La riforma scolastica della destra.
Analisi del disegno di ristrutturazione della scuola pubblica portato avanti dalla destra. REDS. Gennaio 2002.


 

Nell'impostare e difendere la loro riforma decisamente classista della scuola italiana, gli uomini e le donne del centrodestra, dalla ministra Moratti al "Gruppo Ristretto di lavoro" presieduto dal prof. Bertagna che ha elaborato la proposta di riforma, citano addirittura don Milani (1).

A pagine 16 de L'ipotesi elaborata dal Gruppo Ristretto di Lavoro si legge:

Don Milani era solito ricordare che nulla è più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali. Dare di più e meglio a chi ha meno e peggio è uno dei principi generali cui il Grl ha cercato di ispirare la proposta di riforma del sistema educativo di istruzione e di formazione. La giustizia intesa come equità non si promuove, infatti, con l'uniformità distributiva, ma con la differenziazione individualizzata degli interventi e dei servizi. Ciascuno deve essere posto nelle condizioni di sviluppare al meglio le proprie capacità e di trovare una pertinente valorizzazione delle proprie attitudini. Ciò che vale per i soggetti, vale anche per le istituzioni, nel senso, ad esempio, che le istituzioni del sistema di istruzione e quelle del sistema di formazione non possono svolgere il loro servizio educativo negando, o comprimendo, le specificità epistemologiche, metodologiche e pedagogiche che le devono caratterizzare, bensì avvalorandole, per porle a disposizione del massimo sviluppo possibile dei soggetti che le scelgono.

Traduzione: chi la sorte ha fatto nascere in una famiglia proletaria o comunque di bassa estrazione sociale non può sperare di giungere, se non in rari casi, ai massimi livelli dell'istruzione; l'accesso all'istruzione non può essere uguale per tutti, perché le capacità e le attitudini dipendono dalle appartenenze socio-ambientali, che non sono uguali per tutti. Formulazione che riprende in termini più melliflui e ipocriti l'antico motto antipopolare: "C'è chi è nato per studiare e chi è nato per lavorare". La scuola deve conseguentemente attrezzarsi perché ciascuno abbia e dia al massimo delle sue potenzialità, che sono ampiamente determinate dalla nascita. Ovvero, si deve distinguere, anche a livello e di sistemi di strutture (cioè di scuole, programmi e finalità) tra istruzione e formazione professionale, che devono avere caratteristiche proprie e particolari ("specificità epistemologiche") per soddisfare le esigenze dei giovani che vi accedono (per un'analisi puntuale delle questioni vedi le schede sulla proposta Bertagna e quella sulla sintesi finale dopo la conclusione degli "Stati generali", redatte per una mailing list di RSU della CGIL-scuola di Milano. Un'ampia documentazione delle posizioni critiche e delle iniziative di opposizione alla riforma Moratti è reperibile sul nuovo numero di Filirossi).

E' corretta questa interpretazione o è una nostra illazione? La ministra Moratti e i membri del suo entourage sono soliti rispondere alle critiche dicendo che sono false e infondate, che loro perseguono soltanto il bene di ciascuna persona. Ma come interpretare diversamente affermazioni come le seguenti, contenute anch'esse nel rapporto della commissione Bertagna?

[...] Negli ultimi vent'anni, tutte le ricerche di psicologia, sociologia ed economia dell'educazione hanno dimostrato che la causa principale dei fallimenti scolastici non è, in genere, la scuola, ma l'extrascuola, in particolare l'ambiente sociale e familiare di provenienza degli alunni. [...] L'imponente mole di conoscenze scientifiche sull'infanzia maturate in un secolo ha insegnato che la qualità dell'educazione successiva è potentemente condizionata da quella ricevuta nella prima e nella seconda infanzia. [...] La quarta strategia per promuovere equità è stata identificata nelle modalità di definizione dei piani di studio [...] l'esigenza della personalizzazione dei percorsi di apprendimento ha consigliato di prevedere itinerari didattici a tre diverse velocità, che si differenziano e si ricombinano a vicenda, a seconda delle necessità individuali. Un itinerario è quello obbligatorio per tutti. La garanzia dell'integrazione sociale e culturale per tutti e di tutti. Un altro è facoltativo, meglio è obbligatoria la sua offerta da parte delle scuole riunite in rete, mentre è facoltativo [...] il suo consumo, nei modi e nei tempi adatti a ciascuno. L'ultimo non finge che la scuola sia l'unico ambiente di apprendimento esistente nel sociale, ma tematizza il contributo specifico che le esperienze e le opportunità formative dell'extrascuola possono garantire al raggiungimento del profilo educativo, culturale e professionale finale atteso per lo studente alla fine del ciclo di studi e delle conoscenze e delle abilità nelle quali esso si articola nelle previste scansioni biennali dei piani di studio.

Non c'è dubbio: quel che si dice è che ci sono bambini e bambine che possono andare a una velocità ridotta rispetto ad altri e ad altre! Quindi non solo gli interventi didattici debbono essere differenziati (i programmi, le materie, ecc.), ma anche i sistemi e le strutture (i gruppi-classe, le scuole, gli istituti, ecc.). In base alle diverse velocità, che come è riconosciuto dipendono dall'estrazione sociale, si deve prevedere un alleggerimento complessivo del tempo-scuola obbligatorio e riservare fin dalle elementari alla libertà individuale (cioè delle famiglie), la scelta e la possibilità di un incremento di conoscenze e competenze. Tra l'altro non è neppure necessario che esse siano conseguite a scuola. In breve la scuola deve garantire a tutti i minimi essenziali di istruzione, indispensabili alla "integrazione sociale e culturale per tutti e di tutti"; le reti di scuole e l'extrascuola un surplus facoltativo la cui congruenza e adeguatezza saranno valutate con verifiche periodiche ogni due anni.

Questa è la premessa a quella che è la chiave di volta dell'intera riforma: la netta separazione tra istruzione secondaria superiore e formazione professionale, a cui si accede nei fatti per estrazione sociale. Questo è il tasto su cui batte incessantemente la borghesia italiana: un sistema che punti all'eccellenza per i figli della borghesia, con la rivalutazione del liceo meritocratico, e alle abilità manuali per i proletari.

L'argomento del "doppio canale", istruzione e formazione, lo si ritrova nel manifesto programmatico della destra borghese - Scuola libera! - sottoscritto un paio d'anni fa tra gli altri dalla stessa Moratti, nel quale si legge: "Noi riteniamo che siano in coerenza con l'iniziativa che sollecitiamo e con il bene delle nostre strutture scolastiche: a) ogni riforma che favorisca la differenziazione dei percorsi formativi contro la tendenza all'omogeneizzazione sin qui seguita; b) la realizzazione, in particolare, di un serio canale di formazione professionale. La sua mancanza costituisce un gap dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei. La sua realizzazione consentirebbe, tra l'altro, di riconquistare allo studio tanti giovani (la maggioranza) che oggi lo abbandonano; c) ogni intervento volto a migliorare seriamente la qualità dell'insegnamento e la reintroduzione di criteri che valorizzino il merito nella scuola e la coerenza dei diversi percorsi scolastici". Tra i firmatari del manifesto c'è uno dei massimi ideologi della borghesia conservatrice, l'editorialista del Corriere della Sera Angelo Panebianco, che oggi difende a spada tratta l'impianto della riforma Moratti-Bertagna, ripetendo in pratica lo stesso ritornello di allora. E' con tono apodittico che si esprime in un articolo del 20 dicembre.

Diciamo subito che la sua proposta [della Moratti] di riforma dei cicli scolastici è nettamente migliore di quella in precedenza varata dal centrosinistra. Soprattutto perché prevede l'introduzione, dopo la scuola media inferiore, del canale professionale (dal livello più basso fino a quello della massima qualificazione). L'assenza di quel canale pesava negativamente sul Paese, sia perché lasciava una parte assai ampia dei nostri giovani senza preparazione alcuna, sia perché finiva per scaricare sulla scuola compiti che non le appartengono. Il fatto che una sinistra «idealistica», gentiliana, amante solo delle «belle lettere» (e a volte neppure di quelle), e che ha da sempre in uggia la formazione professionale, faccia le barricate e parli del doppio canale (scolastico e professionale) dicendo sciocchezze sulla «scuola dei ricchi» e «sulla scuola dei poveri», non dovrebbe spaventare il ministro. Era previsto.

E' un chiaro invito al governo di centrodestra di procedere con decisione nel progetto di riforma scolastica senza peroccuparsi delle obiezioni (2). Sui risvolti politici ed educativi di questo programma rimandiamo a un articolo del maggio scorso, ripreso da Filirossi, La scuola e il governo della destra, e ad uno del settembre scorso, critico nei confronti della rivalutazione del modello scolastico meritocratico e gentiliano (con buona pace di Panebianco), Contro il liceo classico.

Il governo di centrodestra lo porta avanti a passo di carica il suo progetto! Lo si è potuto vedere nella grande kermesse degli Stati generali del 19-20 dicembre, che si è conclusa con una parata massmediatica nella quale non c'era posto per le critiche: non erano presenti gli studenti, né gli insegnanti, né i sindacati. La spiegazione di queste assenze la si può ritrovare nelle parole di Panebianco nell'articolo sopra citato, dal significativo titolo, Gli insegnanti il vero nodo. Egli constata che la scuola italiana è allo sfascio, ma dubita che la responsabilità sia nell'aziendalizzazione:

A differenza di Mario Pirani, con cui pure spesso concordo in materia di istruzione, non penso che il «disastro», come lo ha definito su Repubblica, sia cominciato quando ci si è messi a parlare della scuola con linguaggio aziendalistico.

I mali della scuola sono da imputare alla sinistra (Berlusconi direbbe ai comunisti!):

Penso che il disastro sia iniziato molto tempo prima, negli anni Settanta, quando si cementò l'alleanza fra laureati ex sessantottini, sindacati che, per meglio manovrare il corpo docente, puntavano, con sanatorie e altri mezzi, a dequalificarlo il più possibile, e una classe politica lassista, disposta ad assecondarli. E' allora che fece le sue prime prove quel governo invisibile, che ha poi sempre governato di fatto la scuola spingendola, un passo dopo l'altro, nel tunnel della dequalificazione: un governo invisibile composto da sindacati, funzionari ministeriali sindacalizzati e pedagogisti (nella veste di ideologi). Periodicamente assistiti e coadiuvati dal solito «movimento» di studenti politicizzati. Raddrizzare questa situazione ormai compromessa è difficilissimo, forse impossibile. Ora ci prova la Moratti.

Oltre che attaccare anche sul fronte scolastico il sindacato (operazione in sintonia con la strategia governativa), ciò che gli preme è lo smantellamento delle conquiste degli anni settanta in fatto di estensione del diritto all'istruzione. In altre parole mira al superamento dell'idea egualitaria dell'istruzione, che secondo noi deve far da sostegno culturale a una scuola che concorra a "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Ma prima ancora delle critiche ai sostenitori di queste idee, Panebianco disapprova l'allestimento degli Stati Generali stessi, perché in realtà teme quei fantasmi che cerca di esorcizzare con le parole:

La convocazione, da parte del ministro della Pubblica istruzione, Letizia Moratti, degli Stati Generali della scuola non è stata, forse, una buona idea. Sia perché riunioni pubbliche di tal fatta, in genere, non servono alla scuola, sia perché, dopo Genova, non si dovrebbero più offrire palcoscenici e riflettori all'estremismo di piazza.

E' sempre la paura della piazza che, dietro i sorrisi di facciata, agita i pensieri della nostra borghesia. Prima dell'apertura degli "Stati Generali della scuola", esponenti della maggioranza e del governo hanno presentato l'iniziativa come un'opportunità di dialogo e di confronto, alla quale gli studenti e la sinistra avrebbero pregiudizialmente opposto manifestazioni "anche violente" (Giovanardi). Durante i lavori il prof. Bertagna ha detto in un'intervista a Radio3 di voler ascoltare le richieste degli studenti prima di giudicare. E' quindi uscito dal palazzo dei congressi e si è messo in ascolto, ma gli arrivavano solo confuse parole e slogan e così ha commentato: "Non riesco a capire cosa dicono, quindi...". Il presidente del consiglio, in chiusura dei lavori, ha confermato tutto l'appoggio del governo alla ministra dell'Istruzione. Tutto questo nonostante l'imponente manifestazione studentesca, che il 20 ha ripetuto decuplicata la protesta del giorno precedente.

100.000 erano gli studenti in piazza il 20 dicembre a Roma per contestare gli Stati Generali di Letizia Moratti. Sono, come si autodefiniscono, il "Quarto Stato". Con loro, che costituivano il grosso dei manifestanti, giunti a Roma da tutta Italia, erano presenti in piazza insegnanti e lavoratori della scuola, esponenti dei sindacati e dei partiti della sinistra e del centrosinistra. Come la storia insegna il "Quarto Stato" non era presente né era previsto nell'assemblea settecentesca a cui la ministra si richiama, ma è uno dei protagonisti assoluti, insieme alle donne, della storia del Novecento. Ma si sa, proprio per questo, alla destra questo secolo piace assai poco! (Vedi "La paura del Novecento").

E' proprio un grande fronte che riunisca tutte le anime della sinistra e delle forze progressiste che deve essere costruito in tempi assai rapidi per bloccare l'iniziativa del governo in campo scolastico. Studenti, insegnanti e personale ATA, genitori e società civile debbono mobilitarsi per costruire un ampio movimento di lotta che affossi questa ipotesi reazionaria che ripiomberebbe il sistema scolastico italiano agli anni cinquanta. La scuola italiana, lo ripetiamo, ha bisogno di essere riformata, non distrutta e privatizzata! Oltre alla riforma Moratti-Bertagna dei cicli scolastici, il governo ha preparato anche la riforma degli organi collegiali, che intende chiudere e sancire il processo di aziendalizzazione gerarchica delle istituzioni scolastiche avviato con l'autonomia. Tale riforma prevede l'abolizione della rappresentanza di alcune componenti (studenti e ATA) e la limitazione dei poteri di tutte per concentrarli nelle mani del dirigenti scolastici. Inoltre intende sottoporre la scuola al controllo e alle dipendenze delle realtà extrascolastiche, quali aziende, associazioni, ecc. (vedi Scheda organi collegiali) (3).

Per costruire una mobilitazione unitaria che a partire dal coinvolgimento costruttivo e partecipe dei lavoratori giunga entro febbraio-marzo a un grande sciopero generale contro la ministra Moratti, i sindacati debbono accantonare le proprie divergenze. E' necessario che ognuno faccia un passo indietro e non cerchi di caratterizzare con le proprie indicazioni politiche e le proprie parole d'ordine - nessuna delle quali è condivisa dalla maggioranza dei lavoratori, se non la difesa e la riqualificazione della scuola pubblica - il movimento che si va a costruire. Gli scioperi di sigla, sia quelli di quest'autunno contro la finanziaria, sia quelli dell'autunno scorso, non hanno sortito gli effetti desiderati, né hanno prodotto risultati confacenti alle potenzialità delle forze in campo, proprio a causa delle divisioni. Va ricostituito un movimento compatto, dal basso, come quello che nel febbraio del 2000 sconfisse il concorsone e decretò la caduta di Berlinguer.

Sarebbe sciocco che la sinistra, che nell'opposizione a una manovra ingiusta ha trovato un'unità d'azione contro quello che per molti era il "governo amico", si faccia oggi paralizzare da ripicche reciproche, rivendicazioni e velleità egemoniche e non riesca a trovare la via per un'intesa che sconfigga quello che appare a tutti come il nemico dichiarato, sul piano politico, sociale e culturale.


 

NOTE

1 - Il "Gruppo Ristretto di Lavoro" è un'equipe di professori universitari costituita dalla ministra Moratti con D.m. 18 luglio 2001, n. 672. Il GRL, dopo quattro mesi di lavoro, ha redatto Il Rapporto finale del Gruppo Ristretto di Lavoro, uscito il 28 novembre in due parti: la prima, di 81 pagine, è L'ipotesi elaborata dal Gruppo Ristretto di Lavoro, corredata da un grafico sui percorsi formativi; la seconda, di 108 pagine, è Il controllo e la discussione dell'ipotesi, e contiene le impressioni e le osservazioni provenienti dalle scuole e le raccomandazioni della ministra. Un mese dopo, a conclusione degli "Stati Generali" svoltisi al palazzo dei congressi di Roma-EUR il 19-20 dicembre 2001, è stata elaborata una Sintesi dei lavori e Raccomandazioni per l'attuazione della Riforma.

2 - Il programma politico del centrodestra in fatto di scuola, oltre che in nel manifesto Scuola libera! e nei discorsi parlamentari della ministra dell'Istruzione (vedi le dichiarazioni programmatiche del Ministro Letizia Moratti, nonché le linee guida del discorso di presentazione del programma politico del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, illustrato alla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, il 18 luglio 2001) è ben sintetizzato in un articolo della stessa Moratti, Scuola statale o privata, purché produttiva, comparso sul Sole 24 ore di mercoledì 26 settembre 2001, in occasione del meeting di Rimini di CL. Per finire e tornare all'attualità citiamo il discorso di apertura degli stati generali a Roma il 19 dicembre 2001.

3 - Il testo in 8 articoli delle "Norme concernenti gli organi di governo delle istituzioni scolastiche", del 16 novembre 2001, è reperibile all'indirizzo http://www.cgilscuola.it/riforme/proriformaorganicol.htm.