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DS E ULIVO
nelle tesi per il V congresso del PRC


Sintesi del dibattito

Le due tesi polemizzano indirettamente sulla natura dei DS, ma nella realtà non differiscono molto nel valutare la caratterizzazione sociale di quel partito: ambedue considerano ormai conclusa la traiettoria che l'ha portato al di fuori della socialdemocrazia. L'emendamento alle tesi di minoranza, dell'area che fa riferimento alla rivista Falce e Martello, invece si differenzia seccamente asserendo il carattere socialdemocratico dei DS, facendo discendere questo giudizio dalla capacità che il partito dei DS mantiene, pur con crescente difficoltà, di controllo sulle masse subalterne. Le conseguenze politiche che le diverse tesi traggono da questa analisi la si può seguire nella relativa scheda: La proposta politica del PRC.


La nostra posizione

Condividiamo su questo punto la posizione di Falce e Martello. Abbiamo numerose volte argomentato questa posizione (ad esempio in Risposta a Paul). Dunque rimandiamo all'emendamento e ai nostri articoli.


Stralci dalle
Tesi di maggioranza

"il centrosinistra "mondiale", da Clinton a Blair, ha fallito nella sua scommessa principale, quella di realizzare un neoriformismo di tipo liberista, sia pure graduale e temperato. In Italia, questo fallimento ha assunto la fisionomia di scelte economiche, sociali e istituzionali distinguibili da quelle del centrodestra soltanto dal punto di vista quantitativo: in particolare, ha prevalso la logica delle privatizzazioni, delle liberalizzazioni, del progressivo deperimento del ruolo redistributivo dello Stato, della subalternità ai grandi potentati economici."

"Nel dibattito interno che ha preceduto il congresso, il "correntone" che si è contrapposto alla maggioranza di D'Alema e Fassino, non ha espresso, come tale, né un'ipotesi strategica né una linea politica alternative, come tali riconoscibili. E sulla guerra globale di Bush, mentre la deriva neoatlantica della nuova leadership si manifestava con accentuata nettezza ideologica, è emersa una differenza, non una vera lotta politica e ideale. Tuttavia le varie espressioni della sinistra Ds, oltre che dello schieramento verde, vanno considerate con attenzione quando si sottraggano ad una deriva neoliberale ed incontrino le istanze di lotta contro il liberismo e contro la guerra. Più in generale, i gruppi dirigenti della sinistra moderata appaiono non solo incapaci di uscire dalla gabbia dell'alleanza di centrosinistra e di avviare una revisione critica del proprio orizzonte liberale e liberista, ma sostanzialmente prigionieri di una continua rincorsa verso il centro, e verso la ricollocazione neocentrista dell'Ulivo. La crisi d'identità e di fisionomia dei Ds, che tormenta il partito ormai da più di dieci anni - dalla svolta della Bolognina e dallo scioglimento del Pci - si va sciogliendo quasi interamente in direzione liberale e centrista."

Vedi TESI 30


Stralci dalle
Tesi di minoranza

"Il centrosinistra non ha dunque rappresentato semplicemente una cattiva politica del movimento operaio e della "sinistra italiana", ma un'espressione politica della grande borghesia. A sua volta l'apparato DS, come architrave del centrosinistra, ha costituito un tassello decisivo del disegno borghese degli anni Novanta: quale mezzo di arruolamento subalterno nel centrosinistra di una parte importante delle masse lavoratrici."

"Sul piano politico, proprio l'evoluzione liberale della socialdemocrazia DS e la crescente ramificazione delle sue relazioni dirette coi poteri forti, ha acuito progressivamente la concorrenza interna tra apparato DS e centro borghese tradizionale dell'Ulivo: la lotta per l'egemonia di un costituendo "partito democratico" quale rappresentanza centrale con base di massa della borghesia italiana ha rappresentato un elemento di instabilità tellurica della coalizione."

"I DS attraversano la crisi più profonda della loro storia politica. Questa crisi non nasce dalla gravità della sconfitta elettorale o dall'esito fallimentare della prima esperienza di governo. Nasce dal fatto che quella sconfitta si produce nel momento più delicato di un processo di mutazione storica dei DS: da partito socialdemocratico, strumento di controllo del movimento operaio per conto della borghesia, a partito democratico liberal borghese rappresentanza diretta di poteri forti della società."

"Ciò non significa la scomparsa di ogni eredità della socialdemocrazia (presenza nel quadro attivo del movimento operaio, rapporto con l'apparato sindacale, presenza all'interno dello stesso apparato DS di tendenze socialdemocratiche quali l'area di Socialismo 2000 e la Sinistra Ds). Significa che quelle presenze e funzioni, per quanto rilevanti, non sono più il baricentro del partito né la base materiale della relazione dei DS con la borghesia."

Vedi: Tesi 16/Tesi 20


Stralci dall'emendamento alla
Tesi di minoranza

"Negli anni '80 e '90 abbiamo visto ovunque la crisi e il crescente slittamento delle forze socialdemocratiche su posizioni sempre più moderate."

"Sarebbe tuttavia sbagliato vedere in questo fenomeno qualcosa di radicalmente nuovo, o un cambiamento qualitativo rispetto alla storia passata della socialdemocrazia internazionale."

"L'essenza della socialdemocrazia, infatti, non è né è mai stata quella di proporre "le riforme" sempre e comunque, oppure quella di prefigurare una linea gradualista, ma pur sempre orientata alla transizione socialista. Sostenere questa analisi significa in ultima analisi idealizzare la socialdemocrazia del passato, la quale invece non si è mai fatta scrupoli nel sostenere le peggiori politiche della borghesia, in particolare nei periodi di crisi sociale ed economica (basti pensare alle responsabilità della socialdemocrazia nella Prima guerra mondiale, nella repressione della rivoluzione tedesca del 1919, nelle imprese coloniali dell'imperialismo francese e britannico in particolare, ecc.)"

"L'essenza della politica socialdemocratica, ossia della politica e dell'ideologia degli apparati che dominano il movimento operaio e sindacale, è sempre stata quella di "rappresentare", mediare e trattare gli interessi della classe lavoratrice all'interno delle compatibilità economiche e politiche del sistema capitalista. L'aspetto dominante della politica socialdemocratica non sono quindi le "riforme", ma è l'adattamento passivo a questa società. La socialdemocrazia è stata pacifista nei periodi di pace, ha accettato la guerra nei periodi di conflitti, è stata keynesiana nel periodo di espansione economica postbellica e liberista negli ultimi due decenni. In questo senso, non si distingue affatto da qualsiasi altro partito democratico borghese. L'aspetto decisivo che la distingue è la propria capacità di egemonizzare e controllare la classe lavoratrice, non solo e non tanto nel senso di conquistarne i voti nelle elezioni, ma di controllare le organizzazioni dei lavoratori a partire dai sindacati e di esercitare quindi un controllo sulle loro mobilitazioni."

La domanda che dovremmo porci è: ammesso che la socialdemocrazia si fosse effettivamente trasformata in un partito liberaldemocratico, attraverso quali canali si esprime oggi l'organizzazione politica della classe lavoratrice? Possiamo affermare seriamente che in Italia, Germania, Grecia, Spagna, Gran Bretagna, ecc. le uniche forze politiche che hanno un legame con la classe lavoratrice sono i partiti comunisti (che nel caso della Gran Bretagna è semplicemente inesistente, e in quasi tutti gli altri paesi, inclusa l'Italia, vedono una forte crisi del proprio radicamento operaio)?
L'egemonia socialdemocratica sul movimento operaio può mutare anche profondamente le proprie forme, può attraversare momenti di crisi e di caduta verticale della propria autorità (come è stato il caso dell'Italia negli scorsi due anni), ma non verrà cancellata, né può semplicemente crollare su se stessa, senza lasciare nulla e limitandosi ad aprire una voragine politica. Essa può sparire solo se verrà costruita un'alternativa conseguente, comunista e rivoluzionaria che sappia soppiantarla attraverso una battaglia sistematica e di lunga durata per quella che veniva in passato definita "la conquista della maggioranza", ossia la conquista da parte dei comunisti di una posizione dirigente riconosciuta nei settori decisivi della classe lavoratrice, a partire dalle sue avanguardie.

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