Chiapas: una storia che ci riguarda.
"Percorrerai tutte le strade di tutti i popoli della terra, prima di trovare te stesso". Settembre 2002.


di Roberto De Maria e Christian Elevati, settembre 2002
Chi siamo e di che cosa parleremo

Con la speranza di contribuire alla risoluzione pacifica del conflitto in Chiapas, dal 15 febbraio al 3 marzo 2002 si è svolta la terza missione di osservazione dei diritti umani in Messico. Tale missione è stata promossa dalla società civile internazionale con l’appoggio della vivace e variegata società civile messicana (si veda a tal proposito il sito della Commissione). Sulla base dell’esperienza maturata in questa occasione, gli autori di questo articolo, grazie alla collaborazione con REDS, presenteranno un’introduzione storica e, con cadenza bimestrale, 5 approfondimenti sul Chiapas. Gli argomenti trattati, che rivelano per alcuni aspetti sorprendenti analogie con la situazione economico-politica italiana e mondiale, riguarderanno:

  1. Le condizioni di vita nelle comunità zapatiste: organizzazione sociale, politica ed economica; sanità; alimentazione; educazione; condizione femminile;
  2. Lo stato d’assedio: militari, corpi di polizia, bande di paramilitari, guardia blanca;
  3. La giustizia in tempo di guerra: tortura, discriminazioni, impunità diffusa, prigionieri politici e desaparecidos;
  4. Il contesto macro-economico della repressione: megaprogetti di sviluppo in America Latina (ALCA, Plàn Colombia ecc.) e loro impatto sul Chiapas (Plàn Puebla-Panamà);
  5. Due casi emblematici di repressione violenta e di impunità: l’assassinio dell’avvocatessa Digna Ochoa e l’incarceramento del Generale Josè Francisco Gallardo.

Oltre 500 anni di lotte indigene

 

"Noi siamo il prodotto di 500 anni di lotte: prima contro la schiavitù, poi, durante la Guerra di Indipendenza contro la Spagna capeggiata dai ribelli, poi per evitare di essere assorbiti dall’espansionismo Nord Americano; poi ancora per promulgare la nostra Costituzione ed espellere l’Impero Francese dalla nostra terra; poi la dittatura di Porfirio Diaz ci negò la giusta applicazione delle Leggi di Riforma, il popolo si ribellò ed emersero i suoi leader come Villa e Zapata, povera gente proprio come noi, ai quali, come a noi, è stata negata la più elementare preparazione; così possono usarci come carne da cannone e saccheggiare le risorse della nostra patria e non importa loro che stiamo morendo di fame e di malattie curabili, e non importa loro che non abbiamo nulla, assolutamente nulla, neppure un tetto degno, né terra, né lavoro, né assistenza sanitaria, né cibo, né istruzione, che neppure abbiamo diritto di eleggere liberamente e democraticamente i nostri rappresentanti politici, né vi è indipendenza dallo straniero, né vi è pace e giustizia per noi e per i nostri figli.
Ma oggi noi diciamo BASTA!"

Prima Dichiarazione della Selva Lacandona dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
1° gennaio 1994

L’atteggiamento politico delle classi dominanti che si sono succedute nella storia messicana, dall’invasione spagnola ai nostri giorni, è stato caratterizzato da un disconoscimento delle popolazioni indigene in quanto soggetti di diritto. In altre parole, gli Indios sono sempre stati considerati minoranze da uniformare e omologare alla cultura, all’economia e allo stile di vita egemoni e, per questa via, da fare scomparire.

Gli interessi economici legati alle risorse presenti sui territori indigeni giocano naturalmente un ruolo fondamentale in questo contesto. Non è un caso che l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) sia insorto, armi in pugno, il 1° gennaio 1994: questo stesso giorno entra in vigore il Trattato di Libero Commercio tra Messico, USA e Canada. Ma prima di affrontare nello specifico l’attuale situazione politica in Chiapas può risultare utile un breve excursus storico che, senza avere la pretesa di essere esaustivo, ripercorra alcune tappe fondamentali della lotta degli indigeni per la difesa della propria identità e per l’inclusione a pieno titolo nel Messico come soggetti di diritto.

Dai conquistadores a Zapata

La popolazione messicana oggi è costituita essenzialmente dalla mescolanza di razze indigene e di spagnoli giunti all’epoca delle conquiste (meticci), oltre che da discendenti di spagnoli nati in Messico (criollos). In questo contesto, le numerose e diversificate popolazioni indigene originarie hanno comunque conservato in tutto il territorio messicano (e americano in genere) una loro significativa presenza dal punto di vista linguistico, culturale e religioso.

Dall’epoca dei conquistadores, la lotta degli Indios per la difesa della propria cultura, della propria dignità e dei propri territori è rimasto uno dei fili conduttori di 500 anni di storia americana.

In anni più recenti, con la nascita dello stato messicano, sia nella prima Costituzione dello Stato Federale del Messico (1824) sia nella successiva Costituzione Federale del 1857, la "questione indigena" viene essenzialmente ignorata: per la legge, gli indigeni in quanto indigeni non esistono e se esistono devono assoggettarsi a norme e valori alieni alla loro cultura.

Nell’epoca della rivolta contro la dittatura porfirista (1910) gli indigeni partecipano attivamente alla lotta, appoggiando i programmi dei gruppi rivoluzionari, guidati da Villa e Zapata, che prevedevano la restituzione della terra ai legittimi proprietari e la creazione di meccanismi di esercizio locale del potere. Ma anche queste aspettative vengono sostanzialmente tradite perché, nonostante la Costituzione della Repubblica del 1917 preveda il diritto alla terra anche per gli Indios (con l’introduzione delle comunità agrarie o ejidos), di fatto continua a non prevedere un riconoscimento giuridico specifico del diritto all’autodeterminazione delle popolazioni indigene.

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e il Convenio 169

Questa situazione si trascina essenzialmente immutata fino al 1988, quando l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, di cui il Messico fa parte, approva un documento relativo alle popolazioni indigene e tribali che viene ratificato dal Senato della Repubblica e dal potere esecutivo federale messicano nel 1990 (con modifica dell’art. 4 della Costituzione). Il documento (Convenio 169), afferma ufficialmente la pluriculturalità della nazione messicana, il diritto di proprietà e di sfruttamento delle terre da parte delle comunità indigene e il diritto delle comunità di essere consultate dal Governo in tema di risorse minerarie di proprietà dello Stato e di sfruttamento del sottosuolo, ma prevede soltanto un riconoscimento indiretto delle popolazioni indigene come soggetti collettivi di diritto. Infatti benché, per un effetto a cascata, la ratifica del Convenio 169 comporti tutta una serie di riforme delle leggi federali e statali in materia di accesso alle risorse naturali, agrarie e forestali e di protezione dell’ambiente, di diritti culturali e di diritti d’autore, fino a prevedere una revisione della legge organica della Pubblica Amministrazione Federale, non vengono mai realizzate le condizioni per l’esercizio reale dei diritti formalmente riconosciuti. Per fare solo un esempio, nonostante la riforma della legislazione penale preveda il diritto dell’indigeno sottoposto a processo di avvalersi di un mediatore linguistico-culturale, di fatto non esiste a tutt’oggi un’istituzione in grado di garantire questo diritto.

Il levantamiento dell’EZLN e la nascita del Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale

La situazione di stallo e il continuo aggravarsi delle condizioni di vita indigene spingono l’EZLN all’insurrezione armata (il cosiddetto levantamiento) il 1° gennaio 1994.

Dopo undici anni di clandestinità, l'EZLN irrompe in sette città del Chiapas e dichiara guerra al Governo Messicano. È un esercito composto da alcune migliaia di ribelli male armati, indigeni Tzotziles, Tzeltales, Choles, Tojolabales e Mames. La guerra dura soltanto 12 giorni, ma vede momenti di duri scontri che hanno il loro apice nella battaglia di Ocosingo, nella quale muoiono decine di soldati e di indigeni. L'Esercito Federale dispiega immediatamente oltre 25.000 soldati e l'EZLN si trova ben presto costretto a ripiegare nella selva e sulle montagne. L'allora Presidente del Messico, il priista (cioè appartenente al Partito Rivoluzionario Istituzionale, inizialmente portatore di valori progressisti ma ben presto sclerotizzatosi in una gestione corrotta, burocratica e clientelare del potere) Salinas, dichiara alla nazione che non si tratta di una ribellione indigena e offre il "perdono" a tutti coloro che avrebbero deposto le armi. La risposta dell'EZLN è molto chiara: "Di che cosa dovrebbero perdonarci?". E aggiungono: "Siamo consapevoli che la guerra da noi dichiarata è una misura ultima ma giusta. I dittatori esercitano una guerra genocida non dichiarata contro i nostri popoli da molti anni".

Per iniziare i negoziati di pace L'EZLN pone alcune condizioni:

  • riconoscimento come forza belligerante;
  • cessazione del fuoco da ambo le parti;
  • ritiro delle truppe federali;
  • fine dei bombardamenti indiscriminati;
  • formazione di una commissione nazionale di intermediazione.

Il 12 gennaio 1994, a soli dodici giorni dal levantamiento, oltre centomila persone marciano su Città del Messico contro la guerra nel Chiapas e in favore del dialogo. Lo stesso giorno il Presidente Salinas ordina il cessate il fuoco. Da questo momento l'EZLN inizia a lanciare le sue battaglie attraverso i mezzi di comunicazione.

Dal 21 febbraio al 2 marzo 1994 hanno luogo i primi negoziati di pace tra il Governo del Messico e l'EZLN, noti come "Dialoghi della Cattedrale". Il Governo nomina Commissario per la pace nel Chiapas l'allora Ministro degli Esteri Manuel Camacho Solìs; gli altri interlocutori sono una delegazione di quattordici zapatisti, capeggiata dal subcomandante Marcos, mentre il ruolo di mediatore fra le parti è ricoperto dal vescovo di San Cristòbal, Samuel Ruiz Garcìa. Il Governo propone un accordo di 34 punti e l'EZLN decide di sottoporlo alle comunità indigene. Ma un fatto gravissimo, l'assassinio di un candidato alla Presidenza dello Stato del Chiapas, porta all’interruzione dei negoziati. Gli zapatisti dichiarano di non poter trattare con assassini e rifiutano la proposta governativa. Ma non si fermano qui: il 10 giugno l'EZLN rende nota la "Seconda dichiarazione della Selva Lacandona" con cui convoca la Convenzione Nazionale Democratica (CND) e, per la prima volta, cerca un dialogo diretto con la società civile. La convocazione ha un enorme successo, tanto che la Convenzione vede la partecipazione di circa settemila messicani, di centinaia di osservatori internazionali e di numerosi rappresentanti dei mezzi di comunicazione. I lavori della CND si svolgono dal 5 al 9 agosto del 1994 con l’obiettivo di creare un governo di transizione in Chiapas e un nuovo Congresso Costituente.

Nel dicembre dello stesso anno diviene Presidente del Messico Ernesto Zedillo, il quale si dichiara disposto ad aspettare "giorni, settimane, mesi" pur di raggiungere un accordo di pace, benché non faccia nulla per allentare l’assedio militare in Chiapas. Allora il 19 dicembre L'EZLN, senza sparare un colpo, compare in 38 municipi dello Stato e li dichiara "autonomi e ribelli". Nello stesso giorno crolla l'economia messicana e il Peso si svaluta.

Sempre a dicembre il Governo decide di riconoscere la Commissione Nazionale di Intermediazione (CONAI), capeggiata dal Vescovo Samuel Ruiz e formata da eminenti personalità messicane, come organismo di mediazione. Segue una tregua che dura fino alla fine dell'anno. Con il 1995, nonostante le nuove promesse di conciliazione, Zedillo inizia una campagna diffamatoria nei confronti dell'EZLN, accusandolo di volere la guerra e non la pace, cui fa seguire in febbraio un ordine di offensiva militare contro le comunità ribelli, giustificandolo con l'esigenza del "recupero della sovranità nazionale". L'EZLN non ha altra scelta che ripiegare. L'offensiva è molto violenta e caratterizzata da detenzioni di decine di civili accusati di "zapatismo", assassinii, violazioni dei diritti e saccheggi di villaggi, che causano oltre trentamila sfollati. Il primo di marzo una mobilitazione a Città del Messico e in altre città messicane contesta la guerra. Alcuni giorni dopo il Congresso dell'Unione approva la Legge per il Dialogo, la Conciliazione e la Pace Degna in Chiapas, che stabilisce le regole con le quali il Governo avrebbe dovuto gestire la negoziazione con gli zapatisti. Il 9 aprile 1995 viene firmata la dichiarazione congiunta di San Miguel, che va oltre la legge del Governo in quanto definisce le regole del dialogo condivise da entrambe le parti. Ciò consente effettivamente la ripresa dei negoziati di pace, che proseguono per mesi, fra accordi e disaccordi. È in questo contesto che l'8 giugno del 1995, per dare impulso al dialogo, l'EZLN propone alla società civile un grande dibattito nazionale su alcuni temi cruciali:

  • richieste del popolo messicano;
  • necessità o meno di un fronte di opposizione e di una radicale riforma politica;
  • futuro dell'EZLN.

La risposta di un milione e trecentomila persone è la richiesta all'EZLN di convertirsi in una forza politica indipendente e nuova. Coerentemente con questa richiesta, il primo gennaio del 1996 (secondo anniversario del levantamiento) l'EZLN risponde con la "Quarta dichiarazione della Selva Lacandona", nella quale promuove la formazione del Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale (FZLN), "una nuova forza politica civile e pacifica, indipendente e democratica, che lotta per la democrazia, la libertà e la giustizia in Messico", una forza che non sia un partito politico e che "non aspiri alla presa del potere". Nella stessa Dichiarazione gli zapatisti affermano definitivamente il valore della "parola" come loro principale arma: "Il fiore della parola non morirà. Può morire il volto occulto di chi oggi la pronuncia, ma la parola che venne dal fondo della storia e della terra non potrà più essere strappata dalla superbia del potere."

Gli accordi di San Andrés

La situazione sembra avviarsi a una risoluzione quando, il 16 febbraio 1996, il Governo Federale, una commissione parlamentare formata da deputati e da senatori di tutti gli schieramenti politici e l’EZLN firmano nel municipio chiapaneco di San Andrés Larràinzar quattro documenti noti come "Accordi di San Andrés". In essi il Governo messicano riconosce che "i popoli indigeni sono stati oggetto di assoggettamento, disuguaglianza e discriminazione, che hanno determinato una situazione strutturale di povertà, sfruttamento ed esclusione politica" e che "per superare questa realtà sono necessarie nuove iniziative radicali, sistematiche, partecipative e convergenti da parte del Governo e della società, comprese le stesse comunità indigene". Nello stesso tempo riconosce che "è necessaria la partecipazione dei popoli indigeni affinché siano attori fondamentali delle decisioni che riguardano la loro vita e riaffermino la loro condizione di messicani…che hanno conquistato di diritto", e che "questa nuova relazione deve superare la tesi dell’integrazionismo culturale per riconoscere i popoli indigeni come nuovi soggetti di diritto, nel rispetto delle loro origini storiche, delle loro richieste, della pluriculturalità della nazione messicana e degli accordi internazionali sottoscritti dal Messico, in particolare il Convenio 169 della OIL".

Come conseguenza, gli indigeni messicani avrebbero potuto decidere la loro forma di governo e i loro modi di organizzazione politica, sociale, economica e culturale, impegnandosi lo Stato a:

  • allargare la partecipazione e la rappresentanza politica degli indigeni a livello locale e nazionale;
  • dare impulso a riforme politiche e legislative;
  • riconoscere i diritti politici, economici, sociali e culturali degli indigeni;
  • assicurare il loro pieno accesso alla giustizia davanti agli organi statali;
  • riconoscere i loro sistemi normativi interni per la soluzione dei conflitti così come le loro peculiari forme di organizzazione con l’obiettivo di includerle nel diritto positivo del Messico;
  • promuovere le loro manifestazioni culturali.

In particolare, lo Stato si impegna ad assicurare istruzione e formazione, garantire la soddisfazione dei bisogni primari, incentivare la produzione e l’occupazione e tutelare gli indigeni migranti. Gli Accordi di San Andrés includono infine una riforma della Costituzione Federale e del sistema giuridico per garantire alle comunità lo status di soggetti di diritto pubblico; il diritto dei municipi con popolazione a maggioranza indigena ad associarsi liberamente; la partecipazione indigena alle attività di governo, garantendo che nelle legislazioni dei singoli Stati della Repubblica sarebbero state stabilite la libera determinazione e l’autonomia dei popoli indigeni.

La proposta di legge della Commissione di Concordia e Pacificazione (COCOPA)

Poiché, dopo la firma degli Accordi, il tempo passava e il Governo non mostrava nessuna volontà di prestarvi fede, nel settembre dello stesso anno l’EZLN sospende i negoziati, annunciando che li avrebbe ripresi soltanto se fossero stati rispettati gli impegni precedentemente assunti. E’ in questo clima che si forma la Commissione di Concordia e Pacificazione (COCOPA, composta da esponenti di tutte le forze politiche del Congresso dell’Unione) che, in accordo con le parti in conflitto, elabora una proposta di riforma che possa soltanto essere approvata o rifiutata dalle stesse, ma non modificata. L’obiettivo è quello di evitare negoziati interminabili, come di fatto cerca di fare il Governo Federale. Nel novembre del 1996 la COCOPA consegna alle parti la sua proposta di riforma. L’EZLN, benché tale proposta non accolga in toto gli accordi di San Andrés, decide di accettarla per favorire la ripresa del dialogo. Il Governo Zedillo, dal canto suo, inizialmente rifiuta questa proposta, e quando già è pubblico che l’EZLN l’ha accettata, prima prende tempo per analizzarla, poi il 20 dicembre dello stesso anno presenta una controproposta con numerosi emendamenti, che all’inizio del 1997 l’EZLN definisce inaccettabile. Il clima politico si infiamma e così si mantiene durante tutto il 1997, mentre tanto la repressione quanto la persecuzione nelle regioni indigene si acuiscono sino a sfociare nel massacro di Acteal: il 22 dicembre 1997 un gruppo di 60 paramilitari priisti armati pesantemente inizia una violenta offensiva contro gli sfollati di Las Abejas e i simpatizzanti zapatisti rifugiatisi ad Acteal (Municipio di Chenalhò), lasciando sul terreno perlomeno 25 feriti da arma da fuoco e 45 cadaveri mutilati, tra cui 21 donne e 14 bambini. Il centro per i diritti umani Fray Bartolomé de las Casas denuncia che elementi della Sicurezza Pubblica sono rimasti a 200 metri dal luogo del massacro senza intervenire.

I contenuti dell’iniziativa di legge della COCOPA vengono sistematicamente rigettati dal governo federale, tanto che il 15 marzo 1998 il Governo Zedillo presenta unilateralmente al Congresso dell’Unione un’ulteriore iniziativa di riforma della Costituzione che si allontanava decisamente dagli accordi di San Andrés e che contraddiceva la proposta della COCOPA. Ciò ha come diretta conseguenza la creazione di un ostacolo insormontabile alla costruzione della pace e porta nuovamente il paese sull’orlo della guerra.

Il Partito di Azione Nazionale di Vicente Fox al potere — la Marcia per la Dignità Indigena

La possibilità di riallacciare il dialogo sembra finalmente riaffacciarsi con la conquista del Governo Federale da parte del PAN (Partito di Azione Nazionale, paragonabile per molti aspetti al Polo delle Libertà in Italia) dopo 72 anni di governo del PRI.

L’EZLN pone al nuovo Governo tre condizioni per la ripresa del dialogo:

  1. la liberazione dei prigionieri politici;
  2. lo smantellamento di 7 dei 256 accampamenti militari in Chiapas;
  3. la ratifica degli accordi di San Andrès.

L’attenzione della società messicana e internazionale durante i mesi delle elezioni e anche in seguito non viene mai meno, soprattutto perché l’attuale Presidente della Repubblica, Vicente Fox, durante la campagna elettorale promette più volte che, se avesse vinto, avrebbe fatto in modo che gli accordi di San Andrés fossero rispettati. Le stesse promesse vengono ribadite dopo il suo insediamento avvenuto il 2 dicembre 2000. Le aspettative alimentate sono tali che l’EZLN e il CNI (Congreso Naciònal Indigena) nel marzo 2001 danno vita alla "Marcia per la dignità indigena" per promuovere e sostenere l’iniziativa della COCOPA.

LaMarcia attraversa 12 stati messicani da San Cristòbal a Città del Messico e vede la partecipazione dialcune migliaia di persone, fra cui 24 comandanti dell’EZLN disarmati, compreso il subcomandante Marcos, e centinaia di persone della società civile nazionale e internazionale. A Città del Messico la Camera dei Deputati, dopo un durissimo dibattito interno, apre la tribuna agli zapatisti e al CNI affinché possano esprimere le ragioni della loro mobilitazione. La Marcia segna un mutamento significativo nel ruolo dell’EZLN, che diviene guida politica riconosciuta da parte di tutte le realtà indigene messicane (non solo zapatiste e non solo chiapaneche).

Il Governo Fox, rispetto alle tre condizioni per la ripresa del dialogo, si comporta però in modo ambiguo:

  1. libera tutti i prigionieri politici tranne 9;
  2. smantella i 7 accampamenti limitandosi però a spostare i soldati nei rimanenti 249, senza dunque diminuire la pressione militare in Chiapas quanto a numero di effettivi presenti sul territorio;
  3. presenta al Senato il progetto di legge elaborato dalla COCOPA ma non lo difende; lascia che i senatori lo modifichino in parti sostanziali, e quando viene approvata la riforma (il 25 aprile 2000 dal Senato e tre giorni dopo anche dalla Camera dei Deputati) lo stesso Presidente Fox si affretta a complimentarsi per il lavoro svolto.

Il mancato rispetto delle promesse, malcelato da risposte di facciata perlopiù sbandierate come segnali di reale cambiamento dei rapporti con le comunità indigene rispetto ai governi precedenti, riduce nuovamente a zero tutti gli sforzi compiuti. Nonostante il successo in termini di mobilitazione di grandi masse popolari (contadini, operai, studenti, intellettuali) della "Marcia per la dignità indigena", dopo l’approvazione da parte del Parlamento Federale, la "legge truffa" viene inviata ai Governi degli Stati per la sua ratifica e, infine, promulgata. L’entrata in vigore di questa legge sancisce la rottura del dialogo per la soluzione pacifica del conflitto, rottura che continua anche ai nostri giorni. Da allora l’EZLN si è chiuso in un sofferto silenzio di protesta, benché continui a lavorare, anche sul piano giuridico, per dimostrare l’illegalità e l’incostituzionalità della "ley indigena" approvata.

Situazione attuale

Il tradimento del Governo Fox ha avuto come prevedibile conseguenza il continuo peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni indigene messicane, non solo abbandonate a se stesse dalle Istituzioni, ma, cosa ancora più riprovevole, lentamente massacrate dall’acuirsi della cosiddetta "guerra a bassa intensità" o "guerra sporca", una modalità di repressione attuata dal Governo Federale che, pur non prevedendo lo scontro dichiarato e aperto di due eserciti contrapposti, mantiene una situazione di costante persecuzione attraverso i seguenti strumenti:

  • oppressione militare, paramilitare e poliziesca caratterizzata da violenze e violazioni continue dei diritti e garantita dall’impunità;
  • fantomatiche politiche di sviluppo (educativo, sanitario, agricolo ecc.) che discriminano chi appoggia il governo e chi no e che mirano a rompere l’unità della ribellione;
  • processi sommari a ribelli o presunti tali;
  • manipolazione e controllo dei mass media.

Nel prossimo articolo approfondiremo proprio le attuali condizioni di vita nelle comunità zapatiste.

 

Roberto De Maria (robertodm@virgilio.it)

Christian Elevati (ailender@tiscali.it)

 

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"Lo scenario macroeconomico della ribellione indigena in Chiapas"
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