Aquì estamos. La lucha sigue.
Dopo due anni di silenzio l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale è tornato a fare sentire con forza la sua voce. Il 31 dicembre 2002, San Cristòbal è stata invasa da circa ventimila indigeni giunti da tutte le parti del Chiapas, per ascoltare la Comandancia dell’EZLN. Di seguito una sintesi dei discorsi dei sette comandanti. Di di Roberto De Maria e Christian Elevati. Febbraio 2003.


Dopo due anni di silenzio l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale è tornato a fare sentire con forza la sua voce. Ha scelto una data simbolica, il 1° gennaio del 2003, anniversario del levantamiento.

Il 1° gennaio del 1994 l’EZLN faceva infatti la sua comparsa pubblica e iniziava a ribellarsi, armi alla mano, a 500 anni di soprusi e sfruttamento nei confronti delle popolazioni indigene. La guerra "ufficiale" durò "solo" dodici giorni, ma vide momenti di duro scontro e cessò solo grazie alla mobilitazione di gran parte della società civile e di alcune forze politiche.

Ma ciò che la guerra ha lasciato perdura e si aggrava tuttora: stato di assedio da parte dell’Esercito, delle forze di polizia e dei paramilitari, povertà e fame, sfruttamento, malattie, desaparecidos e prigionieri politici, tortura e impunità, disconoscimento dei diritti individuali e collettivi, in poche parole quella che con eufemismo viene definita "guerra a bassa intensità" o, più propriamente, "guerra sporca" (sucia).

Le ultime speranze per una risoluzione pacifica del conflitto sono cadute con la recente approvazione della ley indigena da parte del Parlamento Federale, subito ribattezzata "legge truffa" per il fatto che, nonostante le promesse altisonanti dello stesso Presidente Fox, nega agli indigeni ogni diritto collettivo, la possibilità di autodeterminarsi, il diritto di abitare e coltivare la "madre terra", il diritto di gestire le risorse naturali (per citare soltanto i tradimenti più macroscopici).

La "legge truffa" ha indotto l’EZLN al silenzio, durato quasi due anni, come forma di protesta di fronte a tale sopruso.

Tutti coloro che, a diverso titolo, del mondo politico come di quello economico, sono interessati a scacciare o a sottomettere gli indigeni, hanno cercato di sfruttare questo silenzio per affermare che il movimento zapatista si è indebolito, che esistono divisioni e conflitti al suo interno e che, in ultima analisi, L’EZLN è stato sconfitto.

E invece, poco dopo le sei di sera del 31 dicembre 2002, San Cristòbal era invasa da circa ventimila indigeni giunti da tutte le parti del Chiapas fra mille difficoltà e pericoli, per ascoltare la Comandancia dell’EZLN parlare nella piazza della Cattedrale e ricordare che "qui siamo: la lotta continua (aquì estamos: la lucha sigue) ".

I discorsi dei sette Comandanti, riassunti nel presente articolo, meritano di essere letti integralmente all’indirizzo http://chiapas.indymedia.org.

Agli indigeni messicani e ai non indigeni

è il Comandante Brus Li a ricordare alla folla accorsa e a tutti coloro in ascolto nel mondo che "noi Zapatisti ci siamo ribellati con le armi nell’anno 1994 per una causa giusta e degna, perché ci rendiamo conto che da oltre 500 anni viviamo nello sfruttamento e in miseria".

E per togliere ogni dubbio sul fatto che la lotta zapatista non è finalizzata alla tutela di interessi locali e particolaristici, perché i problemi che affronta riguardano tutti, dice: "la nostra lotta non è solo per noi indigeni. E’ per tutti gli indigeni e tutte le indigene e per i non indigeni".

Prosegue poi affermando che occorre passare dalle parole ai fatti, che bisogna organizzarsi ed essere autonomi "con o senza legge" dello stato.

La sfiducia espressa da Brus Li nei confronti del potere politico ed economico è totale: "Non ci aspettiamo un cambiamento da parte dei ricchi e dei loro partiti politici o del Trattato di Libero Commercio. Secondo loro le terre sono solo a beneficio dei ricchi".

La lotta degli indigeni è giusta, conclude Brus Li, perché "abbiamo il diritto di vivere e così i nostri figli e i nostri nipoti, perché per noi la nostra terra è nostra madre, perché non vendiamo nostra madre e tantomeno permetteremo che qualche figlio di puttana ce la tolga".

Alle donne

Quando prende la parola la Comandante Fidelia, il discorso si sposta sulla condizione femminile.

Rivolgendosi alle donne Fidelia ha ricordato che "da molti anni noi donne soffriamo la discriminazione, lo sfruttamento e la dimenticanza dei mal governi".

E la soluzione non è venuta dal governo, ma nemmeno dalla cosiddetta civilizzazione. Le donne che cercano un futuro migliore nelle grandi città "le fanno lavorare nelle tortillerìas dalle tre del mattino fino alle otto di sera e dicono loro prendi i tuoi dieci pesos perché non ci sono soldi. La situazione è dura, ecco cosa gli dicono".Il discorso di Fidelia termina con un invito affinché le donne si organizzino per difendere i propri diritti: "Non permettiamo che il Governo e il Presidente della Repubblica continuino a ingannarci".

Nota: sulla condizione femminile in Chiapas e, più in generale, nel Messico, si veda il discorso della Comandante Esther pronunciato il 28 marzo 2001 di fronte al Parlamento Federale.

Ai giovani

Il Comandante Omar, invece, si rivolge ai giovani "del Messico e del mondo".

Parlando dell’EZLN, vuole confermare con decisione che "siamo vivi, non ci siamo arresi e non ci siamo venduti, al contrario siamo più forti e solidi", per smentire una volta per tutte ogni calunnia sulla presunta fine del movimento indigeno zapatista.

I giovani di oggi "non si lasciano ingannare più". Sanno che i partiti politici ti cercano solo quando hanno bisogno del tuo voto, ma poi "ti perseguitano, ti derubano, ti uccidono, ti incarcerano o ti minacciano la famiglia".

"Se si vogliono vedere rispettati la cultura e i costumi degli indigeni, bisogna lavorare per fermare i parassiti del Messico e del mondo. Solo in questo modo il movimento zapatista e i giovani potranno scegliere insieme la strada del proprio futuro, che porta ad un mondo dove ci sia un posto per tutti".

Il discorso di Omar termina ricordando che gli zapatisti si sono "ribellati con le armi perché ci fosse giustizia, democrazia e libertà. Finché questo non sarà ottenuto, mai ci sarà pace. Voi sapete e vedete che la lotta continua".

Per i popoli che lottano per la liberazione e per la giustizia, la democrazia e la libertà nel mondo

A coloro che pensano che gli indigeni non conoscano il mondo, il Comandante Mister ricorda che hanno conosciuto "tutti quegli uomini e donne di tutti i paesi che sono giunti nei… villaggi e che… hanno parlato delle loro lotte, dei loro mondi e di tutto quello che fanno". Con le parole di quegli uomini e di quelle donne gli indigeni hanno "viaggiato e… visto e conosciuto più terre di qualunque intellettuale".

Su queste basi il Comandante Mister lancia un monito "ai ricchi del mondo": "se loro si uniscono per globalizzare con la globalizzazione della morte, allora noi, dal canto nostro, globalizzeremo la libertà".

L’occasione è propizia per consentire al Comandante di ricordare la lotta "del popolo ribelle in Argentina" e di mandare un saluto da parte degli zapatisti "ai Disobbedienti italiani e a tutti i fratelli e sorelle zapatisti d’Europa e del mondo".

Un augurio va anche al Venezuela di Chavez, affinché "i venezuelani decidano ciò che vogliono senza intromissione di altri paesi".

La lotta degli indigeni zapatisti viene così mostrata nella sua capacità di divenire simbolo della lotta globale contro i "mal governi nel mondo", quelli che "dicono che lottano per i diritti umani, ma che in realtà lottano per la morte e la scomparsa, per fame e miseria, con malattie create da loro stessi".

Ai mal governi il Comandante Mister lancia un messaggio inequivocabile: "non ci annienteranno mai né per fame né per malattie e ancora meno con i loro progetti e trattati" e in particolare con "i piani e i trattati del neoliberismo nel mondo".

Per raggiungere l’obiettivo di conquistare un giorno "un luogo per tutti nella vita dell’umanità non è necessario chiedere il permesso a nessuno e tanto meno accettare che i governi ci dicano cosa dobbiamo fare o cosa dobbiamo dire".

Ai politici messicani e agli intellettuali di destra, ai giornalisti

Il Comandante Tacho esordisce ripetendo il concetto di autodeterminazione: "non accettiamo di obbedire agli ordini di nessuno che non sia del nostro popolo".

Questo non significa che gli zapatisti siano contro i partiti politici: "sicuramente ci saranno partiti politici che si impegnano con coloro che rappresentano e che non si corrompono, però sappiamo dirvi che in Messico non ce n’è uno buono, lo hanno dimostrato con i fatti".

Più in particolare il Comandante Tacho descrive le colpe dei tre principali partiti politici del Messico, il PAN, il PRI e il PRD, colpevoli di essersi "presi gioco di tutti i popoli indios del Messico, di tutti i popoli che hanno appoggiato il riconoscimento dei nostri diritti e della gente di tutto il mondo che pure li approvava".

Talvolta pensano che già abbiamo dimenticato cosa dissero, però noi zapatisti abbiamo buona memoria. Quando alla direzione del PRD videro che alla marcia [la Marcia per la dignità indigena di febbraio-marzo 2001, N.d.R.] molta gente appoggiava l’EZLN, si misero d’accordo per fare tutto il possibile per evitare che gli zapatisti si potessero convertire in una organizzazione politica libera, e il PRD, inclusi anche quelli che si suppone siano più a sinistra di questo partito, votarono contro la legge COCOPA".

Il comandante Tacho sintetizza accusando i tre principali partiti del Messico di aver impedito una soluzione politica del conflitto per paura e meschinità.

E lo stesso hanno fatto i tre poteri dello stato, l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario: "a nessuno di loro importa del popolo; ciò che vogliono è stare ai loro posti e non gli importa che il paese si spacchi in pezzi".

Obiettivo degli zapatisti è "cercare strade perché il popolo sia sovrano e perché si realizzi il comandare ubbidiendo, così che continuino a sapere che gli zapatisti non dimenticano, non si arrendono e non si vendono".

L’intervento del comandante Tacho termina rivolgendosi ai giornalisti:

"Non importa che alcuni parlino male dell’EZLN e della nostra causa o della nostra storia, tutti hanno contribuito ad aprire uno spazio di informazione e discussione che prima non esisteva. Se questo spazio esiste è grazie ai lavoratori della comunicazione e alla loro lotta e sensibilità e non perché i governi e i ricchi lo abbiano voluto. Per questo auguriamo a tutte e tutti i lavoratori della comunicazione un anno felice e auguriamo che informino con la verità e che i loro diritti di lavoratori siano rispettati".

Per tutti coloro che sono dalla parte dell’EZLN

Il Comandante David si rivolge innanzitutto ai "compagni e compagne basi d’appoggio che hanno resistito ai ‘golpe’ politici, economici, ideologici del governo e che hanno sofferto e resistito alle pressioni e aggressioni dei militari e paramilitari".

I poteri dello stato, continua David, "hanno preparato strategie politiche ed economiche controrivoluzionarie travestendole da progetti di sviluppo dei popoli indigeni. Ma non è nessuna soluzione alla miseria in cui viviamo e nemmeno è una risposta alle giuste domande dei popoli indigeni".

E, rivolgendosi alle migliaia di presenti, domanda: "Per caso siete disposti a umiliarvi davanti a coloro che durante i secoli vi hanno umiliato, derubato la nostra ricchezza, ci hanno discriminato, dimenticato e calpestato la nostra dignità? Vi domando, siete disposti ad arrendervi? (Pubblico: No!!!!!)"

La parte finale del discorso del Comandante David merita di essere riportata quasi integralmente:

"Oggi al compimento dei nove anni del nostro levantamiento armato e dopo aver rotto il silenzio durato quasi due anni, è giunta l’ora di parlare una volta ancora e dire la verità che noi indigeni zapatisti non ci siamo ribellati con le armi per chiedere l’elemosina, perché continuino a burlarsi di noi, come fino a ora hanno fatto i governi che ci offrono menzogne e briciole per comprare coscienze. Noi popoli indigeni zapatisti non abbiamo bisogno che il governo ci appoggi con i suoi molestatori, o che ci mandi alimenti scaduti. Ciò che chiediamo ed esigiamo è che riconoscano costituzionalmente i diritti, l’autonomia e la libera determinazione di tutti i popoli indigeni del Messico. Esigiamo che ci trattino con uguaglianza e giustizia. Per questo non accettiamo che si prendano gioco di noi o che per compassione ci offrano le loro briciole o i loro rifiuti.

Noi indigeni zapatisti siamo impoveriti ma non elemosinanti o delinquenti. Siamo ribelli contro le ingiustizie e la dimenticanza. Abbiamo dignità e abbiamo la ragione di lottare e vogliamo che questo lo capisca tutto il mondo, che gli indigeni non sono animali a cui i ricchi tirano i loro rifiuti. Perché siamo popoli con lunga storia. Per questo siamo disposti a continuare la lotta fino a che tutti i popoli indigeni di questo paese siano rispettati.

Compagni e compagne, vogliamo dirvi che la nostra lotta è appena iniziata. Così in questo nono anniversario della nostra insurrezione siamo venuti in questo centro di sfruttamento che è San Cristòbal de las Casas per manifestarci e dire la verità. Per questo abbiamo attraversato i posti di blocco e rotto l’accerchiamento militare per venire a dire che qui siamo. Siamo qui con parole sincere e vere".

A Vicente Fox e Luis H. Alvarez

La delusione per gli inganni del Presidente Fox anima l’attacco del discorso della Comandante Esther: "dicesti che avresti risolto i problemi, in particolare della lotta dell’EZLN. Che in quindici minuti avresti cambiato la situazione dei popoli messicani, ma fu menzogna".

Secondo Esther, le menzogne di Fox sono essenzialmente due:

  1. aver promesso di risolvere la questione indigena "in quindici minuti";

  2. aver raccontato ai governi dei Paesi stranieri che in Messico ci sia la pace:

E chiede: "Dov’è la pace? E’ pace lo sgombero dei Monti Azules?"

Anche i progetti di sviluppo del Governo, sostiene la comandante Esther, sono attuati con il preciso scopo di far tacere la rivolta. Non è un caso se "nessun villaggio zapatista riceve il progetto del governo".

E, rivolgendosi sempre a Fox, gli domanda: "dov’è nascosto il tuo signor Alvarez? [Commissario governativo per la pace in Chiapas, N.d.R.]

Dice che ora non ci sono più zapatisti, che siamo pochi. Già non ci vede più il tuo signor Luis?".

Infine, parlando direttamente ad Alvarez, lo sfida a venire a vedere se gli zapatisti sono davvero scomparsi: "se veramente sei un uomo vieni a dirci in faccia ciò che hai scritto… Noi zapatisti non siamo insorti in armi da nove anni per chiedere l’elemosina. Ci siamo ribellati per esigere democrazia, libertà e giustizia".