quale il governo inserisce i suoi giochi e le
sua furbesca arroganza, allo scopo di screditare sempre più il sistema
scolastico pubblico e di aprire nuovi solchi tra i lavoratori, lasciati senza
diritti (con le mancate assunzioni) e messi gli uni contro gli altri. Solo con
il mantenimento dell'unità e la compattezza dei lavoratori della scuola,
già manifestata in precedenti occasioni, e la ripresa su vasta scala
delle mobilitazioni, alle quali i sindacati e in primo luogo la CGIL devono
dare un apporto sostanziale e deciso, si potrà sperare di stoppare
il governo nella sua opera sistematica di demolizione della scuola pubblica. Note (1).
Questo scambio di missive è trapelato su un paio di giornali ed è
apparso poi su alcuni siti sindacali. In una lettera protocollata a Moratti
e Frattini del 9 novembre 2001 (Prot. n. 10567), Tremonti si sentiva obbligato
a "evidenziare un tendenziale andamento crescente delle dotazioni organiche
del personale del Ministero dellistruzione" e si appellava al rispetto
"dellimpegno assunto dal Governo di contenere la spesa corrente". Pertanto
richiamava Moratti a dare luogo "alle iniziative compendiate in otto punti
nella lettera del Ministro dellistruzione in data 2 agosto 2001, indirizzata
a me e al Ministro per la funzione pubblica". In quella
lettera infatti, Moratti illustrava le linee della programmazione triennale
(2000-2003) delle dotazioni organiche della scuola. Dopo aver giustificato
la necessità di incrementare le assunzioni [sic!] per coprire gli oltre
100.000 posti vacanti tra docenti e ATA (di cui 40.000 autorizzati per il
2000-2001 e 37.700 richiesti per il 2001-2002) immettendo "sia pure gradualmente"
in ruolo i vincitori del concorso del 1999, si impegna o onorare il contenimento
della spesa con una serie di provvedimenti i più importanti dei quali
sono riportati nell'articolo. Un impegno
formale del ministero coi sindacati avrebbe dovuto portare all'immissione
in ruolo di 30.000 lavoratori, docenti e ATA, nel corso dell'a.s. 2002-2003,
per sanare parzialmente i 60.000 posti a tutt'oggi ancora vacanti. torna
al testo (2)
I provvedimenti indicati nella lettera del 2 agosto sono: 1. la
ridefinizione dei criteri di dimensionamento delle istituzioni scolastiche,
dintesa con le Regioni e con gli Enti locali; 2. la
promozione della mobilità professionale e intercompartimentale
del personale appartenente a ruoli che presentano situazioni di esubero
(per esempio: insegnanti tecnico pratici, docenti di educazione tecnica
e di educazione fisica). Le posizioni di esubero ammontano a oltre 8.000
unità; 3. la
destinazione di una quota percentuale dellorganico di ciascuna istituzione
scolastica (tale percentuale potrebbe corrispondere alla "quota locale"
del curricolo che il DPR n. 275/99 quantifica nel 15% dellorario
complessivo settimanale) preferibilmente a contratti dopera; 4. la
trasformazione, per i docenti dellistruzione secondaria, dellorario
di cattedra in "orario annuale di lavoro" rispetto al quale
dovrebbero essere previste, ove necessarie, prestazioni aggiuntive obbligatorie,
da retribuire in eccedenza, e il consequenziale contenimento delle supplenze
brevi; 5. la
razionalizzazione delle classi di concorso per una utilizzazione ottimale
del personale; 6. la
ridefinizione del profilo professionale dellassistente tecnico e
della funzione docente dellinsegnante tecnico pratico, creando le
condizioni per eliminare o ridurre i tempi di compresenza; 7. la
riduzione del numero dei docenti "specialisti" (circa 11.000)
impegnati nellinsegnamento delle lingue straniere nella scuola elementare
facendo ricorso in misura più ampia alla formazione del personale
e favorendo il reclutamento di docenti che abbiano superato la prova di
lingua straniera; 8. la
ridefinizione dei compiti e dei ruoli del personale Ata, nel quadro dellautonomia
degli istituti, attraverso un miglior impiego delle tecnologie informatiche
e lesternalizzazione delle funzioni strumentali. torna
al testo (3)
"Quanto a notizie di stampa su una presunta chiusura di 2000 scuole, il Ministero
precisa che si tratta di notizie destituite di ogni fondamento". Comunicato
stampa del MIUR, 1 agosto 2002. torna al testo (4)
I tagli degli organici si effettuano in vario modo. Una circolare ministeriale
del febbraio scorso indica, tra gli altri, i seguenti (vedi circ. n. 16, del
19 febbraio 2002, con relative indicazioni operative del Direttore Generale
del MIUR, Zucaro): (5)
Il confronto governo-sindacati ha dato come unico risultato l'istituzione
di nuovi posti in organico di fatto, cioè la possibilità per
un anno di derogare dalle cifre prestabilite affidando dei pacchetti di posti
ad ogni regione (ad esempio 220 in Lombardia). Ben misera cosa, visto che
questi pacchetti sono garantiti solo per l'a.s. 2002-2003, sono esigui (basti
dire che il funzionario ministeriale della Lombardia ne chiedeva il doppio
di quelli ricevuti) e i loro effetti compensativi sono totalmente annullati,
come si è visto, dal taglio dei progetti. torna
al testo (6)
Da una nota della CGIL del 17 luglio 2002 si apprende che quello stesso giorno,
in un incontro coi sindacati "il Direttore Generale del Personale ha reso
noto che non sono più possibili assunzioni a tempo indeterminato entro
il 31 luglio. Le ragioni sono da addebitare al ritardo nellemanazione
del Decreto della Presidenza del Consiglio contenente il contingente di posti
su cui effettuare le assunzioni, ritardo dovuto a verifiche finanziarie imposte
dal Ministero dellEconomia. Effettuare le assunzioni a tempo indeterminato
dopo il 31 luglio significa che avranno solo la decorrenza giuridica in questo
anno scolastico, mentre la presa di servizio e la decorrenza economica avranno
effetto dallanno scolastico 2003/04". Così
commenta il sindacato: "La decisione di non assumere o di assumere in modo
limitato rispetto agli oltre 100.000 posti vacanti è una scelta sbagliata
che produce risparmi irrisori per lo Stato (comunque si devono pagare i supplenti),
danneggia i lavoratori che hanno maturato il diritto allassunzione,
aumenta il precariato e dequalifica la scuola pubblica. È, inoltre,
inaccettabile che il Governo non sia in grado di rispettare le scadenze che
esso stesso si è dato: il decreto Moratti (poi convertito nella legge
333/01) un anno fa ha introdotto la scadenza del 31 luglio per concludere
le operazioni di utilizzazione e assunzione del personale. In un anno lamministrazione
non è stata in grado di riorganizzarsi e di coordinarsi con il Ministero
dellEconomia ed ora le conseguenze le pagano tutti i precari che saranno
assunti solo con decorrenza giuridica e non anche economica". torna
al testo (7)
Riportiamo integralmente l'intervento del coordinatore della Gilda, reperibile
insieme a quelli di altri esponenti politici di maggioranza e di opposizione,
su una rubrica web della CGIL-scuola del 24 agosto (http://www.cgilscuola.it/rubriche/politica/23_agosto.htm): "Anche in
presenza del ricorso al Consiglio di Stato, il ministero dell'Istruzione deve
provvedere immediatamente all'aggiornamento delle graduatorie dei docenti
in attesa di assegnazione dell'incarico. E' quanto sostiene, in sintesi, il
coordinatore nazionale del sindacato della scuola Gilda, Alessandro Ameli
in una nota nella quale giudica 'incomprensibile' quella che definisce 'l'ostinazione'
del ministero dell'istruzione 'a non voler modificare le graduatorie permanenti.
Secondo Ameli lo stesso ministero, in riferimento alle recenti sentenze del
Tar, ha ripetutamente affermato che si tratta di pochi casi isolati, ma se
ciò è vero allora perché non si provvede rapidamente
a sanare la situazione e a ripristinare la situazione di diritto così
come la sentenza del Tar Lazio ha sancito? Sentenza che al contrario di quanto
affermato da alcuni non è una normale sentenza di un qualsiasi TAR
regionale, ma ha valore 'erga omnes', il giudice regionale infatti non si
è limitato a dare ragione ai ricorrenti, ma ha parzialmente annullato
la circolare ministeriale n. 69 per la parte che consentiva il cumulo di punteggi.
In pratica - a parere del leader della Gilda - tutti gli atti conseguenti
alla applicazione della circolare annullata sono da considerare nulli e questo
vale per tutto il territorio nazionale, indipendentemente dalla volontà
del ministero. In teoria - afferma ancora Ameli - tutte le graduatorie dovrebbero
essere rifatte, seguendo la normale procedura e almeno formalmente anche tutte
le nomine già fatte andrebbero rifatte, anche quelle di candidati non
interessati a modifiche di posizione in graduatoria. A dover risolvere il
problema non è solo il ministero, lo sono anche i dirigenti scolastici
regionali e provinciali ed i capi di istituto che sono in ultima istanza coloro
che debbono firmare i decreti di assunzione. Alcune regioni oltretutto avevano
già opportunamente disatteso le indicazioni della circolare ministeriale
n. 69, palesemente illegittima, ed avevano correttamente applicato i criteri
dettati dalla prima sentenza del Tar Lazio, così è stato in
Sardegna e in Basilicata, così sembra si apprestano a fare Sicilia
e Campania. A complicare la faccenda c'è il fatto che la mancata applicazione
di una sentenza del TAR è un reato penale e i dirigenti scolastici
periferici e i presidi saranno disponibili ad incorrere nel rischio di una
condanna penale per far contento il ministero? L'allarme della Associazione
nazionale presidi nasce evidentemente proprio da questa preoccupazione. Il
ricorso al Consiglio di Stato per di più non modifica la situazione,
la sentenza del Tar Lazio è immediatamente esecutiva e va applicata
se poi il ministero dell'istruzione avrà ragione ci sarà sempre
la possibilità dei ricorsi al giudice ordinario per gli eventuali danni
dei singoli e il caos sarà totale, oppure il Consiglio di Stato, come
è prevedibile darà torto al Ministero, che si troverà
ad anno scolastico iniziato a dover rifare tutto daccapo creando a questo
punto danni pesanti e disagi agli studenti. La soluzione più logica
e meno dolorosa è che il Ministro dia seguito alla sentenza con rapidità,
colmando il vuoto normativo determinatosi, i tempi ci sono ancora. D'altronde
non si governa la cosa pubblica con l'ostinazione determinata, quando sono
in ballo gli interessi di molti, soprattutto degli studenti, è necessario
ricorrere alla forza dell'umiltà". torna
al testo