A che punto è la
riforma della scuola?
Arenata
nel suo iter legale essa procede subdolamente grazie agli escamotages predisposti
dalla Moratti. Di Danilo Molinari. Settembre 2002.
Il progetto
di riforma scolastica della Moratti, contro il quale sono sorti spontanei
movimenti nella principali città d'Italia, si è apparentemente
arenato non tanto per effetto delle lotte, ma per le divergenze sorte in seno
alla stessa compagine di maggioranza. Benché fosse una priorità
del governo e il ministero avesse proceduto con una celerità senza
pari, la legge-delega composta di soli 6 articoli, elaborata lo scorso inverno,
è oggi ferma in Commissione Istruzione del Senato, che riprenderà
i lavori il 17 settembre. La commissione dovrà esaminare e decidere
la sorte di centinaia di emendamenti presentati sia da esponenti della maggioranza
che dell'opposizione prima che la legge possa proseguire il suo iter in aula.
Berlusconi, sceso in campo più volte a sostenere la stessa Moratti,
è sicuro che dopo la pausa estiva si "provvederà rapidamente
all'approvazione della legge di riforma" in Senato per "affrontare successivamente
il dibattito alla Camera e avviare in tutte le scuole italiane l'applicazione
della riforma". Ma perché ciò sia possibile, a patto che la
legge-delega passi, il governo dovrà predisporre i regolamenti attuativi
che riguardano i "programmi" di elementari, medie e superiori, i tempi scuola
e tutta una serie di altre questioni didattiche e organizzative. E Tremonti,
sempre più indaffarato a far quadrare i conti pubblici, stringe i cordoni
della borsa e si dice non disponibile a concedere i finanziamenti necessari
ai disegni morattiani. I rischi quindi che i tempi si allunghino più
del previsto e gli ostacoli si addensino sul percorso della riforma sono più
forti che mai, aldilà delle mobilitazioni sempre pronte a partire.
Per questo la ministra cerca in tutti i modi di aggirare l'iter naturale della
legge e mettere in atto a pezzi il suo progetto di riforma che mira essenzialmente
a introdurre un doppio canale formativo (istruzione liceale e formazione professionale)
e ad alleggerire la funzione e l'intervento del potere pubblico, dello stato,
nel sistema scolastico a tutto vantaggio dell'istruzione privata. Da qui la
volontà di annullare l'obbligo scolastico; da qui l'operazione di taglio
degli organici del personale che minano la qualità della scuola pubblica
(vedi La partita degli
organici). Oltre a questi,
altri provvedimenti ha adottato la Moratti per attuare parti della riforma
e aprire così la strada a una sua adozione di fatto prima ancora che
la legge sia approvata. Queste procedure sono essenzialmente due: 1) l'intesa
con alcuni enti locali retti da giunte politicamente affini al governo per
introdurre in via sperimentale parti della riforma; 2) l'avvio su scala nazionale
di una minisperimentazione che interessa la scuola dell'infanzia e quella
elementare. I protocolli
d'intesa con le regioni Nella primavera
scorsa il Ministro all'Istruzione ha stipulato con alcune Regioni ed enti
locali protocolli d'intesa sull'applicazione di parti rilevanti e sostanziali
del Disegno di legge di riforma sul sistema di istruzione e di formazione,
in discussione alla Commissione Istruzione del Senato. Paradigmatiche sono
quelle stipulate con la provincia di Trento e con la Regione Lombardia. Al Protocollo
d'intesa tra MIUR e provincia autonoma trentina è allegato un "Progetto
per l'introduzione in via sperimentale di modelli innovativi di organizzazione
e di ricerca curriculare nella scuola della provincia di Trento" che è
possibile applicare a partire dall'a. s. 2002-2003. In virtù di questi
accordi, in tutte le scuole di ogni ordine e grado della provincia di Trento,
possono essere introdotte numerose novità contenute nel disegno di
legge-delega o elaborate dalla commissione Bertagna: tempo scuola di 24-25
ore settimanali obbligatorie, attività facoltative di laboratorio fino
a un massimo di 35-36 ore settimanali, introduzione del sistema duale con
la separazione tra istruzione liceale e formazione professionale, alternanza
scuola-lavoro, ecc. Riportiamo in nota ampi stralci del progetto (1). Tra le finalità
dichiarate di queste innovazioni c'è anche la volontà di adottare
strumenti che risolvano l'annosa questione della dispersione scolastica, e
la soluzione trovata è la separazione dei percorsi formativi: "L'elevamento
dell'obbligo scolastico, introdotto dalla legge n.9 del 1999, e disciplinato
anche dall'articolo 48 della legge provinciale 3 del 2001, in provincia di
Trento è assolto anche con la frequenza ai corsi di qualifica dei centri
di formazione professionale. Questa scelta ha aumentato di fatto la differenziazione
dell'offerta formativa a garanzia di una lotta più efficace alla dispersione
scolastica". E' un argomento
sotteso anche in altre intese di questo tipo, ad esempio quella con la Regione
Lombardia. In altre parole cosa propone di fare il centrodestra per evitare
abbandoni e bocciature? Dare in mano ai ragazzi non libri ma lime e scalpelli.
E poi la chiamano innovazione! Il 3 giugno
2002 Moratti e Formigoni hanno sottoscritto un accordo sulla formazione professionale
che, oltre ad anticipare una parte fondamentale della legge delega non ancora
approvata dal Parlamento (la separazione tra istruzione e formazione professionale),
scavalca a pie pari leggi dello stato italiano, di per sé discutibili,
ma pur sempre in vigore. Col risultato di peggiorare enormemente, dal punto
di vista delle classi popolari, la situazione esistente (2). Secondo tale
intesa è possibile assolvere l'obbligo scolastico a 15 anni (ossia
l'anno successivo alla licenza media) anche in Centri di formazione professionale,
sia regionali che privati, sia direttamente che grazie a convenzioni stipulate
da tali centri con gli istituti scolastici superiori. In questo secondo caso
si applica il modello di interazione tra istruzione e formazione professionale.
Questa operazione,
è chiaro, riguarda quei ragazzi e quelle ragazze che palesano cosiddette
difficoltà di apprendimento, ma che in realtà sono più
difficoltà di relazione e di motivazione, che in mancanza di opportuni
interventi e correttivi genera bocciature e abbandoni. Per prevenire queste
eventualità (in didattichese: "svolgere una azione di prevenzione,
contrasto e recupero del fenomeno degli insuccessi scolastici") viene applicato
un ragionamento di questo tipo: perché far perdere tempo sui libri
a ragazze e ragazzi che non ne hanno voglia e sono solo causa di disturbo
per compagni e insegnanti? (in gergo "cogliere lesigenza di corrispondere
ad una avvertita e diffusa domanda di formazione che comprenda non solo listruzione
ma la formazione professionale e continua"). Perché non indirizzare
questi ragazzi, di estrazione popolare, con problemi di ogni tipo, che non
hanno a casa nessuno che li segue come si deve, in centri professionali dove
almeno imparano un mestiere! (in gergo: "acquisizione di conoscenze, capacità,
abilità e competenze di base proprie della formazione professionale").
A scuola si viene per studiare, non per divertirsi o perdere tempo! Detto
fatto: ecco il protocollo d'intesa e le convenzioni tra istituti scolastici
e centri professionali (3). La minisperimentazione
della Moratti La Moratti
ha dovuto ridimensionare i suoi piani per quel che riguarda l'avvio di parti
della riforma nelle materne ed elementari dopo i contrasti all'interno del
consiglio dei ministri con Tremonti, Fini e i centristi (4),
ed accontentarsi, grazie alla mediazione di Berlusconi, di un piccolo campione
di scuole (circa 200) sul territorio nazionale dove avviare quella che viene
chiamata la minisperimentazione. Essa dovrebbe
partire a settembre al massimo in due scuole per provincia. Tra le novità
principali vi sarebbero l'ingresso anticipato nella scuola per bambini che
compiono tre e sei anni entro il 28 febbraio 2003; la presenza del maestro
prevalente; lo studio dell'inglese fin dai primi anni. E' incredibile
come si cerchi di spacciare per novità che darebbe lustro e sostanza
alla scuola italiana una cosa che nella scuola elementare esiste già
da tempo e che anzi proprio i tagli effettuati per ottemperare alla finanziaria
hanno cercato di eliminare. Lo studio della lingua straniera in prima elementare
è una pratica introdotta da vari anni in molte scuole italiane. Prova
ne è che nel febbraio scorso, nel determinare i tagli agli organici,
il ministero stesso abbia dato indicazione di assicurare l'insegnamento della
lingua straniera solo a partire dalla terza elementare, riducendo al contempo
gli insegnanti specialisti (vedi La
partita dei organici e la nota 5).
Si tratta caso mai di estendere una pratica già in atto, non di introdurre
chissà quali novità! L'ingresso
anticipato alla materna e all'elementare è negativo non per i motivi
avanzati dai centristi: la concorrenza alle cattoliche private che attivano
le cosiddette "primine", ma perché contrasta con le specificità
psicopedagogiche e i comportamenti naturali dei bambini di quell'età.
Per dirla con Loredana Fraleone, responsabile scuola del Prc, "bimbetti di
due anni e mezzo, ancora col pannolino, dovrebbero entrare in una "scuola
dell'infanzia" ad acquisire i primi rudimenti dell'apprendimento, ed
invece che trovarsi con un operatore, in un rapporto di uno a dieci, come
nei nidi, si troverebbero con un'insegnante ogni 25/28 alunni". Mentre "in
una prima elementare vi potrebbero essere, stante il non obbligo della scelta
per le famiglie, bambini di quasi sei anni con quelli di quasi sette, in una
fascia d'età in cui la differenza di un anno o giù di lì
costituisce un elemento di differenziazione pesantissima nel processo d'apprendimento"
(vedi "La ministra e i pannolini", Liberazione, 25 agosto 2002). Il maestro
prevalente è il ritorno o quasi al maestro unico della vecchia scuola
elementare. A parte l'uso del termine maschile per indicare una professione
svolta nella stragrande maggioranza da donne (è poco autorevole parlare
di "maestra prevalente", come nei fatti, se dovrà essere, sarà?),
ben altre sono le cose che ci preoccupano di questa "novità". Citiamo
da un articolo del quotidiano telematico Il Nuovo, che riportiamo integralmente
in nota (6): "Il "maestro prevalente"
sarà quello con cui i bambini, solo nei primi tre anni di elementari,
passeranno più tempo. A questa figura saranno affidati gli insegnamenti
di base (leggere, scrivere e "far di conto") e i rapporti con i
genitori dei bambini [...] avrà anche il compito di compilare un profilo
("portfolio") dellalunno in cui è registrata lintera
crescita scolastica, capirne le qualità e caratteristiche individuali
per orientarlo verso i "laboratori" e valorizzarne le specificità
personalizzando linsegnamento. [...] Nelle ore lasciate "scoperte"
dal maestro prevalente, gli alunni si ritroveranno in piccoli gruppi [in laboratori],
secondo un accostamento che predilige il grado di competenze dello studente
alletà. I laboratori sono previsti fin dal primo anno di età...". In pratica
si comincia dalla prima elementare a introdurre la separazione tra il sapere
e la manualità (l'istruzione e la formazione professionale), affidando
il primo aspetto a una figura centrale e il secondo a una serie di altre figure
secondarie. In questo modo si ottiene sia la gerarchizzazione tra gli insegnanti
(quello/a prevalente e gli/le altri/e impegnati/e in attività di supporto),
che il precocissimo incanalamento dei bambini verso un determinato destino
culturale in base alle attitudini personali delle quali è giudice il
maestro prevalente. Ce n'è
abbastanza per far accapponare la pelle e dichiarare guerra senza quartiere
alla Moratti, ai suoi accoliti e ai suoi progetti di riforma! NOTE (1)
Progetto per l'introduzione in via sperimentale di modelli innovativi di
organizzazione e di ricerca curriculare nella scuola della provincia di Trento
(http://www.vivoscuola.it/scuola/ministero.asp) [...] 1. Primo ciclo
Organizzazione e articolazione del primo ciclo (scuola elementare e
scuola media) in bienni con il terzo biennio (5° elementare e 1°
media) caratterizzato da un'organizzazione del sapere di tipo secondario
per realizzare la continuità educativa e didattica all'interno di
un curricolo unitario e verticale dell'istituto comprensivo. Piani di studio
adattati alle specificità degli studenti e dell'istituto sulla base
degli ordinamenti vigenti con un tempo-scuola compreso da un minimo di 24/25
ad un massimo di 36 ore di 60', di cui - la parte obbligatoria contenuta
nelle 24-26 ore di 60'; - la parte facoltativa di ampliamento del tempo
scuola con attività di laboratorio per gruppi di alunni riuniti per
interesse, per attitudine e mirati al recupero o all'approfondimento fino
ad un massimo di 35/36 ore settimanali. Attuazione dei nuovi curricoli nel
primo biennio della scuola elementare a partire dall'a.s. 2002/03 e nel
primo biennio della scuola media. Valutazione del percorso di scuola elementare
a conclusione del quinto anno in luogo dell'esame di licenza. 2. Secondo ciclo
Il secondo ciclo si articola nel sistema dei licei e nel sistema dell'istruzione
e formazione professionale. 2.1 Sistema dei
LiceiIstituzione dei licei tecnologico, economico e artistico da sperimentare
come evoluzione degli istituti tecnici commerciale, industriale e istituto
d'arte. Organizzazione e articolazione dei licei in due bienni e in un quinto
anno di completamento del percorso formativo con il rafforzamento delle
discipline di indirizzo anche in funzione di un passaggio alla Formazione
tecnica superiore. Piani di studio adattati alle specificità degli
studenti e dell'istituto sulla base degli ordinamenti vigenti con un tempo-scuola
che include: - la parte obbligatoria contenuta nelle 25-26 ore di 60' con
insegnamento delle materie del curricolo obbligatorio anche raggruppate
per aree (area umanistico-linguistica, area logico-matematica, area tecnologica);
- la parte facoltativa di ampliamento del tempo scuola con attività
opzionali per un monte annuo di 150/200 ore; - introduzione di vere opzionalità
(materie a scelta degli studenti), anche all'interno di percorsi "integrati"
tra istruzione liceale e percorsi professionalizzanti; - definizione del
curricolo del quinto anno (del tutto autonomo dai quattro precedenti). 2.2 Sistema dell'istruzione
e della formazione professionale. Organizzazione dell'istruzione professionale
con l'attivazione di un quarto anno con possibilità di accedere alla
Formazione tecnica superiore e di un quinto anno per l'accesso all'università
e con un'articolazione interna tale da garantire un sistema di comunicazione
e di passaggio da un indirizzo all'altro tramite la certificazione dei crediti.
Integrazione tra l'istruzione, la formazione professionale e il lavoro mediante
lo strumento delle "passerelle" attuato in base a quanto stabilito dalla
deliberazione della Giunta provinciale n. 6925 del 1999 sul riconoscimento
dei crediti acquisiti nei diversi contesti formativi (dell'istruzione, della
formazione professionale e del lavoro). Passaggio al quarto anno dell'istruzione
professionale per gli allievi della formazione professionale che risultano
qualificati e hanno superato un colloquio volto ad effettuare un bilancio
dei livelli di apprendimento già documentati nella cartella personale
(portfolio) creata per ciascun allievo secondo la metodologia di valutazione
adottata nel percorso della formazione professionale, nonché volto
alla rilevazione di un giudizio di orientamento che valuti positivamente
la possibile scelta di passaggio dell'alunno. Individuazione delle modalità
di svolgimento del colloquio con il coinvolgimento sia dei docenti dell'istituto
di istruzione professionale sia dei docenti del centro di formazione professionale.
3. Alternanza
Scuola - Lavoro. Va progettata, anche tenendo conto di ipotesi approfondite
dal Ministero dell'istruzione e attraverso la partecipazione a iniziative
attivate dallo stesso, coinvolgendo il settore imprenditoriale, per dare
concreto sbocco ai progetti che si articoleranno tenendo presente i seguenti
aspetti: - individuare il modello curricolare (studio - lavoro); - preparare
gli insegnanti in modo che siano in grado di "fare lezione" secondo modelli
di collaborazione con la specificità dell'ambiente impresa e offrendo
agli alunni gli strumenti per affrontare l'esperienza lavorativa, anche
con il supporto di tutor; - definire il sistema dei crediti; - avviare la
sperimentazione in settori che possano dare garanzia di successo; - preparare
una adeguata campagna di comunicazione presso i destinatari (ragazzi, famiglie,
scuole). torna
su (2)
La legge n.9 del 1999 che eleva l'obbligo scolastico a 15 anni, prevede che
ciò possa avvenire solo nelle scuole di Stato, mentre l'intesa concede
anche ai centri di formazione privata questa facoltà. In sede di attuazione
poi del protocollo d'intesa, viene elusa anche la sciagurata legge di parità
(n. 62 del 10 marzo 2000) voluta dal centrosinistra (sulla quale, è
bene ricordarlo, pende un referendum abrogativo), che prevede che il sistema
nazionale di istruzione sia "costituito dalle scuole statali e dalle scuole
paritarie private e degli enti locali". Con un semplice atto amministrativo
infatti quale la circolare applicativa inviata alle scuole dal direttore generale
dell'istruzione in Lombardia, Mario Giacomo Dutto, si inseriscono tra gli
istituti che hanno facoltà di assolvere l'obbligo scolastico a 15 anni
anche gli istituti superiori legalmente riconosciuti. torna
su (3)
Circolare inviata dal direttore regionale Dutto alle scuole lombarde per l'attuazione
del Protocollo dIntesa tra MIUR, Ministero del Lavoro e Politiche Sociali
e Regione Lombardia per la sperimentazione di nuovi modelli nel sistema di
Istruzione e di Formazione:
Il MIUR, il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e la
Regione Lombardia hanno colto lesigenza di corrispondere ad una
avvertita e diffusa domanda di formazione che comprenda non solo listruzione
ma la formazione professionale e continua.
Per poter considerare tale domanda e svolgere una azione
di prevenzione, contrasto e recupero del fenomeno degli insuccessi scolastici,
si rende necessario individuare e predisporre modelli e percorsi di innovazione
didattica, metodologica, organizzativa che coinvolgano i sistemi dellistruzione
e della formazione con la realizzazione di forme di interazione tra i
due citati sistemi, che consentano lassolvimento dellobbligo
scolastico e al tempo stesso il conseguimento degli obiettivi relativi
allacquisizione di conoscenze, capacità, abilità e
competenze di base proprie della formazione professionale, verso la quali
alcuni giovani manifestano un deciso orientamento. Con questo obiettivo le parti hanno firmato il protocollo
di intesa di cui alloggetto e si sono impegnate ad avviare, definire
e sostenere in via sperimentale un processo finalizzato allindividuazione
di percorsi professionalizzanti realizzabili anche attraverso interazioni
e collaborazione tra le istituzioni scolastiche e i centri di formazione
professionale. Le modalità sperimentali riguardano anche la possibilità
di assolvere lobbligo scolastico nei percorsi di formazione professionale.
Per la realizzazione di tali percorsi, lUfficio Scolastico
Regionale e la Regione Lombardia hanno individuato concordemente, a supporto
di quanto previsto dal protocollo di intesa, le seguenti modalità
operative: - Quando la Regione Lombardia avrà reso noti i Centri
di formazione professionale che parteciperanno alla sperimentazione, le
famiglie potranno manifestare formalmente la volontà di inserirsi
nel percorso sperimentale chiedendo allIstituzione scolastica presso
la quale hanno effettuato liscrizione dei propri figli che la predetta
iscrizione venga "accreditata" presso il CFP attore del progetto; - LIstituto scolastico può decidere di partecipare
alla sperimentazione, in questo caso lo studente risulterà sempre
iscritto presso il medesimo Istituto; - LIstituto Scolastico e lEnte di Formazione
sottoscriveranno una convenzione di cui si allega un fac-simile, impegnandosi
a momenti di confronto lungo liter del percorso formativo. Fatto salvo il diritto delle famiglie di vedere rispettate
le proprie scelte, qualora un Istituto scolastico ritenesse di non deliberare
la partecipazione alla sperimentazione, il Dirigente Scolastico procederà
in tempi congrui agli atti dovuti in merito alle eventuali richieste di
trasferimento di iscrizione ad altro istituto attivo in questa sperimentazione. Questa Direzione Scolastica Regionale si riserva di fornire
alle famiglie e alle SS.LL ulteriori notizie sullevoluzione della
sperimentazione attraverso i propri rappresentanti al previsto Comitato
Paritetico. torna su (4)
Tremonti, sostenuto da Fini, ha detto che le casse dello stato non consentono
di affrontare una spesa in tal senso. I cattolici Buttiglione e Giovanardi
sono contrari all'ingresso a scuola di bambini prima dei sei anni per ragioni
di bottega: l'ingresso anticipato (le cosiddette primine) romperebbe l'attuale
monopolio delle scuole cattoliche private che sfruttano in gran parte questa
facoltà per attirare iscrizioni, e che si vedrebbero minacciate dalla
concorrenza di altre scuole di minor costo. torna
su (5)
L'art. 3 del decreto interministeriale sulle dotazioni organiche del 2002-2003
recita: "Linsegnamento della lingua straniera è assicurato, prioritariamente,
nellambito delle dotazioni organiche, nelle classi del secondo ciclo
della scuola elementare. I dirigenti scolastici in conformità delle
disposizioni contenute nellart.22, comma 5, della legge n.448/2001,
utilizzano i docenti specializzati in servizio nella scuola. In via subordinata
possono essere attivati altri posti da finalizzare, ai sensi dellarticolo
4 del decreto ministeriale 28 giugno 1991, alla diffusione di tale insegnamento
in ragione di sei o sette classi per ciascun insegnante elementare specialista". Nella circolare
esplicativa del 19 febbraio 2002, che accompagna il decreto, il Direttore
generale Zucaro ribadisce:
"Linsegnamento
della lingua straniera nella scuola elementare, da garantire nelle classi
del secondo ciclo, deve essere assicurato prioritariamente [...] allinterno
del piano di studi obbligatorio e dellorganico di istituto. Ciò
comporta che, sia pure con la cautela suggerita dalla necessità
di assicurare la continuità dellinsegnamento nelle classi,
gli insegnanti forniti dei titoli previsti vanno utilizzati in qualità
di docenti specializzati e, solo in via subordinata e comunque entro il
limite delle dotazioni assegnate, come docenti specialisti. Con riferimento
alle classi del primo ciclo, prima di introdurre linsegnamento nelle
classi iniziali, deve essere assicurata la prosecuzione delle esperienze
già avviate. Per limpiego ottimale delle risorse è
opportuno che sia programmata la piena utilizzazione anche degli insegnanti
che completano la formazione nellambito linguistico nel corrente
anno". torna su (6)
"Una figura centrale nei primi anni
di insegnamento elementare, cui faranno riferimento i piccoli alunni e i loro
genitori. Si chiama "maestro prevalente" ed è la novità
di maggior rilievo prevista dalla riforma della scuola dellinfanzia
targata Letizia Moratti che dovrebbe partire nel 2003. Non è un vero
ritorno al maestro unico, sostituito con la legge del 1990 da una terna o
un poker di insegnanti che ruotano con pari peso su due o tre classi, ma qualcosa
di simile. Il "maestro prevalente" sarà quello con cui i
bambini, solo nei primi tre anni di elementari, passeranno più tempo.
A questa figura saranno affidati gli insegnamenti di base (leggere, scrivere
e "far di conto") e i rapporti con i genitori dei bambini. Secondo il progetto
di riforma il "maestro prevalente" passerà con gli alunni
della prima elementare dalle 20 alle 21 ore delle 30 settimanali, dalle 16
alle 18 in seconda e terza. Per gli ultimi due anni di corso di base la figura
diventerà facoltativa, affidando alle singole scuole la scelta se conservarla
o meno. Se può apparire
un ritorno al maestro tradizionale, in realtà la figura prevista dalla
riforma ha anche diversi elementi nuovi che lo rendono molto simile alle caratteristiche
di un tutor. Il docente avrà infatti anche il compito di compilare
un profilo ("portfolio") dellalunno in cui è registrata
lintera crescita scolastica, capirne le qualità e caratteristiche
individuali per orientarlo verso i "laboratori" e valorizzarne le
specificità personalizzando linsegnamento. I "laboratori"
costituiscono unaltra delle novità previste dalla riforma. Nelle
ore lasciate "scoperte" dal maestro prevalente, gli alunni si ritroveranno
in piccoli gruppi, secondo un accostamento che predilige il grado di competenze
dello studente alletà. I laboratori sono previsti fin dal primo
anno di età. Anche il tempo scolastico
viene rivisto dalla riforma. I programmi attuali non consentono altre opzioni
oltre la scelta tempo pieno-tempo normale. Secondo il disegno Moratti lorario
dovrebbe diventare flessibile, con una possibilità di oscillazione
dalle 27 alle 40 ore. Si potrà cioè scegliere il tempo pieno,
con tanto di mensa, ma solo per alcuni giorni della settimana, consentendo
quindi il rientro a casa dopo il tempo normale in due o tre giorni". (La
scuola elementare cambia: arriva il "maestro prevalente", Il Nuovo,
24 Luglio 2002). torna su