A che punto è la riforma della scuola?
Arenata nel suo iter legale essa procede subdolamente grazie agli escamotages predisposti dalla Moratti. Di Danilo Molinari. Settembre 2002.


Il progetto di riforma scolastica della Moratti, contro il quale sono sorti spontanei movimenti nella principali città d'Italia, si è apparentemente arenato non tanto per effetto delle lotte, ma per le divergenze sorte in seno alla stessa compagine di maggioranza. Benché fosse una priorità del governo e il ministero avesse proceduto con una celerità senza pari, la legge-delega composta di soli 6 articoli, elaborata lo scorso inverno, è oggi ferma in Commissione Istruzione del Senato, che riprenderà i lavori il 17 settembre. La commissione dovrà esaminare e decidere la sorte di centinaia di emendamenti presentati sia da esponenti della maggioranza che dell'opposizione prima che la legge possa proseguire il suo iter in aula. Berlusconi, sceso in campo più volte a sostenere la stessa Moratti, è sicuro che dopo la pausa estiva si "provvederà rapidamente all'approvazione della legge di riforma" in Senato per "affrontare successivamente il dibattito alla Camera e avviare in tutte le scuole italiane l'applicazione della riforma". Ma perché ciò sia possibile, a patto che la legge-delega passi, il governo dovrà predisporre i regolamenti attuativi che riguardano i "programmi" di elementari, medie e superiori, i tempi scuola e tutta una serie di altre questioni didattiche e organizzative. E Tremonti, sempre più indaffarato a far quadrare i conti pubblici, stringe i cordoni della borsa e si dice non disponibile a concedere i finanziamenti necessari ai disegni morattiani. I rischi quindi che i tempi si allunghino più del previsto e gli ostacoli si addensino sul percorso della riforma sono più forti che mai, aldilà delle mobilitazioni sempre pronte a partire. Per questo la ministra cerca in tutti i modi di aggirare l'iter naturale della legge e mettere in atto a pezzi il suo progetto di riforma che mira essenzialmente a introdurre un doppio canale formativo (istruzione liceale e formazione professionale) e ad alleggerire la funzione e l'intervento del potere pubblico, dello stato, nel sistema scolastico a tutto vantaggio dell'istruzione privata. Da qui la volontà di annullare l'obbligo scolastico; da qui l'operazione di taglio degli organici del personale che minano la qualità della scuola pubblica (vedi La partita degli organici).

Oltre a questi, altri provvedimenti ha adottato la Moratti per attuare parti della riforma e aprire così la strada a una sua adozione di fatto prima ancora che la legge sia approvata. Queste procedure sono essenzialmente due: 1) l'intesa con alcuni enti locali retti da giunte politicamente affini al governo per introdurre in via sperimentale parti della riforma; 2) l'avvio su scala nazionale di una minisperimentazione che interessa la scuola dell'infanzia e quella elementare.

I protocolli d'intesa con le regioni

Nella primavera scorsa il Ministro all'Istruzione ha stipulato con alcune Regioni ed enti locali protocolli d'intesa sull'applicazione di parti rilevanti e sostanziali del Disegno di legge di riforma sul sistema di istruzione e di formazione, in discussione alla Commissione Istruzione del Senato. Paradigmatiche sono quelle stipulate con la provincia di Trento e con la Regione Lombardia.

Al Protocollo d'intesa tra MIUR e provincia autonoma trentina è allegato un "Progetto per l'introduzione in via sperimentale di modelli innovativi di organizzazione e di ricerca curriculare nella scuola della provincia di Trento" che è possibile applicare a partire dall'a. s. 2002-2003. In virtù di questi accordi, in tutte le scuole di ogni ordine e grado della provincia di Trento, possono essere introdotte numerose novità contenute nel disegno di legge-delega o elaborate dalla commissione Bertagna: tempo scuola di 24-25 ore settimanali obbligatorie, attività facoltative di laboratorio fino a un massimo di 35-36 ore settimanali, introduzione del sistema duale con la separazione tra istruzione liceale e formazione professionale, alternanza scuola-lavoro, ecc. Riportiamo in nota ampi stralci del progetto (1).

Tra le finalità dichiarate di queste innovazioni c'è anche la volontà di adottare strumenti che risolvano l'annosa questione della dispersione scolastica, e la soluzione trovata è la separazione dei percorsi formativi: "L'elevamento dell'obbligo scolastico, introdotto dalla legge n.9 del 1999, e disciplinato anche dall'articolo 48 della legge provinciale 3 del 2001, in provincia di Trento è assolto anche con la frequenza ai corsi di qualifica dei centri di formazione professionale. Questa scelta ha aumentato di fatto la differenziazione dell'offerta formativa a garanzia di una lotta più efficace alla dispersione scolastica".

E' un argomento sotteso anche in altre intese di questo tipo, ad esempio quella con la Regione Lombardia. In altre parole cosa propone di fare il centrodestra per evitare abbandoni e bocciature? Dare in mano ai ragazzi non libri ma lime e scalpelli. E poi la chiamano innovazione!

Il 3 giugno 2002 Moratti e Formigoni hanno sottoscritto un accordo sulla formazione professionale che, oltre ad anticipare una parte fondamentale della legge delega non ancora approvata dal Parlamento (la separazione tra istruzione e formazione professionale), scavalca a pie pari leggi dello stato italiano, di per sé discutibili, ma pur sempre in vigore. Col risultato di peggiorare enormemente, dal punto di vista delle classi popolari, la situazione esistente (2).

Secondo tale intesa è possibile assolvere l'obbligo scolastico a 15 anni (ossia l'anno successivo alla licenza media) anche in Centri di formazione professionale, sia regionali che privati, sia direttamente che grazie a convenzioni stipulate da tali centri con gli istituti scolastici superiori. In questo secondo caso si applica il modello di interazione tra istruzione e formazione professionale.

Questa operazione, è chiaro, riguarda quei ragazzi e quelle ragazze che palesano cosiddette difficoltà di apprendimento, ma che in realtà sono più difficoltà di relazione e di motivazione, che in mancanza di opportuni interventi e correttivi genera bocciature e abbandoni. Per prevenire queste eventualità (in didattichese: "svolgere una azione di prevenzione, contrasto e recupero del fenomeno degli insuccessi scolastici") viene applicato un ragionamento di questo tipo: perché far perdere tempo sui libri a ragazze e ragazzi che non ne hanno voglia e sono solo causa di disturbo per compagni e insegnanti? (in gergo "cogliere l’esigenza di corrispondere ad una avvertita e diffusa domanda di formazione che comprenda non solo l’istruzione ma la formazione professionale e continua"). Perché non indirizzare questi ragazzi, di estrazione popolare, con problemi di ogni tipo, che non hanno a casa nessuno che li segue come si deve, in centri professionali dove almeno imparano un mestiere! (in gergo: "acquisizione di conoscenze, capacità, abilità e competenze di base proprie della formazione professionale"). A scuola si viene per studiare, non per divertirsi o perdere tempo! Detto fatto: ecco il protocollo d'intesa e le convenzioni tra istituti scolastici e centri professionali (3).

La minisperimentazione della Moratti

La Moratti ha dovuto ridimensionare i suoi piani per quel che riguarda l'avvio di parti della riforma nelle materne ed elementari dopo i contrasti all'interno del consiglio dei ministri con Tremonti, Fini e i centristi (4), ed accontentarsi, grazie alla mediazione di Berlusconi, di un piccolo campione di scuole (circa 200) sul territorio nazionale dove avviare quella che viene chiamata la minisperimentazione.

Essa dovrebbe partire a settembre al massimo in due scuole per provincia. Tra le novità principali vi sarebbero l'ingresso anticipato nella scuola per bambini che compiono tre e sei anni entro il 28 febbraio 2003; la presenza del maestro prevalente; lo studio dell'inglese fin dai primi anni.

E' incredibile come si cerchi di spacciare per novità che darebbe lustro e sostanza alla scuola italiana una cosa che nella scuola elementare esiste già da tempo e che anzi proprio i tagli effettuati per ottemperare alla finanziaria hanno cercato di eliminare. Lo studio della lingua straniera in prima elementare è una pratica introdotta da vari anni in molte scuole italiane. Prova ne è che nel febbraio scorso, nel determinare i tagli agli organici, il ministero stesso abbia dato indicazione di assicurare l'insegnamento della lingua straniera solo a partire dalla terza elementare, riducendo al contempo gli insegnanti specialisti (vedi La partita dei organici e la nota 5). Si tratta caso mai di estendere una pratica già in atto, non di introdurre chissà quali novità!

L'ingresso anticipato alla materna e all'elementare è negativo non per i motivi avanzati dai centristi: la concorrenza alle cattoliche private che attivano le cosiddette "primine", ma perché contrasta con le specificità psicopedagogiche e i comportamenti naturali dei bambini di quell'età. Per dirla con Loredana Fraleone, responsabile scuola del Prc, "bimbetti di due anni e mezzo, ancora col pannolino, dovrebbero entrare in una "scuola dell'infanzia" ad acquisire i primi rudimenti dell'apprendimento, ed invece che trovarsi con un operatore, in un rapporto di uno a dieci, come nei nidi, si troverebbero con un'insegnante ogni 25/28 alunni". Mentre "in una prima elementare vi potrebbero essere, stante il non obbligo della scelta per le famiglie, bambini di quasi sei anni con quelli di quasi sette, in una fascia d'età in cui la differenza di un anno o giù di lì costituisce un elemento di differenziazione pesantissima nel processo d'apprendimento" (vedi "La ministra e i pannolini", Liberazione, 25 agosto 2002).

Il maestro prevalente è il ritorno o quasi al maestro unico della vecchia scuola elementare. A parte l'uso del termine maschile per indicare una professione svolta nella stragrande maggioranza da donne (è poco autorevole parlare di "maestra prevalente", come nei fatti, se dovrà essere, sarà?), ben altre sono le cose che ci preoccupano di questa "novità". Citiamo da un articolo del quotidiano telematico Il Nuovo, che riportiamo integralmente in nota (6): "Il "maestro prevalente" sarà quello con cui i bambini, solo nei primi tre anni di elementari, passeranno più tempo. A questa figura saranno affidati gli insegnamenti di base (leggere, scrivere e "far di conto") e i rapporti con i genitori dei bambini [...] avrà anche il compito di compilare un profilo ("portfolio") dell’alunno in cui è registrata l’intera crescita scolastica, capirne le qualità e caratteristiche individuali per orientarlo verso i "laboratori" e valorizzarne le specificità personalizzando l’insegnamento. [...] Nelle ore lasciate "scoperte" dal maestro prevalente, gli alunni si ritroveranno in piccoli gruppi [in laboratori], secondo un accostamento che predilige il grado di competenze dello studente all’età. I laboratori sono previsti fin dal primo anno di età...".

In pratica si comincia dalla prima elementare a introdurre la separazione tra il sapere e la manualità (l'istruzione e la formazione professionale), affidando il primo aspetto a una figura centrale e il secondo a una serie di altre figure secondarie. In questo modo si ottiene sia la gerarchizzazione tra gli insegnanti (quello/a prevalente e gli/le altri/e impegnati/e in attività di supporto), che il precocissimo incanalamento dei bambini verso un determinato destino culturale in base alle attitudini personali delle quali è giudice il maestro prevalente.

Ce n'è abbastanza per far accapponare la pelle e dichiarare guerra senza quartiere alla Moratti, ai suoi accoliti e ai suoi progetti di riforma!

 

NOTE

(1) Progetto per l'introduzione in via sperimentale di modelli innovativi di organizzazione e di ricerca curriculare nella scuola della provincia di Trento (http://www.vivoscuola.it/scuola/ministero.asp)

[...]

1. Primo ciclo Organizzazione e articolazione del primo ciclo (scuola elementare e scuola media) in bienni con il terzo biennio (5° elementare e 1° media) caratterizzato da un'organizzazione del sapere di tipo secondario per realizzare la continuità educativa e didattica all'interno di un curricolo unitario e verticale dell'istituto comprensivo. Piani di studio adattati alle specificità degli studenti e dell'istituto sulla base degli ordinamenti vigenti con un tempo-scuola compreso da un minimo di 24/25 ad un massimo di 36 ore di 60', di cui - la parte obbligatoria contenuta nelle 24-26 ore di 60'; - la parte facoltativa di ampliamento del tempo scuola con attività di laboratorio per gruppi di alunni riuniti per interesse, per attitudine e mirati al recupero o all'approfondimento fino ad un massimo di 35/36 ore settimanali. Attuazione dei nuovi curricoli nel primo biennio della scuola elementare a partire dall'a.s. 2002/03 e nel primo biennio della scuola media. Valutazione del percorso di scuola elementare a conclusione del quinto anno in luogo dell'esame di licenza.

2. Secondo ciclo Il secondo ciclo si articola nel sistema dei licei e nel sistema dell'istruzione e formazione professionale.

2.1 Sistema dei LiceiIstituzione dei licei tecnologico, economico e artistico da sperimentare come evoluzione degli istituti tecnici commerciale, industriale e istituto d'arte. Organizzazione e articolazione dei licei in due bienni e in un quinto anno di completamento del percorso formativo con il rafforzamento delle discipline di indirizzo anche in funzione di un passaggio alla Formazione tecnica superiore. Piani di studio adattati alle specificità degli studenti e dell'istituto sulla base degli ordinamenti vigenti con un tempo-scuola che include: - la parte obbligatoria contenuta nelle 25-26 ore di 60' con insegnamento delle materie del curricolo obbligatorio anche raggruppate per aree (area umanistico-linguistica, area logico-matematica, area tecnologica); - la parte facoltativa di ampliamento del tempo scuola con attività opzionali per un monte annuo di 150/200 ore; - introduzione di vere opzionalità (materie a scelta degli studenti), anche all'interno di percorsi "integrati" tra istruzione liceale e percorsi professionalizzanti; - definizione del curricolo del quinto anno (del tutto autonomo dai quattro precedenti).

2.2 Sistema dell'istruzione e della formazione professionale. Organizzazione dell'istruzione professionale con l'attivazione di un quarto anno con possibilità di accedere alla Formazione tecnica superiore e di un quinto anno per l'accesso all'università e con un'articolazione interna tale da garantire un sistema di comunicazione e di passaggio da un indirizzo all'altro tramite la certificazione dei crediti. Integrazione tra l'istruzione, la formazione professionale e il lavoro mediante lo strumento delle "passerelle" attuato in base a quanto stabilito dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 6925 del 1999 sul riconoscimento dei crediti acquisiti nei diversi contesti formativi (dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro). Passaggio al quarto anno dell'istruzione professionale per gli allievi della formazione professionale che risultano qualificati e hanno superato un colloquio volto ad effettuare un bilancio dei livelli di apprendimento già documentati nella cartella personale (portfolio) creata per ciascun allievo secondo la metodologia di valutazione adottata nel percorso della formazione professionale, nonché volto alla rilevazione di un giudizio di orientamento che valuti positivamente la possibile scelta di passaggio dell'alunno. Individuazione delle modalità di svolgimento del colloquio con il coinvolgimento sia dei docenti dell'istituto di istruzione professionale sia dei docenti del centro di formazione professionale.

3. Alternanza Scuola - Lavoro. Va progettata, anche tenendo conto di ipotesi approfondite dal Ministero dell'istruzione e attraverso la partecipazione a iniziative attivate dallo stesso, coinvolgendo il settore imprenditoriale, per dare concreto sbocco ai progetti che si articoleranno tenendo presente i seguenti aspetti: - individuare il modello curricolare (studio - lavoro); - preparare gli insegnanti in modo che siano in grado di "fare lezione" secondo modelli di collaborazione con la specificità dell'ambiente impresa e offrendo agli alunni gli strumenti per affrontare l'esperienza lavorativa, anche con il supporto di tutor; - definire il sistema dei crediti; - avviare la sperimentazione in settori che possano dare garanzia di successo; - preparare una adeguata campagna di comunicazione presso i destinatari (ragazzi, famiglie, scuole). torna su

(2) La legge n.9 del 1999 che eleva l'obbligo scolastico a 15 anni, prevede che ciò possa avvenire solo nelle scuole di Stato, mentre l'intesa concede anche ai centri di formazione privata questa facoltà. In sede di attuazione poi del protocollo d'intesa, viene elusa anche la sciagurata legge di parità (n. 62 del 10 marzo 2000) voluta dal centrosinistra (sulla quale, è bene ricordarlo, pende un referendum abrogativo), che prevede che il sistema nazionale di istruzione sia "costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali". Con un semplice atto amministrativo infatti quale la circolare applicativa inviata alle scuole dal direttore generale dell'istruzione in Lombardia, Mario Giacomo Dutto, si inseriscono tra gli istituti che hanno facoltà di assolvere l'obbligo scolastico a 15 anni anche gli istituti superiori legalmente riconosciuti. torna su

(3) Circolare inviata dal direttore regionale Dutto alle scuole lombarde per l'attuazione del Protocollo d’Intesa tra MIUR, Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e Regione Lombardia per la sperimentazione di nuovi modelli nel sistema di Istruzione e di Formazione:

Il MIUR, il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e la Regione Lombardia hanno colto l’esigenza di corrispondere ad una avvertita e diffusa domanda di formazione che comprenda non solo l’istruzione ma la formazione professionale e continua.

Per poter considerare tale domanda e svolgere una azione di prevenzione, contrasto e recupero del fenomeno degli insuccessi scolastici, si rende necessario individuare e predisporre modelli e percorsi di innovazione didattica, metodologica, organizzativa che coinvolgano i sistemi dell’istruzione e della formazione con la realizzazione di forme di interazione tra i due citati sistemi, che consentano l’assolvimento dell’obbligo scolastico e al tempo stesso il conseguimento degli obiettivi relativi all’acquisizione di conoscenze, capacità, abilità e competenze di base proprie della formazione professionale, verso la quali alcuni giovani manifestano un deciso orientamento.

Con questo obiettivo le parti hanno firmato il protocollo di intesa di cui all’oggetto e si sono impegnate ad avviare, definire e sostenere in via sperimentale un processo finalizzato all’individuazione di percorsi professionalizzanti realizzabili anche attraverso interazioni e collaborazione tra le istituzioni scolastiche e i centri di formazione professionale. Le modalità sperimentali riguardano anche la possibilità di assolvere l’obbligo scolastico nei percorsi di formazione professionale.

Per la realizzazione di tali percorsi, l’Ufficio Scolastico Regionale e la Regione Lombardia hanno individuato concordemente, a supporto di quanto previsto dal protocollo di intesa, le seguenti modalità operative:

- Quando la Regione Lombardia avrà reso noti i Centri di formazione professionale che parteciperanno alla sperimentazione, le famiglie potranno manifestare formalmente la volontà di inserirsi nel percorso sperimentale chiedendo all’Istituzione scolastica presso la quale hanno effettuato l’iscrizione dei propri figli che la predetta iscrizione venga "accreditata" presso il CFP attore del progetto;

- L’Istituto scolastico può decidere di partecipare alla sperimentazione, in questo caso lo studente risulterà sempre iscritto presso il medesimo Istituto;

- L’Istituto Scolastico e l’Ente di Formazione sottoscriveranno una convenzione di cui si allega un fac-simile, impegnandosi a momenti di confronto lungo l’iter del percorso formativo.

Fatto salvo il diritto delle famiglie di vedere rispettate le proprie scelte, qualora un Istituto scolastico ritenesse di non deliberare la partecipazione alla sperimentazione, il Dirigente Scolastico procederà in tempi congrui agli atti dovuti in merito alle eventuali richieste di trasferimento di iscrizione ad altro istituto attivo in questa sperimentazione.

Questa Direzione Scolastica Regionale si riserva di fornire alle famiglie e alle SS.LL ulteriori notizie sull’evoluzione della sperimentazione attraverso i propri rappresentanti al previsto Comitato Paritetico. torna su

(4) Tremonti, sostenuto da Fini, ha detto che le casse dello stato non consentono di affrontare una spesa in tal senso. I cattolici Buttiglione e Giovanardi sono contrari all'ingresso a scuola di bambini prima dei sei anni per ragioni di bottega: l'ingresso anticipato (le cosiddette primine) romperebbe l'attuale monopolio delle scuole cattoliche private che sfruttano in gran parte questa facoltà per attirare iscrizioni, e che si vedrebbero minacciate dalla concorrenza di altre scuole di minor costo. torna su

(5) L'art. 3 del decreto interministeriale sulle dotazioni organiche del 2002-2003 recita: "L’insegnamento della lingua straniera è assicurato, prioritariamente, nell’ambito delle dotazioni organiche, nelle classi del secondo ciclo della scuola elementare. I dirigenti scolastici in conformità delle disposizioni contenute nell’art.22, comma 5, della legge n.448/2001, utilizzano i docenti specializzati in servizio nella scuola. In via subordinata possono essere attivati altri posti da finalizzare, ai sensi dell’articolo 4 del decreto ministeriale 28 giugno 1991, alla diffusione di tale insegnamento in ragione di sei o sette classi per ciascun insegnante elementare specialista".

Nella circolare esplicativa del 19 febbraio 2002, che accompagna il decreto, il Direttore generale Zucaro ribadisce:

"L’insegnamento della lingua straniera nella scuola elementare, da garantire nelle classi del secondo ciclo, deve essere assicurato prioritariamente [...] all’interno del piano di studi obbligatorio e dell’organico di istituto. Ciò comporta che, sia pure con la cautela suggerita dalla necessità di assicurare la continuità dell’insegnamento nelle classi, gli insegnanti forniti dei titoli previsti vanno utilizzati in qualità di docenti specializzati e, solo in via subordinata e comunque entro il limite delle dotazioni assegnate, come docenti specialisti. Con riferimento alle classi del primo ciclo, prima di introdurre l’insegnamento nelle classi iniziali, deve essere assicurata la prosecuzione delle esperienze già avviate. Per l’impiego ottimale delle risorse è opportuno che sia programmata la piena utilizzazione anche degli insegnanti che completano la formazione nell’ambito linguistico nel corrente anno". torna su

(6) "Una figura centrale nei primi anni di insegnamento elementare, cui faranno riferimento i piccoli alunni e i loro genitori. Si chiama "maestro prevalente" ed è la novità di maggior rilievo prevista dalla riforma della scuola dell’infanzia targata Letizia Moratti che dovrebbe partire nel 2003. Non è un vero ritorno al maestro unico, sostituito con la legge del 1990 da una terna o un poker di insegnanti che ruotano con pari peso su due o tre classi, ma qualcosa di simile. Il "maestro prevalente" sarà quello con cui i bambini, solo nei primi tre anni di elementari, passeranno più tempo. A questa figura saranno affidati gli insegnamenti di base (leggere, scrivere e "far di conto") e i rapporti con i genitori dei bambini.

Secondo il progetto di riforma il "maestro prevalente" passerà con gli alunni della prima elementare dalle 20 alle 21 ore delle 30 settimanali, dalle 16 alle 18 in seconda e terza. Per gli ultimi due anni di corso di base la figura diventerà facoltativa, affidando alle singole scuole la scelta se conservarla o meno.

Se può apparire un ritorno al maestro tradizionale, in realtà la figura prevista dalla riforma ha anche diversi elementi nuovi che lo rendono molto simile alle caratteristiche di un tutor. Il docente avrà infatti anche il compito di compilare un profilo ("portfolio") dell’alunno in cui è registrata l’intera crescita scolastica, capirne le qualità e caratteristiche individuali per orientarlo verso i "laboratori" e valorizzarne le specificità personalizzando l’insegnamento.

I "laboratori" costituiscono un’altra delle novità previste dalla riforma. Nelle ore lasciate "scoperte" dal maestro prevalente, gli alunni si ritroveranno in piccoli gruppi, secondo un accostamento che predilige il grado di competenze dello studente all’età. I laboratori sono previsti fin dal primo anno di età.

Anche il tempo scolastico viene rivisto dalla riforma. I programmi attuali non consentono altre opzioni oltre la scelta tempo pieno-tempo normale. Secondo il disegno Moratti l’orario dovrebbe diventare flessibile, con una possibilità di oscillazione dalle 27 alle 40 ore. Si potrà cioè scegliere il tempo pieno, con tanto di mensa, ma solo per alcuni giorni della settimana, consentendo quindi il rientro a casa dopo il tempo normale in due o tre giorni". (La scuola elementare cambia: arriva il "maestro prevalente", Il Nuovo, 24 Luglio 2002). torna su