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I COMPITI DEI COMUNISTI NEL MOVIMENTO ANTIGLOBAL
nelle tesi per il V congresso del PRC


Sintesi del dibattito

Si tratta di uno dei nodi più importanti del dibattito congressuale: la relazione del partito con il movimento antiglobal. Abbiamo già visto in un'altra scheda (Il movimento antiglobal) il giudizio delle due tesi sul movimento. Da lì discendono due diversi atteggiamenti concreti. Le tesi di maggioranza sostengono la necessità che il partito sia completamente interno al movimento, senza pretese egemonizzanti, e teso a rafforzarlo e unificarlo, aderendo sostanzialmente alla sua cultura politica e alle sue modalità organizzative. Compito del partito sarebbe quello di essere lo spazio dove i militanti dei diversi movimenti si incontrano, trovando un senso comune e una prospettiva unitaria sul piano del politico, anche attraverso la formazione di una piattaforma sociale comune. Le tesi di minoranza concordano sulla necessità di essere interni al movimento, ma poiché ne ritengono "riformista" la direzione e la cultura politica assegnano al partito il compito di lottare per l'egemonia politica al suo interno nell'intento di sconfiggerne l'attuale direzione e imprimergli una netta sterzata in senso anticapitalista, socialista e rivoluzionario. Un emendamento dell'area di Falce e Martello alle tesi di minoranza ripropone la stessa impostazione eliminando i riferimenti ai DS e sostituendoli con considerazioni sulla tattica utilizzata dal PRC nel movimento.


La nostra posizione

Siamo nettamente più vicini su questo punto alle tesi di maggioranza. La linea del partito ha già prodotto un risultato estremamente interessante per chi come noi ha sempre criticato l'estraneità di troppi circoli del PRC ai movimenti reali. Oggi non sono tanti i compagni esterni al movimento antiglobal o a quello sindacale e molti degli aspetti che criticavamo in Il PRC e il movimento Seattle sono migliorati. L'idea di far aderire un movimento che non nasce sul terreno della lotta di classe a posizioni marxiste rivoluzionarie come propongono le tesi della minoranza è curiosa: se davvero si raggiungesse magicamente questo scopo che ruolo riserveremmo al partito? Un movimento è un movimento, cioè un'aggregazione non duratura, magmatica, che si muove su obiettivi parziali. Se non si parte da questo dato si smarrisce anche la distinzione più elementare tra partito e movimento. Per la stessa ragione dai movimenti non può essere cacciato qualcuno per la sola tessera che ha (o non ha) in tasca. Poiché un movimento si definisce in relazione a obiettivi parziali, è in base ai contenuti che si devono aggregare (o allontanare) le persone. Il partito è invece il luogo dove, si spera, gli attivisti dei vari movimenti si ritrovano per costruire insieme una prospettiva politica comune. I comunisti in un movimento non devono avere altro obiettivo se non quello di far sì che questo si rafforzi, persegua i suoi obiettivi necessariamente parziali, si democratizzi. Abbiamo argomentato dettagliatamente questa nostra posizione in Come i comunisti devono stare nei movimenti.

Non possiamo chiedere al movimento no global di distribuire volantini davanti alle fabbriche metalmeccaniche: questo è un compito del sindacato, e i compagni del partito dovrebbero pretenderlo dal proprio sindacato. Ciò non significa che in determinati momenti i diversi piani su cui si muovono i movimenti non possano e non debbano convergere verso obiettivi comuni di fase. Tra questi, a noi pare, c'è oggi la lotta contro il governo Berlusconi. Le tesi di minoranza condannerebbero il partito ad una rapidissima emarginazione, come in effetti accade ai compagni stessi della minoranza, il cui peso nel movimento è del tutto marginale. L'emendamento dell'area di Falce e Martello non migliora la situazione, perché condividono, nella sostanza, con l'area di Proposta/Progetto Comunista l'atteggiamento verso il movimento.

Riguardo alle tesi della maggioranza dobbiamo però dire che "predicano bene ma razzolano male". ll PRC dovrebbe essere il luogo di incontro degli attivisti dei vari movimenti; in realtà, essendo il partito una sorta di federazione di correnti semiclandestine, queste si organizzano per proprio conto e con proprie autonome strategie nel movimento. Inoltre molti circoli, pur con tutti gli sforzi compiuti negli ultimi tempi, sono tuttora inadatti a "ricevere" la nuova generazione che si va formando. E ciò accade perché spesso il discorso non coincide con la pratica. E la non coincidenza più clamorosa è quella tra il discorso movimentista e una pratica che, a livello locale, è assai sovente esasperatamente istituzionalista.


Stralci dalle
Tesi di maggioranza

"Del resto dopo anni di deserto culturale, dominati dal pensiero unico e dal fallimento dell'esperienza dei socialismi reali, è del tutto normale che la critica al capitalismo si esprima attraverso una notevole dose di empiria e non sia sistematizzata compiutamente. La crisi del comunismo ha reso possibile anche la marginalizzazione culturale di larga parte degli strumenti analitici del marxismo ed è compito nostro - nella prospettiva della rifondazione comunista - quello di ricostruire strumenti analitici, utilizzabili a livello di massa, che pongano la critica all'economica politica alla base della contestazione al neoliberismo e al mercato."

"Riconfermando la scelta strategica della nostra internità al movimento, il nostro impegno organizzativo, politico e culturale finalizzato alla sua crescita, noi riteniamo che i nodi prioritari di questa fase siano:
1. LA CRESCITA DEL MOVIMENTO, intesa come la sua capacità di persistenza, sviluppo, efficacia, al di là delle scadenze imposte dall'avversario costituisce l'obiettivo centrale."
"2. L'UNITA' DEL MOVIMENTO, così ricco di articolazioni interne, così variegato nelle sue anime e nelle sue opzioni generali, è un bene prezioso, comunque da salvaguardare in termini reali, politici e non "politicistici". "La costruzione - non frettolosa e consensuale - di un profilo programmatico alto, unito ad un profondo rispetto delle differenze presenti nel movimento, alla capacità di far vivere obiettivi riconoscibili, all'allargamento continuo del movimento oltre i suoi confini, è un impegno che proponiamo, al tempo stesso, a noi e ai soggetti attivi della protesta."
"3. LA COSTRUZIONE DEI SOCIAL FORUM cittadini, di paese, di quartiere è, anche rispetto ai fini di questa crescita, uno strumento indispensabile." Essi sono da sviluppare e potenziare con l'attenzione a non trasformarli nei fatti in intergruppi, ma in sedi reali di aggregazione e proposta, capaci ogni volta di coinvolgere soggetti e soggettività finora esclusi - o autoesclusi - dalla politica."
"4. L'ALLARGAMENTO DELLA PRATICA DELLA DISUBBIDIENZA CIVILE E SOCIALE." "La "pratica dell'obiettivo" deve essere tolta dalla dimensione estetica del "gesto esemplare" per essere riconsegnata alla pratica collettiva di un percorso di lotta che intreccia rivendicazione e autogestione."

"5.LA NONVIOLENZA"
"6. UNIFICARE I MOVIMENTI. La ripresa del conflitto operaio (e più in generale dell'iniziativa di lotta dei lavoratori) costituisce l'altra grande novità, insieme alla nascita del movimento pacifista e no global, della fase che si è aperta." "Da questo punto di vista, un obiettivo fondamentale è rappresentato dalla saldatura fra mondo del lavoro e movimento no global."

"L'impegno per la crescita del movimento dei lavoratori, per la realizzazione di uno schieramento sociale più ampio, per la convergenza all'interno di una comune piattaforma sociale costituiscono obiettivi fondamentali dell'iniziativa del partito. Senza questo orizzonte il suo stesso ruolo come soggetto politico sarebbe inadeguato rispetto alla complessità della fase."

"Nel processo di rifondazione comunista, nel lavoro della costruzione della sinistra d'alternativa, come nel contributo che dobbiamo e possiamo dare alla crescita dei movimenti, assume un'importanza centrale la definizione di un programma fondamentale per la sinistra antagonista."

Vedi: TESI 23/TESI 39/TESI 40



Stralci dalle
Tesi di minoranza

"I comunisti debbono radicarsi a fondo nel movimento antiglobalizzazione, partecipare attivamente alla sua costruzione e alle sue strutture, legarsi profondamente ai sentimenti di massa antiliberisti, cogliendone le straordinarie potenzialità: ogni atteggiamento di distacco, di sufficienza dottrinaria verso il movimento va contrastato apertamente. Ma la lotta contro le posizioni riformiste, per un'egemonia alternativa è la ragione stessa della presenza dei comunisti nel movimento. Egemonia non è né predicazione ideologica né imposizione burocratica: egemonia è lotta aperta per la conquista politica e ideale del movimento a un programma anticapitalista; per collegare tutte le ragioni di fondo che il movimento esprime, nel vivo della sua esperienza quotidiana (ragioni sociali, ambientali, democratiche, di pace) alla prospettiva socialista; per ricondurre di conseguenza tutte le istanze di fondo del movimento all'incontro strategico con la classe operaia. L'affermarsi nel movimento antiglobalizzazione di un'egemonia anticapitalistica della classe operaia, quale soggetto centrale di un blocco storico alternativo su scala mondiale, è tanto più oggi una esigenza vitale per il movimento stesso."

"Eppure la risposta programmatica che le leadership egemoni del movimento danno ai problemi che esse stesse denunciano resta interna ad una logica riformista: campagne di educazione pubblica della proprietà a "comportamenti umanitari", campagne anti-marchio, di boicottaggio, di "consumo critico". L'elemento comune di tali proposte che pure racchiudono una critica positiva del profitto, è la rimozione strategica del nodo della proprietà e della lotta di classe. E questo le condanna ad un vicolo cieco strategico che contrasta con la loro apparente concretezza o visibilità mediatica. La stessa Naomi Klein riconosce esplicitamente questa impasse con grande onestà intellettuale (v. "No Logo"). I comunisti devono allora elevare nel movimento l'ordine di riflessione e di indirizzo ricollocando le tematiche poste sul terreno degli obiettivi anticapitalisti."

"Il PRC può e deve contrastare nel movimento, con tutte le proprie forze, le operazioni dei DS e del centrosinistra. Può farlo alla condizione di rivedere a fondo l'impostazione attuale e di prospettiva. Non si tratta di proporre ai liberali del centrosinistra una contaminazione di movimento nella logica della sinistra plurale. Si tratta di sviluppare nel movimento una politica di autonomia e di rottura col centrosinistra e l'apparato DS."

"La lotta di classe e i movimenti di massa sono la leva centrale della trasformazione socialista: ciò significa che il lavoro di massa per la promozione dei movimenti di lotta, la loro estensione e sviluppo; il lavoro di radicamento profondo nei movimenti e nella loro dinamica, sono compiti elementari di un partito comunista."

"La funzione decisiva del partito, non è di portare dall'esterno del movimento apolitico, la scolastica della dottrina: ma di far leva, nel profondo del movimento, sui sentimenti progressivi che esso esprime e sulla dinamica viva di lotta che li accompagna, per sviluppare l'anticapitalismo latente del movimento in coscienza politica anticapitalista. Questo salto della coscienza non si produce "spontaneamente". Richiede il lavoro metodico del partito, perché solo il partito comunista detiene una memoria storica delle lezioni della lotta di classe che nessun movimento contingente può possedere; solo il partito comunista può basarsi su un progetto strategico complessivo che nessun movimento può avere e che da nessun movimento si può pretendere; solo il partito comunista può lottare in forma organizzata e concentrata per liberare i movimenti dal controllo di vecchi apparati o dalle influenze culturali neoriformiste che ipotecano la loro sconfitta."

"Peraltro lungi dall'essere superata, la concezione leninista del partito è tanto più attuale nel momento storico attuale. In una situazione segnata da un lato dalla ripresa dei movimenti della nuova generazione e dall'altro dal retaggio della lunga cesura storica tra marxismo rivoluzionario e giovani la funzione del partito è più che mai decisiva come costruttore di coscienza, come portatore nei movimenti di una visione politica complessiva, di un metodo marxista di lettura e comprensione della realtà."

Vedi Tesi 10/Tesi 12/Tesi 25/Tesi 33

 

spezzoni dall'emendamento alla Tesi di minoranza

"Lo stesso successo della mobilitazione contro il G8, unito alla nuova situazione creata dallo scoppio della guerra in Afghanistan, ha creato una situazione nuova nel movimento. Da un lato, l'onda d'urto generata dalla mobilitazione di Genova si è allargata ulteriormente ampliando i settori potenzialmente coinvolgibili nel movimento. Dall'altro sia le proposte politiche dominanti che le forme di lotta proposte (disobbedienza civile) sono entrate obiettivamente in crisi. Il tentativo di risolvere la crisi attraverso la strutturazione della rete dei social forum non solo non ha risolto questa crisi, ma l'ha resa più evidente. I SF, particolarmente nelle grandi città e su scala nazionale, sono oggi molto distanti dall'esprimere la potenzialità rivoluzionaria del movimento; prevale una diplomazia soffocante nei rapporti tra le diverse componenti, la logica assembleare e quella del "minimo comun denominatore" si sommano creando una gestione sostanzialmente antidemocratica. C'è quindi un'evidente forzatura nel rappresentare i SF come la "strutturazione del movimento" in quanto tale: sia per composizione che per metodi e programmi, la maggior parte sei SF sono distanti miglia e miglia dalle aspirazioni più profonde e radicali espresse dalle centinaia di migliaia di persone che hanno partecipato alle mobilitazioni contro il G-8. La discussione sulla guerra e l'assemblea nazionale di Firenze hanno mostrato un processo di cristallizzazione di diverse posizioni all'interno dei SF. Si tratta di una chiarificazione positiva, che però si produce purtroppo senza alcun ruolo del Prc. Al contrario, la linea seguita è stata fino all'ultimo quella di oscurare e mascherare le divergenze in seno ai SF. Quando poi queste sono diventate evidenti e pubbliche, si è avuto l'episodio dell'adesione dei Gc al "laboratorio della disobbedienza sociale", con il che dopo aver negato la necessità di una chiarificazione di posizioni all'interno dei SF, quando questa si produce nostro malgrado scegliamo di abbracciare non il settore più radicale (che pure presenta chiari limiti politici, ma che comunque da Genova in poi ha tentato di esprimere posizioni più chiaramente classiste e antimperialiste), ma un'area sostanzialmente moderata come quella delle "tute bianche". L'accettazione della "disobbedienza sociale", nonostante la retorica movimentista di cui si ammanta, costituisce in realtà un allontanamento dal movimento reale, verso la logica delle azioni "esemplari", eclatanti, simboliche, logica che è del tutto incapace di prospettare uno sviluppo di massa del movimento e un suo reale legame con il movimento operaio."

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